Loparco Grazia
Essere casa che evangelizza
2015/2, p. 34
Ai lavori capitolari per la prima volta, durante due giornate, hanno partecipato direttamente anche alcuni laici, impegnati in comunità educanti, e alcuni giovani dell’Italia e da altri paesi europei. Il Capitolo era stato preparato da un anno e mezzo di riflessione.

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Testimoni
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XXIII Capitolo generale delle Figlie di Maria Ausiliatrice
ESSERE CASA
CHE EVANGELIZZA
Ai lavori capitolari per la prima volta, durante due giornate, hanno partecipato direttamente anche alcuni laici, impegnati in comunità educanti, e alcuni giovani dall’Italia e da altri paesi europei. Il Capitolo era stato preparato da un anno e mezzo di riflessione.
Dal 22 settembre al 15 novembre 2014 si è celebrato a Roma il XXIII Capitolo generale delle Figlie di Maria Ausiliatrice (FMA). L’assemblea era costituita da 194 FMA in rappresentanza dei 94 paesi, in cinque continenti, dove sono presenti le quasi 13.000 religiose dell’Istituto. Alcuni relatori, mons. Thomas Menamparampil, il card. João Braz de Aviz e mons. José Rodríguez Carballo, padre José Cristo Rey Paredes, don Ángel Fernández Artime, rettor maggiore sdb, hanno offerto efficaci stimoli alla riflessione e al discernimento, ampliando lo sguardo e la comprensione della vita religiosa sullo sfondo ecclesiale e delle trasformazioni socio-culturali in atto.
Il Capitolo
come evento di grazia
L’Assemblea ha inteso scandagliare il tema dell’essere oggi, con i giovani, “casa che evangelizza”, su cui le comunità educanti delle 77 ispettorie e 5 visitatorie hanno riflettuto per circa un anno e mezzo, preparando l’evento capitolare. Per la prima volta, in due giornate hanno partecipato direttamente alcuni laici, provenienti dalle 11 conferenze interispettoriali. Sono adulti impegnati nelle comunità educanti e appartenenti a diversi gruppi o associazioni della Famiglia salesiana, che hanno condiviso la loro esperienza educativa e hanno espresso una risonanza sul tema capitolare. Insieme a loro, alcuni giovani provenienti dall’Italia e da altri paesi europei. Le loro parole sono state come una lettera viva, richiamo all’origine del carisma salesiano che ha unito consacrati e laici nell’unica missione, connotazione inedita risuonata anche nel seguito del Capitolo. Altrettanto significativa è stata una tavola rotonda con testimoni di efficaci attuazioni educative in mezzo alle diverse periferie giovanili, di varie parti del mondo: Chiara Amirante, Jean Marie Petitclerc sdb, Agata Song fma.
Se è apparso come l’Istituto partecipi di un clima generale di perdita di significatività e visibilità comune a tutta la vita religiosa, è pure emerso con forza come sia chiamato a dare un apporto sempre più qualificato alla Chiesa e alla società, mediante l’educazione cristiana in una molteplicità di opere, tradizionali o nuove. Per farlo, occorre un rinnovamento, anzi, più propriamente una conversione. Dunque, non basta soffermarsi su qualche aspetto particolare. Tutta la vita religiosa, infatti, non ha solo da “aggiustare” qualcosa per essere profetica nel mondo di oggi, ma piuttosto da ricomprendere profondamente la sequela di Gesù, assumendo il novum che emerge nell’ecclesiologia. La Chiesa intera è chiamata a vivere una stagione che papa Francesco ha denominato di “conversione pastorale e missionaria” nella Evangelii gaudium. Anche l’Istituto, tramite le sue rappresentanti, ha voluto mettersi in ascolto, in discernimento personale e comunitario, alla luce della Parola, della chiamata della storia, dei giovani.
Il clima che ha permeato i lavori è stato di attenzione a vivere il Capitolo come evento di grazia, più che appuntamento di routine istituzionale. L’essere educatrici ha sollecitato tutta la consapevolezza e la responsabilità di rendere il mondo più vivibile, più accogliente, più a misura del disegno di Dio, nel desiderio di educare i giovani perché siano “felici nel tempo e nell’eternità”, come diceva don Bosco.
