La misericordia dalle sbarre alle grate
2016/2, p. 33
Dietro le sbarre è diventato un uomo libero capace di
mettersi in ascolto prima di tutto della parola di Dio, poi
di se stesso e degli eventi che lo stanno progressivamente
guidando in un cammino di maturazione che ci lascia
piene di meraviglia e di gioia.
Un ergastolano scrive a delle monache benedettine
LA MISERICORDIA
DALLE SBARRE ALLE GRATE
Dietro le sbarre è diventato un uomo libero capace di mettersi in ascolto prima di tutto della parola di Dio, poi di se stesso e degli eventi che lo stanno progressivamente guidando in un cammino di maturazione che ci lascia piene di meraviglia e di gioia.
Un intenso passaggio della bella Lettera del Santo Padre Francesco con la quale si concede l’indulgenza in occasione del Giubileo straordinario della Misericordia, indirizzata il 1° settembre 2015 a mons. Rino Fisichella, Presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione, ci sollecita a condividere un particolare dono che è stato fatto a noi Benedettine dell’Adorazione Perpetua del SS. Sacramento di Catania e che continua a raggiungerci con sempre rinnovato stupore e gratitudine.
Scrive il Papa: «Il mio pensiero va anche ai carcerati, che sperimentano la limitazione della loro libertà. Il Giubileo ha sempre costituito l’opportunità di una grande amnistia, destinata a coinvolgere tante persone che, pur meritevoli di pena, hanno tuttavia preso coscienza dell’ingiustizia compiuta e desiderano sinceramente inserirsi nella società portando il loro contributo onesto. A tutti costoro giunga concretamente la misericordia del Padre che vuole stare vicino a chi ha più bisogno del suo perdono. Nelle cappelle delle carceri potranno ottenere l’indulgenza e ogni volta che passeranno dalla loro cella, rivolgendo il pensiero e la preghiera al Padre, possa questo gesto significare per loro il passaggio della Porta Santa, perché la misericordia di Dio, capace di trasformare i cuori, è anche in grado di trasformare le sbarre in esperienza di libertà».
Un intenso
scambio epistolare
Riteniamo una grazia particolare quella di essere testimoni privilegiate del meraviglioso cammino umano, spirituale e anche culturale di un nostro concittadino condannato all’ergastolo ostativo e che è diventato nostro specialissimo amico e compagno di viaggio in questa meravigliosa avventura che è la vita illuminata dalla resurrezione di Cristo. Dal febbraio 2010, infatti, abbiamo risposto prontamente al suo appello di uno scambio epistolare ammirando, con sempre rinnovato stupore, l’opera della Grazia divina nel cuore degli uomini.
Bellissimo il pensiero augurale che ci ha scritto in occasione della Pasqua del 2012: «Vi auguro Buona Pasqua, unitamente a tutti gli amici di Gesù e di Sua Mamma. Che le cinque ferite di Cristo sulla croce siano occhi aperti sul mondo da cui scorrono lacrime d’amore per chi accetta la Sua pace». Ed è a partire dalla Pasqua che possiamo leggere questa inedita e commovente esperienza di luce e di rinascita/rigenerazione di un uomo che, dal suo passato di morte, ha ritrovato le ragioni più profonde e sacre dell’esistenza. Un uomo libero sotto tutti i punti di vista, perché redento e riscattato dal sangue di Cristo, capace di mettersi in ascolto prima di tutto della parola di Dio, poi di se stesso e degli eventi che, man mano, lo stanno progressivamente guidando in un cammino di maturazione che ci lascia sempre piene di meraviglia e colme di gioia.
La corrispondenza epistolare con N. diventa, pertanto, una permanente “contemplazione” che ci restituisce la purezza e la verità di un’anima sempre più illuminata dallo Spirito Santo.
La coerenza della vita attesta e conferma la veracità di quanto egli scrive quale sorgente inesauribile di bellezza e profondità. Ce ne hanno dato conferma anche persone che hanno contatti diretti con lui. Del resto le varie lettere che conserviamo in successione cronologica sono contrassegnate da una crescente, costante e responsabile maturazione umana, spirituale, affettiva, relazionale. Non vi si riscontrano contraddizioni, instabilità, tolte ovviamente sporadiche occasioni di scoraggiamento o cambio d’umore tuttavia ben gestite e interiorizzate alla luce della Sacra Scrittura da lui letta, compresa, metabolizzata. La sua forza è la preghiera, il colloquio costante, intimo con l’Amico Gesù, così come amorevolmente N. chiama Nostro Signore, come pure per lui Maria è la Mamma per eccellenza.
