Ferrari Gabriele
Provocazioni a religiosi e missionari
2015/11, p. 5
Il discorso di Laudato si’ vale per tutti. Qualcuno sarà stupito dal fatto che l’enciclica non nomina i religiosi. Ciò non vuol dire che non abbia delle richieste che risuonano con accenti particolari in coloro che si propongono di vivere radicalmente i valori del Vangelo

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Testimoni
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L’enciclica «Laudato si’»
PROVOCAZIONI
A RELIGIOSI E MISSIONARI<p> Ref. arch.: Ritiri – esercizi spirituali / <i>Laudato</i><i> </i><i>si’</i> Ritiro per religiosi testo breve.docx  <p/>
Il discorso di Laudato si’ vale per tutti. Qualcuno sarà stupito dal fatto che l’enciclica non nomina i religiosi. Ciò non vuol dire che non abbia delle richieste che risuonano con accenti particolari in coloro che si propongono di vivere radicalmente i valori del Vangelo.
La lettura dell’enciclica Laudato si’, delle sue analisi sull’origine e i rimedi della crisi ecologica, che il papa chiama «la catastrofe ecologica», si conclude con un capitolo sulla spiritualità dell’ecologia, il sesto capitolo, intitolato: «Educazione e spiritualità ecologica» (203-246), un capitolo di indicazioni pratiche che suggerisce atteggiamenti e scelte per guardare il mondo con lo sguardo di Gesù, accorgerci dei guasti e dei disastri operati nella «casa comune», sentire la sofferenza dei nostri fratelli e assumere uno stile di vita rispettoso del creato. Solo così reagiremo alla cultura dell’indifferenza, dello scarto e alla dittatura del denaro e della tecnologia, responsabili del degrado ecologico, della «inequità» e del dissennato sfruttamento delle risorse e del corrispondente degrado umano e sociale. Solo così promuoveremo la rinascita di quell’umanesimo, delle buone relazioni fra le persone e i popoli e la rigenerazione della tecnologia che da padrona che domina l’umanità, si metterà al servizio dell’umanità e del mondo.
Il discorso di Laudato si’ vale per tutti, cristiani e uomini di buona volontà, senza distinzioni particolari, religiosi compresi. Qualcuno sarà stupito dal fatto che l’Enciclica neppure li nomina i religiosi. Ciò non vuol dire che Laudato si’ non abbia delle richieste che risuonano con accenti particolari in coloro che si propongono di vivere radicalmente i valori del Vangelo e di «seguire con maggior libertà Cristo e imitarlo più da vicino» (cf. Perfectæ caritatis 1) e che sono chiamati a essere segni del Regno (cf. Lumen gentium 44) e stimolo per la costruzione di un mondo altro secondo il progetto di Gesù.
Ci interpella
come consacrati
1. Laudato si’ evidenzia che ciò che ha causato il disastro ecologico è l’aver estromesso Dio e la sua Parola dall’organizzazione della vita del mondo e dai processi tecnologici (122-123). È il peccato dell’uomo, l’aver preteso di prendere il posto di Dio (66). I religiosi sono quindi provocati a riaffermare con la loro vita il primato di Dio. Questo è decisivo per promuovere la vera qualità della vita dei singoli e della società e per il rispetto della natura di cui l’uomo non può disporre a suo piacimento. Insieme con il primato di Dio i religiosi riconosceranno l’interconnessione di tutto in Cristo e quindi la fraternità universale dei popoli che si raggiunge «nella pienezza di Dio, già raggiunta da Cristo Risorto, fulcro della maturazione universale» (83), nella noosfera di Teillhard.
Per questo deve crescere in noi lo sguardo contemplativo che si stupisce davanti al creato (11<p> «Se noi ci accostiamo alla natura e all’ambiente senza questa apertura allo stupore e alla meraviglia, se non parliamo più il linguaggio della fraternità e della bellezza nella nostra relazione con il mondo, i nostri atteggiamenti saranno quelli del dominatore, del consumatore o del mero sfruttatore delle risorse naturali, incapace di porre un limite ai suoi interessi immediati. Viceversa, se noi ci sentiamo intimamente uniti a tutto ciò che esiste, la sobrietà e la cura scaturiranno in maniera spontanea. La povertà e l’austerità di san Francesco non erano un ascetismo solamente esteriore, ma qualcosa di più radicale: una rinuncia a fare della realtà un mero oggetto di uso e di dominio.» (11) <p/>), e la mistica ignaziana del «veder Dio, cercar Dio e amar Dio in tutto» là dove viviamo. Questo ci porterà a fare esperienza del divino e a rimanere connessi con lo Spirito di Dio che «rinnova la faccia della terra» (Sal 104,30) e che – con l’esperienza della fraternità – fa nascere in noi i sentimenti della misericordia e della compassione evangelica per il mondo sfigurato dall’incuria e dalla speculazione. I religiosi sentono il bisogno di proclamare l’evangelo dell’incarnazione di Dio che è entrato nel nostro mondo facendo di Gesù Cristo il cuore del mondo, e dello Spirito santo l’energia che rinnova il mondo e lo conduce alla sua piena realizzazione, come «casa comune» che il Padre ha preparato per tutti i suoi figli.
