Dall'Osto Antonio
Tra vitalità e nuovi problemi
2015/11, p. 9
Pur essendo fiorente, la VC in Asia sta incontrando i problemi che sono caratteristici delle società in fase di sviluppo. Si può parlare pertanto di luci e di ombre, con numerose sfide che oggi essa deve affrontare.

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La vita consacrata in Asia
TRA VITALITÀ
E NUOVI PROBLEMI
Pur essendo fiorente, la VC in Asia sta incontrando i problemi che sono caratteristici delle società in fase di sviluppo. Si può parlare pertanto di luci e di ombre, con numerose sfide che oggi essa deve affrontare.
La vita consacrata in Asia sta conoscendo una fase di grande vitalità, anche se non mancano le ombre. Come si presenta attualmente in questo continente?
Per parlarne bisogna tenere presente, come del resto anche per quanto riguarda la Chiesa, del contesto in cui si colloca.
È la premessa da cui è partito p. Daniel Huang sj nella presentazione fatta alla Plenaria dell’autunno dello scorso anno, all’interno di un panorama più vasto riguardante la vita consacrata nei vari continenti.
Per quanto riguarda l’Asia, ha affermato p. Huang, bisogna tenere presente che in questa area del globo la Chiesa costituisce “un piccolo gregge, una sottile goccia in un oceano di popoli, culture e religioni”.
L’Asia è il continente più grande del mondo e ospita il 60% della popolazione mondiale. In Cina e in India vive un terzo dell’attuale umanità. Nel continente, su 4 miliardi e 450 milioni di abitanti, i cattolici sono solo 120 milioni, vale a dire il 3% della popolazione. Una percentuale molto esigua se si paragona, per esempio, con l’America latina dove i cattolici costituiscono il 72% degli abitanti. Inoltre, più della metà di questi 120 milioni si trovano nelle Filippine, con i suoi 80 milioni di cattolici.
Ragioni
per ringraziare
Questo sfondo ci consente, ha sottolineato p. Huang, di apprezzare ancor di più la vitalità della vita consacrata in Asia. Quali ne sono le luci o le ragioni?
Anzitutto il numero delle vocazioni. Anche se non costituisce la cosa più importante, tuttavia è impressionante il grande numero di religiosi/e, se confrontato con la condizione di piccola minoranza della Chiesa. In India ci sono 125 mila religiosi/e, in gran parte donne: è chiaramente il gruppo più numeroso presente oggi nel mondo. Quest’anno (2014), inoltre, si contano 16.500 religiosi/e in Vietnam: 13.500 suore e 3.000 fratelli. In Corea i religiosi sono 1.500 e appartengono a 47 congregazioni, e 10.173 le suore di 100 congregazioni diverse. In Cina, secondo una stima, si parla della presenza di 5.350 suore, in età tra 38 e 45 anni. Impressionante inoltre è in caso del Myanmar dove negli anni 1960 c’erano 300 suore; oggi se ne contano più di 2.800.
È interessante considerare questa presenza anche in termini di congregazioni. Ci possono aiutare alcuni esempi. Nel continente vivono 16.779 gesuiti, di cui 5.660, ossia circa un terzo, appartenenti a quelle che sono chiamate le Assistenze dell’Asia del sud e del Pacifico. I membri della Società del Verbo Divino sono 5.975: 3562 provengono dall’Asia e dall’Oceania, ossia il 60% della congregazione (un quarto dell’intera congregazione è originario dall’Indonesia).
Passando al settore femminile: le Orsoline di Maria Immacolata sono una congregazione nata in Italia, a Piacenza: dei suoi membri, attualmente 766 suore, circa l’85%, sono indiane. L’Istituto delle Suore di S. Paolo di Chartres, di origine francese, conta sul piano mondiale, 4.065 suore: 2.338, ossia il 60%,provengono dalla Corea e dal Vietnam. Se a queste, osserva p. Huang, si aggiungono le filippine, indonesiane, timoresi, thailandesi ecc. abbiamo 3.313 suore, su 4.065, che sono asiatiche, ossia l’80%.
