Mastrofini Fabrizio
Il coraggio della franchezza
2015/11, p. 1
Il Sinodo non pretende di aver trovato soluzioni esaurienti a tutte le difficoltà e ai dubbi che sfidano e minacciano la famiglia, ma di aver messo tali difficoltà e dubbi sotto la luce della fede, averli esaminati e affrontati senza paura.

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Relazione finale del Sinodo
IL CORAGGIO
DELLA FRANCHEZZA
Il Sinodo non pretende di aver trovato soluzioni esaurienti a tutte le difficoltà e ai dubbi che sfidano e minacciano la famiglia, ma di aver messo tali difficoltà e dubbi sotto la luce della fede, averli esaminati e affrontati senza paura.
La Chiesa con il Sinodo ha compiuto un passo avanti verso le famiglie, soprattutto adottando un linguaggio di comprensione, attenzione, misericordia, che meglio corrisponde all’atteggiamento del Papa. Il documento finale ha ricevuto larghissima approvazione, mostrando anche il valore della nuova metodologia adottata affidando ad una commissione esterna la stesura riassuntiva.Discernimento
e integrazione
Sono le due parole d’ordine della Relazione finale per la pastorale dei divorziati risposati. «I battezzati che sono divorziati e risposati civilmente devono essere più integrati nelle comunità cristiane nei diversi modi possibili, evitando ogni occasione di scandalo», si legge nella terza parte del documento, dedicata alle “situazioni complesse delle famiglie”. «La logica dell’integrazione – si legge nel testo – è la chiave del loro accompagnamento pastorale, perché non soltanto sappiano che appartengono al corpo di Cristo che è la Chiesa, ma ne possano avere una gioiosa e feconda esperienza. Sono battezzati, sono fratelli e sorelle», e «la loro partecipazione può esprimersi in diversi servizi ecclesiali: occorre perciò discernere quali delle diverse forme di esclusione attualmente praticate in ambito liturgico, pastorale, educativo e istituzionale possano essere superate». Una «integrazione», questa, «necessaria pure per la cura e l’educazione cristiane dei loro figli, che devono essere considerati i più importanti». Per il “discernimento”, il documento citato è la Familiaris Consortio di Giovanni Paolo II, dove si esortano i sacerdoti ad «accompagnare le persone interessate sulla via del discernimento secondo l’insegnamento della Chiesa e gli orientamenti del vescovo».
Situazioni
speciali
«Nei confronti delle famiglie che vivono l’esperienza di avere al loro interno persone con tendenza omosessuale, la Chiesa ribadisce che ogni persona, indipendentemente dalla propria tendenza sessuale, vada rispettata nella sua dignità e accolta con rispetto, con la cura di evitare ogni ingiusta discriminazione». Nella Relazione finale si afferma che «non esiste fondamento alcuno per assimilare o stabilire analogie, neppure remote, tra le unioni omosessuali e il disegno di Dio sul matrimonio e la famiglia». No, dunque, ai «progetti di equiparazione al matrimonio delle unioni tra persone omosessuali», ma anche alle «pressioni in questa materia» da parte degli organismi internazionali.Situazioni
complesse
Il paragrafo 69 della Relazione finale nota che «il sacramento del matrimonio, come unione fedele e indissolubile tra un uomo e una donna chiamati ad accogliersi reciprocamente e ad accogliere la vita, è una grande grazia per la famiglia umana. La Chiesa ha la gioia e il dovere di annunciare questa grazia a ogni persona e in ogni contesto. Essa sente oggi, in modo ancora più urgente, la responsabilità di far riscoprire ai battezzati come la grazia di Dio opera nella loro vita – anche nelle situazioni più difficili – per condurli alla pienezza del sacramento. Il Sinodo, mentre apprezza ed incoraggia le famiglie che onorano la bellezza del matrimonio cristiano, intende promuovere il discernimento pastorale delle situazioni in cui l’accoglienza di questo dono fatica ad essere apprezzata, oppure è in vario modo compromessa. Mantenere vivo il dialogo pastorale con questi fedeli, per consentire la maturazione di una coerente apertura al Vangelo del matrimonio e della famiglia nella sua pienezza, è una grave responsabilità. I pastori devono identificare gli elementi che possono favorire l’evangelizzazione e la crescita umana e spirituale di coloro che sono affidati dal Signore alla loro cura». Il successivo paragrafo 70 chiede che «la pastorale proponga con chiarezza il messaggio evangelico e colga gli elementi positivi presenti in quelle situazioni che non corrispondono ancora o non più ad esso. In molti Paesi un crescente numero di coppie convivono, senza alcun matrimonio né canonico, né civile. In alcuni Paesi esiste il matrimonio tradizionale, concertato tra famiglie e spesso celebrato in diverse tappe. In altri Paesi invece è in crescita il numero di coloro che, dopo aver vissuto insieme per lungo tempo, chiedono la celebrazione del matrimonio in chiesa. La semplice convivenza è spesso scelta a causa della mentalità generale contraria alle istituzioni e agli impegni definitivi, ma anche per l’attesa di una sicurezza esistenziale (lavoro e salario fisso). In altri Paesi, infine, le unioni di fatto diventano sempre più numerose, non solo per il rigetto dei valori della famiglia e del matrimonio, ma anche per il fatto che sposarsi è percepito come un lusso, per le condizioni sociali, così che la miseria materiale spinge a vivere unioni di fatto. Tutte queste situazioni vanno affrontate in maniera costruttiva, cercando di trasformarle in opportunità di cammino di conversione».
