Carraro Lorenzo
La forza del perdono
2015/11, p. 28
Fu assassinata perché disturbava i loschi affari degli usurai e degli sfruttatori delle popolazioni in mezzo alle quali trascorse 20 anni di missione. Dopo il perdono della famiglia, l’assassino si è convertito al cristianesimo. Ora è lui a occuparsi dei poveri, che erano di sr. Rani.
Il martirio di sr. Rani Maria in India
MIRACOLO
DEL PERDONO
Fu assassinata perché disturbava i loschi affari degli usurai e degli sfruttatori delle popolazioni in mezzo alle quali trascorse 20 anni di missione. Dopo il perdono della famiglia, l’assassino si è convertito al cristianesimo. Ora è lui a occuparsi dei poveri, che erano di sr.Rani.
Il 24 febbraio 2003, il Dainik Bhaskar, giornale nazionale in lingua hindi, con 10 milioni di copie quotidiane, uscì dando grande risalto a un fatto straordinario: il generoso perdono che la famiglia di suor Rani Maria concesse all’assassino della loro figlia. Era la vigilia dell’8° anniversario della sua uccisione. La mamma di sr. Rani, Eliswa, dal Kerala si mise in viaggio verso il nord dell’India, per recarsi alla prigione dove stava Samundhar Singh, autore dell’assassinio, e baciargli le mani. «Volevo compiere questo gesto» – disse - «volevo baciare le mani che avevano ucciso mia figlia, perché quelle mani erano bagnate del suo sangue».
Nessun gesto di perdono poteva essere più eloquente; un gesto che attirò l’attenzione dei mass media così che la notizia del perdono di Cristo si diffuse dappertutto.
Un segno forte di questo amore che perdona era stato dato anche dalla sorella più giovane di sr. Rani Maria, sr. Selmy Paul, alcuni mesi prima, il 21 agosto 2002, interpretando l’intenzione della sua sorella martirizzata. Sr. Selmy si recò a visitare l’uccisore Samundhar Sing nel carcere centrale di Indore, accompagnata dalla sua superiora e dal cappellano della prigione. Era il giorno del Rakshabandhan (nodo di protezione), una festa annuale degli indù, che ha lo scopo di stringere una sacra relazione tra fratelli e sorelle. La suora volle legare il “Rakhi”, un filo ornato, al polso di questo suo “fratello” che in questo modo si sarebbe assunto la responsabilità di proteggerla. Profondamente colpito da questo gesto, Samundhar Singh chiese il perdono di sr. Selmy e le espresse il suo pentimento.
Una figlia
del Kerala
Il Kerala è un piccolo stato, una striscia di terra piuttosto stretta di appena 39 mila kmq di superficie, nel sud est dell’India. Per le sue limpide acque marine, le catene montuose, le foreste verdeggianti e gli svettanti alberi di cocco, è stato chiamato il “paese di Dio”. Il Kerala si colloca al primo posto nell’Unione federale indiana per l’alfabetizzazione che raggiunge più del 90% della popolazione. La popolazione è attualmente per il 19% cristiana e vanta di aver ricevuto la fede cristiana dall’Apostolo san Tommaso,
Sr. Rani Maria era nata il 29 gennaio 1954 a Pulluvazhy, un piccolo tranquillo villaggio dove la spiritualità, la bellezza della natura e lo sviluppo culturale vanno di pari passo e dove la chiesa parrocchiale rappresenta il perno attorno a cui si muove la vita spirituale, sociale e culturale della gente.
Era la secondogenita di Paily ed Eliswa Vattalil, una normale famiglia di contadini. Al battesimo le era stato imposto il nome di Mariam. I suoi genitori, timorati di Dio com’erano, l’avevano cresciuta nella fede cristiana e nella pratica della carità, assieme ad altri sei figli.
Fin dall’infanzia Mariam assisteva regolarmente alla santa messa e partecipava alle devozioni popolari. Frequentò le lezioni di catechismo e cercava di mettere in pratica ciò che imparava giorno per giorno.
Suo fratello, Stephen, ci parla così della sua infanzia: «Era una ragazza di poche parole, indossava solo abiti molto semplici e non mostrava nessun interesse per i monili. Non fece mai niente che potesse ferire qualcuno. Se capitava qualcosa di spiacevole, ne era dispiaciuta». E sua madre ricorda: «Era diversa dalle altre ragazze ed era straordinariamente obbediente». A scuola riusciva molto bene, ma trovava il tempo anche per aiutare suo padre nel lavoro dei campi e sua madre nelle occupazioni domestiche.
Giunta all’età di 20 anni, Rani Mariam entrò nella Congregazione delle francescane clarisse, un istituto di origine locale, che segue la spiritualità di san Francesco d’Assisi e di santa Chiara. Attualmente conta circa 7000 membri, distribuiti in 20 province. A questo istituto appartiene anche suor Alfonsa dell’Immacolata concezione, canonizzata nel 2008 da Benedetto XVI.