Superamento
tra spirituale e secolare
2. In linea con il mistero dell’incarnazione, i religiosi supereranno definitivamente ogni dicotomia, dualismo e contrapposizione tra la vita spirituale e la realtà secolare nella visione del mondo e quindi ogni residuo spiritualismo per il quale la conversione all’«ecologia integrale» e la «cura della casa comune» sarebbero estranee alla missione della chiesa o, al massimo, sarebbero una supplenza per l’insufficienza della politica. Un tal processo di superamento, per quanto messo in moto già dal Concilio, non è ancora definitivamente acquisito, dal momento che si vedono risorgere nel mondo e nella Chiesa pratiche spiritualistiche e contrapposizioni di tipo sociale, etnico, religioso, nazionale e di «genere» che non corrispondono al disegno creatore. Noi dobbiamo riaffermare con forza e credere che l’impegno per un’«ecologia integrale» è un dovere della chiesa e, all’interno della chiesa, dei religiosi. Il papa ricorda che «niente di questo mondo ci risulta indifferente» (3), perché «le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto» devono trovare eco nel cuore della Chiesa (Gaudium et spes 1) e quindi anche in quello dei religiosi.
Attenti al consumismo
ossessivo
3. Nella loro vita personale e comunitaria i religiosi devono vegliare per non cedere alle mode correnti e soprattutto al «consumismo ossessivo che è il riflesso soggettivo del paradigma tecno-economico» (203) fino a rendere le persone dipendenti dalle cose.<p> Il libero mercato e la pubblicità hanno messo in atto un semplice, ma potente meccanismo psicologico, denunciato da Erich Fromm già alcuni decenni per il quale «ciò è bello è buono, ciò che è buono è utile, ciò che è utile è necessario, ciò che è necessario è indispensabile» (cf. Eric Fromm, <i>The </i><i>Anatomy</i><i> </i><i>of</i><i> the </i><i>Human</i><i> </i><i>Destructiveness</i>, New York 1973; trad. italiana presso Mondadori, <i>Anatomia della distruttività umana</i>, Milano 1975). Il consumismo è penetrato nella nostra cultura e anche in quelle che stanno emergendo, introducendo abitudini e costumi nuovi e sconosciuti, incentivando bisogni veri e non veri, insieme a speranze e attese che non possono essere sempre soddisfatte. Il consumismo è oggi una tendenza ormai imperante che sta dettando la lista della spesa del mondo, inducendo anche bisogni che non sono sempre veri, ma che sono entrati ormai nelle esigenze della nostra società. <p/> Il consumismo è entrato anche nelle comunità religiose e ne determina le scelte. Anche i religiosi ne sono schiavi e anzi … lo giustificano, diceva Arturo Paoli, come un compenso per il gran sacrificio (!) del celibato. Il papa classifica il consumismo nella categoria della «mondanità spirituale» (Evangelii gaudium 93-95). Se i religiosi devono essere segni «dell’elevazione del regno di Dio sopra tutte le cose terrestri» (Lumen gentium 44), dovranno vigilare per non essere contagiati da quell’«umanesimo antropocentrico» (68) che in pratica esclude Dio e ignora ogni norma trascendente nel giudizio sulle realtà terrene (115) e dalla mondanità spirituale che, senza accorgersene, rimane vittima dello spirito del mondo e giustifica tutto con il «principio del piacere».
Cambiare
stile di vita
4. Un discorso che riguarda tutti, ma che i religiosi devono assumere con molta responsabilità, è il ripetuto richiamo dell’Enciclica all’urgenza di cambiare lo stile di vita attualmente in corso, sia perché difficilmente sostenibile (203-215) e perché è uno schiaffo alla condizione dei poveri. La vita religiosa, senza accorgersene, si è progressivamente configurata alla vita borghese a cui «nulla deve mancare». Il papa chiede a tutti di riportare lo stile di vita all’uso rispettoso della natura, a una concezione cristiana della dignità della persona umana e all’attenzione ai poveri che pagano con la miseria l’altrui opulenza. Cambiare stile di vita è un discorso che si fa ormai da troppo tempo, negli ambienti della vita consacrata, e che riviene puntualmente ogni volta che si tratta del voto di povertà. Raramente tuttavia si riesce a concretizzarlo soprattutto a livello comunitario. Non basterebbe a volte pensare alle famiglie ordinarie dove si devono far i conti con un salario …?