«Grazie, Amico Gesù, per avermi permesso di amarTi, di avermi messo sulla Via, di aver costituito nel Tuo libro, in un’unica pagina, l’amore eterno per me e le mie sorelle del San Benedetto di Catania.
Ti prego, mio Signore, di rafforzare in me ciò che mi hai donato con la Tua luce e cioè l’amore per Te al di sopra di ogni altra cosa, e l’amore per il prossimo come me stesso.
Ti prego pure, mio Dio, affinché sia fatta la Tua volontà affinché si compia il Tuo disegno divino che consiste nel diventare degni per servire il Degno, Misericordioso, Giusto e pieno di Spirito Santo che è il Tutto in tutto. Amen».
I suoi “compagni”
di viaggio
Quello che più sbalordisce è la sapiente comprensione di quanto legge a riguardo di Dio, siano la Bibbia, libri spirituali, persino articoli di giornale: N. ha una chiara visione del mondo e della storia, della fragilità e grandezza dell’uomo e della sua inderogabile dignità di figlio di Dio. Egli è lo “scriba sapiente”, umile e sereno di quanto la misericordia divina traccia nelle pagine della sua quotidianità, quasi un trasmettitore, senza eccessi o sdolcinatezze, di una testimonianza che si sente chiamato a dare. L’incontro con il Signore ha cambiato radicalmente la sua vita, il suo modo di essere e di pensare facendone un uomo rinnovato, risanato da quelle ferite interiori inferte a se stesso prima ancora che agli altri: tutto questo ha contribuito a fargli recuperare un sano e sicuro equilibrio psicofisico, sicura garanzia di una credibilità umana fatta di coerenza e indiscussa onestà. In questi anni, N. ha pure conseguito un diploma e adesso studia legge.
Un uomo che ha ucciso, che ha fatto ammenda dei suoi crimini, vive oggi una liberante esperienza di fede che non è ripiegamento o manifestazione di una qualche fase mistico-depressiva, bensì coraggioso e coerente approdo ad una esperienza che lo coinvolge, lo compenetra, lo invita ad una fedeltà instancabile e continua verso la creatura nuova che è diventato e verso quel Dio che lo ha condotto e continua a condurlo amorevolmente per mano.
Un cammino
ascensionale
Leggendo le lettere di N. è possibile tracciare la “storia di un’anima” che ha via via percorso un cammino ascensionale: dalla dichiarazione di essere ateo impregnato tuttavia da un ardente desiderio di Dio, fino all’accettazione, quasi una resa incondizionata, dell’irrompere di questo Mistero nella sua vita in una schietta, immediata, genuina adesione di fede. La successione delle lettere evidenzia anche il progressivo rasserenamento umano di quest’uomo, prima più acerbo, come chiuso in se stesso, consapevole dei suoi errori ma arcigno, diventato successivamente – in rapporto alla trasformazione operata dall’azione di Dio nel suo cuore – una persona sempre più serena, aperta, provvista anche di un umorismo simpatico e coinvolgente: un uomo estremamente intelligente, dotato di una introspezione non comune, capace di guardare con chiarezza alla sua vita passata e presente (e persino futura) senza eccessi sia nei rimorsi sia nella facilità a dimenticare il male fatto o a considerarlo superficialmente. Egli non fa sconti al suo passato, né li pretende; piange i suoi peccati con maturità ed equilibrio, non per deprimersi e incupirsi, ma per annunciare la misericordia di Dio che, nonostante la “notte” attraversata, gli ha restituito la sua originaria dignità, un’innocenza dal punto di vista spirituale che lo ha reso un uomo pieno di comprensione verso gli altri, con una singolare capacità empatica e un altruismo generoso e disinteressato.
Ha pianto
dopo la prima lettera
La ricerca inizialmente confusa, individualista, è stata progressivamente supportata dalle nostre risposte e dal confronto che N. cercava con altre persone (il cappellano, alcuni volontari…). L’informe religiosità iniziale dove i vocaboli luce, energia, Essere supremo, predominavano, ha lasciato ben presto posto alla dottrina cattolica da lui adesso abbracciata con consapevolezza. Gesù Cristo è diventato il Signore della sua vita.
