Gruppo per il Collegamento dell'Ordo Virginum
Nuove piste di ricerca
2014/11, p. 21
La convinzione maturata nel convegno è che l’OV non è condannato a sopravvivere a se stesso, ma vivrà una stagione promettente e rigogliosa se saprà rispondere alla chiamata alla riforma per una nuova "uscita missionaria".

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L’Ordo Virginum in convegno
NUOVE PISTE
DI RICERCA
La convinzione maturata nel convengo è che l’OV non è condannato a sopravvivere a se stesso, ma vivrà una stagione promettente e rigogliosa se saprà rispondere alla chiamata alla riforma per una nuova "uscita missionaria".
L’annuale incontro nazionale dell’Ordo Virginum (OV) delle diocesi che sono in Italia si è svolto a Orosei nella diocesi di Nuoro. Circa 120 i convenuti tra donne già consacrate, in formazione, interessate e delegati dei vescovi. Nel 50° anniversario dell’apertura del concilio Vaticano II, l’OV ha iniziato a riconsiderare le quattro Costituzioni conciliari nella prospettiva di favorire una formazione ecclesiale di alti contenuti e di perseguire un cammino critico e sapiente di ricezione conciliare. Alla metà circa di questo cammino antropologico culturale, confrontarsi con i testi conciliari, in definitiva, è voler consolidare un patrimonio di pensiero e di vita per collaborare a rendere più fruttuosi i decenni che mancano a un ciclo completo di circa ottanta anni, tempo proprio degli umani per consolidare una cultura. L’OV si è confrontato, nel 2013, con la Costituzione pastorale Gaudium et Spes (GS) e, nel 2014, l’attenzione è stata posta alla Costituzione sulla Liturgia Sacrosanctum Concilium (SC) a cinquant’anni dalla sua promulgazione (4-12-1963).
Una rilettura
del rito di consacrazione
Il Seminario di Studio di Roma (1-2 marzo 2014) e l’Incontro Nazionale di Orosei (31 luglio-3 agosto 2014), per l’approfondimento della Costituzione conciliare, si sono svolti sotto la guida del prof. Silvano M. Maggiani, osm, docente di teologia liturgico-sacramentaria alla Pontificia facoltà teologica Marianum e al Pontificio Istituto Liturgico di Roma. La SC è stata considerata nell’ottica del Proemio, n. 1, che può essere compreso come risposta sintetica al discorso programmatico di S. Giovanni XXIII, “Gaudet Mater Ecclesia”, e programma orientatore di tutti i documenti conciliari. Del Proemio si è privilegiato l’inciso che sottolinea, tra le finalità primarie del Concilio, il «far crescere sempre più la vita cristiana tra i fedeli», e quindi, alla luce di questa finalità, interpretare la riforma e la promozione della liturgia.
In questa contestualità si è voluto considerare in particolare il n. 80 di SC che, nei suoi risultati operativi, ha ordinato di sottoporre «a revisione il rito della consacrazione delle vergini che si trova nel Pontificale romano», rito di radici assai antiche, rifiorito nella fase post-conciliare. L’OV e il suo rito di consacrazione sono stati letti come esperienze di vita che contribuiscono al rinnovamento della vita ecclesiale e, in questo senso, quali frutti rispondenti alle finalità del Vaticano II. L’OV, anche ritualmente parlando, si inserisce nel vasto e intenso movimento di rinnovamento della vita cristiana: il rinnovamento liturgico dell’OV per il rinnovamento della vita cristiana. Ogni celebrazione liturgica, culmine e fonte della vita cristiana, fa sì che i fedeli «esprimano nella vita quanto hanno ricevuto con la fede» (SC, 10).
Ne è derivata la necessità di approfondire, alla luce della prima parte di SC, alcuni aspetti di fondazione teologica-liturgica che, di fatto, sono di ispirazione per la vita dell’OV. Questi aspetti hanno contribuito a rileggere la questione liturgica a fondamento della SC e, quindi, la riscoperta di che cosa è la liturgia, l’importanza intrinseca della partecipazione attiva e la necessità di una riforma per una più acuta comprensione della liturgia e per una più autentica e viva partecipazione.
