Una storia ancora da scrivere
2014/12, p. 9
Per la pima volta un convegno sull'apporto dei religiosi al concilio Vaticano II
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Convegno storico sui religiosi e il concilio
UNA STORIA
ANCORA DA SCRIVERE
Per la prima volta un convegno sull’apporto dei religiosi al concilio Vaticano II. Come prepararono, vissero e recepirono il Concilio i religiosi e le religiose?
La memoria dei 50 anni del concilio ecumenico Vaticano II ha stimolato la compagine ecclesiale a un rinnovato impegno di approfondimento circa la sua ricezione ed eredità. E ciò sta avvenendo su più fronti. Tuttavia, ancora oggi, fra le questioni non ancora adeguatamente approfondite vi è lo studio dell’apporto della vita consacrata nella preparazione, celebrazione e ricezione del Vaticano II.
Nell’intento di colmare questa lacuna, per la prima volta si sono riuniti a Roma dal 12 al 14 novembre scorso numerosi storici per un Colloquium organizzato da varie università europee (per lo più di area francofona). Si è trattato del primo convegno internazionale rivolto non solo agli “addetti ai lavori”, con lo scopo di approfondire la preparazione remota e il contributo specifico dei religiosi e delle religiose al Vaticano II.
Pur avendo un taglio prettamente storico, il convegno ha analizzato la storia di alcuni Istituti religiosi maschili e femminili, portando alla luce tensioni, dinamismi, aperture e chiusure. Il convegno ha preso in esame diverse realtà: sia frammenti di storia di piccole e grandi Congregazioni maschili e femminili, sia la vicenda di religiosi che hanno avuto un ruolo carismatico nel Vaticano II, sia il modo di essere presenti attraverso i loro mezzi di comunicazione. È impossibile fare un report delle singole relazioni: basti pensare che in due giorni si sono alternati quasi 50 interventi. Bisognerà attendere gli atti per una lettura più critica e articolata. L’alto numero di contributi sta ad indicare come, a parere degli storici, le Congregazioni religiose dovrebbero aprire i loro archivi e memorie storiche, poiché vi si possono scoprire elementi molto importanti in ordine alla comprensione del concilio stesso.
I religiosial Concilio
Innanzitutto, un dato rilevante: più di un terzo dei padri conciliari (in totale 1108) erano membri di Istituti religiosi. Rappresentavano 116 differenti ordini religiosi. Molti di loro provenivano da paesi extraeuropei per ruoli istituzionali, competenze teologiche, impegni ecclesiali.
Negli anni successivi al Concilio mentre fino ad oggi sono stati effettuati approfonditi studi sul significato della vita consacrata e il suo ruolo nella Chiesa, come si evince da molti documenti del Vaticano II, poco invece sul ruolo dei religiosi/e dentro il Concilio. Gli storici concordano nel ritenere che nelle discussioni conciliari, l’apporto dei religiosi non fu tanto e solo su singole questioni, ma riguardò anche gli orientamenti generali da assumere, specie sul piano spirituale, come ad esempio: l’orientamento biblico incentrato sull’imitazione di Cristo, la parola di Dio come base e patrimonio comune, la revisione dei testi a partire dalle fonti, la partecipazione attiva alla vita della Chiesa, l’obbedienza come dedicazione a Dio, la riforma liturgica delle comunità laicali.
Processi di riformae aggiornamento
Una chiave di lettura del Vaticano II è la parola “aggiornamento” che Giovanni XXIII coniò per spiegare il significato dell’assise conciliare. Ma la vita consacrata anticipò questa esigenza che fu poi immessa nel cuore della Chiesa. Già dagli anni ‘50 era avvertita all’interno dei molti istituti religiosi l’esigenza di un aggiornamento, che si tradusse in una spinta al rinnovamento e alla riforma delle strutture, delle relazioni e della missione apostolica. Se si vuole comprendere il concilio sul piano storico, gli studiosi concordano nel ritenere determinante partire dagli anni ’50 e dalla generazione di quegli anni. All’interno degli istituti religiosi era avvertita l’esigenza di mettere in discussione le strutture istituzionali e una volontà di liberazione intesa come possibilità di discutere di tutto e su tutto. Ad esempio, per i gesuiti il concilio rappresentò il “loro” concilio perché diede risposta alla spaccatura che si era generata al loro interno tanto che si giunse a parlare di nuova Compagnia. Per i domenicani offrì la possibilità di rimettere in circolazione inedite riflessioni teologiche.
Ma accanto a spinte di riforma, non mancarono tensioni dentro gli Istituti di vita consacrata da parte di coloro che erano contrari a questo movimento. Emblematico il caso di due istituti femminili. Le suore Francescane Missionarie di Maria, fondate nel 1877, fin dal 1950 avevano avviato un cammino di riforma interna nell’intento di favorire una maggiore uguaglianza e fraternità, sopprimendo anche alcuni titoli istituzionali (ad esempio “madre”). Ma sorsero tra loro forti tensioni, perché molte volevano conservare uno stile gerarchico nei confronti delle extraeuropee che entravano a far parte della congregazione. Fu grazie all’elezione di Giovanni XXIII se un tale movimento di libertà poté procedere fino al punto, non solo di avviare l’aggiornamento di tutte le religiose, ma anche a stimolarle al coraggio di rivendicare diritti nei confronti dell’autorità maschile.
Studiando invece gli archivi delle suore Orsoline di Friburg, in Svizzera, dedite all’educazione, si può notare come ci fu un mutamento del rapporto non solo con la gerarchia, ma anche una riformulazione di nuovi impianti pedagogici, di adattamento ai contesti nuovi (aspirazione dei giovani, la percezione della carenza di vocazioni dal dopoguerra in poi), e un atteggiamento di maggiore collaborazione con i laici. Tutto ciò fu confermato dagli orientamenti conciliari.