Il compito
delle capitolari
La comunità capitolare a partire dallo Strumento di lavoro doveva guardare alla realtà dell'Istituto, al mondo, ai giovani, ai poveri, e cercare insieme, in ascolto dello Spirito, come essere con i giovani “casa che evangelizza”. Le FMA sono chiamate in causa in quanto educatrici, responsabili di una missione comunitaria che passa attraverso le relazioni interpersonali, nello stile di famiglia tipicamente salesiano che richiama la “casa” a molti livelli. Le esigenze della nuova evangelizzazione per le FMA si concretizzano nell’educazione integrale delle giovani e dei giovani specie più poveri. Ma, per arrivare a quelli che non cercano le religiose e i loro servizi, occorre operare non solo per i giovani, ma con loro. Insieme in uscita, rete, comunicazione, periferie, missione, speranza, nuovi modelli formativi, dottrina sociale della Chiesa sono termini ricorrenti. Dinanzi a quanto si ripercuote sui giovani e sulla loro formazione, le FMA sono chiamate a mettersi dalla loro parte non solo nel senso di difenderli e aiutarli, ma più profondamente a guardare la realtà dalla loro postazione e a operare con intraprendenza per il cambiamento. La società tende a scartare chi è svantaggiato nella competizione; perciò, in molti paesi si escludono i giovani e ancor più le giovani dalla partecipazione attiva allo sviluppo. Si è allora ribadito che la vocazione salesiana porta le FMA a situarsi dall’ottica dei piccoli e dei poveri, con ciò che questo deve comportare in concreto.
Proprio i giovani, terra santa salesiana, interpellano le FMA a convertirsi al Vangelo; in altre parole le evangelizzano, perché stimolano a interpretare il Vangelo dall’interno della vocazione specifica, attualizzata nei diversi contesti. La difficoltà di annunciare oggi in modo significativo la Buona Notizia che è Gesù, ha fatto riflettere su molti aspetti della propria vita, dalla formazione alla vita comunitaria, dall’incontro con l’Altro alle relazioni interpersonali, dalla missione alla cooperazione con quanti hanno a cuore i valori umanizzanti, specie la pace, la giustizia, la solidarietà, porte secolari attraverso cui passa il Vangelo.
Alcune domande
provocatorie
Lo strumento di lavoro capitolare ha fatto emergere alcuni interrogativi o domande provocatorie per suscitare la riflessione e la condivisione delle capitolari: «Come annunciare Gesù in un mondo che cambia, a una generazione che cambia? Quale nuova visione di comunità con i giovani per essere profezia di vita religiosa salesiana oggi? Come situarci nella cultura della comunicazione? Perché con tutta la formazione che riceviamo la vita non cambia? Stiamo solo restaurando o facendo qualcosa di nuovo?».
Nella riflessione personale e nelle commissioni, ogni nucleo è stato approfondito sulla base di tre interrogativi: «Quali sfide emergono da questo nucleo, per l’Istituto oggi? Quale cambio di mentalità ci richiede? Quali scelte siamo chiamate ad assumere?».
Il confronto appassionato nelle commissioni di lavoro, e poi in assemblea, ha portato a condividere come grande orizzonte la conversione pastorale, a riconoscere come atteggiamento di fondo la speranza e la gioia, espresse in chiave salesiana con la categoria dell’incontro. Il lavoro ha confermato che l’Istituto, nonostante le difficoltà e il calo di membri in alcune aree, ha una sua parola originale da dire e il mondo aspetta questa parola educativa generata dal da mihi animas cetera tolle. Per essere in grado di “sorprendere” o “svegliare” il mondo, occorre unire le forze intorno a un obiettivo importante comune, guardando la situazione dalla “prospettiva del miracolo” più che dalle deficienze o dai motivi di pessimismo che bloccano le energie. Perciò le sfide sono state intese come chiamata di Dio e opportunità di fedeltà da declinare nel quotidiano hic et nunc.
