Ferrari Matteo
"Il volto" genuino della Chiesa
2015/3, p. 18
Noi diciamo, soprattutto dopo la riforma seguita al Vaticano II, che la Veglia pasquale è il cuore della vita cristiana. Ma in base a che cosa possiamo fare queste affermazioni? Un tentativo di rilettura.

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La celebrazione della Veglia pasquale
«IL VOLTO»
GENUINO DELLA CHIESA
Noi diciamo, soprattutto dopo la riforma seguita al Vaticano II, che la Veglia pasquale è il cuore della vita cristiana. Ma in base a che cosa possiamo fare queste affermazioni? Un tentativo di rilettura.
Come entrare nel mistero della celebrazione del Triduo pasquale e del tempo di Pasqua? Ci potrebbero essere innumerevoli modi per farlo. Io vorrei tentare in questa breve riflessione di tracciare un rapporto tra la celebrazione della Pasqua e la vita della Chiesa, a partire dal “culmine” del Triduo e dalla “fonte” del tempo di Pasqua, cioè la Veglia pasquale. Infatti la domanda dovrebbe sorgere spontanea. Noi diciamo che la grande Veglia di Pasqua è il cuore di tutto l'anno liturgico, che essa è, secondo una nota espressione di Agostino, «la madre di tutte le veglie». Diciamo, soprattutto dopo la riforma seguita al Vaticano II, che la Veglia pasquale è il cuore della vita cristiana. Ma in base a che cosa possiamo fare queste affermazioni?
Inoltre il Concilio, in Sacrosanctum Concilium afferma che, nella liturgia, i fedeli esprimono nella loro vita e manifestano agli altri il mistero di Cristo e la genuina natura della vera Chiesa (SC 2). Il Concilio specifica chiaramente che c'è una funzione della liturgia rivolta sia verso l'interno, sia verso l'esterno. Noi spesso ci soffermiamo a riflettere sul mistero di Cristo celebrato nella liturgia, ma più raramente cerchiamo di capire come in essa si manifesta la «genuina natura della vera chiesa». Molto concretamente, potremmo chiederci, davanti a una celebrazione così importante come quella della Veglia pasquale, in che senso si manifesta in essa il volto genuino della Chiesa.
Come punto di partenza e suggestione iniziale possiamo partire da qualche espressione di Michele Do, tratta dal libretto Amare la Chiesa: «Se la Chiesa è primariamente – come lo è nell'immagine corrente – un'istituzione a cui appartenere, sentiamo di non potere mai appartenerle del tutto. Non ci identificheremo mai del tutto con la Chiesa. Qualcosa di noi sfugge, e sfuggirà sempre. Qualcosa di noi, e qualcosa di molto profondo, è prima ed è oltre. L'uomo è troppo grande perché si possa riconoscere pienamente in una istituzione, anche la più sacra, perciò la saggezza del detto antico: "Ecclesia propter homines". È troppo grande perché l'istituzione – qualunque istituzione – gli basti. Nessuna organizzazione, nessuna struttura per quanto perfetta e sacra potrà mai presumere di risolvere in sé tutto l'uomo. L'uomo è un mistero inesauribile e insondabile perché ha in sé il mistero inesauribile e insondabile di Dio» (M. Do, Amare la Chiesa, Qiqajon, Magnano 2008).
Partire dalla celebrazione della Veglia pasquale ci può aiutare a entrare nel mistero della vita della Chiesa, se appunto è vero che, come afferma il Concilio, nella liturgia si manifesta la genuina natura della vita della Chiesa. Allora la Veglia potrebbe essere compresa come il “luogo” al quale costantemente ritornare, per lasciarci dire, soprattutto quando rischiamo di perdere la rotta, quale sia il vero volto della Chiesa.
