La crescita personale
2015/3, p. 23
Solo l’amore è in grado di compiere le nostre vite; non è sufficiente la conoscenza di sé o l’acquisizione di tecniche per migliorare la relazione, trovare un equilibrio, conoscere le passioni e le emozioni Se manca la capacità di amare se stessi, gli altri e l’Altro sono cose prive di efficacia.
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Il punto sulla propria esistenza
LA CRESCITA
PERSONALE
Solo l’amore è in grado di compiere le nostre vite; non è sufficiente la conoscenza di sé o l’acquisizione di tecniche per migliorare la relazione, trovare un equilibrio, conoscere le passioni e le emozioni. Senza la capacità di amare se stessi, gli altri e l’Altro sono privi di efficacia.
Ci sono momenti nella vita in cui sentiamo il bisogno di fare il punto della situazione sulla nostra esistenza, per poi orientare nuovamente il percorso intrapreso. Oggi va di moda la ricerca di una via per vivere meglio, per essere protagonisti della propria storia, per “prendersi in mano”… tutte espressioni che indicano percorsi in vista di uno sviluppo personale. Certamente si tratta di una ricerca autentica che ha come scopo una maggiore presa di coscienza delle proprie risorse e dei propri limiti, una maggiore solidità per entrare in quel grande e misterioso mondo che sono le relazioni umane. Cercare vie di crescita e di sviluppo personale significa assumere la responsabilità del proprio modo di stare dentro la vita, a partire dalla capacità di entrare profondamente in se stessi, con coraggio e onestà, lì dove si giocano le decisioni e le scelte, dove sono custodite le risorse e le fragilità che accompagnano l’umano. Un modo per accostare, scoprire ed eventualmente modificare l’approccio con la realtà, con se stessi e con gli altri. Ciascuno infatti è invitato a dare e a mettere in quel campo che è la vita il meglio di sé, cercando di realizzare i suoi sogni, i suoi progetti, le sue attese…
Condizioni per trovare
il proprio posto
L’invito a conoscersi più in profondità risuona sin dai tempi antichi come un invito alla saggezza; Platone esortava: conosci te stesso, e invitava gli uomini a conoscere chi loro erano e ciò che potevano essere, per evitare eventuali illusioni con le quali avrebbero potuto ingannare se stessi. Ma sappiamo anche che la sapienza della vita si matura assumendo un rischio: il rischio di comprendere, di cambiare, di partire, di agire, addirittura fino alla disponibilità a mettere a rischio la propria vita per trovare un percorso nel mezzo delle nostre esistenze, seguendo i nostri desideri. Un viaggio per vivere e gustare il presente, per ricevere e per riceversi in una nuova libertà nei confronti delle cose, degli altri e di se stessi.
Accogliere la novità della vita significa evangelicamente restare aperti e disponibili all’irruzione dello Spirito, che ci accompagna fino a percepire tutte le implicazioni sociali delle nostre esistenze. La piena manifestazione della nostra fiducia nella vita si può esprimere solo attraverso la nostra disponibilità ad amare e servire, segno di una vita non sottratta e non preservata, ma consegnata come risposta ai legami del mondo. La crescita personale allora si presenta come uno strumento prezioso per cercare e trovare il proprio posto mettendosi a servizio proprio della vita che circola tra gli esseri umani.
Il modo in cui noi ci relazioniamo con noi stessi determinerà la qualità della presenza a noi stessi e della nostra presenza in mezzo ad altri, ma tutto ciò è possibile varcando la soglia dell’interiorità e facendone un luogo di ospitalità e di dialogo: ospitalità per noi stessi, per gli altri e per Colui che in noi desidera stabilire la sua dimora. La presenza di Dio abita questa dimensione intima dell’interiorità e rende possibile la più grande apertura e la più alta forma di incontro con se stessi. La parola dell’altro e le voci del mondo ci rinviano alla nostra solitudine e interiorità e ci portano fino al centro di noi stessi, luogo dal quale è possibile cercare e trovare il proprio modo di esercitare e sperimentare la libertà.