Il papa ci suggerisce un cammino per cambiare lo stile di vita e lo fa citando il Patriarca di Costantinopoli, Bartolomeo I, che propone «di passare dal consumo al sacrificio, dall’avidità alla generosità, dallo spreco alla capacità di condividere, in un’ascesi che significa imparare a dare, e non semplicemente a rinunciare» (9). Cambiare lo stile di vita, continua Bartolomeo, è «un modo di amare, di passare gradualmente da ciò che io voglio a ciò di cui ha bisogno il mondo di Dio. È liberazione dalla paura, dall’avidità e dalla dipendenza» (ib.). Papa Francesco scende a delle indicazioni molto concrete e quotidiane, relative per es. allo spreco, al risparmio dell’acqua e delle risorse non rinnovabili, alla gestione dei rifiuti, ai problemi del surriscaldamento dell’atmosfera ecc.
Cambiare lo stile di vita impone un ritorno alla sobrietà, alla semplicità, al senso della misura (passando dal «sempre più» all’«è sufficiente ed è anche troppo», come diceva A. Lang), alla vigilanza per non cedere alla seduzione delle cose; un ritorno alla gratuità (al «principio del dono»), alla ricerca della qualità e non alla quantità delle relazioni e degli interessi, a un uso sobrio del tempo e della comunicazione, alla sobrietà nelle abitazioni, nei mezzi di trasporto e nell’uso del denaro, ecc. Il cambiamento di stile di vita è richiesto non solo dall’emergenza ecologica in corso, ma anche - e forse più - dal ricupero dell’umanesimo ecologico e dalla «verità» dell’uomo.
Rispondendo a un’obiezione tanto frequente quanto insidiosa, il papa ricorda che «non bisogna pensare che questi sforzi non cambieranno il mondo [perché al contrario] diffondono un bene nella società che sempre produce frutti, [e] provocano in seno a questa terra un bene che tende sempre a diffondersi, a volte invisibilmente. Inoltre, l’esercizio di questi comportamenti ci restituisce il senso della nostra dignità, ci conduce ad una maggiore profondità esistenziale» (212).
Le nostre comunità
siano luoghi ecologici
5. Insieme con il degrado ambientale il papa denuncia anche il corrispondente deterioramento della qualità della vita e il degrado sociale (urbanizzazione selvaggia, privatizzazione degli spazi comuni, esclusione, disuguaglianze, frammentazione sociale, aggressività ecc. 43-47) che rendono invivibile la società perché le sottraggono quell’armonia che il Creatore ha voluto tra la natura e l’umanità. I religiosi, ritenuti esperti in umanità e esperti della vita comune, della prossimità e delle relazioni interpersonali, possono e devono essere un «segno» di quel mondo nuovo che Gesù ha inaugurato con la sua Pasqua, un anticipo di «un nuovo modello riguardo all’essere umano, alla vita, alla società e alla relazione con la natura» (215).
Per questo Laudato si’ ci invita a fare delle nostre comunità ambienti ecologicamente significativi, che mostrano cioè che si può vivere bene e gioiosamente anche con l’essenziale e senza tutte le comodità che il mondo offrirebbe; a rivedere una vita religiosa «orientata alla produzione», al «fare» e al «dare» - frutto di una mentalità mondana - per ricuperare invece la mistica della vita religiosa e della missione secondo le categorie della kenosis, della croce e della condivisione con i poveri, ricuperando la «mistica dell’incontro» che, come dice Francesco in Evangelii gaudium, non teme di toccare la «carne» di Cristo (270. 24), i poveri cioè, i sofferenti, il mondo deturpato dalla tecnocrazia per comunicare loro la forza salvifica del Vangelo.