Una Chiesa
vigilante
Innanzitutto la Veglia pasquale annuncia una Chiesa dal volto di sposa. Essa è la sposa che veglia nella notte per attendere l'arrivo dello sposo. L'ultima parola lasciata da Gesù ai suoi discepoli prima dell'inizio della sua passione è proprio l'invito alla vigilanza (Mc 13,37). Vegliando in questa notte, la Chiesa si fa obbediente al comando del suo Signore. Potremmo definire la Veglia pasquale come il “sacramento” della vigilanza della Chiesa, il luogo al quale essa deve sempre ritornare per comprendere la genuina natura della sua vita di sposa che attende nella storia dell’umanità il ritorno dello Sposo. Nella Veglia pasquale la Chiesa si lascia sempre ammaestrare circa la sua modalità di stare nella storia dell'umanità con vigilanza. E questo è un aspetto ricco di conseguenze anche molto concrete nel modo di vivere le relazioni all’interno e all’esterno della comunità ecclesiale. Si tratta di un primo passo carico di significato non solo per la vita della Chiesa, ma anche per l’esistenza personale di ciascuno di noi. Una Chiesa che ricomincia a fare concretamente la Veglia di Pasqua, come è accaduto dalla riforma conciliare in poi, è una Chiesa che non può fare dei ristretti confini della storia umana il suo unico punto di riferimento. È una Chiesa che attende qualcuno e che annuncia agli uomini e alle donne di ogni tempo che c'è un futuro e che qualcuno ci viene incontro. Ma anche ad ognuno di noi personalmente la grande Veglia insegna ad essere uomini e donne di speranza che attendono qualcosa/qualcuno per la loro vita. È triste la vita umana quando non c’è nulla e nessuno da attendere. La Veglia ci annuncia la gioia di una storia personale e comunitaria in attesa.
Questo annuncio la Veglia pasquale lo fa concretamente, toccando i corpi, chiamando in causa tutti i nostri sensi, mettendoci in cammino. Innanzitutto si sottrae del tempo al sonno, come i padri hanno spesso sottolineato. Il sonno è da sempre uno dei simboli più diffusi della morte. Ebbene sottrarre dello spazio al sonno e vegliare significa annunciare la risurrezione e la vita. Nella notte custode del segreto della risurrezione di Gesù, la Chiesa veglia per diventare annuncio vivente della sua Pasqua e della vittoria della vita sulla morte. Ma questo è il senso della sua intera esistenza e dell'esistenza di ognuno di noi: diventare annuncio vivente della Pasqua di Gesù, della sua vittoria sul male e sulla morte.
Una Chiesa
in cammino
Nella Veglia pasquale la Chiesa si riconosce poi come popolo in cammino. L'assemblea liturgica, immagine della Chiesa universale, nella notte pasquale è “fisicamente” in cammino. Innanzitutto lo è camminando dietro a Cristo, luce del mondo. La processione dei riti iniziali della Veglia è icona quanto mai suggestiva ed eloquente della vita della Chiesa che nella notte e nelle notti della storia cammina alla luce di Cristo verso il compimento del tempo.
Nella Veglia la Chiesa è in cammino anche in un itinerario sacramentale. Infatti la Veglia stessa è un itinerario tracciato dai sacramenti, la cui meta è la celebrazione dell’Eucaristia. Soprattutto quando nella Veglia si celebra l'iniziazione cristiana di qualche adulto (battesimo, cresima, eucaristia) questo aspetto appare più evidente. Infatti nella iniziazione cristiana degli adulti, che costituisce come l'ossatura della Veglia, si delinea l'itinerario, il cammino di tutta la vita cristiana che nasce nel Battesimo, si fortifica con la Cresima e continua il suo cammino con l'Eucaristia. Nicola Cabasilas direbbe: «il battesimo dona l'essere, cioè il sussistere conformi a Cristo; l'unzione porta a perfezione l'essere già nato, infondendogli l'energia conveniente a tale vita; la divina eucaristia sostiene e custodisce la vita: è il pane della vita che permette di conservare quanto è stato acquisito» (La vita in Cristo).
Nella Veglia è possibile riscoprire la dimensione sacramentale della vita cristiana e il senso che i sacramenti hanno nell'accompagnare e far crescere la vita dei credenti. La Veglia ci dice che i sacramenti non sono solo dei fatti che appartengono al passato, ma sono ciò che custodisce il senso più autentico e profondo della vita cristiana e del volto della Chiesa. Il messaggio che la notte pasquale ci affida dovrebbe accompagnarci in ogni Eucaristia domenicale.