Insieme dinanzi
alle attuali chiamate
È rimbalzato in assemblea innanzitutto il forte appello alle FMA ad essere, stare con i giovani, insieme agli adulti, per ricercare e operare a favore di altri giovani, perché sempre più arrivino all’incontro vitale con Gesù. Le attività o altri interessi non possono sostituirsi alla presenza educativa. I cambiamenti culturali e antropologici in atto toccano la stessa visione della persona, delle relazioni a tutti i livelli. Da una parte cresce l’ideologia del gender e la crisi delle famiglie, dall’altra nella Chiesa si profila la necessità di migliorare le relazioni tra uomini e donne, anche religiosi, in chiave di valorizzazione e reciprocità. Nella società ci sono segnali positivi: ad esempio, nella difesa dei diritti umani, del volontariato, della comunicazione, ma anche preoccupanti insidie dovute al relativismo, alla superficialità, all’individualismo che condizionano il vissuto, la profondità e la coerenza delle scelte in una “società liquida”. L’eccessiva competitività e l’esaltazione dell’efficienza creano una cultura dello scarto che emargina minoranze o interi popoli, incrementando discriminazioni tra donne e uomini, e tra fasce sociali. Inoltre le disuguaglianze di opportunità, causate anche dal divario digitale, accentuano l’esclusione, come pure la fatica del dialogo intergenerazionale. Le diverse povertà che colpiscono i giovani nei differenti contesti interpellano le presenze e le scelte, la creatività e la formazione delle FMA, per renderli protagonisti nel cogliere opportunità di sviluppo ed educazione. In tal senso, le periferie giovanili sollecitano la capacità di riconoscere nelle nuove frontiere giovanili il luogo dove Dio parla e attende le FMA per denunciare con la bellezza del Vangelo ciò che umilia le persone e il creato e annunciare con la vita e le parole i valori che rendono pienamente umana una società. La presenza salesiana in contesti pluralisti, multireligiosi, conflittuali, le sfida ad essere aperte ad una cultura dell’incontro e del dialogo, capaci di tradurre i valori evangelici in un linguaggio universale condivisibile, con gesti che esprimano la gioia e la pace di riconoscersi “minorità”, andando all’essenziale della sequela Christi. In effetti, tutta la vita consacrata sta vivendo la stagione dell’inverno, tempo propizio per lavorare sulle radici in attesa della primavera. La domanda di spiritualità nella gente, ma anche nelle religiose in cui è pur presente una certa “anemia spirituale”, chiede l’assunzione responsabile della propria maturazione spirituale. In concreto questo richiede il coraggio di fare potature per far spazio al nuovo nelle abitudini, nelle strutture, senza paura di aprirsi alle sorprese di Dio.
In una cultura che mette in discussione istituzioni ed autorità e nella quale l’autorità stessa fatica ad esprimere il suo ruolo in modo efficace ed attraente, le FMA hanno avvertito l’esigenza di formarsi ad una leadership adeguata ai tempi per uno stile di animazione e governo che sia autorevole per la coerenza tra parole e gesti; che faciliti il coinvolgimento, l’obbedienza di tutte al progetto di Dio e la corresponsabilità nella missione. Uno stile di animazione e di governo che, a partire da una lettura credente della realtà, sappia orientare con chiarezza il progetto di risignificare la vita consacrata, la presenza e le opere alla luce del carisma salesiano, in fedeltà alla Regola di vita. Pur avendo le idee chiare, rimane una sfida l’attuazione del coordinamento per la comunione a tutti i livelli di responsabilità.
Il cammino
continua in loco
Constatata la necessità di proporsi come comunità nuove, aperte, è apparsa la necessità di attuare con decisione cambi di mentalità, di lasciare schemi a volte un po’ obsoleti, per guardare alla missione educativa con occhi nuovi, con uno sguardo che illumina scelte e passi concreti in loco.
Il progetto comune per i prossimi anni è raccolto nel documento capitolare dal titolo “Allargate lo sguardo”. Con i giovani missionarie di speranza e di gioia (dalle parole di papa Francesco alle capitolari). Esso delinea la conversione pastorale nell’attualità dell’Istituto, pertanto è affidato al discernimento e alle scelte del Consiglio generale, delle Ispettorie e delle comunità locali in cui le diverse linee di azione vanno rilette e assunte come comunità educanti. Tocca ad esse individuare le vie concrete per realizzare una presenza evangelica educativa in sintonia con la propria identità, le attese dei giovani e i bisogni educativi che emergono dal territorio. Il cambiamento rapido in atto chiede di camminare fedeli a loro e pronte a scrutare continuamente i segni dei tempi. In particolare, concordando alcuni gesti comuni, si è concentrata attenzione sull’ampio fenomeno dell’emigrazione, promuovendo azioni in rete con la Famiglia salesiana e altri soggetti interessati; sull’incremento di comunità interculturali e la risignificazione delle presenze con attenzione preventiva ai giovani più poveri; sull’impegno della comunione dei beni a tutti i livelli all’interno dell’Istituto come segno e scelta di solidarietà evangelica e per la missione. Senza rassegnarsi alle disuguaglianze di opportunità formative, si vuol favorire un inserimento attivo e partecipativo dei giovani nella società, rilanciando gli oratori centri giovanili. Il Capitolo si è rivelato una straordinaria esperienza del convenire del “mondo in una stanza”, in cui i fenomeni globali risuonavano dalle diverse angolature prospettiche per la provenienza varia delle FMA. Nei lavori capitolari si sono anche modificati alcuni articoli delle Costituzioni e dei Regolamenti, per un miglior accordo con l’attualità. Mettendo a fuoco punti deboli e punti di forza dell’Istituto, il Capitolo ha costituito un’occasione propizia per entrare con slancio consapevole e rinnovato nell’anno della vita consacrata, come pure nel Bicentenario della nascita del fondatore delle FMA, s. Giovanni Bosco.
Grazia Loparco fma