Chiaro Mario
Il monastero invisibile
2015/3, p. 1
Nell’udienza, il Papa, ha affermato che la vita religiosa, a qualsiasi Chiesa si appartenga, possiede una vocazione particolare nella promozione dell’unità di tutti i cristiani. Per questo ha esortato i presenti a tenere sempre vivo questo impegno.

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Testimoni
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Colloquio tra religiosi di varie Chiese
IL MONASTERO
INVISIBILE
Nell’udienza, il Papa ha affermato che la VC, a qualsiasi Chiesa si appartenga, possiede una vocazione particolare nella promozione dell’unità di tutti i cristiani. Per questo ha esortato i presenti a tenere vivo questo impegno.
Circa 120 rappresentanti religiose/i di diverse chiese e comunità ecclesiali, hanno dato vita a Roma (Augustinianum, 22-25 gennaio 2015) al Colloquio ecumenico – organizzato, in occasione dell’Anno della VC, dal dicastero vaticano per la vita consacrata e apostolica (CIVCSVA), di concerto col pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani e con la Congregazione per le Chiese Orientali.
Oltre ai cattolici, erano presenti anche rappresentanti dell’ortodossia, delle chiese protestanti e di quella anglicana.
Discernere gli otri
vecchi della VC
Il cardinale prefetto CIVCSVA, Braz de Aviz, nell’inaugurare i lavori ha ricordato che l’impegno ecumenico della VC non deve aver paura di lasciare gli otri vecchi, perché il vino nuovo «che è Gesù, che è il vangelo, oggi ha bisogno di essere esperimentato in strutture culturali e istituzionali nuove». Ha poi sottolineato come il papa abbia riconosciuto la spinta al «rinnovamento spirituale, carismatico e istituzionale» della VC, ma abbia anche richiamato «certe aree di debolezza, che noi stessi, nel dicastero abbiamo riconosciuto: “La fragilità di certi itinerari formativi, l’affanno per i compiti istituzionali e ministeriali a scapito della vita spirituale, la difficile integrazione delle diversità culturali e generazionali, un problematico equilibrio nell’esercizio dell’autorità e nell’uso dei beni».
Per questo motivo, l’Assemblea Plenaria del dicastero indica tre “otri nuovi” da custodire e rinforzare: a) la cura delle forme di comunione e comunità per meglio disporsi all’uscita missionaria, integrando diversità culturali e intergenerazionali; b) la formazione iniziale e continua al discepolato, da assumersi «con serietà e coerenza» ponendo attenzione al discernimento vocazionale e all’area affettivo-sessuale – anche alla luce degli scandali recenti – ed equipaggiando sempre meglio i formatori; «a tale scopo si consideri la possibilità di dare vita a una struttura, ovvero, a una comunità di consacrate/i che si faccia carico di quanto si riferisce alla formazione continua, per aiutare il cammino di ognuno»; c) il governo e l’economia puntando ad aprire spazi di partecipazione alle donne, a sorvegliare le dinamiche di potere negli istituti misti, a far maturare la relazione con la chiesa locale, a custodire i beni «affinché la nostra povertà sia testimoniante in una “Chiesa povera e per i poveri”. Per questo occorre partire dalla conoscenza del contesto economico in cui si vive; impostare l’economia con professionalità e trasparenza; affermare uguaglianza e partecipazione tra tutti i membri; garantire la formazione degli economi e delle econome; allargare le aree di condivisione dalla comunità fino all’orizzonte globale».
La vita consacrata
nella tradizione cattolica
Mons. Carballo ofm, segretario CIVCSVA, ha presentato il variegato “mosaico” della VC nella Chiesa latina, servendosi anche di numerosi dati. A beneficio dei rappresentanti delle diverse denominazioni ha poi sintetizzato gli «elementi essenziali della VC nella Chiesa cattolica e specialmente nella chiesa latina» che sono: la consacrazione, la vita fraterna in comunità e la missione. La base della consacrazione sottolinea «l’iniziativa di Dio e la relazione trasformante da parte sua... Questo, che appartiene a tutti i battezzati, ha delle connotazioni particolari in alcuni perché chiamati a seguire Cristo più da vicino, attraverso una vita in povertà, obbedienza e castità». La professione dei voti comporta così una testimonianza pubblica, che «porta con sé anche la vita fraterna in comunità, secondo il proprio carisma, e una missione in un certo senso comunitaria»: in comunità e per la comunità i voti diventano più significativi, non confinandosi solo in aspetti meramente ascetici e individualisti.