I risultati?
Nessuna presa di posizione e nessun cambiamento per chi li aspettava. Invece papa Francesco ha segnalato il senso del cammino sinodale nel discorso di chiusura il 24 ottobre. Sinodo, ha detto, «sicuramente non significa aver trovato soluzioni esaurienti a tutte le difficoltà e ai dubbi che sfidano e minacciano la famiglia, ma aver messo tali difficoltà e dubbi sotto la luce della fede, averli esaminati attentamente, averli affrontati senza paura e senza nascondere la testa sotto la sabbia». Sinodo «significa aver sollecitato tutti a comprendere l’importanza dell’istituzione della famiglia e del Matrimonio tra uomo e donna, fondato sull’unità e sull’indissolubilità, e ad apprezzarla come base fondamentale della società e della vita umana. Significa aver ascoltato e fatto ascoltare le voci delle famiglie e dei pastori della Chiesa che sono venuti a Roma portando sulle loro spalle i pesi e le speranze, le ricchezze e le sfide delle famiglie di ogni parte del mondo. Significa aver dato prova della vivacità della Chiesa Cattolica, che non ha paura di scuotere le coscienze anestetizzate o di sporcarsi le mani discutendo animatamente e francamente sulla famiglia. Significa aver cercato di guardare e di leggere la realtà, anzi le realtà, di oggi con gli occhi di Dio, per accendere e illuminare con la fiamma della fede i cuori degli uomini, in un momento storico di scoraggiamento e di crisi sociale, economica, morale e di prevalente negatività».
Via sinodale,
passaggio obbligato
Secondo tale impostazione Sinodo «significa aver testimoniato a tutti che il Vangelo rimane per la Chiesa la fonte viva di eterna novità, contro chi vuole “indottrinarlo” in pietre morte da scagliare contro gli altri. Significa anche aver spogliato i cuori chiusi che spesso si nascondono perfino dietro gli insegnamenti della Chiesa, o dietro le buone intenzioni, per sedersi sulla cattedra di Mosè e giudicare, qualche volta con superiorità e superficialità, i casi difficili e le famiglie ferite. Significa aver affermato che la Chiesa è Chiesa dei poveri in spirito e dei peccatori in ricerca del perdono e non solo dei giusti e dei santi, anzi dei giusti e dei santi quando si sentono poveri e peccatori. Significa aver cercato di aprire gli orizzonti per superare ogni ermeneutica cospirativa o chiusura di prospettive, per difendere e per diffondere la libertà dei figli di Dio, per trasmettere la bellezza della novità cristiana, qualche volta coperta dalla ruggine di un linguaggio arcaico o semplicemente non comprensibile». Da notare il passaggio successivo che rende conto della durezza del dibattito e fa giustizia dei tentativi di occultarla. «Nel cammino di questo Sinodo le opinioni diverse che si sono espresse liberamente – e purtroppo talvolta con metodi non del tutto benevoli – hanno certamente arricchito e animato il dialogo, offrendo un’immagine viva di una Chiesa che non usa “moduli preconfezionati”, ma che attinge dalla fonte inesauribile della sua fede acqua viva per dissetare i cuori inariditi. E – aldilà delle questioni dogmatiche ben definite dal Magistero della Chiesa – abbiamo visto anche che quanto sembra normale per un vescovo di un continente, può risultare strano, quasi come uno scandalo – quasi! – per il vescovo di un altro continente; ciò che viene considerato violazione di un diritto in una società, può essere precetto ovvio e intangibile in un’altra; ciò che per alcuni è libertà di coscienza, per altri può essere solo confusione. In realtà, le culture sono molto diverse tra loro e ogni principio generale – come ho detto, le questioni dogmatiche ben definite dal Magistero della Chiesa – ogni principio generale ha bisogno di essere inculturato, se vuole essere osservato e applicato».
