Worl Mission
Un pastore nei paesi dell'Islam
2014/12, p. 18
L’esperienza che mons. Ballin racconta ha dei caratteri del tutto originali rispetto ad altri paesi musulmani. L’islam anche qui fa sentire la sua presenza, ma ai cristiani (2 milioni e mezzo di cattolici) e agli aderenti delle altre religioni è consentita una libertà inimmaginabile altrove, pur con precise restrizioni.

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Intervista a mons. Camillo Ballin
UN PASTORENEi paesi dell’Islam
Mons. Ballin è vicario apostolico per il Bahrain, Kuwait, Qatar e Arabia Saudita. L’esperienza che racconta ha dei caratteri del tutto originali rispetto ad altri paesi musulmani.
Mons. Camillo Ballin è un missionario comboniano, originario di Fontaniva in provincia di Padova, che ha scelto fin da giovane di vivere nei paesi arabi. Dopo una ricca esperienza in Egitto e in Sudan, è stato ordinato vescovo il 2 settembre 2005 nella cattedrale della Sacra Famiglia a Kuwait City. Attualmente è vicario apostolico del Nord che comprende il Bahrain, il Kuwait e il Qatar e l’Arabia Saudita. In questa intervista descrive la sua interessante esperienza in questi piccoli paesi musulmani e le modalità con cui svolge la sua missione.1
– Lei è stato designato vicario apostolico dell’Arabia settentrionale. Qual è stata la sua reazione a questa nomina?
Sono rimasto stupito perché il Golfo (Persico) non è mai stata considerata un’area delle nostre missioni. Ricordo di aver chiesto all’allora superiore generale che cosa dovevo fare, se accettare oppure no. Egli mi rispose: «Accetta, ma non chiedermi del personale». Nello stesso tempo ero contento perché alcuni anni prima avevo visto la realtà del Golfo e ne ero entusiasta. Avere più di 1.000 persone alla messa quotidiana, in paragone a quand’ero al Cairo dove ne avevo soltanto quattro o cinque, molti possono comprendere il mio entusiasmo per il Golfo. Tuttavia, non mi rendevo conto delle grandi sfide che avrei incontrato.
– Quando pensiamo al territorio che lei serve come vescovo (Bahrain, Kuwait, Qatar e Arabia Saudita) pensiamo a un vasto mondo musulmano. Quanti cattolici ci sono lì? Tra le varie denominazioni cristiane sono il gruppo più numeroso?
Sorprendentemente, ci sono circa 2 milioni e mezzo di cattolici tra di loro; 1 milione e mezzo nella sola Arabia Saudita. La Chiesa cattolica è di gran lunga la più numerosa. Ci sono anche molte altre comunità, ma non c’è paragone con la Chiesa cattolica per quanto riguarda i numeri.
– Il numero dei cattolici è rimasto stabile o è cresciuto?
Sta sempre crescendo perché solo i migranti possono di fatto compiere il lavoro manuale di cui i nostri paesi hanno bisogno. In particolare, benché molti lavoratori siano occupati nei campi di petrolio, ci sono anche altri campi di lavoro: costruzione di strade, edifici, ponti ecc. Ci sono delle chiare indicazioni da parte dei vari governi di assumere gente del luogo e di diminuire il numero degli stranieri. Ma molti tipi di lavoro possono essere fatti solo dai nostri poveri migranti.
– Alle autorità della Chiesa è consentito di evangelizzare, fare dei proseliti tra i cittadini del luogo? Ci sono dei cattolici tra i locali?