Mons. Carballo ha quindi indicato cinque grandi sfide della VC: testimoniare la gioia, svegliare il mondo con la profezia, essere esperti di comunione realizzando fraternità umane e umanizzanti, andare alle frontiere esistenziali, vivere in clima di discernimento la fedeltà creativa al proprio carisma. Il clarettiano p. Hernandez, sr. Granier (religiosa di Sant’Andrea che condivide il cammino della Comunità di Taizè) e fr. Dotti della Comunità di Bose, hanno confermato tali impegni nell’attraversamento quotidiano, non senza momenti di sofferenza, dei crinali che segnano le diverse tradizioni e consentono nuove forme di ospitalità messianica.
I testimoni del volto
di Cristo nell’ortodossia
Il Colloquio prevedeva gruppi interconfessionali per implementare lo scambio. Il dialogo con diversi giovani di tradizione ortodossa ha fatto emergere non solo una certa solitudine in cui vivono le seconde generazioni sparse nel mondo, ma anche l’importanza di crescere nella conoscenza reciproca per arricchirsi delle differenze coltivando lo svuotamento di sé che previene il fondamentalismo religioso.
Il prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, card. Sandri, nel suo saluto si è rifatto allo starets Zosima (“Fratelli Karamazov” di Dostoevskij), che afferma come tra i monaci ci sono certo anche scandali e “mendicanti senza vergogna”, ma brillano soprattutto tanti “monaci umili e mansueti, assetati di solitudine, di silenzio e di fervida preghiera”: ecco gli odierni testimoni dei monasteri di Russia e Romania, dei Copti in Egitto (es. Wadi al-Natrun, custodi della memoria di Antonio il Grande), dei Siro-ortodossi messi a dura prova nelle zone di guerra in Siria e Iraq. Questo monachesimo ha affrontato feroci persecuzioni (ricordiamo come la rivoluzione bolscevica abbia spazzato via oltre 1.200 monasteri con più di 100mila membri) e arriva oggi a sperimentare un “ecumenismo del sangue e della carità” (vedi il monastero di Sant’Ormisda dei Caldei a Mosul, requisito e trasformato in prigione dagli uomini del Califfato). «Nella avversità le persone consacrate si trovano sempre nelle prime file del popolo di Dio, soffrendo e difendendo sempre i più deboli e i bisognosi: penso, ha detto il card. Sandri, alle suore domenicane di Santa Caterina in Iraq, cacciate dalla loro casa, e dedite ora al sostegno morale, spirituale e materiale degli sfollati della piana di Ninive».
È toccato a mons. Ćilerdžić – vescovo della Chiesa ortodossa serba per Austria, Svizzera, Italia e Malta – a esprimere il fascino della tradizione monastica ortodossa. fondata sulla sequela di Cristo come “svuotamento di sé” (kenosis) e sull’osservanza del sistema liturgico (ordine divino) comune alle 14 chiese autocefale nel mondo (mutuato anche dalle parrocchie orientali). Le testimonianze del giovane monaco copto egiziano Markos Hamam e della monaca igumena Sevastiani Apostolaki (Monastero della Trasfigurazione e di Santa Barbara, Treviso) hanno indicato nella lotta contro le passioni e nella pacificazione interiore i segni fecondi della presenza monastica in contesti secolarizzati, spesso dominati dalla tentazione di avere-potere-apparire.
La tradizione protestante
e anglicana
Il presidente del pontificio Consiglio per l’unità dei cristiani, card. Koch, ha sottolineato l’importanza del Colloquio, anche a fronte della visione negativa del riformatore Lutero, per il quale la VC «non corrisponde alla riscoperta riformatrice del messaggio evangelico della giustificazione, ma rappresenta una forma estrema della giustificazione per opere, che doveva essere superata, o una “invenzione umana” come la definì duramente Melantone».
