Antonio Dall'Osto
Radiografia della VC
2014/11, p. 9
Al di là dei giudizi dei pessimisti o degli ottimisti, un sano realismo dice che la VC sta attraversando un momento di crisi che può diventare un kairos se si sapranno prendere le decisioni giuste. Solo così essa avrà futuro.

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Testimoni
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Mons. J. R. Carballo ai trappisti in Capitolo
RADIOGRAFIA
DELLA VITA CONSACRATA
Al di là dei giudizi dei pessimisti o degli ottimisti, un sano realismo dice che la VC sta attraversando un momento di crisi che può diventare un kairos se si sapranno prendere le decisioni giuste. Solo così essa avrà futuro.
Un giudizio, ampiamente condiviso, è che la vita consacrata si trova oggi in un momento critico. In una situazione del genere, più che mai essa è chiamata a prendere delle decisioni e il suo futuro dipenderà da queste scelte. Lo ha affermato mons. Carballo, segretario della Congregazione per la vita consacrata, parlando ai trappisti riuniti in Capitolo, ad Assisi, nella seconda metà di settembre. Nel suo intervento ha tracciato una radiografia della vita consacrata oggi, rispondendo alla domanda: come vedo io la vita consacrata?
La realtà, ha affermato, è certamente complessa e tutto dipende dagli occhi con cui si guarda ad essa. Diversi sono pertanto i giudizi che si sentono in giro o che si leggono. Egli ha esposto comunque la sua visione che ha il vantaggio di guardare alla situazione da un punto di vista privilegiato, in quanto segretario della Congregazione per la vita consacrata.
«Ci sono anzitutto, ha affermato, i pessimisti i quali dicono che la vita consacrata sta attraversando dei momenti molto delicati e usano tre parole per definirli: notte oscura, tramonto e caos. Caos: tutto è confusione e non sappiamo dove andiamo. Notte oscura: non si vede niente di chiaro. Tramonto: la vita consacrata ha i giorni contati».
Dall’altra parte ci sono gli ottimisti i quali usano anch’essi queste stesse parole: caos, notte oscura e tramonto. Ma con un significato del tutto diverso. Caos: quello che precede la nuova creazione, la nuova forma di vita consacrata; gli attribuiscono il significato biblico della Genesi. Notte oscura: nel senso dei mistici, soprattutto spagnoli, di san Giovanni della Croce, secondo cui si tratta di un momento di potatura, di prova da cui la vita consacrata uscirà rafforzata. Tramonto: c’è una forma di vita consacrata che è chiamata a scomparire. Ma questo non vuol dire che abbia i giorni contati. Per essi la situazione della vita consacrata è buona, gode di buona salute.
C’è poi il terzo gruppo, che è il più numeroso, quello dei realisti. Questi usano in particolare una parola: crisi. La vita consacrata è in crisi, ma nel senso etimologico, vale a dire, è arrivata a un momento in cui bisogna prendere delle decisioni. La crisi può essere positiva o negativa; dipende dalle decisioni che si prenderanno».
«Personalmente, sottolinea Carballo, mi sentirei di appartenere a questo gruppo. Io sostengo che la vita consacrata si trova in un momento critico, vale a dire, che deve prendere delle decisioni e il suo futuro dipende dalle decisioni che è chiamata a prendere in questi momenti».
Ci sono cose
che ci rattristano
Ma come vede la vita consacrata? «Nell’attuale situazione – ha affermato – ci sono diverse cose che mi rattristano. In primo luogo mi rattrista una vita consacrata autoreferenziale. Credo che siamo troppo autoreferenziali, c’è una vita consacrata ripiegata su se stessa, troppo preoccupata della sua sopravvivenza anziché della missione, il cui compito è di annunciare la buona notizia.
In secondo luogo, mi rattrista una vita consacrata più preoccupata del numero che della significatività evangelica. In terzo luogo, mi rattrista una vita consacrata più interessata a quella sicurezza che può derivare dal “si è sempre fatto così”, anziché preoccuparsi delle frontiere esistenziali. Mi rattrista una vita consacrata attanagliata da una sicurezza che continua a preoccupare perché l’aiuta ad adagiarsi nella mediocrità, le impedisce di vivere il presente con passione e di guardare al futuro con speranza. Mi rattrista una vita consacrata segnata dall’accidia. Che cos’è l’accidia? La definisce molto bene il papa Francesco nell’enciclica Evangelii gaudium in cui dedica ad essa vari paragrafi. Al numero 277 la definisce «una cronica scontentezza che inaridisce l’anima». Al n. 81 parla di un’ «accidia paralizzante» e nel n. 82 di una fatica «tesa, pesante, insoddisfatta” e dell’ «ansia di arrivare a risultati immediati e incapace di tollerare facilmente il senso di qualche contraddizione, di un apparente fallimento, una critica, una croce».
