Luciano Luppi
La santità della gente comune
2014/12, p. 29
Atea fino a vent’anni anni, una volta convertita aspira solo a “diventare una cosa sola con Dio, vivere l'amore di Gesù interamente e alla lettera, e donarsi in Lui a tutti”, vivendo in pieno mondo una vita tutta di carità. Una straordinaria figura per l’ “Anno della vita consacrata”.

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Madeleine Delbrêl (1904-1964) presto beata?
LA SANTITÀ
DELLA GENTE COMUNE
Atea fino a vent’anni anni, una volta convertita aspira solo a “diventare una cosa sola con Dio, vivere l'amore di Gesù interamente e alla lettera, e donarsi in Lui a tutti”, vivendo in pieno mondo una vita tutta di carità. Una straordinaria figura per l’ “Anno della vita consacrata”.
Madeleine Delbrêl (Mussidan, 24 ottobre 1904-Parigi, 13 ottobre 1964) fa parte dei protagonisti della ricca stagione ecclesiale che ha preceduto il Concilio Vaticano II. Per conoscere la straordinaria figura di Madeleine, di cui è in corso il processo di beatificazione, oggi possiamo disporre di una importante ricostruzione del suo itinerario biografico e spirituale, rigorosa e coinvolgente insieme: Madeleine Delbrêl. Biografia di una mistica fra poesia e impegno sociale (EDB 2014), uscita proprio in questo anno cinquantesimo della morte.
A vent’annila conversione
A vent’anni, dopo un’adolescenza e prima giovinezza in cui si professava strettamente atea, Madeleine ha vissuto una conversione così profonda, che da quel momento Dio ha preso tutto l’orizzonte della sua vita, in una prospettiva radicalmente missionaria. «Una volta conosciuta la parola di Dio – scrive Madeleine – non abbiamo il diritto di non accoglierla; una volta che l’abbiamo accolta, non abbiamo il diritto di impedirle di incarnarsi in noi; una volta che si è incarnata in noi, non abbiamo il diritto di conservarla per noi: da quel momento apparteniamo a coloro che la aspettano».
Poco più di due anni dopo la sua conversione, o meglio il suo incontro abbagliante con Dio, vede chiarirsi in lei una precisa intuizione vocazionale: «divenire una cosa sola con Dio, che eternamente si dona, e donarsi in Lui a tutti», vivendo «nel più intimo della Chiesa e in pieno mondo, una vita tutta di carità secondo il vangelo, in modo da essere disponibile alla volontà di Dio senza restrizioni».
È la santità della gente comune, la “gente delle strade”, come lei stessa precisa in un famoso testo pubblicato nel 1938: «Ci sono delle persone che Dio prende e mette da parte. Ce ne sono altre che Egli lascia nella massa, che non “ritira dal mondo”. (…) Noialtri, gente delle strade, crediamo con tutte le nostre forze che questa strada, che questo mondo in cui Dio ci ha messi, sia per noi il luogo della nostra santità. Noi crediamo che non ci manchi niente di necessario, perché se questo necessario mancasse, Dio ce lo avrebbe già dato».
Con due compagnein mezzo ai poveri
In queste poche righe Madeleine delinea la vita che ha iniziato con due compagne, il 15 ottobre 1933, andando a vivere a Ivry-sur-Seine in mezzo ai poveri e non credenti della periferia industriale e operaia parigina. Una vita tutta donata a Dio nella verginità per il Regno, ma mescolata alla vita di tutti, una vita fraterna, perché – scrive Madeleine – «vivere in comunità è esprimere per il mondo una sorta di sacramento. È garantire la presenza di Gesù. (…) la testimonianza di uno solo, che lo voglia o no, porta soltanto la sua firma. La testimonianza di una comunità fedele, quando è tale, porta la firma di Cristo».
Fin dall’inizio l’obiettivo del suo gruppo – che prende il nome di “La Carità” - è quello di radicarsi sull’essenziale, senza specializzazioni spirituali o apostoliche sia a livello di attività che di metodologie: «Non miriamo a “fare qualcosa” ma a rivivere Gesù. È tutto. Vorremo ricominciare le prime fraternità cristiane, senza ulteriori specializzazioni».
Dopo aver animato per qualche anno un centro sociale parrocchiale, Madeleine insieme alle sue compagne sceglie di lasciarlo per andare a vivere in pieno quartiere ed essere inserite nella vita parrocchiale come tutti i parrocchiani. «Guardando il mondo in cui siamo – scrive Madeleine – è impossibile non sentire con tutta la propria fede il bisogno che ha questo mondo di portare dentro di sé dei cristiani. Le parrocchie nel nostro mondo attuale hanno le braccia mutilate all’altezza dei gomiti: le non-parrocchiali sono, dal mio punto di vista, gli “avambracci” di queste membra amputate».
Ugualmente, quando nel 1942 viene costituita dai vescovi francesi la Mission de France per preparare preti da destinare alle zone più scristianizzate del paese, la fisionomia della carità sembra ai primi responsabili la più idonea per il laicato femminile missionario, ma Madeleine declinerà l’invito a diventarne il punto di riferimento e il modello di inquadramento, pur rimanendo disponibile a future collaborazioni sul terreno apostolico.