Il benedettino Cavallin ha testimoniato che solo nel 1977 in Svezia è stata cambiata la legge civile che proibiva la creazione di monasteri! Eppure un autorevole teologo riformato come Moltmann afferma che senza comunità religiose il mondo cristiano rischierebbe di secolarizzarsi «fino a essere socialmente irriconoscibile». Secondo il card. Koch, grazie alla visione ecumenica della VC si sono individuate «in maniera rinnovata le radici della VC nel tempo della cristianità ancora indivisa. Facendo ciò, si è visto che i tre voti sono comparsi relativamente tardi nella storia frutto di una riflessione condotta, tra il IX e il XII secolo. Fino a quel tempo non si prendevano esplicitamente i voti. Il voto monastico fondamentale che si faceva era in realtà uno solo e aveva molteplici effetti. Era la confessione di una forma di vita che doveva rispecchiare l’esperienza comunitaria di tutti i cristiani». Testimoniare il voto essenziale della piena dedizione a Dio è «la sfida basilare dell’ecumenismo. Riconoscendo questa centralità di Dio, la VC rende all’ecumenismo un servizio eccezionale».
L’anglicano fr. Berge (ministro generale della Società di San Francesco), per il quale la VC è «scoppio selvaggio di immaginazione», ha ripercorso la storia della tradizione inglese del “Prayer Book” indicando specifici contributi all’ecumenismo offerti dagli Ordini anglicani: la priorità della preghiera adorante per discernere il terreno comune; la spinta al cambiamento prodotto da realtà flessibili e di piccole dimensioni; il superamento dei confini religiosi e sociali. Tra gli 85mln di Anglicani nel mondo, si contano 57 comunità religiose femminili, 13 maschili e 7 miste, con un totale di 8mila consacrate/i. Tra i tanti, ricordiamo i religiosi anglicani del Sud Africa (ispirati dal giovane Desmond Tutu) e della Melanesia che, a prezzo della vita, hanno contribuito al processo di pace nei loro paesi.
L’udienza
del papa
Nell’udienza papa Francesco ha esortato i presenti a riconfermare il loro impegno a realizzare l’ecumenismo spirituale che è anima del movimento ecumenico (cf. “Unitatis redintegratio” del Vaticano II).
«La vita religiosa, – ha detto –affonda le sue radici nella volontà di Cristo e nella tradizione comune della Chiesa indivisa. Possiede perciò una vocazione particolare nella promozione dell’unità di tutti i cristiani. Non è d’altronde un caso che numerosi pionieri dell’ecumenismo siano stati uomini e donne consacrati. Tuttora, varie comunità religiose si dedicano intensamente a tale obiettivo e sono luoghi privilegiati di incontro tra cristiani di diverse tradizioni. In questo contesto, vorrei menzionare anche le comunità ecumeniche, come quella di Taizé e quella di Bose, entrambe presenti a questo Colloquio». Alla VC appartiene la ricerca dell’unione con Dio e dell’unità all’interno della comunità fraterna, realizzando così la preghiera del Signore “perché tutti siano una sola cosa”».
Riandando alla regola di Agostino, ha poi sottolineato come la VC mostri che quest’unione «non è frutto dei nostri sforzi: l’unità è un dono dello Spirito Santo, il quale realizza l’unità nella diversità». Non c’è unità senza conversione, preghiera e santità di vita. «La vita religiosa ci ricorda che al centro di ogni ricerca di unità, e dunque di ogni sforzo ecumenico, vi è anzitutto la conversione del cuore, che comporta la richiesta e la concessione del perdono. Essa in gran parte consiste in una conversione del nostro stesso sguardo: cercare di guardarci gli uni gli altri in Dio, e saperci mettere anche dal punto di vista dell’altro».
La VC è anche scuola di preghiera: «uno dei pionieri dell’ecumenismo e grande promotore dell’ottavario per l’unità, p. Paul Couturier, utilizzava un’immagine che illustra bene il legame tra ecumenismo e vita religiosa: paragonava tutti coloro che pregano per l’unità, e il movimento ecumenico in generale, a un “monastero invisibile” che riunisce i cristiani di diverse Chiese, di diversi paesi e continenti». La VC, ha concluso il santo padre, «ci aiuta a prendere coscienza della chiamata rivolta a tutti i battezzati: la chiamata alla santità di vita, che è l’unico vero cammino verso l’unità».
Nel corso di questo Colloquio monastico, grazie alla presenza dei rappresentanti delle altre chiese, l’ecumenismo si è rivelato un bagaglio di esperienze concrete di fraternità che, segnate da storie e spiritualità diverse, raccontano ormai della positività più che degli ostacoli delle tradizioni religiose nel mondo globalizzato.
Mario Chiaro