Siate uomini e donne del "di più"!
2015/2, p. 17
Nei messaggi e omelie per l’avvio dell’Anno della vita consacrata, i vescovi italiani ribadiscono che la VR è una ricchezza necessaria per le diocesi. Alcuni interventi significativi.
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I vescovi italiani ai consacrati
SIATE UOMINI E DONNE
DEL “DI PIÙ”!
Nei messaggi e omelie per l’avvio dell’Anno della VC, i vescovi italiani ribadiscono che essa è una ricchezza necessaria per le diocesi. Alcuni interventi significativi.
«Invito tutte le comunità cristiane a vivere questo Anno anzitutto per ringraziare il Signore e fare memoria grata dei doni ricevuti e che tuttora riceviamo per mezzo della santità dei Fondatori e delle Fondatrici e della fedeltà di tanti consacrati al proprio carisma. Vi invito tutti a stringervi attorno alle persone consacrate, a gioire con loro, a condividere le loro difficoltà, a collaborare con esse, nella misura del possibile, per il perseguimento del loro ministero e della loro opera, che sono poi quelli dell’intera Chiesa. Fate sentire loro l’affetto e il calore di tutto il popolo cristiano». Con queste parole tratte dalla Lettera di papa Francesco a tutti i consacrati, in occasione dell’Anno della vita consacrata (30 novembre 2014-2 febbraio 2016), i cattolici sono invitati ad accogliere con riconoscenza il dono della vita consacrata come ricchezza per ogni Chiesa locale.
Anche alcuni vescovi italiani hanno iniziato ufficialmente questo Anno speciale nelle loro diocesi, o con una celebrazione o scrivendo un messaggio, sottolineando il ruolo fondamentale della vita consacrata nel cammino pastorale delle loro Chiese.
Ecco una breve antologia dei loro interventi.
La teologia
della VR
Interessante il messaggio che il vescovo di Alghero-Bosa, Mauro Maria Morfino, in qualità di delegato della Conferenza episcopale sarda per il clero e la vita consacrata, ha indirizzato ai monaci, alle monache, alle religiose, ai religiosi, alle società di vita apostolica, agli istituti secolari, all’Ordo virginum della Sardegna, in occasione di quest’Anno speciale.
Il vescovo definisce i consacrati «donne e uomini “del di più”», non tanto in senso di qualità o di privilegi particolari, ma in quanto i religiosi hanno deciso di «appartenere magis/di più a Dio, magis/di più ai fratelli e alle sorelle della vostra comunità, magis/di più a ogni volto umano acceso sulla terra, magis/di più a tutti coloro che il vostro particolare carisma fondazionale custodisce come realtà più preziosa, su tutti e su ciascuno la gioia del Regno che viene e che preme e che è sempre Regno di amore, di giustizia, di pace, di verità, di libertà».
Scrivendo nel contesto liturgico dell’Avvento, il vescovo ha colto l’opportunità di definire i religiosi come «donne e uomini vigilantes (vigilanti)», «dell’hodie (oggi)» e «del cras (domani)». In particolare, la vita dei religiosi come «donne e uomini del “di più”» rivela che «Parola, eucaristia, fraternità sono quel “tempo sospeso” e quello spazio già abitato dal cras, che permette di stare dentro la storia che scorre e attendere e invocare l’avvento del Regno nella certezza che “è già tra noi”. Parola, eucaristia, fraternità sono la cattedra da cui apprendere il come, il quando e il perché alzare il dito, con parresia e umiltà, per indicare il Signore presente nella storia. Parola, eucaristia, fraternità sono il cibo sostanziale e la luce “alla cui luce vediamo la luce”, senza accecarci. Parola, eucaristia, fraternità danno sostegno e ritmo, a passi talvolta lenti, talvolta insicuri, talvolta maldestri». Concludendo il presule si augura che i religiosi possano «stupirci per i doni di grazia e di creatività apostolica che il Padre ancora sparge a larghe mani nelle nostre vite».
