Brena Enzo
Saper vedere le "cose nuove"
2015/3, p. 32
Degrado ambientale, inquinamento dell’aria e del suolo, accumulo dei rifiuti, cambiamento climatico: la terra è in pericolo a causa dell’uomo e delle sue scelte. L’esperienza dei gesuiti nel mondo.

Accedi alla tua area riservata per visualizzare i contenuti.

Questo contenuto è riservato agli abbonati a
Testimoni
.
I gesuiti e la salvaguardia del creato
saper VEDERELE “COSE NUOVE”
Degrado ambientale, inquinamento dell’aria e del suolo, accumulo dei rifiuti, cambiamento climatico: la terra è in pericolo a causa dell’uomo e delle sue scelte. L’esperienza dei gesuiti nel mondo.
Il tema dell’ecologia e della salvaguardia del creato si è guadagnato nel tempo una particolare e crescente attenzione da parte dei gesuiti. L’Annuario 2015 della Compagnia di Gesù è dedicato a questo tema: descrive le dimensioni del problema, ne evidenzia le implicazioni spirituali e presenta alcune esperienze realizzate in ogni parte del mondo.
I Gesuiti
e l’ecologia
Fin dalla Congregazione Generale 33 del 1983 la Compagnia di Gesù aveva messo a tema la problematica ecologica. In quell’occasione si denunciava l’atteggiamento distruttivo dell’uomo nei confronti della natura, interpretato come «disprezzo dell’Amore Creatore». Nel 1999, la lettura gesuita del problema era consegnata al documento Viviamo in un mondo frantumato. Riflessioni sull’ecologia, del proprio Segretariato per l’Apostolato Sociale. Nel 2008, la Congregazione Generale 35 ha posto il tema della riconciliazione con il creato come aspetto essenziale dell’azione missionaria, confermato poi nel documento Ricomporre un mondo frantumato (2011).
Questa attenzione all’ecologia ha visto nascere nel tempo una serie di iniziative formative a livello scolastico, imprenditoriale e di condivisione di vita basate sulla consapevolezza che «la cura dell’ambiente influisce sulle qualità delle nostre relazioni con Dio, con gli altri uomini e con la creazione stessa. Essa tocca il cuore della nostra fede in Dio e del nostro amore per Lui» (CG 35, d. 3, n.32). Esperienze che dimostrano come sia possibile – alla luce del principio: «pensare globale, agire locale» – vivere, lavorare, produrre in modo più sobrio e rispettoso dell’ambiente umano e naturale.
La condizione attuale del nostro mondo – scrive p. Patxi Alvarez sj – può definirsi «una sfida di civiltà». Il paradigma del consumo crescente ha generato un modello produttivo insostenibile per l’umanità e minaccioso per la natura. Non esiste ancora un’alternativa sostenibile e, in questa situazione, sono a rischio posti di lavoro e beni necessari per tutti, soprattutto per i più poveri – i grandi perdenti – assenti dalle grandi programmazioni industriali e dalle pianificazioni finanziarie.
Per vivere un serio atteggiamento ecologico, ci sono priorità improrogabili da far proprie.
Anzitutto, aver cura della natura, e cioè conoscerla, amarla, proteggerla. Il riferimento teologale a Dio non può prescindere dalla contemplazione e dalla gratitudine per la natura, atteggiamento che ha portato la teologia recente a parlare dei cristiani come “badanti” della creazione.
In secondo luogo, difendere i più deboli, le comunità più povere e le generazioni future. È una questione di giustizia, visto che «le popolazioni che meno hanno contribuito al deterioramento dell’ambiente sono quelle che ne sono maggiormente esposte e che pagheranno il prezzo più alto».
Un terzo aspetto riguarda un nuovo stile di vita. Applicare lo stile consumista a tutti i popoli del pianeta è obiettivo insostenibile e ingiusto, poiché il pianeta non dispone di risorse sufficienti. Bisogna entrare in una «cultura della sobrietà condivisa», rispettosa della creazione e solidale con gli esseri umani più deboli.
Si tratta, con un atteggiamento di vera speranza, di «aver cura del creato, difendere i più vulnerabili e scoprire un nuovo modo di essere umani»: una ricchezza di contenuti che la semplice parola ecologia non riesce a riassumere. Ma le religioni possono, legittimamente e doverosamente, assumere la difesa dell’ambiente e la promozione di un nuovo stile di vita.
