Prezzi Lorenzo
Firenze: il cuore e i limiti
2015/12, p. 5
Firenze 2015 partecipa e facilita un mutamento nel «corpo» delle Chiese locali già avviato per sollecitazioni convergenti. Sia interne, come la ridefinizione delle parrocchie, la riforma dell’iniziazione cristiana, il rinnovamento delle forme della radicalità cristiana (religiosi, eremiti, monaci, ordo virginum ecc.), sia esterne, come l’essere minoranza, la secolarizzazione dell’ethos, i processi migratori, le forze della globalizzazione ecc.

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Firenze: il cuore e i limiti
Dov’è il cuore del quinto convegno ecclesiale nazionale (Firenze, 9-13 novembre 2015) che ha raccolto 200 vescovi, 2.200 delegati delle 226 diocesi e rappresentanze di tutti gli ambiti ecclesiali (movimenti, associazioni, religiosi ecc.)? Si potrebbe guardare al tema In Gesù Cristo il nuovo umanesimo oppure alle «vie» pastorali discusse (uscire, annunciare, abitare, educare, trasfigurare). Ma il nucleo centrale sembra collocarsi diversamente: nel dinamismo che dal discorso di papa Francesco corre fino all’esercizio di uno stile sinodale sistematicamente richiamato in ogni passaggio dell’evento. La forza conciliare e riformatrice del primo, che ha demandato alla Chiesa italiana una pratica pastorale all’altezza delle attuali sfide, si è saldata con la consapevolezza ecclesiale diffusa, di un cammino non delegabile agli esperti o soltanto ai pastori. Firenze 2015 partecipa e facilita un mutamento nel «corpo» delle Chiese locali già avviato per sollecitazioni convergenti. Sia interne, come la ridefinizione delle parrocchie, la riforma dell’iniziazione cristiana, il rinnovamento delle forme della radicalità cristiana (religiosi, eremiti, monaci, ordo virginum ecc.), sia esterne, come l’essere minoranza, la secolarizzazione dell’ethos, i processi migratori, le forze della globalizzazione ecc. Processi vivi che non rispondono a un programma chiaro d’insieme, ma sono affidati a intuizioni, sperimentazioni e decisioni che attendono di assumere una forma coerente e richiedono leaders consapevoli e lavoro collegiale. Difficile sopravvalutare la «lettera enciclica alle Chiese d’Italia» come molti hanno definito il discorso del papa sotto la volta del Brunelleschi nel duomo fiorentino. Il più lungo fra quelli che ha dedicato alle comunità cattoliche del nostro paese. La percezione del cambio di rotta e di indirizzo può oscurare i molti elementi di continuità che legano il quinto ai precedenti convegni, ma non c’è dubbio che esso sia stato percepito dall’assemblea come dai media. In particolare nella richiesta di uscire dall’ottica del potere.
Lo stile sinodale è stato sistematicamente richiamato fin dalla relazione iniziale di mons. Cesare Nosiglia, vescovo di Torino e presidente del comitato preparatorio. Non una semplice metodologia, ma il desiderio di crescere insieme per una testimonianza cristiana nel futuro del paese. Il riferimento è tornato in molti momenti, dalle relazioni ai commenti scritturistici, dai lavori di gruppo alle sintesi finali. Verso un sinodo della Chiesa italiana? «Non è necessario… Mi auguro invece che nasca, piuttosto che un sinodo, uno stile sinodale della Chiesa italiana» (mons. N. Galantino, segretario generale della CEI).
L’appuntamento e l’evento di Firenze sono stati sostanzialmente positivi, come risulta anche dalla cronaca dell’articolo a lato. È tuttavia possibile indicare anche qualche lacuna o qualche elemento non adeguatamente sviluppato. Indicherei tre punti: la vita consacrata, i media e la politica.
I religiosi erano presenti sia in ragione di rappresentanza degli organismi nazionali (CISM e USMI), sia all’interno delle delegazioni delle diocesi, sia in ruoli di riferimento. Si può accennare a don Marco Mergola e a p. Jean Paul Hernandes nelle testimonianze di presentazione delle cinque «vie», come a p. Giulio Michelini e a suor Rosanna Gerbino per le meditazioni, fino a suor Pina Del Core in una delle sintesi sulle «vie». Ma in nessuno dei testi la vita consacrata è apparsa come riferimento e non vi è stata nessuna memoria dell’anno della vita consacrata. Una qualche discussione nei gruppi è sorta circa la disponibilità del patrimonio immobiliare dei religiosi, soprattutto del Centro Italia, per utilizzarli diversamente. Va aggiunto che nessun altro gruppo o ceto ecclesiale ha avuto un protagonismo significativo: né il laicato, né il clero, né i movimenti, né le associazioni. Ad eccezione dei giovani. Inoltre l’esplosione mediale dello scandalo dell’ex-abate di Montecassino, Pietro Vittorelli, ha reso amari quei giorni per i consacrati.
È stato il primo convegno ecclesiale interamente on-line. Pochissima la carta stampata (e sprecata). Ai giornalisti arrivano i testi direttamente per posta elettronica. Il lavoro congiunto di Avvenire, Tv2000, Sir e RadioInBlu si è dislocato anche su tutte le piattaforme dal sito a Facebook, dall’hashtag a YouTube. Con esiti contradditori. Ai 1000 accrediti hanno corrisposto un centinaio di presenze. Raccontare da lontano non è senza costi in ordine alla qualità.
Infine la politica. Rispetto alla passione e alla centralità della politica nei precedenti convegni, volte a sdoganare appartenenze più ampie nei partiti, a sollecitare la Democrazia cristiana, a legittimare il bipolarismo, a salvaguardare la distanza fra Chiesa e politica, si registra oggi una sostanziale disattenzione. Nell’interesse e nel linguaggio. Per una Chiesa «concordataria» non sarà senza costi.
Lorenzo Prezzi