Infine, l’arcivescovo di Milano, Angelo Scola, presentando il documento dal titolo Ministero episcopale e carisma della vita consacrata in dialogo nelle Chiese della Lombardia, nato in seno alla Commissione regionale per la vita consacrata, ricorda che «la vita consacrata si colloca al cuore della dimensione carismatica della Chiesa e occupa un posto peculiare nella missione evangelizzatrice». Il testo parla della “dimensione ecclesiale” della vita consacrata, che implica la “reciproca conoscenza”, la “collaborazione” tra religiosi e Chiesa locale, nonché la “vitalità e qualità della presenza” dei religiosi dentro la diocesi.
Sono quattro i “pilastri” che l’arcivescovo di Ancona-Osimo e neo-cardinale, Edoardo Menichelli, propone ai consacrati: Gesù Cristo («prima Cristo e poi la regola e non, come spesso succede, il contrario»); la Chiesa e la sua vita nella storia («a volte la famiglia religiosa tende ad essere un “appartamentino consolatorio»); un’intensa vita spirituale («è fondamentale salvare l’identità attraverso un’intensa vita spirituale», la quale «deve essere la bellezza, per un verso, e, dall’altro, la fecondità della vita vocazionale»); il mondo da conoscere e amare («il mondo occorre conoscerlo, per essere capaci di offrirgli la Parola che salva, nelle modalità più utili e consone»).
Il vescovo di Reggio Emilia-Guastalla, Massimo Camisasca, ha dato inizio all’Anno della vita consacrata lo scorso 8 dicembre, accogliendo il proposito di consacrazione nell’Ordo virginum di una sorella. Nell’omelia della celebrazione eucaristica, egli ha ribadito che «nella vita consacrata c’è un desiderio di servire che, proprio per essere vero, non vuole mai essere messo in evidenza: è il servizio “ovvio” dei “servi inutili”, il servizio lieto di chi trova tutta la propria gioia nella bellezza del suo Signore, del suo corpo che è la Chiesa, nella bellezza dei poveri, dei diseredati, che vede sempre come parte del corpo di Cristo». Infatti, «la dedizione a Cristo è una vocazione sponsale che richiede una dedizione continua del cuore e degli affetti, un distacco da cui scaturisce un’intensità affettiva inimmaginabile in ogni altra vocazione». Il vescovo pone come modello della vita consacrata la “bellezza” di Maria, la quale «non nasce da lei», ma «viene da Dio»: «Maria riceve la luce dal suo Signore, come la luna dal sole, come la Chiesa da Cristo».
Anche il vescovo di Catanzaro-Squillace, Vincenzo Bertolone pone Maria come modello per i consacrati, in vista di una «visione spirituale e non funzionale del nostro stare al mondo da credenti». È proprio quella visione, profetica e scomoda insieme, che impegna a rispondere alla domanda: «Come ascoltare questa voce, sorelle e fratelli? Come non farla sopraffare da tante voci apparentemente più accattivanti, ma ingannevoli che invitano a godere soltanto dell’attimo presente, ad accumulare denaro anche a discapito degli altri, a non riconoscere alcuna autorità fuori dalla propria volontà, a sopraffare, anziché integrare, la propria alterità umana?». Il vescovo sottolinea anche che «ogni carisma di fondazione non è altro se non un modo concreto di vivere il Vangelo».
Il vescovo di Asti, Francesco Ravinale, evidenzia che «nei religiosi troviamo attuata quella vigilanza… che sottolinea l’indole escatologica della Chiesa, per cui la salvezza portata da Gesù è già ben presente nella condizione attuale della Chiesa, ma non ancora pienamente realizzata e lo sarà soltanto quando lo potremo godere nella vita eterna e l’indole pellegrinante della Chiesa, chiamata a vivere nel mondo senza essere del mondo e continuamente alla ricerca di una salvezza completa e definitiva.
