Giudici Giovanni
La preghiera
2020/1, p. 8
Tutto è presente al Dio della misericordia e della pace. Ma a Lui ci rivolgiamo, secondo l’insegnamento del Maestro, formulando delle richieste: “Dacci il nostro pane quotidiano, rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori…”. A riguardo di un mistero tanto singolare, quale è il dialogo della creatura con il suo Creatore e Redentore, il nostro è sempre uno sperimentare, un tentativo mai pienamente soddisfacente. Anzitutto dunque procuriamo di non smettere mai di cercare come meglio pregare, e dunque di vivere la preghiera ogni giorno come fosse la prima volta nella nostra vita.

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La preghiera
Tutto è presente al Dio della misericordia e della pace. Ma a Lui ci rivolgiamo, secondo l’insegnamento del Maestro, formulando delle richieste: “Dacci il nostro pane quotidiano, rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori…”.
A riguardo di un mistero tanto singolare, quale è il dialogo della creatura con il suo Creatore e Redentore, il nostro è sempre uno sperimentare, un tentativo mai pienamente soddisfacente. Anzitutto dunque procuriamo di non smettere mai di cercare come meglio pregare, e dunque di vivere la preghiera ogni giorno come fosse la prima volta nella nostra vita.
Qualche nota sul come pregare, ci è fornita dal Signore.
Prendendo spunto da Matteo capitolo 6, versetto 6, ascoltiamo «Tu invece, quando preghi, entra nella tua camera, chiudi la porta e prega il Padre tuo, che vede ciò che è nascosto…»
Per il cristiano la preghiera è un confidenziale dialogo tra lui e il Padre. Si tratta della decisione di aprirci al dono del desiderio di pregare. È una arsura che è suscitata in noi dallo Spirito Santo, e ci consente di elevarci verso l’incontro personale con Dio rimanendo nella nostra povertà. Nella nostra vita, come nella vita di ogni donna e ogni uomo, anche di coloro che non sanno consapevolmente pregare, la voce della sofferenza, della speranza, della gioia è grido suscitato dallo Spirito.
Come ogni incontro personale, la preghiera è un poco un mistero, un segreto. Per quanto poi riguarda il cristiano il suo grido sale a Dio, ed Egli trasforma il gemito dell’uomo in preghiera. Il Padre di Gesù, che si rivela come colui che è “misericordia e fedeltà”, accoglie il grido ancora inespresso dell’uomo, di ogni uomo e donna che soffre, che dispera della salvezza, che grida senza sapere a chi si rivolge.
Il Dio che abbiamo incontrato nella fede, ci viene incontro quando ci mettiamo in preghiera. Egli è capace di compatire la nostra esperienza, di prendersene cura, perché si lascia incontrare e riconoscere. Il Signore Gesù, con la sua parola e con le sue opere, attrae chi prega, e convince per la sua prossimità all’ascolto e al dialogo. E colui che prega viene trasfigurato dall’incontro. Talvolta la preghiera è senza parole, perché l’orante sta di fronte al Signore in silenzio: lascia che la luce del Sole illumini la sua personale vicenda.
E’ utile richiamare qualche aspetto di metodo, che può essere un aiuto a pregare.
Incomincia a pregare trovando la posizione giusta per un dialogo, per un ascoltare e un parlare che sia familiare. Non è banale il fare attenzione al proprio respiro, quasi per recuperare sé a se stessi. Trovarsi bene, e mettersi alla presenza di Colui che mi chiama consente di attuare un dialogo reale, con un desiderio di interpellare direttamente il Signore.
Fare memoria conduce all’invocazione, alla supplica, alla domanda. Pregare significa partire dal conoscermi e accettarmi umilmente per quello che sono: uno che non sa amare, che spesso pecca, che non è degno degli infiniti doni di Dio. Se non ci riconosciamo come siamo, ecco l’ipocrisia. “Per pregare si richiede umiltà e ancora umiltà” (Teresa d’Avila, Mansioni, 10). Ricordando tuttavia che umiltà non è avvilimento, disistima per se stessi; è infatti soltanto l’attesa di Dio a farci davvero poveri.
Vi è nel testo evangelico quell’invito del Signore: “entra nella tua dispensa”. Si tratta di quella stanza che si usava tenere interna alla casa, senza finestra, dove si ripongono i viveri al fresco possibile, luogo sicuro da topi, formiche e altro.
E’ immagine adatta a descrivere la parte più profonda del cuore, il luogo del proprio “sé”, là dove siamo nutriti dalla grande rivelazione dell’IO SONO che è risuonato nel dialogo con Mosè, che ha rinnovato la consapevole missione di Elia, testimoniare il Dio vivente. Ascoltando nel profondo di me l’opera del Dio creatore e redentore, sono veramente me stesso, immagine di Dio. Solo a partire dalla accettazione di una alterità in noi stessi, siamo in grado di ricuperare la somiglianza creaturale, “l’uomo nascosto nel cuore” di cui parla 1Pt 3,4a.
“Chiusa a chiave la porta..”. Il raccoglimento non si improvvisa, eppure è necessario. Dunque mente e cuore che sono allo sbaraglio tutto il giorno, nel momento della riflessione si troveranno piene di folate di vento che aprono la porta. Con pazienza non ci stancheremo di porre noi stessi in atteggiamento di attenzione e di pace, che consenta in quel momento, di ascoltare, nel parlare con Colui che è nel profondo di me stesso.
Non ci distoglie dal desiderio dell’incontro il pensiero di una necessità, di una sofferenza, di un impegno che ci attende. Non ci turbiamo per le interferenze che ci distraggono. Facciamo ritornare l’attenzione al dialogo, e sapremo utilizzare anche questa piccola sconfitta, che è l’ingresso di altre attenzioni nel momento del silenzio, manifestando al Signore la coscienza della nostra povertà, e dunque il desiderio di essere aiutati a mantenere quell’attenzione a Lui che ricerchiamo nella preghiera.
“Il Padre…ti ricompenserà”. Il Signore ci assicura che prima del nostro ascolto, vi è l’ascolto stesso di Dio per noi. Con l’incarnazione di Gesù di Nazareth, è Dio stesso che assume il nostro grido, e lo fa proprio. Siamo dunque ridonati a noi stessi, diventiamo figli nel Figlio, il nostro Maestro e Signore che non cerca se stesso ma il Padre e la sua volontà.
Giovanni Giudici