In tutti i paesi arabi la religione ufficiale è l’islam e le conversioni dall’islam ad un’altra religione sono rigorosamente proibite. Mentre è molto facile convertirsi da qualsiasi altra religione all’islam. La nostra missione non consiste nel fare proselitismo. Io mi trovo nei paesi arabi da 45 anni ma non ho mai visto una conversione, e mai ho provocato una conversione; e mai mi sono aspettato una conversione. La vita di Gesù ha molti aspetti: Gesù che predica, insegna, guarisce i malati, prega, ecc., e nel corso dei secoli diverse congregazioni e ordini religiosi hanno assunto uno di questi aspetti. Qual è l’immagine di Gesù che noi vogliamo annunciare? È Gesù che andava in tutte le città, ebraiche e pagane, facendo a tutti del bene. Il nostro scopo è fare del bene a tutti, siano questi cattolici, protestanti, musulmani, indù, buddisti, ecc. Quando diciamo che vogliamo fare del bene a tutti, non si tratta di un modo indiretto per espandere la fede cattolica. Vogliamo solo fare del bene. Questo è tutto. Questa è l’immagine di Gesù che vogliamo testimoniare nelle nostre relazioni con i non cristiani.
Tra la gente del luogo ci sono pochi cattolici – 3.4 famiglie in Kuwait. In Bahrain alcune persone (che sono già cattoliche) hanno ottenuto la nazionalità bahreina; tra queste persone fortunate ci sono anch’io.
– Può descriverci cosa vuol dire essere cattolico nel mondo musulmano? Ci sono delle restrizioni? Oppure i cattolici possono praticare liberamente la loro fede? E per quanto riguarda le altre denominazioni cristiane?
In Bahrain, Kuwait e Qatar, tutti i cristiani possono praticare la loro fede entro gli spazi delle loro chiese. Noi abbiamo totale libertà di culto all’interno delle chiese in questi tre paesi. Tuttavia non possiamo fare delle processioni o altre manifestazioni religiose per le strade.
– Se esistono delle restrizioni, ciò può rendere difficile l’istruzione catechetica? L’importazione di libri religiosi e i sacramenti sono consentiti?
Le nostre restrizioni, nei tre paesi menzionati, riguardano lo spazio. Nelle nostre chiese abbiamo migliaia e migliaia di persone e, specialmente il venerdì, il nostro giorno settimanale libero, non c’è un minuto né un metro di spazio liberi. In Bahrain io ho ricevuto molti libri religiosi inviati direttamente alla mia residenza senza alcun problema. In Kuwait e Qatar dobbiamo seguire le norme di questi due paesi.
– È permesso ai cattolici portare in pubblico i sacramenti, sfoggiare immagini, esporre quadri cattolici?
Sì, dentro gli spazi delle chiese: Fuori, può essere una provocazione ai radicali. Tuttavia, in Bahrain, Kuwait e Qatar, io indosso sempre, specialmente fuori, la mia talare e porto la croce pettorale e sono sempre stato rispettato da tutti. Io sono il primo vescovo che veste in pubblico in questo modo. È ovvio che la gente mi guardi con curiosità. Voglio pensare che, malgrado la mia età (69 anni) essi mi trovino ancora bello!
– Il governo permette la costruzione di chiese/santuari? Da quanto tempo? Ci sono delle limitazioni?
Il Bahrain ha permesso la costruzione di chiese fin dal 1939. La prima chiesa cattolica fu edificata nell’Arabia del nord 75 anni fa. Il Kuwait ha concesso la costruzione di una chiesa negli anni ’50. Il Qatar circa 8 anni fa. Il Bahrain ha ora permesso la costruzione di una seconda chiesa che sarà la cattedrale del Vicariato apostolico dell’Arabia del nord e sarà dedicata a Nostra Signora dell’Arabia. Il re era così orgoglioso di avere una cattedrale nel suo paese da farmi cittadino del Bahrain. Il terreno per la cattedrale è il suo più grande dono alla Chiesa cattolica.
– Quante chiese o cappelle cattoliche ci sono nel paese? Pensa che in futuro ne saranno costruite altre?
Abbiamo due chiese in Kuwait, una in Qatar, una in Bahrain e un’altra sorgerà presto, la cattedrale. Abbiamo bisogno di due altre chiese in Qatar e di altre in Kuwait.
– Può dire che la pratica religiosa nelle zone che lei serve è libera?