I luoghi
della VR
Commentando la Lettera di papa Francesco ai consacrati, l’arcivescovo emerito di Urbino-Urbania-S. Angelo in Vado, Francesco Marinelli, indicando come il luogo profetico più significativo dove i religiosi sono invitati ad annunciare il vangelo del Regno siano le “periferie”: «Raggiungere le periferie per portare la luce del vangelo richiede “vigilanza”, ma anche “lucidità” per riconoscerne le complessità, “discernimento”, senza rinunciare ad immergersi nella realtà per toccare la carne sofferente di Cristo nel popolo». Infatti, «camminando nelle periferie esistenziali, il cuore della vita religiosa ha sempre avuto e ha vissuto dentro lo sguardo per i poveri e gli ultimi della storia, per chi la società poneva ai margini insignificanti del vivere; basti pensare a tutti i santi della carità». Infine, il vescovo aggiunge che «senza la fraternità non è comprensibile la vita consacrata, come non lo è senza l’abitare la storia degli uomini»: ecco perché «la creatività e il coraggio dei fondatori sono l’anima profetica di ciò che essi hanno incarnato dentro la loro fragile esistenza».
“Conta” sui religiosi il vescovo di Noto Antonio Staglianò «per quello che fate, pur nell’inadeguatezza, nella sofferenza di fare meglio. Per quello che siete, per quello che avete accettato di essere». Egli fa notare: «Voi siete dono prezioso per la Chiesa e il mondo, voi siete luci, specialmente in questa cultura post-moderna che può apparire disattenta, anzi contraria a talune forme di radicalità, voi siete, con la vostra vita, il segno della disponibilità totale a Dio, alla Chiesa, ai fratelli. Vi scongiuro, non omologatevi! Realizzate tutte le iniziative che volete, ma per il resto siate quello che siete, cioè uomini e donne stupendamente amanti di Dio, in intimità profonda con lui, perché l’adorazione, la contemplazione è condizione essenziale dell’azione».
Il presente
e il futuro della VR
«Abbiamo fame di gioia» è l’invito rivolto ai consacrati dall’arcivescovo di Napoli, Crescenzio Sepe. Egli auspica che l’Anno della vita consacrata sia «per tutta la Chiesa un evento importante, un’occasione donata dallo Spirito, per “evangelizzare” la propria vocazione e testimoniare la bellezza della sequela Christi nelle molteplici forme, una vita dedita a Dio e agli uomini e alle donne del nostro tempo». Da qui l’esortazione «a ritrovare ogni giorno il senso della vocazione e la gioia di essere discepoli e testimoni, a “gridare” al mondo con forza e con gioia la santità e la vitalità che sono presenti nella vita consacrata, a vivere la gioia della fraternità».
«Profeti capaci di svegliare il mondo attraverso una carità umile e attenta alle periferie esistenziali»: così descrive i consacrati l’arcivescovo di Trento, Luigi Bressan. E augura loro «di saper incarnare questa profezia, perché la loro incarnazione sia vissuta in pienezza e sia fonte di gioia e anche per il bene della nostra diocesi e della Chiesa tutta, che di questa testimonianza ha oggi particolare bisogno». Inoltre, egli incoraggia i consacrati «a rendersi testimoni gioiosi della loro vocazione, per la crescita del regno di Dio nella comunione della Chiesa particolare e universale». Infine, invita i presbiteri e i coniugi, come pure i catechisti e gli educatori a tener conto di questa vocazione e proporla ai ragazzi e ai giovani».
P. Luca Zanchi, sacramentino, vice-presidente della Cism Lombardia, ribadisce che «la via da percorrere è quella della comunione, che pone al centro i rapporti reciproci e lo scambio dei doni», in quanto «l’ecclesiologia e la spiritualità della comunione aprono la strada alla possibilità di relazioni sempre più vere e impegnative tra i vescovi e le realtà di vita consacrata». Del resto «c’è una responsabilità, propria di chi è chiamato a presiedere nella carità una comunità cristiana nella persona del vescovo diocesano, a valorizzare e promuovere la vita consacrata nelle sue diverse forme, nel sostegno alla fedeltà evangelica e carismatica propria di ciascuna, nell’accettare, sostenere e coordinare l’attività pastorale, rispettando e difendendo la giusta autonomia di vita e di governo nelle realtà di vita consacrata, e la natura e identità della comunità diocesana». E questo non vale solo per l’Anno della vita consacrata.
Mauro Pizzighini