Chiaro Mario
I frati minori e l'uso dei beni
2015/1, p. 36
Curato dal Definitorio generale per la formazione sull’uso trasparente, solidale ed etico delle risorse economiche, il sussidio propone i criteri fondamentali per l’uso evangelico-francescano delle risorse che sono: trasparenza, solidarietà ed etica. Alla base di tutto il principio di gratuità e la logica del dono.

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L’amministrazione francescana dell’economia
I FRATI MINORI
E L’USO DEI BENI
Curato dal Definitorio generale per la formazione sull’uso trasparente, solidale ed etico delle risorse economiche, il sussidio propone i criteri fondamentali per l’uso evangelico-francescano delle risorse che sono: trasparenza, solidarietà ed etica. Alla base di tutto il principio di gratuità e la logica del dono.
«Nel Documento finale del Capitolo generale 2009, Portatori del dono del Vangelo, i capitolari dichiarano che ogni documento emanato dal Capitolo dovrebbe essere un messaggio “che ispiri e animi la vita quotidiana dei frati più che un documento dottrinale”. Inoltre affermano di voler situare se stessi e tutti i frati “nel contesto della vita, delle necessità, delle domande e delle sfide dei nostri popoli”... Una delle più serie preoccupazioni dei membri del Capitolo riguarda “l’uso etico e solidale delle risorse finanziarie”, un tema che è balzato al centro dell’attenzione in seguito al collasso iniziato nel 2008 della struttura economica globale e alle sue persistenti conseguenze negative in ogni parte del mondo...
Queste stesse problematiche erano già state esaminate dall’Unione dei superiori generali nel 2002, nel Documento intitolato Economia e missione nella Vita Consacrata oggi. Nel 2011 il pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, nella sua riflessione sull’economia mondiale Per una riforma del sistema finanziario e monetario internazionale nella prospettiva di un’autorità pubblica a competenza universale, afferma che... “la crisi impegna gli operatori privati e le autorità pubbliche competenti a livello nazionale, regionale e internazionale a una seria riflessione sulle cause e sulle soluzioni di natura politica, economica e tecnica”. E più recentemente papa Francesco, nella sua Esortazione apostolica Evangelii gaudium del 2013 afferma chiaramente che l’etica e l’economia non possono restare separate ma devono essere e agire unite per la promozione del bene comune (cf. nn. 52-60, 203-207)».
In queste sintetiche affermazioni di fr. Michael Anthony Perry, ministro generale dell’Ordine dei Frati Minori, si possono cogliere le essenziali coordinate del sussidio intitolato L’amministrazione francescana dell’economia. Curato dal Definitorio generale per la formazione sull’uso trasparente, solidale ed etico delle risorse economiche da parte dei discepoli di san Francesco, è fonte di riflessione e sfida per tutti i religiose/i nei vari livelli della formazione.
Religiosi con visione
critica della pecunia
«Il tema economico è molto importante per la sequela di Gesù e di Francesco. Attraverso l’economia passano scelte fondamentali della nostra vita che dovrebbero essere segnate dal voto di povertà che abbiamo professato e da uno stile di vita sobrio, fraterno e solidale. Condividiamo quanto i Superiori generali hanno affermato: “... Senza dubbio i nostri progetti di rifondazione rimarranno mere chimere se non si rifletteranno sul nostro modo di acquistare i beni, sull’aspetto della gestione finanziaria, sulla quantità di beni che accumuliamo, sull’uso che facciamo del nostro patrimonio e del nostro denaro e sul modo in cui condividiamo ciò che possediamo. Riuscire ad utilizzare le nostre risorse economiche a vantaggio della missione e nel rispetto dei valori evangelici è una preoccupazione importante che riguarda la nostra identità religiosa oggi e la credibilità della testimonianza che diamo” (60ª Ass. USG 2002)» (p. 5).
L’introduzione del sussidio mostra il radicamento della scelta della sequela di Cristo povero, secondo l’input di papa Francesco offerto agli economi generali partecipanti al Simposio internazionale del marzo 2014 (cf. Testimoni 4/2014, pp.15-17): «Gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica possono e devono essere soggetti protagonisti e attivi nel vivere e testimoniare che il principio di gratuità e la logica del dono trovano il loro posto nell’attività economica. Il carisma fondazionale di ciascun Istituto è inscritto a pieno titolo in questa “logica”: nell’essere-dono, come consacrati, date il vostro vero contributo allo sviluppo economico, sociale e politico… Gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica sono stati sempre voce profetica e testimonianza vivace della novità che è Cristo, della conformazione a Colui che si è fatto povero arricchendoci con la sua povertà. Questa povertà amorosa è solidarietà, condivisione e carità e si esprime nella sobrietà, nella ricerca della giustizia e nella gioia dell’essenziale, per mettere in guardia dagli idoli materiali che offuscano il senso autentico della vita».