Possiamo riconoscere che la base per una crescita personale è la visione positiva dell’individuo umano, una visione che lo legittimi nella sua capacità di svilupparsi, di progredire, di cambiare e di cercare vie d’uscita dentro una realtà che ne sembra priva. Un invito per ciascuno a considerare il proprio percorso come unico, fatto di slanci e di resistenze di risorse e di limiti, di forza e debolezza, di doni e di ferite.
Solo l’amore è in grado di compiere le nostre vite; non è sufficiente la conoscenza di sé o l’acquisizione di tecniche per migliorare la relazione, trovare un equilibrio, conoscere le passioni e le emozioni… tutte cose utili ma se slegate dalla capacità di amare se stessi, gli altri e l’Altro risuonano non pienamente efficaci. I Vangeli ci mostrano che la prima azione di Gesù è stata guarire e liberare dal male, e affida questa missione agli apostoli, confidando nella loro capacità di sollevare dal male quanti incontreranno nel loro cammino e in questo modo continuare l’annuncio del Regno di Dio. Anche questo cammino però non è privo di rischi: il grande rischio in cui è possibile cadere, è di una ricerca ossessiva della perfezione della propria personalità. La promessa di una vita unificata e cosciente non può essere senza la considerazione della dimensione drammatica dell’esistenza umana e della presenza del male. È necessario interrogarsi, non solo su come superare i nostri fallimenti o difficoltà, ma anche perché e come questi siano parte della vita umana. È opportuno quindi lasciare aperta la domanda sull’uomo e l’interrogativo che la sua esistenza pone circa la fragilità umana: un essere umano non privo di ambivalenze e di contraddizioni, in tensione continua tra idee e sentimenti, tra se stesso e l’altro, tra l’intimo e il pubblico, tra la potenza della vita e il suo limite. La ricerca del proprio sviluppo non può approdare a tradire l’uomo nella autenticità e nella verità della sua vita, fatta di contrasti, di conflitti e di superamenti. La ricerca di sé non può negare l’uomo, nella fatica del suo vivere ma efficacemente può offrire strumenti in vista di una riuscita.
Un ulteriore rischio consiste in una eccessiva colpevolizzazione; in effetti se ciascuno è responsabile di se stesso e dei suoi comportamenti in ogni luogo e situazione, ciascuno risulta anche essere l’unica causa, tanto della sua riuscita, quanto dei suoi fallimenti. L’individuo diventa allora il solo responsabile di ogni suo malessere, responsabilità che talvolta può condurre ad una nuova mobilizzazione ma talvolta può anche schiacciare. E allora vero rischio è di investire in una legittima valorizzazione della persona, ma che non aiuta a coinvolgersi e prendersi cura della vita di altri.
Si tratta di un paradosso: la crescita personale che si basa sulla promessa di relazioni di buona qualità con altri, può invece condurre a un ripiegamento su se stessi. L’invito è quindi a coniugare lo sviluppo di sé con l’umiltà e la generosità, accettando di non dominare tutto, di non regolamentare ogni cosa ma di lasciare spazio all’imprevisto; solo così lo sviluppo personale può diventare una chance per se stessi e per altri.
I movimenti
necessari
Ogni soggetto è un crocevia dove si incrociano dalla nascita gli altri: dai genitori a coloro che oggi circondano la vita. L’uomo si costruisce in rapporto all’alterità, e lo sviluppo dell’identità è frutto di un dinamismo che richiama a un divenire, che a sua volta incessantemente si lega all’incontro con l’altro, sia che questo avvenga nel segreto dell’interiorità sia che avvenga all’esterno.