In seguito alla nostra prima lettera di risposta, N. ha scritto: «Cara Madre, con grande gioia e commozione ho ricevuto la sua lettera con-scritta col cuore dalle sorelle a Lei vicine. Ho pianto come chi sta per morire di sete in una barca sul mare salato e, all’improvviso, una nuvola su di sé gli precipita dell’acqua per dissetarsi: “… ha delle sorelle e delle amiche, adesso, che le vogliono bene”. Questa frase è “acqua” per chi vive sulla “barca” dell’emarginazione.
Sto pensando che se domandassi ad ogni essere umano se conosce il mare, credo che tutti risponderebbero di sì. Ma in realtà nessuno di loro lo conosce. Vedono solo il suo mantello che è la sua acqua; ma non conoscono e non vedono la sua profondità, i suoi scogli, coralli, caverne, pesci. E quando esso si agita, molti dicono: “il mare è in tempesta”, ma in realtà è il vento che lo fa agitare e, quindi, agenti esterni. Con questo penso di dire che noi esseri umani spesso guardiamo il nostro simile come conosciamo il mare: solo il suo mantello. E lo giudichiamo negativamente quando le sue azioni sono distruttive, come il mare agitato, senza renderci conto che le azioni negative di un uomo, non sono in sé ma sono agenti esterni per come lo sono per il mare in tempesta. Bisognerebbe che ogni uomo guardasse nel suo profondo e in quello degli altri, che ogni uomo veda nelle sue azioni e quelle degli altri gli agenti che le hanno determinate. Solo così, forse, si avrebbe il risveglio di ciò che è dentro l’essere umano: la solidarietà. […]. Volevo concludere dicendole che sarei felicissimo di comunicare con Lei e le sorelle che nel mio cuore siete amiche speciali, perché conoscete il mare oltre il suo “mantello”».
“Gesù mi ha fatto
sentire il suo amore”
Col passare dei mesi N. ci ha scritto con tono confidenziale, ma sempre intriso di sacro rispetto, nella consapevolezza che lo scriverci non è mai qualcosa di banale, scontato, ma un appuntamento sempre tanto atteso, preparato, meditato…. È molto espansivo, affettuoso, simpatico: egli si sente figlio e fratello, sa di essere amato e ci ricambia incondizionatamente. Il sentirsi voluto bene, ha ribadito più volte, è stata la molla che lo ha spinto a cambiare, a credere nuovamente nella vita e in Dio!
N. si è mostrato, sin dall’inizio, come una persona naturalmente predisposta alla meditazione nutrendo un grande amore per il silenzio. Nella lettera del 26 aprile 2010 scriveva: «Sono le 2,20 e vi è un silenzio di pace che cerco di tenere prigioniera dentro di me anche quando questo luogo di ferro e cemento si anima di centinaia di voci con tutti quei problemi umani concentrati all’interno di un recinto che separa i buoni dai cattivi, secondo il pensiero comune».
In tutte le lettere di N. c’è sempre un pensiero per gli altri: per noi, i suoi cari lontani, per i suoi compagni di pena, per alcune gravi notizie delle quali viene a conoscenza, per le persone malate affidate alla sua preghiera o da noi stesse o da altri: «Oggi 1° maggio 2011, Gesù mi ha fatto sentire il Suo amore – visto che io dico a Lui che non sono degno del suo amore – tramite una guardia carceraria che è venuta davanti alla mia cella e mi ha chiesto di pregare per lui. E io gli ho risposto che già pregavo per lui e per i suoi figli. Credetemi, ho un grande imbarazzo nel sentirmi amato da Gesù».
E ancora, sin dalle sue prime lettere, ci ha parlato di un impegno da lui preso e al quale è davvero fedele: «In questo momento sono le ore 4,10 e sto pensando che c’è una mia sorella in preghiera davanti al tabernacolo. E non so perché ciò mi dà un senso di gioia che forse è l’essenza della sicurezza dell’animo umano. Voi amate il Sofferente tra i sofferenti. Anch’io da qualche tempo mi sono imposto una missione: dedico ogni mattina un minuto di silenzio a tutti coloro che hanno versato il loro sangue durante la guerra al nazifascismo, ma al contempo il mio pensiero va a tutti quelli che hanno perso la vita per colpa di quegli uomini che hanno giocato e giocano a farsi la guerra. Ho rintracciato il libro con le lettere scritte dai condannati a morte durante la Resistenza e ogni sera ne leggo una al nostro Amico Gesù. Ve n’è una di un sacerdote che si chiama Aldo Mei, fucilato il 4 agosto 1944 (aveva 32 anni) da un plotone tedesco perché nascose nella propria abitazione un giovane ebreo. Mi ha colpito questa frase: “Ho fatto troppo poco in vita per queste pecorelle più sbandate. Ora in morte assicuro che anzitutto per esse e per la loro salvezza offro la mia povera vita”. Lui è morto due volte: la prima fucilato dagli uomini, la seconda per dare la sua vita in rappresentanza di tutti i perseguitati».
