Don Divo Barsotti
2015/11, p. 4
Era poco conosciuto dal
pubblico, ma aveva tutte le carte in regola per essere ricordato degnamente. Carlo
Bo lo aveva definito «uno degli spiriti più alti del nostro tempo” e uno storico della
spiritualità, il Penco, lo considerava «il più importante autore spirituale (italiano) del
nostro secolo”. Attraverso Dostoevskij, aveva scoperto l’anima e la spiritualità russa
portando l’atmosfera carica di Oriente cristiano, nel panorama della balbettante
spiritualità peninsulare del suo tempo.
Aveva il senso del Mistero, che riusciva a trasmettere ad un pubblico esigente,
avvincendo l’uditorio anche grazie al fascino del suo eloquio toscano e conquistando il
lettore grazie al suo innato gusto di letterato.
DON DIVO BARSOTTI
Anche don Divo Barsotti ha avuto la sua bella celebrazione commemorativa, in occasione del centenario della nascita (25 aprile 1914). Era poco conosciuto dal pubblico, ma aveva tutte le carte in regola per essere ricordato degnamente. Carlo Bo lo aveva definito «uno degli spiriti più alti del nostro tempo” e uno storico della spiritualità, il Penco, lo considerava «il più importante autore spirituale (italiano) del nostro secolo”.
Attraverso Dostoevskij, aveva scoperto l’anima e la spiritualità russa portando l’atmosfera carica di Oriente cristiano, nel panorama della balbettante spiritualità peninsulare del suo tempo. Aveva il senso del Mistero, che riusciva a trasmettere ad un pubblico esigente, avvincendo l’uditorio anche grazie al fascino del suo eloquio toscano e conquistando il lettore grazie al suo innato gusto di letterato. Il suo non era il mistero vago e nebuloso del sacro, ma il Mistero cristiano, attinto dalla Parola, celebrato nella Liturgia, vissuto dai Santi. Conosceva bene i Santi, dei quali sapeva scandagliare la psicologia e, ancor più, mettere in luce le loro escursioni e scalate verso le vette del Mistero di Dio. Una personalità singolare, distaccato dalle controversie politiche, ma non da quelle ecclesiali, nelle quali manifestava alcune durezze, proprio nel contesto socialmente impegnato della Firenze di La Pira, di don Milani, dei Padri Turoldo e Balducci.
Singolare era stato anche il motivo della mia visita nella sua casa di Settignano, nei pressi di Firenze. Gli avevo telefonato qualche mese prima, di ritorno da Parigi, dove avevo incontrato un suo libro in francese, che mi aveva interessato per la sua novità, sulla spiritualità dell’Esodo, per chiedergli informazioni sull’edizione italiana, a me sconosciuta. Mi rispose candidamente che di fatto l’edizione italiana non esisteva, perché il suo arcivescovo non gli aveva concesso il famoso Imprimatur. Mentre non aveva avuto difficoltà a pubblicarlo in lingua francese, dove gli studi biblici permettevano un «approccio spirituale» ai testi biblici. La cosa mi sembrò tanto assurda che ne parlai con padre Bevilacqua, che ne rimase semplicemente scandalizzato, lasciandomi intendere che avrebbe provveduto, parlandone «in alto». Detto e fatto. Di ritorno da uno dei suoi viaggi romani, mi avvisò che potevo dire a quel «brav’uomo che quel divieto non esisteva più». E lo disse con il tono soddisfatto di chi avesse riparato un’ingiustizia. Don Divo Barsotti mi accolse col suo sorriso da bambino sorpreso e riconoscente. Non abitava da solo, ma con alcuni discepoli, germe di una futura famiglia religiosa, in una casa dedicata a San Sergio, uno dei Padri della Russia cristiana. Mi parlò dei numerosi corsi di esercizi spirituali che stava tenendo, in diverse parti, dedicati ai vari libri della Bibbia, da uno dei quali era nato appunto il libro sull’Esodo. Aveva anche appunti e registrazioni su altri libri, quali l’Apocalisse, condotti con lo stesso stile. Nacque così, nel corso di quella conversazione, il progetto di una serie di Meditazioni bibliche, che rappresentò un inedito approccio ai libri della Bibbia. In un momento in cui si cercavano vie nuove anche nella vita cristiana, la sua conoscenza della storia della santità gli permise di mettere in luce la grande dignità della tradizione spirituale, della quale privilegiò più la mistica contemplativa che la mistica del servizio.
Quando si tenne un notevole convegno storico sulla spiritualità dei Santi bresciani dell’Ottocento, a presiederlo fu chiamato proprio lui per la sua indiscussa competenza di storia della spiritualità. Anche se, a giudizio di chi scrive, non sembrò entrare in piena sintonia con lo spirito dei nostri santi, così protesi all’azione, frutto di una contemplazione che cercava l’inveramento nei fatti. I Santi della nostra terra lombarda avevano tutti un forte radicamento in Dio, che li portava a produrre più opere che parole, santi della mistica dell’azione o del servizio più che delle introspezioni o dei diari. Si può comprendere un certo spaesamento di uno studioso di raffinate esperienze mistiche, qual era Barsotti, di fronte alla presunta sbrigatività di un’esperienza religiosa, tipica della nostra terra, che si preoccupava anche delle modalità di fare il bene e si interrogava con altrettanto rigore se l’azione traducesse efficacemente la devozione o se la devozione fosse sufficientemente viva da ispirare l’azione. Don Divo Barsotti, un navigatore solitario, un poco spaesato nei laghi bresciani, grande suggeritore di insolite rotte nel gran mare del Mistero!
Pier Giordano Cabra