Dovendo fare una scelta si è privilegiato, innanzitutto, la ricomprensione del mistero pasquale, fondamento, oggetto e soggetto dell’azione liturgica, e come la vergine consacrata entri nel mistero pasquale e con la sua sponsalità, riferita a Cristo e alla Chiesa, faccia responsabilmente parte della storia della salvezza: con la sua vita, collabori alla Storia della salvezza, memore di un passato, presente nella contemporaneità in divenire, aperta ad un futuro già presente e ancora da compiersi. SC aiuta anche a comprendere come al dono dei santi misteri corrisponda, da parte di chi è battezzato e vive la sponsalità, il contro-dono caratterizzato dal superamento del diritto/dovere di celebrare e pregare nella e per la Chiesa, per un agire di gratuità orante, celebrante, intercedente, supplicante. Da qui una ricomprensione anche della partecipazione ministeriale della vergine consacrata che si fa sempre più sensibile ad una seria ars celebrandi. La vergine consacrata non si può accontentare una volta per tutte dell’intelligenza della liturgia, ma costantemente matura il come la liturgia si celebra e il perché si celebra, cosciente che la liturgia è un’opera vivente.
Oltre la riforma
rituale
Questi orientamenti di lettura di SC sono stati considerati come un portico che ha permesso di continuare nell’incontro nazionale in Sardegna la relazione SC e OV. Siamo stati aiutati, in questa seconda tappa di studio e meditazione, dal considerare SC come “opera aperta”, opera cioè che permette al lettore e all’esecutore dei suoi orientamenti nuove piste di ricerca, nuove prospettive e orizzonti di pensiero e di prassi. Abbiamo avuto un saggio di come la Costituzione suggerisca e permetta all’OV di andare oltre la pur importante e necessaria riforma rituale. Anche per questo incontro sono stati scelti alcuni aspetti tra i numerosi che l’“opera aperta” può suggerire, soprattutto se la si legge in dialogo con le altre Costituzioni, Lumen Gentium (LG), Dei Verbum (DV), Gaudium et Spes.
La vita della vergine consacrata può trovarsi di fronte ad un’esperienza che avverte come dicotomica la relazione liturgia e vita, liturgia e impegno. L’approfondimento di culto spirituale, letto nella dinamica del sintagma “culmine e fonte” della liturgia per la Chiesa, apre alla ricomprensione della stessa liturgia come alto momento della storia della salvezza, alto momento del culto spirituale, dove, in comunione con il sacramento del sacrificio di Cristo, offriamo noi stessi per compiere la volontà del Padre. Il tempo della liturgia è per la vergine consacrata culmine del suo impegno sponsale ed ecclesiale declinato nella preghiera di consacrazione ed è fonte già in atto della sua donazione che include il tempo del feriale e della continuazione del culto spirituale nel quotidiano. Il “culto spirituale” globalmente inteso è alimentato anche da «quella soave e viva conoscenza della Sacra Scrittura» (SC, 24; DV, 21) riproposta al fedele e alla comunità orante come fonte primaria.
Confrontandoci con SC comprendiamo come la Costituzione, in sintonia con DV, solleciti un ritorno alla mistagogia, quale conoscenza del mistero contenuto nelle Scritture e conoscenza del mistero contenuto nella liturgia. Si apre per l’OV un itinerario iniziatico da approfondire e vivere, che nei suoi aspetti innovativi riconduce ad esperienze ecclesiali intense del passato, ben presenti in preziosi documenti della tradizione.
Adattamento
e inculturazione
Nella lettura di SC, 27-40 e, parallelamente, di GS, 58-59, abbiamo avvertito come le problematiche riguardanti l’adattamento e l’inculturazione siano lezione operativa per aprire l’OV al rispetto, alla qualità, alle doti dell’altro. In questo modo si apre un portico verso un nuovo umanesimo che, orientato da Cristo (GS, 22) considera proprio dell’esperienza ecclesiale la ricchezza dell’altro: mai senza l’altro. Suggestivo, a riguardo, condividere e partecipare agli ideali del “Cortile dei Gentili”, dove l’altro è anche l’ateo “fratello pensoso”.
