Sergio Rotasperti
Brevi dal mondo
2014/11, p. 36
Nuova condanna a morte per Asia Bibi. Violenza ingiustificata. 50 anni di presenza femminile. Bangui: il gruppo “Antibalaka” costringe i Salesiani a chiudere le scuole. I tre assunzionisti rapiti.

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Testimoni
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Pakistan
Nuova condanna a morte per Asia Bibi
Asia Bibi, pakistana, sposata e madre di cinque figli, arrestata il 19 giugno 2009 e condannata a morte in primo grado nel novembre 2010, accusata da due donne musulmane di blasfemia, è stata nuovamente condannata a morte in secondo grado dal tribunale di Lahore. Alla lettura della sentenza, il 16 ottobre scorso, informa Asia News, erano presenti in aula il leader religioso Qari Saleem che ha sporto denuncia contro Asia Bibi ed esponenti del gruppo Jamaat ud Dawa (JuD), braccio politico del movimento estremista islamico pakistano Lashkar-e-Taiba (LeT). Essi volevano ottenere anche in secondo grado la condanna della donna, a fronte di accuse pretestuose, montate ad arte e infondate.
Andy Dipper, responsabile dell'ufficio operativo di Christian Solidarity Worldwide, parla di "profonda delusione" per la decisione dell'Alta corte di Lahore; secondo l'attivista, la sua ingiusta condanna è un segno dei "continui abusi" commessi in nome delle leggi sulla blasfemia, e della "debolezza" del sistema giudiziario pakistano. Parla di "pregiudizio, inefficienza, corruzione e mancanza di sicurezza" nei casi di blasfemia, che colpiscono in modo particolare le minoranze; e auspica al contempo che il suo caso venga approfondito con la massima urgenza e speditezza – tra il primo e secondo grado di giudizio sono trascorsi quattro anni – dal giudice capo Nasirul Mulk, ai vertici della Corte suprema.
Il vescovo di Islamabad/Rawalpindi Rufin Anthony, riferendosi alla sentenza, parla di una “decisione straziante” dei giudici e lancia un appello ai fedeli di tutto il mondo perché «si uniscano alla preghiera per Asia Bibi e le altre vittime della blasfemia».
E queste vittime sono tante. Infatti, dopo l’introduzione delle famigerate leggi sulla blasfemia nel 1986, sotto la dittatura del generale pakistano Zia ul-Haq, informa sempre Asia News, c’è stata una crescita esponenziale nelle denunce per “profanazione del Corano” o “diffamazione del profeta Maometto”. Mentre tra il 1927 e il 1986, anno in cui è stata approvata la “legge nera”, si sono registrati solo sette casi accertati di blasfemia, dal 1986 ad oggi le vittime sono salite a oltre 4.000 e il dato è in continuo aumento: basti pensare che dal 1988 al 2005, le autorità pakistane hanno incriminato 647 persone per reati connessi alla blasfemia, mentre negli ultimi anni sono migliaia i casi di cristiani, musulmani, ahmadi e fedeli di altre religioni accusati sulla parola, senza il minimo indizio di colpevolezza. Per aver difeso Asia Bibi, nel 2011 gli estremisti islamici hanno massacrato il governatore del Punjab Salman Taseer e il ministro federale per le minoranze religiose Shahbaz Bhatti, cattolico. Il reato di blasfemia prevede il carcere a vita o la pena di morte. Ma ci sono 30 vittime accertate per blasfemia che sono morte in seguito a omicidi extra-giudiziari, perpetrati da fanatici con l’avvallo – o la connivenza – di autorità e forze di polizia. Denunce e uccisioni sono per lo più frutto di gelosie, inimicizie personali, questioni economiche, interessi politici che nulla hanno a che vedere con Maometto e l’islam. Per rendersi conto fino a che punto arrivi il fanatismo, basti questa notizia: nella preghiera del venerdì, l'imam della più grande moschea di Peshawar, Maulana Yousuf Qureshi, ha offerto una ricompensa di 4.500 euro per chiunque uccida Asia Bibi. Nel suo sermone ha messo inoltre in guardia il governo contro qualsiasi iniziativa di abolizione o modifica della legge sulla blasfemia. “Resisteremo con forza – ha affermato – contro qualsiasi tentativo di abrogazione delle leggi che garantiscono protezione alla santità del profeta Maometto”. “A chi ucciderà Asia Bibi – ha continuato – saranno dati in premio 500mila rupie dalla moschea di Mohabat Khan”. L’imam ha sottolineato che se la corte d’appello giudicherà Asia Bibi innocente, saranno i mujaheddin a ucciderla.