Mi preoccupa, mi rattrista una vita consacrata senza mistica, ossia demotivata, annoiata e fatta di routine che produce vite mediocri “così e così”, anziché vite piene di entusiasmo capaci di dare tutto. Infine mi rattrista una vita consacrata troppo professionalizzata anziché essere testimonianza di Dio, del Dio della vita che suscita passione, speranza e gioia».
Ci sono anche
fatti preoccupanti
Proseguendo nella sua radiografia, p. Carballo, ha aggiunto: «mi preoccupa, ci preoccupa oggi nella vita consacrata un altissimo, – superlativo! – numero di abbandoni. Io ho pubblicato un articolo sull’Osservatore Romano su questo aspetto: lasciano la vita consacrata più o meno 3000 religiosi e le ragioni addotte sono: crisi di fede, crisi di vita comunitaria e crisi affettiva. Spesse volte, almeno nella documentazione, ciò che appare è la crisi affettiva. Ma le radici sono altre.
Ci preoccupa il numero degli istituti commissariati. In questo momento abbiamo in corso 39 istituti commissariati. Questo è molto, a mio modo di vedere. E le visite apostoliche che si stanno portando a termine, anche se non ho sotto mano le cifre. Voglio dire che c’è qualcosa che va male. I commissariamenti dipendono fondamentalmente da quattro motivi. Primo, il servizio dell’autorità: di servizio non c’è niente in questi casi, vale a dire, c’è un autoritarismo molto forte che non ha nulla di evangelico. Secondo, la formazione: non solo è preconciliare, in questi casi, ma spesso anticonciliare. Ci sono alcuni che affermano che la sede di Pietro è vacante, è vacante a partire da Giovanni XXIII fino ai nostri giorni. Ossia, e questo è gravissimo, vuol dire che tutti i papi del concilio sono assenti, non si salva nessuno. Terzo, questioni economiche. Quarto, questioni affettive. Qui, con la discrezione che questo argomento sempre richiede, posso dirvi che, in questo momento ci sono una quindicina di fondatori indagati, per questioni affettive molto serie.
Ci preoccupa l’inadeguato esercizio dell’autorità, ci preoccupa la mondanità di cui parla papa Francesco, ossia lo stile di vita di molti consacrati segnati dal consumismo, dal comfort, ecc.
Ci preoccupa l’attivismo alienante che è lungi dal favorire la creatività e distrugge la comunione fraterna. C’è troppa, troppa crisi di vita comunitaria, lo posso assicurare».
Ma molte cose
ci rallegrano
Accanto a questi fenomeni dolorosi, ci sono però molte cose che invece ci rallegrano. P. Carballo le ha così enumerate, procedendo quasi per flash: «Ci rallegra la coerenza e la fedeltà dell’immensa maggioranza di consacrati. Capita che un albero che cade faccia più rumore di una foresta che sta in piedi. Ci rallegra una vita consacrata fecondata dalla spiritualità di comunione. Credo che in questo si sia fatto un grande cammino. Ci rallegra il desiderio di una maggiore radicalità evangelica e carismatica e di una vita consacrata appassionata, alla ricerca di una fedeltà creativa. Ci rallegra una vita consacrata maggiormente preoccupata della formazione integrale delle persone, anche se non sempre si riesce a trovare il cammino adeguato, ma almeno la preoccupazione esiste. Ci rallegra una vita consacrata che guarda al mondo, non come a un pericolo, a una minaccia, ma come al proprio chiostro. Ci rallegra una vita consacrata con una chiara coscienza di ecclesialità senza rinunciare alla sua ricchezza profetica, come ci chiede il papa».
Che cosa
ci preme oggi?
Che cosa ci preme oggi per una vita consacrata significativa? «Ci preme una vita consacrata che si senta in cammino. Centrata nel Signore, concentrata sugli elementi essenziali di ciascun carisma, e decentrata, ossia che vada al mondo in missione. Ci preme una vita consacrata che abbia sete di Dio e viva una spiritualità profondamente apostolica, una spiritualità che ci renda figli di Dio e figli della terra e, nello stesso tempo, profeti e mistici, testimoni e missionari. Ci preme una vita consacrata che faccia suo il compito di “primerear”, parola del papa Francesco che esiste solo nel suo vocabolario porteño, ma che qui ci sta. A me piace molto: una vita consacrata che accetti il compito di “primerear”, vale a dire, di aprire sentieri, di iniziare cammini, di riconoscere possibilità e non solo problemi. Una vita consacrata che parli con segni e con parole.