La Compagnia di Gesù, da parte sua, sta cercando di rispondere a questa sfida in tanti modi, mandando segnali di un cammino percorribile: «ci sono comunità che riducono i loro rifiuti, riciclano, hanno introdotto una giornata vegetariana alla settimana, hanno eliminato l’uso delle auto private, risparmiano l’acqua, utilizzano energia solare… Ci sono istituzioni che si dedicano alla protezione delle comunità povere che sperimentano ciclicamente gli effetti delle catastrofi naturali. Altre accompagnano le popolazioni cacciate dalle loro terre dai grandi progetti realizzati in nome dello sviluppo. Altre ancora sono impegnate da decenni alla ricerca di metodi di sviluppo alternativi, che sostengano la vita umana e rispettino la natura».
Riconciliazione
con la creazione
I gesuiti riconoscono nei contenuti del Summary for Policy-makers on Impacts, Adaptation and Vulnerability dell’International Panel of Climate Changes (IPCC) alcune indicazioni concrete per un nuovo stile di vita. Fanno proprie, in particolare, «tre idee del Summary che suggeriscono come la riconciliazione con la creazione è la trasformazione del conflitto nella giusta relazione tra gli esseri umani e il loro ambiente in un tempo di cambiamento del clima: adattare e mitigare; riduzione della vulnerabilità e capacità di recupero; capacità di decisione e buon governo». In sintonia con la spiritualità ignaziana, «il cambiamento climatico può diventare un’opportunità per discernere e trasformare il conflitto tra gli esseri umani e il loro ambiente in una forma di collaborazione per migliorare il reciproco rapporto».
È prioritario mitigare l’impatto ambientale riducendo le fonti dei gas-serra e, insieme, adattarsi al clima attuale e ai suoi effetti, con un’attenzione particolare soprattutto per chi vive nella povertà. Perciò sono tanto importanti i processi decisionali che devono supportare un mutamento di costume tanto audace quanto improrogabile. E tanto radicato nella dimensione spirituale. «L’espressione riconciliazione con la creazione fa tesoro precisamente di questo aspetto sacro: la vita umana come comunione con se stessi, con gli esseri umani, con le altre creature, con l’universo e con il Creatore».
L’ascolto contemplativo di Dio nella natura e nelle sue creature è un concreto cammino di conversione che educa il nostro modo di vivere la relazione. Esso insegna a vivere l’umiltà, affrontando la lotta tra la spinta a dominare e la consapevolezza di essere una piccola parte della creazione. «Questa è la chiamata alla conversione: trovare il nostro giusto posto nella creazione attraverso la giusta relazione con Dio».
Il discernimento apostolico comune (DAC) della tradizione ignaziana è indicato come strumento capace di facilitare la presa di decisioni in linea con questo nuovo stile di vita. Il DAC richiede l’indifferenza, cioè la capacità di adeguare i personali interessi, aspirazioni, paure, desideri, ecc. alla prospettiva del piano di Dio sul mondo. Ed esige anche «la presa di coscienza degli attori dimenticati al tavolo in cui si prendono le decisioni sull’ambiente: i poveri che sono tra noi e la stessa natura vulnerabile, le future generazioni che porteranno le conseguenze delle nostre decisioni di oggi». Quando questo discernimento spirituale diventerà un atteggiamento abituale, «la crisi di oggi si trasformerà in una grazia e in un vero segno dei tempi».
Ecologia
e formazione
Insieme alla lettura della realtà, la preoccupazione dei gesuiti è di formare i giovani a prendere coscienza della situazione ambientale del nostro tempo.
Dal 2011 è attivo nella Compagnia di Gesù un Progetto internazionale di Ecologia per fornire sussidi adatti a tale formazione. Ne è nato un libro per l’insegnamento, disponibile gratuitamente in formato elettronico, – Healing Earth (Curare la terra) – utile anche per favorire uno scambio tra gli studenti circa i problemi ambientali e la loro soluzione.
È un testo che tratta dell’ambiente in modo ampio e interdisciplinare, ruotando attorno a sei sfide – diminuzione della biodiversità, qualità dell’acqua, sistemi di nutrizione, energia e combustibile fossile, risorse della terra e miniere, cambiamento globale del clima – nella convinzione che i problemi ambientali non interessano solo gli ambientalisti ma anche scienziati, moralisti, teologi e, in definitiva, ogni essere che respira, mangia e beve acqua.