Anche le comunità monastiche avvertirono l’esigenza di una riforma interna e di aggiornamento. I benedettini in Germania, per esempio, furono testimoni di tensioni interne sul modo di intendere e di celebrare la liturgia, e nel contempo di formidabili aperture all’ecumenismo. Negli anni trenta, la congregazione dei monaci eremiti camaldolesi fu costretta forzatamente a fondere vita cenobitica e vita eremitica. Nei decenni che precedettero il concilio, ciò provocò tensioni traumatiche interne, polemiche e discutibili scelte di governo. Solo grazie al concilio si avviò un lento cammino di pacificazione interna, favorendo il processo di aggiornamento. Insomma, la vita consacrata avvertì l’esigenza di una riforma interna, che non poteva più essere rimandata. Il concilio fu preparato anche da questi movimenti interni alla vita consacrata e diede voce non solo all’aggiornamento della VC, ma permise di recuperare la sua stessa identità.
Religiosi dentroe oltre il concilio
Durante il concilio, inoltre, i religiosi esercitarono un ruolo di pressione sui padri conciliari. Lo dimostra il caso singolare dei Fratelli delle Scuole Cristiane. A partire dal dopoguerra, l’istituto aveva affrontato il tema del sacerdozio e la questione emerse nel concilio solo durante l’ultima intersessione della discussione sul Perfectae Caritatis generando forti conflitti di interpretazione. Solo nell’aprile 1965 il papa intervenne personalmente e rettificò il paragrafo sul sacerdozio negli istituti laicali, non inserendolo per sua volontà.
I gesuiti contribuirono fortemente alla storia materiale e spirituale del concilio con un’alta presenza di membri (58) e un apporto determinante sul piano teologico e culturale (K. Rahner, H. De Lubac, R. Tucci, A. Bea). Ma la Compagnia giunse al concilio divisa al suo interno in due anime: l’anima dell’intangibilità della forma di vita consacrata e quella della necessaria riforma allo scopo di incontrare adeguatamente la modernità. Al termine del concilio si tenne un capitolo straordinario (31a Congregazione) che segnò una svolta copernicana nella Compagnia riformando radicalmente la natura dell’ordine in quattro direzioni: rinnovamento delle strutture interne, aggiornamento della formazione, il ministero apostolico, il rinnovamento ascetico spirituale. Il concilio, dunque, costrinse i gesuiti a confrontarsi con i segni dei tempi e, in obbedienza allo spirito del Vaticano II, ad autoriformarsi.
A differenza dei gesuiti, i francescani “giocarono” al concilio una partita più compatta. Essi rappresentavano la “colonia” più numerosa dei religiosi presenti (con una significativa partecipazione di missionari ed ex-missionari). La loro presenza rappresentò un ventaglio di anime che, a vario titolo e in modi differenti, contribuì in tutte le fasi (prima, durante e dopo) all’aggiornamento della Chiesa.
In ambito femminile, significativo è il cammino compiuto dalle Piccole Suore dell’Assunzione e dalla Conferenza delle Superiore Maggiori americane (Leadership Conference of Women Religious). La Congregazione delle Piccole Suore dell’Assunzione alle soglie del concilio si era fortemente sviluppata in una dimensione internazionale. Alla fine del capitolo del 1964, la superiora generale, M. Sainte Élisabeth, scrisse una circolare affermando l’obbligo interiore e personale: di sentirsi ciascuna responsabile della comunità. Il concilio dunque, fece sì che venisse assunto il principio che la persona è il soggetto responsabile e, a partire da qui, si deve camminare nel rinnovamento. Esse furono un modello di accelerazione della ricezione del Vaticano II.
Sul fronte della ricezione del concilio e dell’aggiornamento, non può non essere menzionato il caso delle religiose americane, ancora oggi al centro del dibattito e di osservazione per alcune scelte ritenute discutibili. La Leadership Conference of Women Religious (LCWR), risalente al 1971, fu costituita come network delle congregazioni femminili americane. Essa nacque con l’intento di sviluppare i dettami del concilio Vaticano II. La direzione che scelsero le suore fu quella di un “cambio sociale”. Confluirono al suo interno diverse tendenze: l’esigenza di un rinnovamento della vita religiosa, lo sviluppo del femminismo, la possibilità di essere un ponte con il cattolicesimo americano. Si trattò di un cambiamento radicale perché scelsero di fare proprie le gioie e le sofferenze della gente, così come afferma la costituzione Gaudium et Spes.
Una storiaancora da scrivere
Molto resta ancora da scoprire del Vaticano II. Ne sono convinti gli storici, come dimostra lo studio delle carte di diversi Istituti religiosi. Esiste un cantiere, il cantiere dei religiosi dove si trovano questioni, si scoprono dossier, scelte storiche, approcci culturali e teologici differenti.
L’aggiornamento della vita consacrata – evocato dal dopoguerra in poi – consistette in un processo trasversale di liberazione da strutture troppo gerarchizzate, di ascolto della modernità, di un cammino fatto insieme, di riforma della liturgia e dei voti, di immersione nel sociale. Il concilio, dunque, accolse e rilanciò queste istanze che dovrebbero essere ormai valori acquisiti.
Tuttavia resta ancora molto da fare. Ne sono convinti gli storici, come hanno ribadito al termine del convegno internazionale. È necessario che gli Istituti religiosi, maschili e femminili permettano agli storici di entrare nella loro storia. Ciò consentirebbe di comprendere meglio il concilio e la storia dell’evoluzione (o involuzione) del loro Istituto. Si tratta di un enorme patrimonio da condividere. Una ricerca che è solo all’inizio.
Sergio Rotasperti