Come ho detto, abbiamo la libertà di culto. Ciascuno può praticare la propria fede all’interno degli spazi della chiesa. Questo vale per i tre paesi: Bahrain, Kuwait e Qatar.
– I cattolici/cristiani hanno voce nella società?
I nostri fedeli sono tutti dei migranti, perciò non hanno il passaporto del paese dove lavorano. Non possono interagire con il governo né avere una voce ufficiale nella società. Tuttavia in pratica essi hanno un ruolo molto importante nella società con la loro testimonianza in quanto cristiani: diffondere l’amore di Dio ovunque. La loro buona condotta cristiana costituisce un grande contributo ad una migliore società nel paese. Possiamo dire perciò che, indirettamente, essi hanno una forte voce nella società.
– E per quanto riguarda le vocazioni? Ci sono uomini e donne interessati a diventare sacerdoti, suore o religiosi?
Estremamente pochi perché, qui, il college (la scuola superiore) è solo per i locali, non per gli stranieri. Così, dopo, la scuola secondaria, lo studente deve lasciare questi paesi e recarsi altrove per proseguire gli studi.
– Pensa che la libertà con cui il governo del Bahrain permette al cattolicesimo di essere praticato nel suo territorio possa presto essere esperimentata in altri paesi del Medio Oriente?
No penso, almeno per un lungo tempo.
– Pensa che i missionari dovrebbero aumentare i loro sforzi per evangelizzare queste aree, oppure che l’attuale livello sia accettabile per non inimicarsi o abusare della buona volontà del governo?
Certamente abbiamo bisogno di più sacerdoti. Ma non li possiamo avere perché manca lo spazio. L’unica parrocchia in Qatar serve circa 350 mila fedeli! Io stesso ho bisogno di più sacerdoti ma il nostro spazio basta solo per 7-8.
– Se ci sono delle limitazioni all’evangelizzazione, come possono i missionari promuovere il Vangelo e i laici diffondere la loro fede?
L’evangelizzazione mediante la nostra vita quotidiana non ha limitazioni. D’altra parte, un buon cristiano sarà sempre stimato da tutti. Se ciò che lei intende con “evangelizzazione” vuol dire conversione al cristianesimo, questo non è il nostro scopo, come ho già detto.
– C’è spazio e disponibilità per il dialogo interreligioso?
Sì, in Qatar, si è partiti undici anni fa con la Conferenza annuale per il dialogo interreligioso. Il Bahrain ha tenuto la sua prima Conferenza il 5-7 maggio 2014.
– Come vescovo, qual è il suo sogno per la gente che serve?
Noi abbiamo molte nazionalità e molti riti. Il mio sogno è di riunire tutte queste comunità in una sola Chiesa cattolica, anziché avere molte Chiese cattoliche una accanto all’altra.
– Lei è un missionario comboniano. Questa identità fa una differenza nel suo essere vescovo in queste zone?
Per il mondo musulmano, questa area è del tutto simile a quella di altri paesi arabi. Io avevo chiesto, fin dall’inizio della mia vita sacerdotale, di essere inviato nei paesi arabi e ciò è avvenuto nel 1965. Dopo 45 anni, sono ancora qui e sono felice di esserlo, come ero felice in Egitto e nel Sudan, mie precedenti destinazioni missionarie.
– Può condividere con noi una memoria che le è rimasta impressa fra le tante esperienze degli anni passati?
Posso scegliere una quantità di buone memorie. Questa gente rafforza la mia fede: la loro dura vita e l’ indole gioviale mi ispirano. Nonostante il poco che hanno per vivere, mi donano un generoso contributo per una causa spirituale, qual è la costruzione della cattedrale. Per loro, nutrire soltanto il corpo viene dopo il nutrimento dell’anima!
1.L’intervista è stata pubblicata dalla rivista dei Comboniani delle Filippine, World Mission (ottobre 2014, n. 282) con il titolo A shepherd in a Muslim world ed è qui ripresa con il permesso della direzione.