Nel maggio del 1974, emise la prima professione prendendo il nome di Rani Maria, che vuol dire “Regina”. Una sua compagna di noviziato la ricorda così: «Durante il periodo di formazione, ci venivano assegnati vari incarichi. Tutte volevano avere sr. Rani nel loro gruppo. Era sempre la prima in ogni umile servizio».
Nelle ore di lavoro, aveva sempre sulle labbra la sua giaculatoria preferita, “Gesù” e conservò questa abitudine fino all’ultimo istante della sua vita. Infatti, dopo essere stata colpita a morte, fu udita ripetere “Gesù, Gesù”.
Era infiammata di zelo missionario. Ripeteva spesso: «Anch’io voglio andare nel nord dell’India per servire i poveri e morire per loro».
La sua vita
di missionaria
L’India è un paese dove esiste una grande diversità di religioni, lingue e culture. È la culla dell’induismo, buddismo, jainismo e sikhismo. La grande maggioranza della popolazione è induista, mentre il cristianesimo rappresenta solo una piccola minoranza.
La società indiana è strutturata secondo il sistema delle caste. Una casta è un gruppo di famiglie legate tra di loro da norme speciali nell’osservanza della purità cultuale, specialmente riguardo al matrimonio e al cibo.
I senza casta, come i gruppi tribali, sono emarginati e relegati come “fuori casta” e sono sfruttati in molte maniere da coloro che appartengono alle caste superiori. Questo sistema sociale è la ragione della tanta disparità tra la popolazione dell’India, divisa com’è tra i grandi ricchi e i disperatamente poveri. È in gran parte l’induismo che ha plasmato l’India e costituisce la più importante religione nel nord. È stato il fatto di sapere che ci sono milioni di persone che non hanno mai sentito parlare di Gesù che ha spinto sr. Rani Maria a recarsi nelle missioni del nord.
Sr. Rani Maria trascorse vent’anni nella sua missione prima di andare incontro al suo martirio. Il luogo dove raggiunse la sua maturità missionaria fu Udainagar. Era convinta che un evangelizzatore deve interessarsi della vita dei poveri per donare loro Cristo, il Suo amore e il Suo messaggio di redenzione, aiutandoli a crescere e a raggiungere anche il benessere materiale. Il freddo pungente, le piogge intense, il grande caldo, i pasti irregolari, la mancanza di acqua e i viaggi pericolosi... niente era per lei di ostacolo.
Da esperta operaia sociale, studiando a fondo le tribù dei villaggi, si accorse che la gente era in gran parte vittima di usurai senza scrupoli e che i poveri non erano nemmeno a conoscenza dei sussidi destinati al loro sviluppo socio-economico. Attraverso vari programmi di coscientizzazione, si adoperò per far prendere loro coscienza dei loro diritti e dell’ingiustizia perpetrata nei loro riguardi. In questo modo i poveri di Udainagar cominciarono a crescere come veri cittadini e a liberarsi dai lacci degli usurai e degli sfruttatori
In seguito alla sua opera di sviluppo, i luoghi paludosi della zona furono trasformati in terreni agricoli. La gente cominciò ad avviare piccole attività commerciali e furono offerte delle opportunità a coloro che erano in grado di accedere a un livello più alto di formazione.
Sr. Rani Maria lavorò in gran parte tra gli Adivasi (popolazione aborigena) e gli emarginati della società. Essi l’amavano come una madre, perché vedevano in lei una persona che condivideva la loro vita, viveva con loro e agiva in loro favore. La sua attività missionaria era tutta dedicata ai poveri. Ma siccome i programmi di sviluppo per i tribali andavano contro gli interessi acquisiti degli usuari e degli sfruttatori, sr. Rani divenne presto oggetto del loro odio, e questo continuò a crescere a mano a mano che la vita dei poveri progrediva. Aspettarono quindi un’occasione per eliminarla, che non tardò molto a venire.
Colpita
da 54 pugnalate
Il 25 febbraio 1995, come al solito sr. Rani si era alzata al mattino presto. Doveva prendere il pullman per Indore e di qui recarsi alla casa Provinciale a Bhopal e poi continuare il viaggio fino in Kerala. Com’era sua abitudine, prima di uscire di casa lesse un brano della Bibbia e le capitò sotto gli occhi il versetto: “Non aver paura! Ecco, sulle palme delle mie mani ti ho disegnato” (Is 49,16).
Il pullman giunse davanti al convento. Le suore si salutarono e una di esse l’aiutò a salire con il suo bagaglio a mano. Un giovane vestito di bianco le disse di prendere posto sui sedili posteriori. Era un fatto insolito a Udainagar. Le suore venivano sempre fatte accomodare nella parte anteriore del bus. Tra i cinquanta passeggeri vi erano tre individui che avevano preso posto separatamente... tutti decisi ad uccidere sr. Rani.