Nello stesso spirito rinuncerà a una carriera professionale e a un ruolo di responsabilità pubblica nel campo dei servizi sociali, dopo avervi svolto negli anni drammatici della seconda guerra mondiale compiti di primo piano a livello municipale e dipartimentale, sia a livello direttivo che nella formazione delle future operatrici sociali. Madeleine era ben consapevole che «per gridare la fede in un ambiente marxista (...) occorre che la nostra vita (...) ci abbia fatto conoscere come una persona “vera” (…) che lavora e soffre», ma anche «libera da impegni politici», in modo da «distinguere d’un sol colpo la nostra vocazione religiosa da una vocazione politica, da un sistema di pensiero», e rendere chiaro a tutti che «la conquista del mondo non ci interessa».
Scrivendo a un’amica da un convento domenicano in cui stava facendo alcune giornate di ritiro spirituale, confida: «Questa vita regolare e di preghiera [in un ambiente religioso molto simpatico] mi fa penetrare più a fondo nello scopo della nostra vita e mi aiuta a scoprire sempre di più le sue esigenze, le sue difficoltà, ma anche, non si può nasconderlo, la sua originalità dovuta alla sua fondamentale semplicità. Alla base, totale, costante, rinnovato a ogni battito del nostro cuore, il dono di noi stessi a Cristo, affinché continui in noi la sua incarnazione e la manifestazione di questo dono attraverso una carità fraterna, anch’essa in ogni istante, delicata, instancabile, universale: è la nostra vita. A questo scopo usare i mezzi come mezzi, senza soffermarci su alcuno di essi, nemmeno sui migliori, come a un fine. Essere coscienti che la grazia non risiede né in una ricetta di vita spirituale, né in un progetto di santità che possiamo avere composto per noi, ma nella volontà di Dio scandita con amore, sillaba per sillaba, cioè minuto per minuto, senza che noi nemmeno ci domandiamo che cosa ci riserverà l’istante successivo».
Il duplicecomandamento
In questa nota di fondamentale semplicità evangelica riconosciamo la volontà di Madeleine di vivere con la sua piccola comunità nient’altro che il duplice comandamento dell’amore, ma di viverlo con la massima concretezza e radicalità: «Ci sembra che la vocazione della “carità” sia vivere l’amore di Gesù interamente e alla lettera, dall’olio del buon samaritano fino all’aceto del calvario, donandogli così amore per amore, pagando il suo amore con dell’amore, consegnandosi interamente mani e piedi al suo amore, perché amandolo a cuore perduto e lasciandosi amare fino in fondo, i due grandi comandamenti della carità si incarnino in noi e non facciano che uno».
Per Madeleine una vita così innestata sul nodo centrale della vita cristiana – il duplice comandamento dell’amore – non sopporta unilateralità di sorta, caratterizzandosi piuttosto per quelle dialettiche o “antinomie spirituali” – così le chiama la teologia – che Madeleine vede incarnate in maniera esemplare e ispirativa nella vita di p. Charles de Foucauld: «L’influenza grandissima che “l’uomo del deserto” ha esercitato sul nostro tempo ha suscitato numerose vocazioni contemporanee. La vasta sintesi che la sua vita rappresenta spiega perché vie tanto dissimili possano richiamarsi a lui. Egli è, da solo, la coincidenza di molti opposti. Bisogno incoercibile di preghiera davanti a Dio; dono senza riserve a chiunque lo solleciti. Pura imitazione della vita di Cristo in Palestina, dei suoi gesti, delle sue azioni; conoscenza del proprio ambiente e capacità di adattamento. Amore appassionato per il prossimo più vicino; amore fedele ad ogni istante per l’umanità intera. Tenera ricostruzione della casa di Nazareth intorno a un’ostia esposta; “crociera di familiarizzazione” attraverso le piste sahariane. Tenacia eroica in una vocazione rigorosamente tracciata; comprensione e preparazione della vocazione altrui. Dedizione al lavoro manuale; perseveranza instancabile in un lavoro erudito. Desiderio incessante d’una famiglia spirituale; chiamata divina a una solitudine di cui la sua morte sarà il coronamento. Non fa meraviglia che molti di quanti si donano oggi a Dio – qualunque sia la forma del loro dono – riconoscano, in quel crocevia di grazie che fu la sua vita, la propria chiamata e trovino un modello».
Per Madeleine in p. De Foucauld emerge con chiarezza che la vita cristiana è chiamata a realizzare una sorta di paradossale “coincidentia oppositorum”, paradossale in senso etimologico, cioè rivelativa della gloria di Dio che si è manifestata in Gesù Cristo, Figlio di Dio e figlio dell’uomo e di cui il Vangelo ci rende partecipi. Non si tratta per Madeleine di cercare di installarsi in una sorta di “giusto mezzo” tra spinte contrapposte, ma di lasciare che la Parola di Dio imprima in noi la forma di Cristo, che le esigenze evangeliche si dispieghino in tutta la loro radicalità in risposta agli incessanti appelli e provocazioni che sorgono nelle mutevoli circostanze della vita. È l’avventura della grazia, è incarnare uno stile di vita evangelica libero dalle ricette, dal “regime delle assicurazioni spirituali” come dalla preoccupazione dei risultati, per abbandonarsi alla giovinezza e all’inventiva dello Spirito.
