Russo Marianna
Una vocazione piena di bellezza
2015/11, p. 16
Ciascuna con i suoi doni e la sua storia deve diventare una parabola della misericordia di Dio, chiamata a vivere il Vangelo in un luogo e in un tempo preciso per essere «donne di speranza, che conoscono la gioia della salvezza» e sperimentano la fecondità della maternità spirituale
Incontro nazionale dell’Ordo Virginum
UNA VOCAZIONE
PIENA DI BELLEZZA
Ciascuna con i suoi doni e la sua storia deve diventare una parabola della misericordia di Dio, chiamata a vivere il Vangelo in un luogo e in un tempo preciso per essere «donne di speranza, che conoscono la gioia della salvezza» e sperimentano la fecondità della maternità spirituale.
“L’ignoranza delle Scritture, infatti, è ignoranza di Cristo”. E se ciò è vero per tutti i cristiani, quanto più per coloro che abbracciano la vita di speciale consacrazione!
Per questo motivo la celebre espressione di san Girolamo è stata scelta come tema dell’Incontro Nazionale dell’Ordo Virginum delle diocesi che sono in Italia, tenutosi dal 27 al 30 agosto presso il Seminario Arcivescovile di Milano, a Venegono Inferiore.
È proprio dalla familiarità con la Parola di Dio che trae linfa la verginità consacrata nel mondo, carisma antico, che affonda le sue radici nei primi secoli del cristianesimo, e al tempo stesso attualissimo, perché rispecchia la ventata di novità del Concilio Vaticano II.
Pochi – ma ben definiti – sono i tratti che delineano la vocazione nell’Ordo Virginum: la sponsalità con Cristo e la diocesanità, espressamente richiamate dal canone 604 del Codice di diritto canonico e dalla recente nota pastorale CEI, e la presenza profetica nel mondo, nell’ordinarietà di una vita intessuta di lavoro, di impegni sociali ed ecclesiali.
E da queste pennellate scaturisce una presenza multiforme e variegata di donne consacrate, che «rendono la Chiesa ancora più bella, viva, colorata e profumata», come ha sottolineato don Michele Di Tolve, rettore del Seminario, nel suo saluto di benvenuto alle circa 250 partecipanti all’incontro nazionale.
Il significato
dell’obbedienza
Nella suggestiva cornice dell’imponente Seminario milanese, circondato dal verde e ricco di storia e di cultura, il tempo è stato scandito dalla preghiera comunitaria e personale, dalla riflessione, dal confronto nei gruppi di studio e da momenti di fraternità.
A mons. Diego Coletti, Vescovo di Como, che ha seguito con cura pastorale l’Ordo Virginum della diocesi di Milano, insieme al card. Carlo Maria Martini, “fin dal suo concepimento e della sua gestazione”, è stata affidata la relazione introduttiva, incentrata sul significato dell'obbedienza.
«C'è l'obbedienza dello schiavo, dell'impaurito e dell'interessato. E c'è l'obbedienza del figlio», che siamo chiamati a vivere con semplicità e sincerità di cuore. «L'obbedienza è una corsa verso Gesù, per riscoprire con Lui e in Lui la paternità di Dio»: ciò comporta impegno e, talvolta, anche fatica, «misurarsi con ostacoli e contraddizioni, perché non consiste in un passivo girare attorno a osservanze e abitudini», ma nella novità evangelica dell'amore. Sull'esempio di Colui che si è fatto "obbediente fino alla morte e alla morte di croce" (Fil 2,8).
«La prima obbedienza deve andare alla Parola, lampada ai miei passi», ha ricordato mons. Coletti, evidenziando l'importanza della capacità di ascolto "nel grembo della Chiesa" e la testimonianza nella dimensione secolare, che ha «una sottolineatura particolare per l'Ordo Virginum», che si inserisce come una trama, un ordito, nel tessuto sociale ed ecclesiale.
Obbedienza
e verginità consacrata
A Emanuela Buccioni, consacrata nell'Ordo Virginum della diocesi di Terni-Narni-Amelia, è stato affidato il compito di declinare l'obbedienza nel carisma specifico della verginità consacrata nel mondo, per cogliere in pieno la bellezza di questa vocazione che custodisce l'essenzialità delle origini e, al tempo stesso, risponde ai segni dei tempi, nella "paradossalità" della sequela di Cristo restando nel mondo. Le vergini, consacrate dal Vescovo diocesano, sono chiamate a «recuperare il senso dell'immersione significativa, come il sale, come il lievito, in uno stile di fedeltà evangelica, di trasparenza, di cura», nella concretezza della ferialità, vivendo l'ordinario in maniera straordinaria. Perché è possibile essere «interessate di tutto ciò che è umano e innamorate di Gesù, che è vero uomo e vero Dio».
All’approfondimento della costituzione conciliare Dei Verbum è stato dedicato l’intervento di Lisa Cremaschi della Comunità di Bose, che, sulla falsariga della frase di san Gregorio Magno “impara a conoscere il cuore di Dio nella Parola di Dio”, ha tracciato la ricerca dell’Amato nella lettura della Sacra Scrittura. «Ciascuna con i suoi doni e la sua storia deve diventare una parabola della misericordia di Dio, chiamata a vivere il Vangelo in un luogo e in un tempo preciso» per essere «donne di speranza, che conoscono la gioia della salvezza» e sperimentano la fecondità della maternità spirituale.