Per approdare alla formazione del soggetto due sono i movimenti necessari: separazione e appropriazione. La separazione indica la liberazione in rapporto a ciò che si è ricevuto da altri, che ha permesso di nascere alla coscienza e alla consapevolezza di sé; l’appropriazione è il modo di assumere il dono fatto da altri. Questo doppio movimento incita l’uomo a scendere nell’intimo di se stesso per incontrare ciò che è veramente e ciò che veramente lo definisce. Questo nucleo di verità è intimamente tracciato grazie alla presenza contemporaneamente interiore ed esteriore di altri, da cui è possibile risalire per approdare alla più alta verità: conoscere e sperimentare chi è Colui al quale dobbiamo la vita e al quale la possiamo consegnare. La presenza di Dio in noi è la vera promessa dell’incontro. Ciò suppone che persista una traccia di trascendenza nascosta nel cuore di ogni essere umano; nascondere o cercare di cancellare questa traccia significa costringere l’uomo ad un compimento senza fine, come se l’uomo dovesse da solo rendere valida la ragione della sua esistenza.
Nella lettura delle storie bibliche constatiamo che Dio non risparmia il cammino a coloro che ha scelto: senza precauzione alcuna ordina loro di separarsi da ciò che hanno di più caro, da ciò che amano di più: lascia, parti, vai, cammina, esci fuori… la reticenza degli interlocutori, non indica la paura o il timore di negare il proprio sviluppo personale ma di non essere all’altezza dell’invio in missione e della stima che Dio ha nei loro confronti. L’uomo di oggi è caratterizzato dalla mancanza di un riconoscimento; la ricerca dell’uomo è sostenuta dalla convinzione che la sua vita abbia una valore originale e unico, convinzione che vacilla nella contemporaneità: l’uomo non crede più in se stesso. L’esperienza cristiana raggiunge il bisogno più intimo e inconfessabile che ciascuno porta nel profondo di sé: essere riconosciuto da un altro e in questo modo uscire dall’anonimato.
Da un punto di vista teologico si tratta della rivelazione incredibile e insperata che Dio è Padre e io sono suo figlio, la cura paterna di Dio dona valore alla vita, qualunque forma prenda nella società, la vita umana per quanto fragile e precaria ha un valore. L’ingresso nella vita, poco importa se per qualche minuto o per decine d’anni è un fatto assoluto: io non posso più non essere stato. Intuizione magnifica ma allo stesso tempo pesante se nessuno è in grado di legittimare l’esistenza; ed è esattamente questo che la paternità di Dio rivela: siamo figli amati di un amore che restituisce validità alla vita e che niente potrà distruggere, nemmeno la morte. Dio raggiunge il desiderio profondo dell’uomo e nello stesso tempo fonda la stima che ha dell’uomo stesso rendendolo capace di esporre la vita fino alla morte, nella consapevolezza che la sua vita ha un valore tale che la morte non può nulla contro di lei.
Radicati nell’esperienza
di Gesù Cristo
Diventare se stessi è un desiderio che si radica al cuore dell’esperienza di Gesù Cristo che si sviluppa e si rivela pienamente in Lui, nel suo diventare umano, pienamente umano e completamente rivolto verso il Padre, agendo e vivendo sotto il suo sguardo… è la ricerca di tutta una vita che consente un nuovo sguardo su se stessi, sugli altri e sulla realtà. Non si tratta di mitizzare un percorso sotto il falso invito a conoscersi come illimitati, soggetti a cui tutto è possibile… la crescita personale è una consegna allo Spirito, che conduce oltre, per vie misteriose. Non si tratta dunque della ricerca di un’estensione indefinita di potenzialità ma del riconoscimento di essere beneficiari di un dono, dal momento in cui possiamo contare sul riconoscimento di Dio nella nostra vita. L’uomo che si sa amato, atteso e cercato, e che cerca e sceglie di vivere secondo questo sguardo, splende attraverso l’ascolto fedele alla Parola. Ascolto della Parola come qualcosa di insolito, di inedito, di lento e di segreto, Parola che si iscrive nel mistero della vita nell’inquietudine di cercarla, di comprenderla e di rispondere al suo appello. Parola che attraversa la tristezza e la paura ma non risparmia le lacrime, anzi le provoca permettendo di sentire questa Parola come verità dell’esistenza. Una Parola che attraversa l’umano ma che non è possibile dominare, poiché da sempre rivela una presenza, la presenza di un Altro, e in nome di questa Presenza possiamo trovare noi stessi.
Francesca Balocco