Gellini Anna Maria
Passione per Cristo e per il mondo
2015/12, p. 32
Dove c’è gioia, la vita germina, fiorisce e fruttifica diventando dono per tutti. Se la vita consacrata vuole riscoprirsi nella sua autenticità deve tornare alle fonti, alle sue radici, alla sorgente viva della gioia che è Gesù Cristo.
La gioia nella vita consacrata
Passione per Cristo
e per il mondo
Dove c’è gioia, la vita germina, fiorisce e fruttifica diventando dono per tutti. Se la vita consacrata vuole riscoprirsi nella sua autenticità deve tornare alle fonti, alle sue radici, alla viva della gioia che è Gesù sorgente Cristo.
Che cosa mi affascina della vita consacrata? Da dove nasce l’invito a rallegrarsi con me perché mi sento felice come persona consacrata? Come parlare di gioia in un clima di nostalgia, di scetticismo, di pessimismo, diffuso anche tra i consacrati?
A porsi queste domande sulla qualità e sulla possibilità di esistenza gioiosa della vita consacrata è il padre gesuita Victor Martinez Morales, sulla rivista Vinculum della Conferenza dei religiosi della Colombia.
Oggi, sono molti i fattori che sembrano contraddire una vita consacrata vissuta nella gioia. In tanti casi, sembra una realtà in via di estinzione. Ed è tale la sua fragilità, che molti dei suoi membri sembrano più predisposti a prepararsi alla scomparsa piuttosto che a rinnovarsi per continuare a vivere.
La diminuzione dei giovani che scelgono la vita consacrata è reale e considerevole è il numero delle congregazioni che hanno chiuso definitivamente i battenti e di altre che hanno tentato una integrazione con altri istituti. Il fenomeno dell'invecchiamento segna in modo significativo la vita di tante congregazioni. Ma né il primo né il secondo sono il motivo centrale da considerare per misurare lo stato attuale della vita consacrata.
La centralità della riflessione di p. Morales sta nel vedere se esistono ancora uomini e donne appassionati per Gesù Cristo e per il suo regno. La risposta al “vieni e seguimi” di Gesù, nasce da un cuore libero, lontano dalla ricerca di benessere, di prestigio o vantaggio personale. È una risposta che dà autenticità alla vita e alla missione.
La gioia
del cambiamento
La gioia di vivere questo tempo di cambiamenti radicali è fare delle nostre congregazioni luoghi di incontro, terra sacra, casa di fratelli, terra di Dio. È arrivato il momento di sciogliere gli ormeggi, intraprendere nuovi viaggi, costruire ponti, per rendere attuale il vangelo e irradiarne la luce e la bellezza. Dove c’è gioia, la vita germina, fiorisce e fruttifica diventando dono per tutti. La gioia che apre processi di liberazione rende credibili a noi stessi e al mondo. Se la vita consacrata vuole riscoprirsi nel suo senso ed autenticità deve tornare alle fonti, alle sue radici, alla fonte viva che è Gesù Cristo. La vitalità dei consacrati dipende dallo Spirito che li abita. Ogni impegno, orientato a rispondere alla crisi attuale della vita consacrata, nasce dall’azione dello Spirito e allo Spirito va affidato con fiducia. E nello Spirito i consacrati sono chiamati a rivedere l’esercizio dell’autorità, purificandolo da dinamiche umane di potere e di dipendenza; a trasformare i percorsi di formazione in cammini condivisi di umanizzazione e di maturazione della fede; a fare delle comunità luoghi dove davvero sia possibile vivere con gioia; a riqualificare la preghiera che dallo stare alla presenza del Signore traduce il proprio rapporto con Lui in lealtà e generosità verso i fratelli. Occorre fare che le case “religiose” non siano solo luoghi di intenso apostolato ma anche ambienti di preghiera, dove i tempi del silenzio diano nuovo equilibrio al dono di sé. Dove la preghiera sia caratterizzata anche da regolarità e perseveranza. È giunto il momento di porre il proprio cuore al centro del cuore di Dio e da lì portarlo alle periferie, alle frontiere del mondo senza altro desiderio o progetto che comunicare con la vita l’annuncio essenziale: Cristo, il vivente, il buon pastore che si prende cura, il misericordioso. Metterci in strada, avanzare verso questo rinnovamento interiore e comunitario, implica rotture e rinunce ad un modus vivendi che abbiamo addomesticato e fatto nostro, senza quasi accorgerci che non stiamo più camminando ma siamo seduti, inermi e inconsapevoli ai bordi delle nostre strade oppure stiamo camminando per sentieri o scorciatoie che allontanano dalla fonte originaria e non orientano più lo sguardo alla meta.
La gioia
della vocazione
Dare ragione della nostra gioia significa valorizzare la consapevolezza della nostra vocazione e il percorso fatto con il Signore che ci ha chiamato a seguirlo in questo stato di vita. La consacrazione non è né meno né più rispetto a tutti i battezzati, perché tutti, per il Battesimo, siamo chiamati a seguire con radicalità il Signore, tutti siamo chiamati a essere cristiani, a testimoniare con il nostro modo di essere e di agire che viviamo seguendo Gesù. La particolarità della vita consacrata sta nella forma di seguire Cristo, secondo un carisma concreto e riconosciuto ecclesialmente, rivitalizzando la grazia concessa non solo a fondatori e fondatrici, ma a generazioni di consacrati che hanno incarnato in castità, povertà e obbedienza il comando del Signore di amare come lui ha amato, di servire come lui ha servito, di essere figli di Dio e fratelli come lui ha vissuto da figlio e da fratello.