Una Chiesa quindi in cammino è quella che si rivela nella Veglia pasquale. È un aspetto molto importante che ci fa ritornare all'esperienza dell'esodo del popolo di Israele: il popolo di Dio si è sempre compreso come un popolo in cammino, la cui vita dipende da Dio che gli dona l'acqua e il cibo. Ogni tentazione di “sedentarizzazione” è un pericolo per la vita della Chiesa. Già nel Deuteronomio (Dt 30-31) per bocca di Mosè il Signore aveva messo in guardia Israele da dimenticare il suo cammino nel deserto prima di giungere ai confini della terra promessa. Allora per ricordare ad Israele il suo cammino nel deserto, Mosè aveva insegnato un canto agli israeliti (cf. Dt 31,14-30): «Ora scrivete per voi questo cantico; insegnalo agli Israeliti, mettilo nella loro bocca, perché questo cantico mi sia testimone» (Dt 31,19). Allo stesso modo la Veglia pasquale ha il compito di ricordare alla Chiesa questo suo essere popolo in cammino, che non deve mai credersi arrivato.
Una Chiesa
in ascolto
L'identità di popolo in cammino nella Veglia è annunciata anche da un altro fondamentale elemento: la liturgia della Parola. La Veglia è un cammino attraverso la storia dell'umanità e attraverso la storia della salvezza. Tuttavia questo elemento ci dice un altro aspetto fondamentale del volto della Chiesa: essa è "in ascolto”. La Costituzione Dei Verbum del concilio Vaticano II inizia così: «Dei verbum religiose audiens». La Chiesa definisce se stessa come «in religioso ascolto della parola di Dio». Essa quindi comprende se stessa come “in ascolto”. È una dimensione fondamentale dell'essere Chiesa, ma anche della vita di fede di ogni battezzato. Lo vediamo molto concretamente quando la capacità di mettersi in ascolto della Parola possa trasformare la vita dei singoli credenti e delle comunità cristiane. Ebbene la Veglia pasquale ogni anno con la lunga liturgia della Parola, modello e prototipo di ogni ascolto ecclesiale della Parola, ricorda alla Chiesa questo tratto essenziale del suo volto. Comprendiamo bene per quale motivo la liturgia della Parola di questa notte sia così ricca e articolata. Certo costa anche impegno e fatica rimanere in ascolto per così tanto tempo, ma l'ascolto non è forse qualcosa di “laborioso”? È difficile e richiede impegno ascoltare veramente. Lo sperimentiamo bene anche nelle relazioni più ordinarie della nostra vita. Fare la fatica di rimanere in ascolto nella notte della storia per comprendere la voce di Dio che si comunica non è forse la sfida più bella e la missione più vera della Chiesa e di ogni cristiano? Non è forse il modo di stare da credenti nella storia quello di essere come la sentinella che attende da Dio una Parola capace di interpretare le vicende, a volte anche tragiche, che segnano la storia dell’umanità?
Nella luce
della risurrezione
La notte di Pasqua, secondo la bella formulazione dell’Exultet, è l’unica custode del mistero della risurrezione del Signore. Nessun evangelista ha narrato il momento della risurrezione di Gesù e solo l’esperienza pasquale della notte santa può comunicarci il mistero di cui essa è custode. Tuttavia la Veglia pasquale custodisce anche il mistero della vita della Chiesa, che il tempo della Cinquantina pasquale (Tempo di Pasqua) continuerà a comunicarci soffermandosi su altri aspetti che caratterizzano la vita della comunità cristiana a partire dalla Pasqua del suo Signore. In fondo, a partire dalla Veglia pasquale, ciò che la liturgia celebra è la vita stessa della Chiesa letta alla luce dalla Risurrezione e della presenza del Signore risorto nella comunità dei suoi discepoli. La Chiesa nella Veglia pasquale e nel tempo di Pasqua impara a definire se stessa non attraverso criteri sociologici o mondani, in base al successo delle sue strategie e dei suoi mezzi, ma avendo come criterio di riferimento fondamentale i doni che sono scaturiti per lei dalla morte e risurrezione del Signore e in particolare dal dono pasquale per eccellenza che è lo Spirito santo.
Matteo Ferrari
monaco di Camaldoli