Ministeri
servizio e influsso
I non cristiani in Asia conoscono i religiosi/e e li apprezzano soprattutto per le istituzioni, molto stimate e influenti, che gestiscono in molti campi: scuole, università, ospedali, centri di servizi sociali. Ciò permette ai religiosi/e di avere un influsso molto al di là delle piccole chiese locali nei paesi dove essi prestano servizio. Molti di questi servizi riguardano i più abbandonati e vulnerabili, servizi a cui i governi non sono interessati o non sono in grado di provvedere, come lebbrosari, malati di HIV-AIDS o istituti per bambini speciali, orfanotrofi o persone disabili, ecc.
Una grande importanza assume la testimonianza di vita. Si potrebbero raccontare tanti episodi di persone, anche non-cristiane, che sono rimaste toccate dalla vita e dall’esempio di religiosi e religiose. Vengono sottolineati la gentilezza, la cura, la dedizione, la generosità, il coraggio dei religiosi, soprattutto missionari.
Un indice della vitalità della vita religiosa in Asia è anche il numero di religiosi/e che si dedicano all’attività missionaria fuori dei loro paesi di origine. In culture come quelle dell’Asia molto incentrate sulla famiglia, questa capacità di lasciare la propria casa e il proprio paese per andare a servire il vangelo in altre terre, costituisce senza dubbio un segno molto positivo.
Alcune aree
di preoccupazione
Anche in Asia, tuttavia, non mancano motivi di preoccupazione. In primo luogo la diminuzione delle vocazioni. Se in molte zone è presente un numero elevato di consacrati/e, questo è dovuto al “boom” che si è verificato tra il 1985 e il 2000. Da allora si è avuto un notevole calo di vocazioni, soprattutto nel campo femminile. In Cina, per esempio, una congregazione su tre non ha avuto nessun novizio/a negli ultimi cinque anni; e in Corea, solo 347 novizie per 100 congregazioni femminili. Una diminuzione del genere si è avuta anche in India, in particolare nella zona occidentale da dove provenivano numerose vocazioni. Così anche nelle Filippine. Le ragioni, secondo p. Huang, sono diverse: famiglie meno numerose, prospettive di carriera a mano a mano che alcuni paesi diventano più prosperi; il crollo delle culture tradizionali e l’emergere di valori legati alla secolarizzazione, al consumismo e al materialismo. Inoltre il sorgere di numerose comunità e movimenti laicali impegnati.
Un cambiamento demografico
nelle vocazioni
Nel continente, come alcuni hanno rilevato, si è verificato un cambiamento demografico per quanto riguarda i candidati alla vita consacrata. Fatta eccezione per il Vietnam, che costituisce un caso a sé, è cambiato l’ambiente da cui provengono le vocazioni: dalla classe media e dai centri urbani si è passati alle campagne e alle aree rurali, oppure ai gruppi marginali. In India, per esempio, lo spostamento è avvenuto dalle regioni occidentali e del sud, alla fascia tribale oppure ai tribali del nord est.
Un fenomeno simile si costata anche in Thailandia e nel Nyanmar dove molte vocazioni (e molti cattolici) provengono dai vari gruppi indigeni anziché dalle popolazioni dominanti thailandesi e burmesi.
Le vocazioni sono più numerose invece nell’Est Timor, Flores, Indonesia.
Si tratta di un cambiamento che pone dei problemia nel campo della formazione: è importante, sottolinea p. Huang, verificare le ragioni per cui uno chiede di farsi religioso/a (la vita religiosa costituisce una via di accesso all’educazione, alla sicurezza e a una posizione sociale). Inoltre, c’è il problema del retroterra culturale molto povero di questi candidati, per cui parecchio tempo è speso per imparare le lingue. E la formazione è ostacolata a causa di una capacità molto povera di apprendimento. Ciò vale anche per la formazione a una spiritualità profonda. E senza una spiritualità profonda che vada oltre la semplice generosità, è difficile vedere come possa una vita consacrata essere significativa e coltivata.