Ora i legali di Asia Bibi annunciano il ricorso alla Corte suprema, terzo e ultimo grado di giudizio, dove auspicano che la sentenza possa essere ribaltata.
India
Violenza ingiustificata
Nelle scorse settimane l’Agenzia Fides ha riportato la notizia della pesante situazione dei cristiani che vivono in alcune zone dell’India e della difficile situazione a cui sacerdoti e religiosi/e devono far fronte ogni giorno nel loro apostolato e nella loro azione educativa. Nei primi giorni di settembre un gruppo di teppisti ha assalito la Nirmal Rani English Medium School, una scuola cattolica che si trova a Khursipar nei pressi di Raipur, città dello Stato di Chhattisgarh, nell’India centro-settentrionale. L’arcidiocesi di Raipur conta oltre 15 milioni di abitanti e i cristiani rappresentano lo 0,5% della popolazione. L’agenzia Fides riferisce: «I teppisti accusavano in modo del tutto pretestuoso il preside, il sacerdote padre Ligo Mathew, di aver insultato e parlato in modo violento ad alcune allieve. Per questo hanno fatto irruzione nella scuola, insultandolo e percuotendolo. Anche alcune docenti, accorse all’udire grida e rumori, sono state malmenate. La polizia, chiamata da altri docenti, ha condotto padre Ligo nella stazione di polizia locale, mentre una folla di estremisti si radunava e urlava slogan contro di lui». Il sacerdote è stato incarcerato e condannato con un processo sommario. Fonti locali affermano che nei giorni successivi i teppisti ubriachi sono ritornati nella scuola devastandola ulteriormente. La reazione del vescovo e della piccola minoranza cattolica è stata dura e intende fare appello alla corte superiore e alla causa dei diritti civili: «Come Chiesa riteniamo le accuse a danno di padre Ligo del tutto infondate e false. Padre Mathew guida da 16 anni la scuola ed è sempre stato un esempio di correttezza, rispetto e cura verso gli allievi, impegnandosi a promuovere un’istruzione di qualità». La diocesi ha indetto giornate di digiuno e preghiera.
Taiwan
50 anni di presenza femminile
Nel mese di agosto, si sono celebrati a Taiwan i 50 anni di vita dell’Unione delle Superiore degli Istituti Religiosi Femminili presenti nel paese. L’Agenzia Fides informa che, rispetto a 50 anni fa, le famiglie religiose femminili sono raddoppiate: nel 1964 si contavano 28 congregazioni; oggi sono 59. Tuttavia, anche a Taiwan si registra un forte calo di vocazioni e ciò è determinato dal generale invecchiamento della popolazione, oltre che dall’aumento delle persone che abbandonano la chiesa cattolica.
A Taiwan, secondo l’agenzia Fides, gli istituti religiosi sono dediti all’educazione e ai servizi sociali, ma la carenza di iscrizioni alle scuole (fenomeno in crescita anche in quelle pubbliche), li obbliga ad impegnarsi sempre più nella pastorale e cura degli anziani.
Gli istituti religiosi hanno fondato tante scuole, ma oggi mancano gli iscritti, fenomeno che colpisce anche nelle scuole pubbliche. Perciò i religiosi stanno pensando di utilizzare gli edifici scolastici come case per anziani o per altri tipi di servizio sociale.
