Mastrofini Fabrizio
Ha toccato il cuore della gente
2015/2, p. 1
Tanti sono stati i temi toccati e tanti i gesti di vicinanza e di condivisione e persino di commozione. Ha seminato a piene mani i semi del Vangelo. Dappertutto è stato accolto con grande gioia e partecipazione.

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Il Papa in Sri Lanka e nelle Filippine
HA TOCCATO
IL CUORE DELLA GENTE
Tanti sono stati i temi toccati e tanti i gesti di vicinanza e di condivisione e persino di commozione. Ha seminato a piene mani i semi del Vangelo. Dappertutto è stato accolto con grande gioia e partecipazione.
C’è un legame stretto tra tutela dell’ambiente, catastrofi naturali e povertà. Lo ha voluto dimostrare papa Francesco nelle Filippine, che oltre ai bagni di folla a Manila, ha voluto a tutti i costi andare a Tacloban e Palo nell’isola di Leyte, nei luoghi dove nel novembre 2013 è passata la distruzione del tifone Yolanda, falciando le vite di oltre 6 mila persone e coinvolgendone ben 16 milioni nelle distruzioni.
Il Papa era rimasto molto toccato dalla tragedia, come ha detto nell’omelia della messa: “quando ho visto le immagini in televisione, ho sentito che dovevo venire nelle Filippine”. La visita nell’area è stata disturbata dal forte maltempo che ha colpito la regione. Per questo Francesco ha dovuto anticipare il suo rientro a Manila di quattro ore riducendo i momenti che avrebbe dovuto passare con alcune famiglie superstiti del tifone. Ha potuto benedire solo dall’esterno un Centro per i poveri a lui dedicato ed ha salutato brevemente sacerdoti, religiose, religiosi, seminaristi e altri superstiti del tifone che lo attendevano all’interno della cattedrale di Palo consegnando loro il discorso che aveva preparato.
I temi
affrontati
La visita del papa nella tappa nelle Filippine e in quella nello Sri Lanka, ha visto all’opera diversi «registri». I temi portanti hanno riguardato il dialogo interreligioso e la riconciliazione nello Sri Lanka dal 13 al 15 gennaio; la tutela dell’ambiente, la difesa dei minori, l’impegno contro la corruzione, nelle Filippine dal 15 al 19 gennaio.
Parte integrante dei viaggi e sempre molto importanti sono i «fuori programma» e gli avvenimenti aggiunti. Ad esempio, gli incontri con i giornalisti sui voli di spostamento e questa volta nel volo intermedio Colombo-Manila e nel ritorno Manila-Roma, il papa ha risposto a tutte le domande. I testi integrali di queste «interviste» vanno letti e riletti dal sito vaticano nella loro trascrizione ufficiale: http://w2.vatican.va/content/francesco/it/travels/2015/outside/documents/papa-francesco-sri-lanka-filippine-2015.html
Il papa ha accettato di rispondere a domande riferite all’attualità ed ha così preso posizione su molti argomenti. In riferimento ai fatti di Parigi, ha notato che la libertà di espressione va temperata e non può essere assoluta, perché non è consentito offendere le credenze religiose. Osservazione che ha provocato forti polemiche anche se le parole giuste del Papa non sempre sono state riportate. E papa Francesco è tornato sul tema, insistendo, nel volo di ritorno. «Non si può provocare, ha detto esattamente, non si può insultare la fede degli altri, non si può prendere in giro la fede. (…) C’è un limite. Ogni religione ha dignità, ogni religione che rispetti la vita umana, la persona umana. E io non posso prenderla in giro». Sul volo da Colombo a Manila ha anche annunciato l’arrivo di un’enciclica sui temi ecologici ed ambientali, da pubblicare in autunno prima del vertice Onu sull’ambiente che ci sarà a Parigi nel dicembre di quest’anno.
