Citterio Elia
L'orizzonte della nostra vita
2015/11, p. 38
Il mondo è uscito dall’amore di Dio, di esso è intessuto e percorso, di esso parla, ma quanta tenebra ne impedisce la visione! Con la solennità di Tutti i Santi la Chiesa mostra al mondo la sua visione: è l’Agnello che attira gli sguardi e gli uomini si ritrovano uniti nella stessa visione e possono risplendere della santità di Dio, che è splendore di amore immolato.

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VOCE DELLO SPIRITO
l’orizzonte della nostra vita
Il mondo è uscito dall'amore di Dio, di esso è intessuto e percorso, di esso parla, ma quanta tenebra ne impedisce la visione! Con la solennità di Tutti i Santi la Chiesa mostra al mondo la sua visione: è l'Agnello che attira gli sguardi e gli uomini si ritrovano uniti nella stessa visione e possono risplendere della santità di Dio, che è splendore di amore immolato.
Lo sguardo della Chiesa non è però attirato come da un punto di fuga situato oltre la storia, come si trattasse di riempirsi gli occhi con una visione consolatoria. La sua visione parla di un'esperienza quotidiana; parla di realtà ultima ma vicina, più reale delle cose di tutti i giorni: un mondo che interpella e invita con soave insistenza. Parla al cuore degli aneliti che lo assillano, delle radici che lo formano, delle tensioni che lo lavorano, dei desideri che l'abitano. Sempre mi piace riandare all'esperienza esaltante degli abitanti di Siena nel 1311 quando l'enorme pala (tre metri per cinque) della Maestà di Duccio di Buoninsegna fu scortata in trionfo dalla bottega dell'artista alla cattedrale, tra gli applausi della cittadinanza. La visione di tutti quei santi schierati a destra e a sinistra del trono dove, in Maria, la natura umana viene rivelata come degna dimora dello Spirito, portatrice del Figlio dell'Altissimo, doveva suscitare l'impressione di trovarsi già partecipi della loro compagnia e del loro tripudio. Oggi, forse, non avvertiamo più l'attrazione del cielo allo stesso modo, ma la speranza, di cui era portatrice quell'attrazione, è ancora necessaria per vivere e cogliere il senso della nostra vita. È motivo di gioia la santità perché non può esserci gioia se non a partire da un amore accolto e condiviso. L'amore di Dio per gli uomini l'ha indotto a farsi uomo come loro, di modo che l'uomo potesse, nella sua umanità, essere come il Figlio di Dio. Ne scaturisce una conseguenza: se l'amore che gli uomini si portano non parla di questo amore di Dio lodato dagli angeli, allora vuol dire che non si è più capaci di adorazione. Un amore che non allude all'adorazione di Dio diventa tiranno. «Fa' che raggiungiamo anche noi la pienezza del tuo amore». Non preghiamo semplicemente per arrivare anche noi in paradiso, ma preghiamo perché quell'amore costituisca l'orizzonte della nostra vita.
È caratteristico che l'antifona alla comunione della solennità di tutti i santi, riprendendo la serie delle otto beatitudini proclamate nel vangelo, le riduca a tre: puri di cuore, operatori di pace, perseguitati a causa della giustizia. La purità di cuore capace di vedere Dio è quella che scaturisce dall'esperienza della compassione, della misericordia, così tipica della santità di un cuore che consola e conforta, che accoglie in benevolenza e solidarietà, che rimanda a tutti quello che lui stesso riceve, cioè il perdono rigenerante del suo Signore, che viene così conosciuto come il Salvatore. La purità però, intrisa di gioia, è solo quella che si traduce in un agire che porta pace a tutti, che rende capaci i cuori di pace, che si fa dono di pace. E la pace donata è a prova di persecuzione. Dire che di questi è il regno di Dio significa proclamare che il cuore dell'uomo non può saziarsi che della verità di quell'amore che giunge sanante e potente, sebbene ora si sia sempre nell'occasione di perderlo di vista, di impedirci di goderlo, di impedire agli altri di farne esperienza. Eppure quella verità è la verità del mondo come dei cuori che intravede nelle beatitudini evangeliche le coordinate precise per non fallirla.
Elia Citterio
da Il gusto della Sapienza
EDB, Bologna 2015