Ci preme una vita consacrata “in uscita”. Un’altra parola di papa Francesco è “uscita, ma sapendo dove si va”. Il papa nella Evangelii gaudium denuncia coloro che escono sì, ma non sanno dove vanno: sicuramente questi non trovano il cammino. “Uscita, ma sapendo dove si va”. Una vita consacrata più samaritana che si fermi e cerchi di rispondere alle situazioni emergenti dell’uomo e della donna di oggi.
Una vita consacrata che ricalcoli e riprogrammi le attività in armonia con le sue forze. Io credo che molti istituti non si rendono conto che il numero diminuisce continuamente, l’età media si alza vertiginosamente e vogliono continuare con le stesse attività. Ciò è impossibile. E questo avviene molto anche nei monasteri, non voglio dire tra i cistercensi, ma credo che questo sia il “punto dolens” della vita monastica. Continuare con le stesse strutture come quando si era moltitudine. Non si può andare avanti così.
Ci preme una vita consacrata – qui ho scelto tre verbi che mi sembrano importanti – che chiama, reclama e annuncia. In fondo si tratta di una vita consacrata profetica. Il profeta chiama, reclama quando c’è da reclamare, denuncia e annuncia: questo ci preme. Ci preme una vita consacrata, e qui mi riferisco alla Evangelii Gaudium, perché credo che noi religiosi dobbiamo leggerla come qualcosa che ci riguarda: “non lasciatevi rubare la speranza”, “non lasciarsi rubare la gratuità”. Io vedo qui una grande sfida per la vita consacrata. A volte si trova difficoltà ad inviare un fratello o una sorella in una comunità se non ha la pensione o un salario. Dove sta la gratuità? Bisogna recuperare la gratuità nella vita consacrata. Di questo sono convinto, altrimenti come dicono gli italiani “sono tutte chiacchiere”. Pertanto una vita consacrata che non si lasci rubare la speranza, la gratuità, l’ideale dell’amore fraterno. Una vita religiosa che non si lasci rubare la forza missionaria e la gioia dell’evangelizzazione. Infine, una vita consacrata che non si lasci rubare lo Spirito e il Vangelo, il vangelo eh! perché come scrisse molto bene Benedetto XVI, in “Verbum Domini” n. 83, tutti abbiamo le radici nel Vangelo”. Se perdiamo le radici, “arrivederci Roma”».
Ha un futuro
la vita consacrata?
Infine Carballo si è chiesto, come molti oggi, se la vita consacrata ha un futuro. Personalmente si è detto convinto che ce l’ha: «condivido pienamente le parole di Benedetto XVI ai vescovi del Brasile pronunciate in un momento molto delicato, quando un vescovo religioso scrisse all’Osservatore Romano che “la vita consacrata aveva i giorni contati”. Il papa rispose, senza rispondere, affermando che “la vita consacrata è stata voluta da Cristo e accompagnerà la Chiesa fino alle fine dei tempi”.
Però, attenzione, non tutta la vita consacrata avrà futuro. Sono convinto che avrà futuro una vita consacrata che sia profezia viva del Regno. Avrà futuro una vita consacrata capace di vivere un genere di vita alternativa e controculturale. Non dico “anti” ma controculturale. Il papa parla molto di andare controcorrente, ma attenzione, perché io credo che la vita consacrata possieda dei valori che non sono moneta corrente in questa cultura e non possiamo rinunciare ad essi. Come sono per esempio i voti. Una vita consacrata che assuma con coraggio questo periodo delicato e duro come un kairos di purificazione e un’occasione propizia per tornare all’essenziale. Avrà futuro, a mio modo di vedere, “una vita consacrata vissuta nella radicalità e senza protagonismo, nella kénosis”, diceva Benedetto XVI. Una vita consacrata che sia testimone di Cristo con una vita di povertà che non ha bisogno di dare spiegazioni. Vivere in chiave di solidarietà, di comunione, di giustizia. Infine, una vita consacrata che brilli per la qualità di vita, senza mai cadere nella tentazione del numero e dell’efficacia».
Antonio Dall’Osto