Brena Enzo
Tonache ferite
2015/10, p. 36
La realtà ci dice che la maggioranza di noi risponde agli ideali della vocazione non con un distillato di motivazioni ideali, ma anche con tutto il portato della propria condizione umana, segnata da inconsistenze psicologiche e, in certi casi, anche da reali problemi patologici.

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TONACHE FERITE
La Chiesa e gli istituti religiosi devono fare i conti anche con diverse forme del disagio presenti nella vita sacerdotale e religiosa
La castità risana, titola l’articolo di p. Lamberto a p. 33. Niente di più vero, se la bellezza dei valori della vocazione sacerdotale e religiosa alimenta la risposta di una persona sufficientemente libera di accogliere tali valori, lasciarsene trasformare e donarsi disinteressatamente. La realtà ci dice che la maggioranza di noi risponde agli ideali della vocazione non con un distillato di motivazioni ideali, ma anche con tutto il portato della propria condizione umana, segnata da inconsistenze psicologiche e, in certi casi, anche da reali problemi patologici.
Da più di quarant’anni le Edizioni Dehoniane hanno dato voce a chi si fa espressione di questa attenzione alla persona concreta, esprimendo una sensibilità formativa che non si limita alla percezione del problema ma cerca di intuire i margini disponibili per un cammino di crescita integrale. La collana «Psicologia e formazione» ne è un esempio. E proprio in questi giorni i direttori di tale collana, Alessandro Manenti e Amedeo Cencini, escono nelle librerie con il loro ultimo volume: Psicologia e teologia.
Esempio di tale sensibilità vuole essere anche il recentissimo Tonache ferite, che Giuseppe Crea – missionario comboniano, già autore di vari libri per le EDB – ha voluto dedicare al tema del disagio nella vita consacrata.
Il volume si struttura per argomenti relativi alla dimensione psichica, centrale nella risposta alla vocazione. Una dimensione osservata in una prospettiva integrale della persona, attenta ai problemi concreti ma anche sempre aperta al futuro, nel doveroso rispetto di valori e ideali vocazionali e delle motivazioni consce ad essi riferite.
L’A. propone un’osservazione della vita consacrata che privilegi l’attenzione alla vita quotidiana, ai fatti e non solo alle proclamazioni d’intenti, in prospettiva educativa. L’osservazione e l’interpretazione della realtà, inoltre, deve utilizzare uno sguardo dove i criteri “diagnostici” sono integrati dal rilevamento di elementi liberi da condizionamento per orientarli all’ideale vocazionale. Troppo a lungo – afferma l’A. – si è indugiato in una visione della persona che la rinchiudeva in una categoria patologica, quasi “condannandola” a non essere altro che il suo “problema”. Se è vero che la persona va aiutata a cogliere la verità di sé, è altrettanto vero che tale verità comprende anche la riscoperta e la riappropriazione delle motivazioni vocazionali con cui ha iniziato il cammino vocazionale.
Diagnostica progettuale
Affrontare il tema del disagio nella vita consacrata e sacerdotale – che non si riduce solo al problema della pedofilia o degli abusi sessuali – significa anche osservare la natura umana non soltanto con criteri teologici o spirituali, ma aiutati dagli strumenti di lettura e interpretazione offerti dalle scienze umane. È il suggerimento che giunge a noi dai documenti della Chiesa sulla formazione di presbiteri e consacrati e dalla prassi di tanti seminari e istituti.
Ma, come fa notare l’A., il contributo delle scienze umane può andare oltre la semplice classificazione fatta in base a criteri clinico/patologici e pianificare un progetto formativo a lungo termine, che tenga conto della storia evolutiva della persona per favorirne la crescita. Il discernimento, infatti, è un processo sempre in atto, non limitato al momento iniziale della formazione. I valori della vocazione hanno un potere propulsivo e trasformante, soprattutto quando valorizzati nel concreto, a partire dalle indicazioni psicodiagnostiche e dal vissuto quotidiano. Dimensione storica e dimensione evolutiva, insomma, devono sempre stare insieme. Infatti, la dimensione motivazionale e spirituale è fondamentale poiché qualifica lo sviluppo orientandolo verso nuovi orizzonti di senso, schiudendo la persona a una dimensione trascendente.
Le tante forme del disagio
Giustificata l’utilità di una prospettiva progettuale nel discernimento operato con le persone, il volume si apre alla presentazione dei risultati di ricerche sulle più frequenti forme di disagio psicologico, dando risalto soprattutto al burnout e ad alcune forme di disagio nell’area affettiva.
L’elemento qualificante di ogni disagio è certamente riconducibile a tratti di fragilità psichica, ma l’A. pone l’accento sul progressivo venir meno delle motivazioni vocazionali, sullo smarrimento del senso che, pure, aveva condotto le persone a impegnarsi nella vocazione.
Come identificare, allora, possibili percorsi di ricupero per chi si trova in qualche forma di disagio? A questo interrogativo l’A. risponde dedicando i due capitoli finali del volume al tema della prevenzione, di cui la formazione permanente è criterio e strumento irrinunciabile, per imparare a vivere con saggezza e vigilare sulla propria capacità d’amare.
Enzo Brena