Gazzola Alessandro
Profeti credenti e credibili
2015/2, p. 30
P.Alessandro Gazzola, superiore generale dei Missionari Scalabriniani, in occasione della Giornata mondiale della Vita Consacrata, ci ha reso nota la lettera che intende far giungere a tutti i suoi confratelli missionari allo scopo di presentare una riflessione sul tema della vita consacrata all'interno del loro Istituto religioso, in fedeltà al carisma del fondatore, beato G.B.Scalabrini. Ne pubblichiamo uno stralcio riguardante l’aspetto missionario della vita consacrata.

Accedi alla tua area riservata per visualizzare i contenuti.

Questo contenuto è riservato agli abbonati a
Testimoni
.
PROFETI CREDENTI E CREDIBILI
P.Alessandro Gazzola, superiore generale dei Missionari Scalabriniani, in occasione della Giornata mondiale della Vita Consacrata, ci ha reso nota la lettera che intende far giungere a tutti i suoi confratelli missionari allo scopo di presentare una riflessione sul tema della vita consacrata all'interno del loro Istituto religioso, in fedeltà al carisma del fondatore, beato G.B.Scalabrini.
Ne pubblichiamo uno stralcio riguardante l’aspetto missionario della vita consacrata.
Cari confratelli,
a circa due anni dall’inizio del mio mandato di superiore generale della nostra Famiglia religiosa, sento il desiderio di rendervi partecipi di alcune riflessioni, che mi hanno accompagnato in tutto questo tempo, e che hanno preso maggior consistenza con la mia progressiva maggior conoscenza della realtà scalabriniana nel mondo. Il contenuto di questa lettera si affianca, e intende sviluppare, quanto ci viene proposto in questo “Anno della Vita Consacrata”, che papa Francesco ha indetto il 29 novembre 2014.
Questa lettera vuole essere un contributo alla riflessione personale e comunitaria sul nostro essere persone consacrate al Signore nel servizio apostolico con e per i migranti.
Facendo nostre le lungimiranti parole del beato Paolo VI “L'uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri, o se ascolta i maestri lo fa perché sono dei testimoni» , tutti, credo, siamo stati in qualche modo colpiti, affascinati e coinvolti da quello che abbiamo visto e sentito quando ci siamo “incontrati”, in modalità e tempi senz’altro differenti per ciascuno, con la figura di Scalabrini. Lo Spirito di Dio ha aperto i suoi occhi perché vedesse, il suo cuore perché sentisse compassione, la sua mente perché riflettesse e provvedesse, le sue forze perché attualizzasse quanto man mano veniva in lui prendendo viva consistenza. Appassionato di Dio, vicino a Lui, a partire da Lui, ha potuto godere e usufruire di una visione alta e ampia delle cose. Così Scalabrini è “profeta”, “voce di Dio”. Così diversi nostri missionari, sia del passato che del presente, sono davvero degni di essere ritenuti “eroi e santi”: figure che hanno dato la vita per Cristo e per i migranti. Questi sono i testimoni e i profeti che hanno parlato al nostro cuore e sono stati da noi ritenuti credibili, tanto da far nascere in noi il desiderio di seguirli, di imitarli, di inserirci nel solco della loro missionarietà e santità.
Vita consacrata missionaria
La nostra Famiglia religiosa “è una comunità apostolica di religiosi inserita nell’attività missionaria, che Cristo continua nella Chiesa… Il mondo, al quale siamo stati chiamati ad annunciare il mistero di salvezza è quello dei migranti. Per compiere la nostra missione condividiamo la loro stessa vita e la vicenda migratoria, allo stesso modo di Cristo che, attraverso la sua incarnazione, si legò all’ambiente sociale e culturale in cui visse”. Nel progetto del Fondatore, la scelta della vita consacrata è in funzione di garantire “l’efficacia della nostra donazione al servizio dei migranti e la stabilità dell’Istituto. La missione, infatti, che abbiamo ricevuto dalla Chiesa, prende senso e credibilità se, nell’annunciare il messaggio di Cristo, viviamo in comunione con Lui e con i fratelli”. Abbracciando la vita dei confratelli e quella dei migranti, la nostra consacrazione “tende a farsi preghiera di un popolo, che mentre compie su questa terra il suo pellegrinaggio lontano dal Signore, è come un esule, e cerca e pensa le cose di lassù”. La tensione missionaria forma, così, un tutt’uno con la nostra consacrazione, ed è un altro fronte su cui dobbiamo misurarci, e soprattutto devono misurarsi le nuove generazioni di confratelli. [… ] Sarebbe una sfida di nuova vitalità se questi giovani confratelli avessero il coraggio di rischiare di più, di proporre di più, di essere in prima fila nelle nuove sfide migratorie”.
p. Alessandro Gazzola