Un’epifania
dell’umanità redenta
6. La nostra maniera di vivere dovrebbe essere infine l’epifania (siamo nell’ordine dei segni, e quindi della visibilità e della strumentalità e non della virtualità o della sola intenzionalità!) dell’umanità redenta, segnata dalla comunione della carità, dal rispetto delle persone, aperta ai più deboli dei nostri fratelli e sorelle; l’epifania di una società segnata dalla fraternità, dall’accoglienza, dall’ascolto, dal dialogo, dal rispetto reciproco e dalla comunione interculturale che annunzia la possibilità di vivere da fratelli, non malgrado, ma grazie alle diversità culturali, nazionali, etniche<p> Giovanni Paolo II in <i>Vita </i><i>consecrata</i><i> </i>n. 51<i> </i>: «La Chiesa affida alle comunità di vita consacrata il particolare compito di <i>far crescere la spiritualità della comunione</i> prima di tutto al proprio interno e poi nella stessa comunità ecclesiale ed oltre i suoi confini, aprendo o riaprendo costantemente il dialogo della carità, soprattutto dove il mondo di oggi è lacerato dall'odio etnico o da follie omicide. [Tali comunità ] si pongono come <i>segno di un dialogo sempre possibile</i> e di una comunione capace di armonizzare le diversità. Le comunità di vita consacrata sono mandate ad annunziare, con la testimonianza della loro vita, il valore della fraternità cristiana e la forza trasformante della Buona Novella, che fa riconoscere tutti come figli di Dio e spinge all'amore oblativo verso tutti, specialmente verso gli ultimi. Soprattutto gli Istituti internazionali, in quest'epoca caratterizzata dalla mondializzazione dei problemi e insieme dal ritorno degli idoli del nazionalismo, hanno il compito di tener vivo e di testimoniare il senso della comunione tra i popoli, le razze, le culture». <p/>; una società segnata soprattutto dalla solidarietà <p> La solidarietà «non è un sentimento di vaga compassione o di superficiale intenerimento per i mali di tante persone, vicine o lontane [ma] la determinazione ferma e perseverante di impegnarsi per il bene comune: ossia per il bene di tutti e di ciascuno perché tutti siamo veramente responsabili di tutti. Tale determinazione è fondata sulla salda convinzione che le cause che frenano il pieno sviluppo siano la brama del profitto e la sete del potere» (Giovanni Paolo II, <i>Sollicitudo</i><i> rei </i><i>socialis</i>, n. 38). <p/>. Tutto questo è un contributo alla conversione ecologica.
Anche i voti, gesti significativi e costitutivi della vita consacrata, assunti in modo positivo e non solo negativo o giuridico, sono dei cammini ecologici, che indicano il valore costruttivo dell’amore rispettoso e della tenerezza, della libertà interiore, della sobrietà e della gratuità. La vita consacrata, vissuta in una relazione semplice e profonda con Dio, non toglie né la gioia né la felicità, né la possibilità di vivere relazioni profonde e significative con i fratelli e le sorelle di ogni parte del mondo; non ci impedisce di usare con saggezza i beni della terra, ma ci fa vivere quell’umanesimo cristiano che è un presupposto essenziale per un’autentica ecologia integrale.
Difesa del creato
e di quanti soffrono
7. L’impegno per la pace e la giustizia, ormai entrato negli obiettivi della missione ecclesiale, s’è ulteriormente allargato alla salvaguardia del creato. Il papa con Laudato si’ conferma la convinzione che i missionari hanno acquisito dall’esperienza, che cioè è loro compito assumere la difesa del creato e di coloro che soffrono le conseguenze del disastro ecologico, perché questa è una dimensione obbligata della missione: «I cristiani, in particolare, avvertono che i loro compiti all’interno del creato, i loro doveri nei confronti della natura e del Creatore sono parte della loro fede» (16). Da sempre la missione si sviluppa lungo i due assi dell’incarnazione e della solidarietà. Per questo i religiosi - e in particolare i missionari - abitano in mezzo alla gente, secondo lo stile d’incarnazione di Gesù, condividono con loro le loro lotte in difesa dell’ambiente e i loro tentativi di liberazione dalle ingiustizie. Sentono sulla loro pelle i problemi che fanno soffrire i fratelli e le sorelle e solidarizzano con loro.
Voci critiche, scomode
ma autorevoli
9. Per questa ragione non possono non essere delle voci critiche e scomode, «la voce di chi non ha voce» (Ecclesia in Africa 70.106) che raggiunge e disturba coloro che non si rendono conto delle loro responsabilità nella progressiva distruzione del mondo e nella sofferenza dei poveri. È sintomatico che certi poteri economici e finanziari abbiano accolto male Laudato si’ e cerchino di screditarla. Questo conferma che la parola del papa è una grazia dello Spirito che parla alle Chiese. Infatti, è parte della missione della Chiesa svegliare le coscienze di chi non si rende conto che il suo benessere è pagato dai fratelli più poveri e che quanto noi possiamo offrire a questi ultimi è sempre e solo una restituzione di quanto sottraiamo loro con la nostra agiatezza.
Ma saremo voci critiche autorevoli e credibili solo se saremo coerenti con le nostre dichiarazioni, liberi dai privilegi e dai compromessi con il potere corrotto e con chi dilapida il creato, se saremo liberi dalla seduzione delle cose e in linea con le proposte di conversione ecologica di papa Francesco nella sua enciclica Laudato si’.
Gabriele Ferrari s.x.