Donne che ascoltano
e annunciano
«Siamo donne della risposta, al tempo stesso ascoltatrici e annunciatrici», ha esordito nella sua relazione Elisa Chiorrini, consacrata nell’Ordo Virginum della diocesi di Fabriano-Matelica. «La consacrazione verginale è pubblica, cioè alla luce del sole, perché sia luce, gioia intima nel gustare la comunione con il Creatore, così diversa dall’allegrezza sguaiata del mondo».
Particolarmente significativo l’incontro con il card. Angelo Scola, arcivescovo di Milano, che ha evidenziato come il carisma dell’Ordo Virginum riveli un “partire senza partire”, una “sequela di Cristo sine glossa, senza aggiunte”: «è una vocazione piena di bellezza, ma non priva di delicatezze e difficoltà».
«Questa forma di consacrazione che lo Spirito ha risuscitato nella Chiesa richiede un gioco di libertà radicale, una capacità di porsi in ascolto, di vivere l’incontro personale con Cristo all’interno della comunità cristiana, in uno stile di sororità». È un chiaro segno di come «Cristo non toglie nulla all’umano, ma porta a compimento».
Al card. Scola si deve anche il simpatico gioco di parole che ha dato il titolo al libro che raccoglie venti testimonianze di consacrate dell’Ordo Virginum provenienti da tutte le regioni d’Italia, di età differenti e diverse esperienze professionali: un mosaico dai tasselli multicolore da cui emerge un unico volto, quello di Cristo, che ama e chiama. “Donne pro-vocanti” perché «la storia di ogni uomo è storia di vocazione», come scrive il cardinale nella prefazione dell’opera, edita da Cantagalli. E la risposta personale, generosa, totale, non può non interrogare, far riflettere, provocare, appunto.
La calorosa accoglienza della Chiesa ambrosiana si è manifestata anche nella nutrita partecipazione di tanti pastori, che hanno presieduto le celebrazioni liturgiche e partecipato all’incontro, mostrando una conoscenza profonda e una grande stima nei confronti del carisma della verginità consacrata nel mondo.
«Il Signore si è lasciato trovare da voi e voi, pienamente unite a Lui, non avete cercato garanzie o sicurezze particolari, abbracciando una scelta che è dono e responsabilità, nella logica dell’incarnazione. La vostra verginità è storia di amore e di libertà, è messaggio vivo, scritto nella carne: ci può essere qualcosa di apostolicamente più efficace e credibile?», è stata la riflessione condivisa da mons. Luigi Stucchi, vicario episcopale per la vita consacrata femminile della diocesi di Milano.
Mons. Franco Agnesi, vescovo ausiliare della zona pastorale Varese II, si è lasciato guidare dall’esortazione apostolica Evangelii gaudium di papa Francesco, per segnalare che le fatiche degli operatori pastorali sono «sfide per crescere» e «nel deserto c’è bisogno di persone di fede».
Persone
che si mettono in gioco
Il Vicario episcopale per la vita consacrata maschile e gli istituti secolari, mons. Paolo Martinelli, ha reso «grazie a Dio per la vita e la vocazione» delle vergini consacrate, che, «come san Giovanni Battista, non compiono grandi opere, ma tutta la loro vita è comunicazione con Gesù», mettendosi «completamente in gioco» e sperimentando «l’alterità, che non mette in mostra se stessi, ma afferma il Tu come fine ultimo».
Il vicario generale, mons. Mario Delpini, nell’omelia a lui affidata, ha ricordato che «gli amici di Dio portano il sigillo distintivo del Dio vivente, ben più di un abito, di un linguaggio: questo sigillo li rende riconoscibili quando pregano e quando camminano per la strada. Il segno che Dio imprime nella vita degli eletti è la gioia», la sua gioia, che è gioia “piena”.
«Non si può fabbricare la gioia, non si può recitarla o comandarla», ha sottolineato mons. Delpini, «è un dono dello Spirito». Per i veri amici di Dio «anche nei giorni tristi c’è una gioia che canta, un irradiarsi di luce che illumina ogni cosa».
E la filigrana della gioia, passata anche per il crogiuolo della prova, è apparsa con luminosità durante le testimonianze della tavola rotonda, durante la quale tre consacrate dell’Ordo Virginum – Alba Bindi, Isabella Vergagni e Maria Calvi - hanno condiviso con semplicità e fraternità la loro esperienza di vita, di presenza nel lavoro, nella parrocchia, nelle relazioni amicali, nell’impegno sociale, politico, ecclesiale…
«La gloria di Dio è l’uomo vivente», ha scritto efficacemente sant’Ireneo da Lione, e la consacrazione nell’Ordo Virginum è proprio un segno dell’amore di Dio che si china sull’umanità, accarezzandone tutte le pieghe e le piaghe, e, ancora una volta, dice “è cosa buona” (Gen 1).
Marianna Russo