Dai lavori
qualche spunto
Da ricordare nelle tre settimane di lavori due snodi problematici: il circolo minore di lingua tedesca e gli uditori. Particolarmente rilevante il contributo del circolo tedesco, in vista di un passo avanti sul piano dottrinale e pastorale che resta da attuare. Si inizia da san Tommaso, rilevando che secondo il suo insegnamento («e anche del concilio di Trento»), è necessaria «l’applicazione con prudenza e saggezza dei principi fondamentali alle singole, spesso complesse, situazioni reali. Ciò non riguarda le eccezioni, in cui la parola di Dio non debba valere, bensì la domanda di una giusta e ragionevole applicazione con prudenza e saggezza delle parole di Gesù, ad esempio di quelle sull’indissolubilità del matrimonio». La «graduale conduzione dell’uomo al sacramento del matrimonio» deve essere obiettivo costante della Chiesa: «come l’evoluzione storica della dottrina della Chiesa ha richiesto tempo, così la pastorale ecclesiastica deve oggi lasciare alle persone un tempo di maturazione sul loro cammino verso il matrimonio sacramentale e non agire in base al principio del tutto o niente». «Per la redazione finale del testo – nota il circolo – chiediamo di considerare ancora due aspetti: si eviti di creare l’impressione che la Sacra Scrittura venga usata solo come fonte di citazioni dogmatiche, giuridiche o convinzioni etiche. (…) Infine, abbiamo incontrato difficoltà riguardo al concetto di matrimonio naturale. Nella storia dell’umanità il matrimonio naturale si è sempre informato anche alla cultura. Il concetto di matrimonio naturale potrebbe implicare che esista una forma di vita naturale dell’uomo senza influenze culturali. Per questo proponiamo la formulazione: “il matrimonio fondato nella Creazione”».
Gli uditori hanno oscillato tra esperienze di vita – la benedizione di Dio anche nei momenti tragici come la morte dei figli – e l'insistenza con cui alcuni hanno parlato della morale sessuale e matrimoniale. Da questi continenti sono risuonate voci (Camerun, Rwanda ad esempio) sui metodi naturali il cui insegnamento va potenziato. Dall'Italia si è sentito dire che «la fede è un cammino dinamico» e per le famiglie è importante la “condivisione” con altre realtà familiari. Dall'Argentina si è ascoltata una voce a favore del ruolo educativo delle madri, mentre la direttrice dell'Istituto canadese di bioetica ha sottolineato il ruolo della Chiesa nel rivelare la Buona Notizia della vita. Temi nell'insieme piuttosto ordinari e forse non all'altezza di un dibattito in cui i laici e gli uditori potevano portare un approccio più audace.
Prospettive
futureIl Papa ha concluso osservando che «l’esperienza del Sinodo ci ha fatto anche capire meglio che i veri difensori della dottrina non sono quelli che difendono la lettera ma lo spirito; non le idee ma l’uomo; non le formule ma la gratuità dell’amore di Dio e del suo perdono. Ciò non significa in alcun modo diminuire l’importanza delle formule: sono necessarie; l’importanza delle leggi e dei comandamenti divini, ma esaltare la grandezza del vero Dio, che non ci tratta secondo i nostri meriti e nemmeno secondo le nostre opere, ma unicamente secondo la generosità illimitata della sua Misericordia». Del Sinodo 2015 resta un complesso documento finale che riepiloga in toni positivi il Magistero sulla famiglia, apre alla Misericordia, impegna la Chiesa a prendersi cura senza scagliare condanne. I prossimi mesi diranno in che misura tali indicazioni si incarneranno in una efficace pastorale. E forse da papa Francesco arriveranno decisioni e provvedimenti innovativi.
Fabrizio Mastrofini