Di fronte a questo cambiamento demografico, rileva p. Huang, la formazione deve essere considerata una priorità. Importante è perciò lo screening di coloro che chiedono di entrare.
Il futuro
delle istituzioni
Nei paesi dove i religiosi sono impegnati in grandi strutture educative, sociali e sanitarie, come in India, Filippine, Corea, Giappone, Hong Kong, Taiwan, ci si domanda se con la diminuzione delle vocazioni o di giovani religiosi/e si potrà continuare a gestire queste opere. Si parla per questo di avviare colloqui e programmi di formazione di laici preparati. Ma un problema più di fondo riguarda la nuova immagine dei religiosi in Asia, che non è più collegata con le grandi istituzioni. C’è infatti la preoccupazione che l’identificazione con le grandi strutture possa compromettere la capacità dei religiosi di testimoniare la povertà evangelica. Un altro problema concerne le tensioni esistenti tra i vescovi e i preti diocesani, da una parte, e i religiosi dall’altra, soprattutto per quanto si riferisce alle suore in paesi come la Cina, Malaysia, Corea, Myanmar e Vietnam. I conflitti sono spesso dovuti a problemi riguardanti l’autorità: (vescovi che interferiscono negli affari interni delle congregazioni); la proprietà (a chi appartiene?), il compenso (le suore sono spesso trattate come forza di lavoro a buon mercato e sfruttate dai preti), e gli atteggiamenti culturali circa il ruolo delle donne (sottomesse all’uomo).
Un altro aspetto è la ricerca del difficile equilibrio tra “servizio” e “Spirito”. È stato osservato che i religiosi/e sono molto apprezzati per i vari servizi che svolgono. Si tratta di un fatto positivo che si potrebbe considerare come l’espressione di una forma di sequela di Cristo-servo venuto per dare pienezza di vita agli altri attraverso un umile servizio.
Ma c’è il rischio che i religiosi siano considerati sia dagli altri, ma anche da se stessi, dei bravi professionisti, anziché dei mistici, “cercatori di Dio”, uomini e donne posseduti da Dio e in profonda relazione con lui. Inoltre, il pericolo dell’eccesso di lavoro per cui non avanza più tempo per prendersi cura della vita interiore, della presenza del Dio nella loro vita.
Ciò è problematico per tante persone che mettono a confronto i religiosi cattolici con gli esempi di profonda spiritualità delle altre religioni dell’Asia.
Per le congregazioni internazionali esiste poi il problema della missione in occidente. A mano a mano che i religiosi diminuiscono nel nord del globo, ha preso avvio una “missione all’inverso”, dai paesi dell’Asia che avevano beneficiato dei missionari europei e nord americani. Ci sono congregazioni che hanno inviato religiosi/e asiatici a “rafforzare” comunità in occidente o per impegnarli nelle missioni (per esempio, i religiosi del Verbo Divino in Argentina sono in gran parte indiani e indonesiani).
Anche questo fatto pone delle sfide. Per esempio: 1. Questi “nuovi missionari” dell’Asia non vengono con quell’atteggiamento di dominio culturale e di fiducia tipico dei missionari occidentali quando giunsero nel continente. 2. Si nota inoltre una resistenza ai religiosi asiatici, spesso non tanto da parte del popolo di Dio, ma dei loro confratelli e consorelle europei. 3. Come possono congregazioni che hanno avuto origine in Europa diventare interculturali in comunità e nella cultura, se c’è un numero crescente, non solo di asiatici, ma anche di leader asiatici nella vita religiosa?
Questa, secondo p. Huang, è la situazione attuale della vita consacrata in Asia.
a cura di Antonio Dall’Osto