Interessante, da un punto di vista formativo, anche il bgreen-ecological festival che Oficina, scuola professionale portoghese specializzata in nuove tecnologie nel campo della comunicazione, dell’informatica e dei multimedia in generale, organizza da quattro anni. Si tratta di un festival del video, rivolto ai giovani europei della scuola secondaria tra i 14 e i 21 anni, fondato su quattro aspetti: educativo, sociale, ambientale e audiovisivo. Con una metodologia integrativa il progetto «permette di lavorare su concetti e settori come l’ambiente, la creatività, gli audiovisivi e di promuovere valori come la giustizia sociale, il servizio agli altri, la solidarietà e l’impegno», promuovendo una reale sensibilizzazione nei confronti dell’ambiente.
Con risvolti più pratici, ma non meno formativi, è l’esperienza di Tarumitra in India.
L’azienda agricola Tarumitra (Amici degli alberi) da 25 anni si occupa di biodiversità e di erboristeria, realizzando campi-scuola ecologici (Eco-Camps) per scuole e collegi in tutta l’India, ma anche per tanta gente proveniente dagli strati più bassi della società indiana. L’esperienza di Tarumitra, oggi si è evoluta in nuovi punti di impegno: «la conservazione della biodiversità, la promozione di un’agricoltura organica, campagne per risparmiare sull’elettricità e la promozione di una eco-spiritualità per i nostri tempi».
Il progetto ha avuto un tale impatto positivo da trovare spazio sulla scena internazionale. Ad oggi, grazie alla vasta rete formativa dei gesuiti, il progetto ha trovato applicazione anche in altri paesi.
Ecologia
e condivisione
L’attenzione all’ambiente dei gesuiti assume anche la forma della condivisione di vita e di lotta con tanti uomini e donne che vivono in luoghi minacciati da programmi indiscriminati di espansione economica.
P. Fernando Lopez sj ha incontrato e vissuto con tribù di indigeni dell’Amazzonia che si trovano al centro di un fuoco incrociato di interessi economici, di violenza e di morte. «Perché voi bianchi pensate solo ai soldi – sono le parole di un capo Yanomami – e siete disposti a tutto per essi? Terra, acqua, aria, alberi, animali, tutto è denaro? Come non vedere in loro la madre e i fratelli e le sorelle che ci curano e ci aiutano? Dovete essere malati! Per caso il denaro si mangia, si beve, si respira? Perché allora avvelenate l’aria che respirate e inquinate l’acqua che bevete?».
Come parte dell’Équipe itinerante gesuita, p. Lopez ha attraversato frontiere geografiche e simboliche in un lungo viaggio a difesa dell’ambiente in cui vivono gli indios dell’Amazzonia.
Il gesuita coreano fratel Dohyun Park ha trascorso alcuni mesi in prigione nell’isola di Jeju per aver manifestato con altri pacifisti, a sostegno degli abitanti del luogo, contro la costruzione di una base navale militare nel mare di Gangjeong, riserva di biosfera considerata patrimonio naturale mondiale.
Nelle Filippine, i gesuiti hanno dato inizio a un nuovo impegno ecologico, «una spiritualità che nasce da una personale esperienza di gratitudine che ci invita a cambiare il nostro atteggiamento e stile di vita e, possibilmente con l’aiuto degli altri, operare cambiamenti che influenzino anche la società». Accanto a esso iniziative per la salvaguardia delle foreste prospicienti agli aeroporti, minacciate dall’inquinamento aereo; il programma Water for All; la riduzione dei rischi dovuti alle frequenti catastrofi naturali di quella zona e impegno nella ricostruzione… sono alcune delle iniziative portate avanti in questa parte del mondo.
L’elenco di esempi e iniziative potrebbe continuare. Alla base di tutto, con sano realismo, vi è una convinzione: «per affrontare la crisi ecologica è fondamentale che i leader spirituali del mondo aiutino l’umanità a riconnettersi con se stessa, con le sue radici spirituali più profonde, con la Madre-Terra che la sostiene e l’allatta, con il cosmo e il Misterium che lo abita e l’anima».
Enzo Brena