La spiritualitàdella bicicletta
Così si esprime poeticamente Madeleine nel suo famoso componimento “La spiritualità della bicicletta”: «“Andate...” dice a ogni svolta del Vangelo. […] La condizione che ci è data è un’insicurezza universale, vertiginosa. Noi possiamo stare in equilibrio solo avanzando, solo tuffandoci, in uno slancio di carità. Tutti i santi che ci sono dati per modello, o almeno molti, erano sotto il regime delle assicurazioni, una specie di società assicurativa spirituale che li garantiva contro rischi e malattie, che prendeva a suo carico anche i loro parti spirituali. Avevano tempi ufficiali per pregare e metodi per fare penitenza, tutto un codice di consigli e di divieti. Per noi, invece, è in un liberalismo un po’ pazzo che gioca l’avventura della tua grazia. Tu ti rifiuti di fornirci una carta stradale. Il nostro cammino si fa di notte. Ogni azione da compiere s’illumina a sua volta come uno scatto di segnali. Spesso la sola cosa garantita è questa fatica regolare dello stesso lavoro da fare ogni giorno, della stessa vita da ricominciare, degli stessi difetti da correggere, delle stesse sciocchezze da non fare. Ma al di là di questa garanzia tutto il resto è lasciato alla tua fantasia, che vi si mette a suo agio con noi».
Una tale visione evangelica porta a superare di colpo tante distinzioni tradizionali: «È il Vangelo che ci fa superare le parole attivi, contemplativi, apostolici, per raggiungere colui di cui sono il riflesso: Gesù Cristo».
Di qui una significativa rivisitazione dei grandi temi dell’esperienza spirituale, dalla ricerca incessante della volontà di Dio – i nostri microscopici doveri come altrettanti trampolini per l’estasi – alla fedeltà, che deve essere creativa nel discernimento, perché non esistono ricette e risposte prefabbricate; dal silenzio – che se qualche volta è tacere, di fatto è non togliere mai la parola a Cristo – alla solitudine, che non è l’assenza del mondo, ma la presenza di Dio. È l’incontrarlo dovunque che fa la nostra solitudine; dall’obbedienza, che unisce al “rischio della sottomissione” la reciprocità più intraprendente e coraggiosa, alla bontà, l’abc della carità, che produce in chi la sperimenta un autentico fenomeno di ossigenazione del cuore.
M. Delbrêl e l’Annodella vita consacrata
Tutto ciò meriterebbe di essere ulteriormente approfondito, insieme ai temi della fraternità, della preghiera e della sequela di Gesù umile, povero, casto, obbediente, soprattutto in questo Anno della vita consacrata. L’edizione dell’Opera omnia, giunta in Francia già a dodici volumi, prevede nei prossimi anni proprio la pubblicazione degli scritti redatti da Madeleine per la vita di comunità, testi solo in minima parte pubblicati negli anni sessanta e settanta del secolo scorso nelle antologie “Gioia di credere” e “Comunità secondo il Vangelo”.
Possiamo intravedere la profondità del suo pensiero su questi temi riprendendo quanto afferma parlando del carisma della verginità per il Regno dei cieli: «Penso al modo in cui il Signore considera la sua Chiesa “come sua sposa”, e penso che, affinché lui possa considerarla tale, bisogna che nell’unità della Chiesa alcuni abbiano questa funzione di sposa. Tutta la Chiesa sarà considerata come una sola sposa, ma essi debbono trattare il Cristo come “loro unico sposo”. Penso che sia questo il fondamento della verginità cristiana. Come tutti i fedeli partecipano al sacerdozio di Cristo, ma solo i sacerdoti sono i sacerdoti, ugualmente tutti i fedeli sono sposati nella Chiesa-sposa, ma degli esseri che egli ha scelto sono donati a lui a questo scopo. Mi sembra che ci sia molto da scoprire in questo senso».
La grande sfida, per Madeleine, è quella di liberare nel mondo lo spirito delle beatitudini, facendo uscire dalle forme “convenzionali”, dai “sistemi” di “scuola” e dal chiuso dei conventi i grandi “cammini evangelici” della povertà, della carità fraterna, dell’umiltà, dell’obbedienza, della castità. Così scrive Madeleine all’inizio del suo commento poetico al testo delle beatitudini: «Poiché le parole, o mio Dio, non sono fatte per restare inerti nei nostri libri, ma per possederci e per correre il mondo in noi, lascia che di questo fuoco di gioia, acceso da te, un giorno, sopra un monte, che di questa lezione di felicità, le faville ci raggiungano e ci mordano, ci investano, ci invadano; fa’ che, da esse abitati, come “scintille nella stoppia” corriamo per le vie della città, accostiamo le onde delle folle, contagiosi di beatitudine, contagiosi di gioia».
Luciano Luppi
Luciano Luppi