Fondamento evangelico
e francescano
La prima parte del sussidio sintetizza dunque il fondamento evangelico-francescano dell’uso dei beni. Il santo di Assisi colloca il tema delle risorse economiche e del denaro nel grande tema della non appropriazione: la sua proposta di vita consiste nel vivere “senza nulla di proprio”. Per il Poverello, la non appropriazione va al di là della povertà materiale ed è modellata sull’annientamento di Cristo e sul fatto che soltanto Dio è il padrone di tutto e noi non possiamo riservare per noi stessi i beni, materiali e spirituali; al contrario, dobbiamo restituirglieli. La non appropriazione abbraccia ogni genere di beni temporali, immobili e mobili, ma, soprattutto, esprime il totale sradicamento del cuore in rapporto a tali beni: comprendendo il non possesso dei talenti personali o doti morali e la restituzione di essi al Signore datore d’ogni bene. Questa visione “rigorista” è diretta a facilitare l’instaurazione del regno di Dio tra gli uomini, testimoniando la fiducia nel Padre provvidente in un contesto, come quello vissuto da san Francesco, caratterizzato da violente divisioni prodotte dalla sete borghese di pecunia e da un sistema economico produttore di nuovi poveri (il denaro, da strumento di scambio, diventa mezzo di capitalizzazione classista). Oggi interessano proprio le motivazioni iniziali tese a salvaguardare la minorità. In altri termini, per consacrate/i il vivere senza nulla di proprio non è fine a se stesso, ma porta alla restituzione dei beni ai poveri, che sono i rappresentanti del padrone che è Dio. La novità si lega al fatto che condivisione e solidarietà sono considerate opera di restituzione: le cose sono di chi ne ha bisogno e condividerle è atto di giustizia, prima che di carità!
Testimoni
di una direzione alternativa
Il breve sussidio, nella sua seconda parte, riflette su tre criteri fondamentali per l’uso evangelico-francescano delle risorse: trasparenza, solidarietà ed etica. Si evidenzia così l’urgenza di una testimonianza di VR che mostri alla società una direzione alternativa, libera da cieco individualismo e da tornaconto personale egoistico, aperta alla solidarietà concreta e alla giustizia.
Innanzitutto occorre chiedersi quale sia la fonte dei nostri soldi. Se la fonte è il lavoro o la pensione o una assicurazione, occorre ribadirne l’appartenenza alla fraternità: si escludono quindi conti correnti, carte di credito, fondi monetari o proprietà intestati senza il permesso dei superiori, trattenimenti di offerte. L’impegno è comunque quello di suscitare un «onesto auto-sostentamento, in modo da superare un senso di inferiorità e atteggiamenti di pigrizia» (p. 18). Se la fonte del denaro è una sovvenzione (a seguito di progetto), basta amministrare i fondi in modo trasparente, curandosi di utilizzarli per gli scopi per cui sono stati chiesti. Se si tratta di donazioni, bisogna fare un discernimento attento: inaccettabili sono donazioni provenienti dall’ingiustizia o da “denaro sporco”. Se si tratta di rendimenti del patrimonio (per investimenti, contributi turistici, canoni di affitto, redditi da alberghi), il discernimento raddoppia l’impegno nella solidarietà. Così, «non dovremmo prospettare, quando lasciamo un convento, la possibilità di riservarlo a una funzione sociale e non solo pensare alla scelta della redditività?» (p. 20).
Un secondo aspetto riguarda l’uso del denaro. Se si spende per il mantenimento dei consacrati, è necessario rivedere lo stile di vita: il denaro va speso per i beni essenziali e, con grande accortezza, per i beni necessari ma non essenziali (cultura, tempo libero ecc.). Si ricordi poi che «secondo la tradizione della Chiesa, qualsiasi bene superfluo appartiene ai bisognosi». La vocazione religiosa e la situazione di impoverimento deve provocare «un severo esame di coscienza su uno stile di vita troppo comodo, su un uso troppo liberale dei mezzi più sofisticati, su abitudini chiaramente “borghesi” e di consumo» (p. 21). Per poter condividere di più con i poveri bisogna diminuire le spese e quindi organizzare la vita in modo più semplice (per esempio, al posto di avere tanti dipendenti, i lavori domestici siano fatti da tutti i religiosi, per quanto possibile). Se si spende per religiose/i impegnati in servizi non autosufficienti (strutture di governo e animazione) vale il principio di solidarietà, mentre per il mantenimento le opere si ricordi che esse sono legate a luoghi o situazioni di deserto, frontiera o periferia: l’a-normalità dei voti personali dentro la normalità è avvertita ancora come sovversiva? «Nei casi in cui l’Ordine è il proprietario di un’opera conviene che vi sia una separazione reale e contabile tra l’economia della fraternità e quella del lavoro apostolico»: un’opera dovrebbe comunque aprire le porte al quartiere o al popolo e non dovrebbero essere sottoutilizzati locali o strumenti.
Per quanto riguarda i lavoratori laici, si devono osservare le norme delle leggi civili in termini di retribuzioni, condizioni di lavoro e previdenza sociale. Se si attiva il risparmio del denaro si auspica la creazione di un fondo comune, per l’aiuto reciproco tra le fraternità e per la condivisione con i poveri. Si lotti, però, contro ogni tendenza all’accumulo di capitale e al suo investimento secondo criteri neoliberali (redditività, liquidità e sicurezza) preferendo il criterio etico e di utilità sociale (a contrastare movimenti perversi delle finanza speculativa!), quello che ha fatto nascere – proprio a cura dei francescani – i Monti di Pietà, forme di microcredito del XV secolo promotrici di produttività dei poveri facendoli uscire dall’assistenzialismo.
Il sussidio economico, grazie anche alla terza parte in cui si propongono 6 schede per l’animazione (pp. 31-53), lucidamente presenta il denaro come «fonte di tentazioni, d’appropriazione, di prendere decisioni in base ai propri interessi o agli interessi di un gruppo, interno o esterno alla fraternità» e perciò chiede che almeno una volta nel sessennio si realizzi un controllo esterno di una compagnia competente. Nel complesso è strumento utile di formazione dei novizi a una sana ecologia economica, con principi d’azione da inserire nel progetto di vita e di missione acquisendo così un “abito permanente” di uso e consumo responsabile dei beni (cf. altri due sussidi francescani: Cura del creato nella vita quotidiana e Giustizia ambientale). Così anche l’economia contribuisce a diventare “voce profetica e testimonianza vivace della novità che è Cristo”.
Mario Chiaro