Il passaggio
in Sri Lanka
Al suo arrivo nello Sri Lanka papa Francesco è tornato a indicare la via maestra dell’incontro per superare divisioni e conflitti. Che nascono, ha denunciato, dalla «incapacità di riconciliare le diversità e le discordie, antiche o nuove che siano», e di coltivare «quelle virtù che promuovono la riconciliazione». «Non è compito facile» ha ammesso il pontefice nel primo discorso pronunciato all’arrivo davanti al neoeletto presidente della repubblica, Maithripala Sirisena. Ma, ha aggiunto, va realizzato con perseveranza, senza cedimenti e nel rispetto della verità: non per riaprire vecchie ferite «ma piuttosto quale mezzo necessario per promuovere la loro guarigione, la giustizia e l’unità». In questa opera di ricostruzione materiale e morale un ruolo essenziale giocano le varie tradizioni religiose dello Sri Lanka, nazione a maggioranza buddista, con una significativa presenza dei seguaci dell’induismo, dell’islam e del cristianesimo. Francesco ha incoraggiato i credenti «ad accettarsi», a «rispettare le legittime diversità e imparare a vivere come un’unica famiglia». Invito ripetuto anche nell’incontro interreligioso ed ecumenico. «Per il bene della pace – ha affermato davanti a un migliaio di rappresentanti delle maggiori religioni del paese – non si deve permettere che le credenze religiose vengano abusate per la causa della violenza della guerra». Da qui l’appello a «essere chiari e non equivoci nell’invitare le nostre comunità a vivere pienamente i precetti di pace e convivenza presenti in ciascuna religione e denunciare gli atti di violenza». Non a caso ha voluto inserire un fuori programma: la visita ad un tempio buddista a Madhu. Un incontro che – ha detto – «ci fa capire il senso della interreligiosità che si vive nello Sri Lanka: c’è rispetto fra loro. Ci sono gruppetti fondamentalisti, ma non sono col popolo: sono élite ideologiche, ma non sono col popolo».
La canonizzazione
di Giuseppe Vaz
Un punto focale del viaggio è stata la canonizzazione di Giuseppe Vaz, missionario oratoriano, infaticabile evangelizzatore dello Sri Lanka, al di là delle divisioni etniche e delle persecuzioni anticristiane del diciassettesimo secolo. «San Giuseppe Vaz – ha detto il Papa – continua a essere un esempio e un maestro per molte ragioni». Innanzitutto «egli fu un sacerdote esemplare» e «ci insegna ad uscire verso le periferie, per far sì che Gesù Cristo sia conosciuto e amato ovunque». È «anche esempio di paziente sofferenza per la causa del Vangelo, di obbedienza ai superiori, di amorevole cura per la Chiesa di Dio». Come noi «è vissuto in un periodo di rapida e profonda trasformazione; i cattolici erano una minoranza e spesso divisa all’interno; si verificavano ostilità, perfino persecuzioni, all’esterno». Ciò nonostante «fu in grado di diventare per tutta la popolazione un’icona vivente dell’amore misericordioso e riconciliante di Dio». Inoltre «ci ha mostrato l’importanza di superare le divisioni religiose nel servizio della pace. Il suo indiviso amore per Dio lo ha aperto all’amore per il prossimo; egli ha dedicato il suo ministero ai bisognosi, chiunque e dovunque essi fossero. Il suo esempio continua oggi ad ispirare la Chiesa in Sri Lanka». Come ci insegna la vita di Giuseppe Vaz «l’autentica adorazione di Dio porta non alla discriminazione, all’odio e alla violenza, ma al rispetto per la sacralità della vita, al rispetto per la dignità e la libertà degli altri e all’amorevole impegno per il benessere di tutti».
Nelle Filippine
corruzione e difesa minori
Più articolata la tappa nelle Filippine, sia per gli spostamenti, sia per la realtà specifica del paese. L’episcopato è impegnato nella difesa dell’ambiente e nella denuncia della corruzione. Grazie alla presenza del cardinale Tagle, papa Francesco ha toccato con mano le testimonianze di bambini e giovani: i primi sfruttati e spesso gettati per la strada; i secondi in difficoltà nell’immaginare una loro via per il futuro. Per tutti il papa ha azionato il registro della misericordia, una delle caratteristiche profonde del suo pontificato. È stato aiutato anche dalla forte impronta di religiosità popolare, così simile a quella latinoamericana, che nei secoli di dominazione spagnola ha plasmato l’arcipelago. A Manila ha messo al centro il tema della famiglia. «Stiamo attenti alle nuove colonizzazioni ideologiche. Esistono colonizzazioni ideologiche che cercano di distruggere la famiglia. Non nascono dal sogno, dalla preghiera, dall’incontro con Dio, dalla missione che Dio ci dà, vengono da fuori e per questo dico che sono colonizzazioni. Non perdiamo la libertà della missione che Dio ci dà, la missione della famiglia. E così come i nostri popoli, in un momento della loro storia, arrivarono alla maturità di dire “no” a qualsiasi colonizzazione politica, come famiglie dobbiamo essere molto sagaci, molto abili, molto forti, per dire “no” a qualsiasi tentativo di colonizzazione ideologica della famiglia». Qui nelle Filippine, ha aggiunto, «mentre fin troppe persone vivono in estrema povertà, altri vengono catturati dal materialismo e da stili di vita che annullano la vita familiare e le più fondamentali esigenze della morale cristiana. Queste sono le colonizzazioni ideologiche. La famiglia è anche minacciata dai crescenti tentativi da parte di alcuni per ridefinire la stessa istituzione del matrimonio mediante il relativismo, la cultura dell’effimero, una mancanza di apertura alla vita». Ogni minaccia alla famiglia è una minaccia alla società stessa.