L’“opera aperta” di SC trova singolare “apertura” di senso nel n. 103 (da relazionare con LG, 52-69) dove si fonda sinteticamente ma efficacemente la venerazione a s. Maria, numero che influenzerà non poco altri testi conciliari. Fare memoria della Madre del Signore e nostra Madre non è soltanto sottolineare l’affetto filiale, né la sua presenza di advocata, ma è anche ricordare la sua presenza testimoniale per la fede, la speranza e la carità della vergine consacrata. Vi è una responsabilità da non trascurare circa la “regolata devozione” da manifestare e suggerire nell’OV, devozione che è capace di rifuggire da un certo inutile sentimentalismo e vana credulità.
Il confronto con SC più volte aveva offerto l’attenzione al tempo nella sua alternanza di festivo/feriale. SC 102 e 106 hanno suggerito di dedicare una pur veloce attenzione alla domenica e alla gioia cristiana fondata sulla risurrezione del Signore Gesù. Ugualmente non sono mancati alcuni orientamenti e proposte che si possono cogliere da SC, 122-128 circa la “beltà da promuovere”. Si è voluto così suggerire che in un’opera di rinnovamento di vita cristiana l’OV non può dimenticare di collaborare alla bellezza nelle sue espressioni architettoniche ed artistiche, per favorire armonia, spazi felici, da abitare nel tempo della celebrazione e nel tempo del silenzioso e personale orare.
A nessuno sfugge che gli orientamenti e proposte di SC, pur letti in relazione all’OV, non riguardano esclusivamente le vergini consacrate. Tuttavia le riguardano da vicino perché, come è proposto nell’omelia del Vescovo nel Rito dell’OV: «Il Signore ha chiamato (queste sorelle) per unirle più intimamente a sé e metterle al servizio della Chiesa e dell’umanità. La loro consacrazione, infatti, le sospinge a cercare ardentemente, ciascuna secondo il proprio dono, l’espansione del regno di Dio e il rinnovamento del mondo nello spirito del vangelo».
Un breve viaggio
in tre tappe
La costa sarda è stata una cornice di grande bellezza per un incontro caratterizzato anche dalla splendida novità della pubblicazione della Nota Pastorale che la CEI ha approvato il 25 marzo u.s. su proposta della commissione clero e vita consacrata; la NP è stata presentata da mons. Francesco Lambiasi vescovo di Rimini e presidente della stessa commissione. Obiettivo della relazione: scongiurare il pericolo che le nostre povere parole umane ottengano lo stesso effetto di un secchio d’acqua gettata sul fuoco: per quanto bollente, finisce per spegnerlo”. È quindi stato proposto un breve viaggio in tre tappe: dietro al testo, quindi dentro, e infine oltre il testo. “Se il cuore del carisma dell’OV è la verginità, dietro a quanto la Nota dice su questo specifico carisma, c’è la verginità di Gesù”. È questa la premessa.
Entrando nel cuore di questa realtà: “Tre sono i fattori che concorrono a configurarne il profilo teologico: la verginità, la diocesanità, la secolarità. Le vergini consacrate “non si riconoscono nel carisma di un fondatore” (Np 2), ma la loro vocazione “si attua nella Chiesa diocesana, in riferimento diretto al Vescovo” (Np 1). (…) “Secolarità significa non soltanto vivere la missione nel mondo, ma vivere la consacrazione – ossia la radicalità dell’appartenenza al Signoreproprio vivendo nel mondo. Qual è dunque il proprium – lo specifico – della consacrazione secolare? La vergine che sceglie di vivere la consacrazione nel mondo, lo fa perché convinta di poter vivere una consacrazione piena, non a metà.”. E poi c’è la prospettiva futura così presentata da mons. Lambiasi: “L’OV non sarà condannato a sopravvivere a se stesso, ma vivrà una stagione promettente e rigogliosa se saprà rispondere alla chiamata che Francesco non si stanca di rivolgere alla Chiesa: la chiamata alla riforma per una nuova “uscita missionaria. (…) La riforma della Chiesa ha sempre coinciso con la nascita di nuove forme di vita consacrata. Preghiamo e operiamo – “riformiamoci”! – perché la rinascita dell’OV possa dare il suo umile, audace contributo alla riforma della Chiesa “in uscita missionaria”, che il Papa va oggi promuovendo e testimoniando con tutti i membri del popolo di Dio, in tutti i luoghi, in tutti i modi…”.
A cura del Gruppo per il Collegamento
dell’Ordo Virginum delle Chiese
che sono in Italia