Secondo i dati dell’ultimo Catholic Church Directory Taiwan 2012 – riportate dall’Agenzia Fides –, i religiosi a Taiwan sono 407, le religiose 1.033. La comunità cattolica gestisce 6 università con 57.702 studenti, 2 scuole professionali con 2.972 iscritti, 30 scuole medie con 59.264 alunni, 11 scuole elementari con 7.707 alunni, 155 asili con 12. 840 bambini; 10 ospedali, 6 cliniche, 21 case per anziani.
AFRICA/REPUBBLICA CENTRAFRICANA
Bangui: il gruppo “Antibalaka” costringe i Salesiani a chiudere le scuole.
Il gruppo “Antibalaka” era sorto a Bangui per proteggere la popolazione dalla guerra in corso nel Paese da oltre un anno e mezzo. Ora si è rivolto contro la stessa popolazione: “stanno commettendo saccheggi e stupri, inoltre ci hanno costretti a chiudere le scuole a Galabadja e Damala” avvertono i salesiani impegnati nella zona. Entrambe le opere avevano deciso di aprire le porte della scuola ai bambini e ai giovani, affinché non perdessero altre ore di formazione. “Andare a scuola, poi, li aiutava ad avere una routine, delle abitudini, e dimenticare la violenza in cui vivono” spiegano in una nota dell’Ans inviata a Fides. “Ci sono barricate nelle strade oltre a molte armi in circolazione e la gente non lascia le proprie case per paura.” Attualmente le missioni salesiane a Bangui accolgono oltre 1.400 persone sfollate a causa del conflitto. La violenza scatenata nei giorni scorsi impedisce ai religiosi di uscire dalla missione e non possono arrivare nemmeno gli aiuti umanitari. Dall’inizio della crisi sono fuggite dalle loro case oltre un milione di persone; più di 3.500 bambini sono stati costretti ad unirsi a gruppi armati e più di 2,6milioni di persone necessitano di assistenza umanitaria urgente.
Repubblica Democratica del Congo
I tre assunzionisti rapiti
Sono trascorsi oltre due anni da quel 19 ottobre 2012 quando nel Nord Kivu (Repubblica democratica del Congo) sono stati rapiti dalla parrocchia di Mbau, nella regione di Beni, i tre padri assunzionisti, Jean-Pierre Ndulani, Edmond Kisughu e Anselme Wasukundi. Da allora di loro non si è saputo più nulla e nemmeno è stato possibile stabilire le circostanze o le ragioni del loro rapimento. Non ci sono state delle rivendicazioni. Si fanno solo delle congetture: vittime di un groviglio di comunità nemiche, assenza dello Stato in una regione isolata, corruzione e gruppi armati, voci incontrollate, menzogne, manipolazioni... Si tratta comunque di un affare complesso e tutto concorre a diffondere l’incertezza attorno al loro rapimento. Il direttore del quindicinale locale, conosciuto per essere bene informato, Les Coulisses, Nicaise Kibel’Bel Oka ha dichiarato di recente al quotidiano francese La Croix (22 ottobre): «I tre padri assunzionisti sono congolesi di etnia Nande. Ma sono stati inviati in una parrocchia a maggioranza Bambuba, un’etnia tradizionalmente nemica dei Nande». Potrebbe stare qui la ragione del rapimento? A suo parere, i tre padri sarebbero stati rapiti da un gruppo locale di Maï-Maï del brigadiere generale transfuga, Paluku Kombi Hilaire che poi li avrebbe consegnati a un gruppo armato di ribelli musulmani. Secondo sempre il giornale Les Coulisses e Radio Kivu1, i tre religiosi sarebbero stati uccisi l’estate scorsa dagli ADF-Nalu perché si sarebbero rifiutati di convertirsi all’Islam. Ma non ci sono prove. È una supposizione tuttavia non priva di fondamento perché gli ADF sono conosciuti per praticare le conversioni forzate e torturare coloro che vi resistono. Pertanto, la speranza di trovare ancora vivi i tre religiosi assunzionisti rimane molto debole.
a cura di Sergio Rotasperti