La passione per Cristo, che ha caratterizzato l’originaria risposta alla chiamata, si mantiene viva nella dinamica della vita, che è esodo, cambiamento, passaggio, continuo lasciare e ripartire, in quella semplicità e fiducia che permette di seguire Cristo e di servire il prossimo in modo instancabile e gratuito. È necessario uscire dalle proprie comodità e sicurezze per aprire gli occhi su quei luoghi umani personali e comunitari, sociali ed ecclesiali, fuori dalle nostre comunità o al margine di esse, dove c’è bisogno della luce e della sapienza del vangelo. La vocazione rimarrà sempre nel mistero dell’azione gratuita di Dio nei nostri confronti: stare dentro questo mistero sarà comunque motivo di gioia, di consolazione, di sicura speranza, di solida fede.
La gioia
nei contesti umani
La storia, la vita di ogni persona, si portano dentro le tracce della presenza di Dio. Da questa consapevolezza deriva la necessità che le persone consacrate sappiano abitare i contesti umani con profondità, con radicalità, fino al punto di dare volto ed espressione alle tracce della presenza di Dio. La presenza di Dio, infatti, non è una sovrastruttura dell’umano, ma è la sua profondità, la sua verità. Fondamentalmente la vita consacrata non è chiamata ad abitare l’umano in modo straordinario, inconsueto o rivoluzionario, e tanto meno a raggiungerlo, ma a non allontanarsene se già ha saputo camminare con gli uomini e le donne di questo mondo secondo la peculiarità propria della consacrazione: il dono di sé ai fratelli. Si tratta di non allontanarsi mai dalla verità di se stessi e dall’autenticità del rapporto con gli altri; si tratta di ricomprendere la sequela di Cristo come un fare spazio alla verità dell’uomo. La freschezza della vita consacrata, la sua stessa gioia, si giocano sul terreno della verità delle relazioni umane.
La verità dell’umano è in termini di vocazione più che di progetto, di accogliersi come dono più che di costruirsi, di essere legati ai fratelli più che di essere liberi di accoglierli o no. I consacrati, che si sentono chiamati e che, attraverso i consigli evangelici, esprimono insieme la risposta alla chiamata di Dio, dovrebbero essere gli specialisti di una missione che parte dalle tracce di Dio nell’umano, di un annuncio del Vangelo che muove da segni di vera umanità, e quindi testimoni gioiosi di una vita consacrata che sprigiona tutta la sua positiva carica umana e irradia una credibile spiritualità cristiana.
La gioia della passione per il mondo si esprime in uomini e donne consacrati capaci di farsi vicini, di prendersi cura dei fratelli, specialmente dei poveri, delle vittime della violenza, della guerra, delle ingiustizie, della droga, dello sfruttamento sessuale, dell’intolleranza, della corruzione. I consacrati hanno orecchi per ascoltare il grido di un mondo malato di individualismo, di consumismo, secolarizzato e disperso, frammentato e disorientato. Questo mondo è il nostro luogo di vita e di missione. In questo mondo la vita consacrata è chiamata a presentarsi come controtendenza: essere poveri, casti, obbedienti per un mondo dove la ricchezza disonesta, il potere ingiusto, l’edonismo, l’abulia, l’apatia, la superficialità, la trasgressività e il permissivismo portano tante persone alla deriva nel mare turbolento della vita.
La gioia
di risvegliare il mondo
I consacrati devono ascoltare i clamori di un mondo dove è urgente difendere i diritti di ogni persona, difendere la vita e la sua dignità, rispettarla nella sua integrità; garantire l’indispensabile per vivere, alimentazione, salute, casa, educazione.
Capaci di ascoltare anche i lamenti di una terra il cui ecosistema sta andando in rovina con gravi rischi per tutta l’umanità, i consacrati sono chiamati ad essere testimonianza e conferma che un mondo migliore – nonostante tutto - è ancora possibile. Per questo, a tutti i consacrati è chiesto di portare un po’ di luce in questi tempi avversi, di rianimare nei cuori la gioia e la speranza.
È la gioia propria di chi sa guardare alle radici, alla fonte per attingere forza e alimento, per costruire qui e ora il futuro. È la gioia di chi sa affidarsi alla fedeltà di Dio, di chi riconosce umilmente la sua presenza costante e il suo amore inesauribile, di chi sa decentrarsi, disinstallarsi dalle proprie autoreferenzialità, di chi sa purificare il proprio cuore per farsi compagno di strada dei fratelli e delle sorelle in umanità. È la gioia di sapersi a nostra volta accompagnati da un Dio che scende nella vita di ognuno, si affianca al cammino quotidiano per illuminarlo, rafforzarlo e liberarlo, infondendo nei cuori una gioia nuova, un rinnovato slancio vitale.
Anna Maria Gellini