A questo tema ha alternato una pressante richiesta per la giustizia sociale. A Tacloban, nell’isola di Leyte, ha vissuto un momento intenso anche se rapido a causa del maltempo che lo ha costretto ad accorciare la visita. Ha espresso vicinanza alle vittime del tifone del 2013: «quando ho visto le immagini della distruzione ho sentito che dovevo venire da voi. In quel momento ho deciso il viaggio nelle Filippine». Ha avuto parole forti sulla necessità di politiche a favore «dell’inclusione sociale. Il giudizio di Dio avrà l’inclusione come tema». In un altro fuori programma a Manila, insieme con il cardinale Tagle, ha visitato un centro che raccoglie ragazze tolte dalla strada. E di tutela dei bambini ha parlato, evidenziando in che modo tradizioni popolari e locali si inseriscono a pieno titolo nella Chiesa, portando linfa nuova. «Il Santo Niño (patrono delle Filippine, ndr) ci ricorda anche che questa identità va protetta. Il Cristo Bambino è il protettore di questo grande Paese. Egli ci ricorda l’importanza di proteggere le nostre famiglie e quella più grande famiglia che è la Chiesa, la famiglia di Dio, e il mondo, la nostra famiglia umana. Oggi purtroppo la famiglia ha bisogno di essere protetta da attacchi insidiosi e da programmi contrari a tutto quanto noi riteniamo vero e sacro, a tutto ciò che nella nostra cultura è più nobile e bello. Abbiamo il compito di proteggere, guidare e incoraggiare i giovani, aiutandoli a costruire una società degna del grande patrimonio spirituale e culturale. In particolare, abbiamo bisogno di vedere ogni bambino come un dono da accogliere, da amare e da proteggere».
Ruolo della VC
e del clero
Papa Francesco ha definito, in Asia, alcune delle priorità del pontificato: ambiente; giustizia sociale nell’attenzione ai poveri; impegno per la promozione dei giovani; tutela dell’infanzia. «La Chiesa nelle Filippine è chiamata a riconoscere e combattere le cause della disuguaglianza e dell’ingiustizia, profondamente radicate, che macchiano il volto della società filippina, in palese contrasto con l’insegnamento di Cristo. Il Vangelo chiama ogni singolo cristiano a vivere una vita onesta, integra e impegnata per il bene comune. Ma chiama anche le comunità cristiane a creare “circoli di onestà”, reti di solidarietà che possono estendersi nella società per trasformarla con la loro testimonianza profetica». I poveri «sono al centro del Vangelo, sono al cuore del Vangelo; se togliamo i poveri dal Vangelo non possiamo capire pienamente il messaggio di Gesù Cristo». Quindi una pressante richiesta di coerenza interiore: «Significa rifiutare prospettive mondane, guardando ogni cosa di nuovo alla luce di Cristo. Ciò comporta che noi siamo i primi ad esaminare la nostra coscienza, a riconoscere i nostri fallimenti e cadute e ad imboccare la via della conversione continua, della conversione quotidiana. Come possiamo proclamare la novità e il potere liberante della Croce agli altri, se proprio noi non permettiamo alla Parola di Dio di scuotere il nostro orgoglio, la nostra paura di cambiare, i nostri meschini compromessi con la mentalità di questo mondo, la nostra mondanità spirituale».
Per i religiosi «vivere la novità del Vangelo» significa «vivere in modo da riflettere la povertà di Cristo, la cui intera vita era incentrata sul fare la volontà del Padre e servire gli altri. (…) Solo diventando noi stessi poveri, eliminando il nostro autocompiacimento, potremo identificarci con gli ultimi tra i nostri fratelli e sorelle. Vedremo le cose sotto una luce nuova e così potremo rispondere con onestà e integrità alla sfida di annunciare la radicalità del Vangelo in una società abituata all’esclusione, alla polarizzazione e alla scandalosa disuguaglianza». Il mandato è preciso: «siate presenti in mezzo ai giovani che possono essere confusi e abbattuti, e che tuttavia continuano a vedere la Chiesa come loro compagna di cammino e fonte di speranza. Siate vicini a quanti, vivendo in mezzo ad una società appesantita dalla povertà e dalla corruzione, sono scoraggiati, tentati di mollare tutto, di lasciare la scuola e di vivere per la strada. Proclamate la bellezza e la verità del matrimonio cristiano ad una società che è tentata da modi confusi di vedere la sessualità, il matrimonio e la famiglia».
Fabrizio Mastrofini