Jeevan Singh, il capo del gruppo si era seduto in fondo assieme alla sua guardia del corpo. Il terzo uomo, di nome Samundhar Singh, 28 anni, si era accomodato accanto a sr. Rani Maria. Questi prese ad insultarla dicendo: «Perché sei venuta qui dal Kerala? Sei venuta a convertire al cristianesimo questa povera gente tribale? Noi non lo permetteremo».
Intanto il bus giunse dove c’era una giungla a circa 20 km da Udainagar. Samundhar si alzò dal suo posto e chiese all’autista di fermarsi. Scese e spaccò una noce di cocco contro la roccia che fiancheggiava la strada: era un pooja, o rito sacro, offerto alle loro divinità. Tenendo in mano i pezzi della noce di cocco, salì nuovamente e li distribuì ai passeggeri. Finse di offrirne un pezzo anche a sr. Rani Maria, poi all’improvviso ritrasse la mano come per farsi gioco di lei.
La suora gli chiese: «Perché sei così allegro, oggi?». Tirando fuori un coltello le rispose: «Per questo qui» e glielo conficcò nello stomaco e continuò a pugnalarla. Sordo alle sue grida, la trascinò fuori dal pullman e la colpì a morte. Nessuno dei passeggeri osò venire in suo aiuto. Molti di loro fuggirono. Nell’autopsia le furono riscontrate 40 ferite maggiori e 14 lividure. Fino all’ultimo sr. Rani continuò a ripetere “Gesù, Gesù!”.
La notizia dell’assassinio si diffuse subito suscitando ovunque dolore e costernazione. Migliaia di persone, compresi molti non cattolici, vennero subito a renderle omaggio. Il giorno dopo, il corpo fu portato nella cattedrale di Indore, dove il vescovo, George Anathil SDV, celebrò la messa funebre assieme a numerosi sacerdoti. La chiesa era stipata. Dopo la messa, fu organizzata una protesta e furono presentati dei memorandum al governo. La salma di sr. Rani Maria, fu quindi accompagnata con un lungo corteo di 125 veicoli da Indore a Udainagar.
Dovunque la gente tesseva gli elogi di sr. Rani Maria. Udainagar si trasformò in una marea di persone in lutto, senza diversità di casta o di credo. All’incontro per le condoglianze nel cortile della parrocchia, molte eminenti personalità parlarono della sua vita e della sua attività, salutandola come una martire. Sulla sua tomba fu scritto: “Nessuno ha un amore più grande di questo. Dare la vita per i propri amici” (Gv 15,13).
I cristiani sono
una speranza per l’India
Alcuni anni più tardi, Samandhar Singh, l’assassino, dopo aver ricevuto il perdono della famiglia di sr. Rani Maria, si convertì al cristianesimo. «I cristiani – disse – sono la speranza dell’India». Oggi, è un uomo diverso. Aiuta la gente tribale e considera la famiglia di sr. Rani come sua. È anche concorde nell’affermare che attualmente in India soffia un vento di odio anti-cristiano, e invita i suoi compatrioti a vedere la verità nella presenza dei missionari nel paese.
Dopo il suo arresto, era stato processato e condannato al carcere dove trascorse 11 anni. Durante questo tempo, sua moglie divorziò e il suo primo figlio morì. Dietro alle pareti del carcere cominciò a progettare come poter vendicarsi dell’uomo che l’aveva spinto ad uccidere la suora. Ma rimase profondamente toccato dal perdono accordatogli dalla famiglia di sr. Rani Maria, al punto da iniziare un cammino di pentimento. Abbandonò i piani di vendetta e accettò il dolore che aveva provocato con l’assassinio. Alla fine, fu dichiarato libero in seguito a una petizione firmata dalla famiglia di sr. Rani, dalla provinciale della Congregazione delle clarisse e dal vescovo di Indore. Ma siccome il rilascio era stato dilazionato, una delegazione si recò dal governatore locale per perorare la sua causa. «Solo voi cristiani – questi disse – siete capaci veramente di perdonare. Siete un grande esempio. Andate, farò tutto il possibile perché sia rilasciato».
Samandhar Singh, ormai libero, ha affermato: «Io visito regolarmente la tomba di sr. Rani Maria. Per me è come un santuario di pace e di forza. Desidero che tutti sappiano che i cristiani lavorano per rendere grande l’India. I missionari ci danno speranza con il loro servizio che ha lo scopo di renderci un popolo forte e indipendente».
Così sr.Rani Maria, dopo la sua morte, continua la sua missione evangelizzatrice in maniera ancora più efficace. Possiamo ricordare le significative parole di Giovanni Paolo II durante la sua visita apostolica in India nel dicembre 1999: «La Chiesa in India crescerà solo col sangue dei cristiani». La beatificazione di sr. Rani Maria come martire è un indice molto significativo di questa crescita.
P. Lorenzo Carraro, missionario comboniano