E ancora: «Venerdì scorso, attorno alle ore 23,00 circa, dopo aver letto la Bibbia, ho pensato a Gesù e sono scoppiato a piangere. […] Fortunatamente penso e spero che quello che ero un tempo è morto da anni e anni e spero che Gesù lo abbia accolto con grande severità e castigo per poi perdonarlo nella sua misericordia. E dire che sino a poco tempo fa mi dichiaravo ateo, e adesso chiedo mattina e sera e notte a Gesù di farmi arrivare alla “vetta”…».
Un uomo generoso
e libero da se stesso
N. è un uomo generoso, libero da se stesso – non perché non abbia più nulla da perdere ma perché ha scoperto che avendo Dio ha tutto - e quindi aperto a quanto il Signore gli dona o permette nella sua vita. È un uomo che sa chiedere il perdono e sa darlo. In carcere ha incontrato il fratello di un uomo alla cui morte lui aveva concorso. Non solo ha chiesto sinceramente perdono, ma voleva mettersi anche a servizio di quel detenuto invalidato da un ictus. Ovviamente per motivi burocratici e di logica umana fatta di precauzione e prevenzione non è stato possibile, ma la logica del Vangelo non può sempre dare garanzie razionali e verificabili. È affare di fede.
Spigoliamo ancora tra le sue lettere: «Riguardo al mio passato non mi vergognerei assolutamente di confessare al mondo i miei peccati. Ed è proprio questo che mi dà forza e serenità: aver fatto autocritica dei miei crimini ed essermi liberato da ciò che era un male. E questo, oggi, mi rende una persona serena e non ricattabile, nel senso che non ci sarà più niente e nessuno che distruggerà ciò che ho conquistato: la luce che sta dentro di me e di cui mi nutro.
Leggendo il Vangelo e le Lettere di san Paolo sto cercando di “salire” una montagna per vedere se attorno a me c’era quel “cerchio” che io non vedevo… Piangendo esclamo: Mi ha tratto fuori da una fossa di perdizione, dal pantano fangoso; ha fatto posare i miei piedi sulla roccia, ha reso sicuri i miei passi (Salmo 40,3).
Cercherò di annullarmi e riempire questa nullità di Gesù, affinché mi illumini su cosa fare della mia vita. Io sto cercando Gesù… la sera mi immagino mentre gli curo le ferite, oppure piangiamo insieme per chi soffre, o alcune volte mi immagino che io e Lui facciamo una passeggiata al lungomare e parliamo di tante cose. Ma la più bella fantasia è nei sogni dove io sono il nulla ed essi riempiono questo vuoto.
Gesù mi sta riempiendo della sua grazia e mi sento un verme nei suoi confronti perché ho resistito al suo Amore. Ma credo che tante cose sono state messe assieme affinché io amassi Lui!
Da quando Gesù mi ha voluto come suo servo mi ha fatto vivere delle forti emozioni. Tutto ciò che amavo prima che Gesù mi cercasse l’ho affidato a Lui svuotandomi in modo che mi riempia del Suo amore: Egli è veramente l’unica vita, l’unica sorgente di vita! Ed io nella mia esperienza sento tanto vero ciò che Dio proclama nel libro Isaia: Sono stato trovato da quelli che non mi cercavano, mi sono manifestato a quelli che non chiedevano di me (Is 65,1).
Sento tanto dolore per la “via crucis” di Gesù. E ciò che mi fa piangere non è solo la sua crocifissione ma che è stato sputato in faccia come se non era degno di stare in questo mondo mentre Lui era ed è il Degno tra i degni. In realtà Lui è venuto per salvare un mondo dove gli uomini hanno la possibilità, per mezzo di Lui, non solo di essere graziati dai loro peccati, ma di essere fatti degni per il Regno di Dio. E mentre prego ai piedi della croce sento che Maria prega accanto a me. Ora ho capito che ogni volta che si prega, la Madonna prega insieme a noi: …e da quel momento il discepolo la prese in casa sua (Gv 19,27).
Il mio cuore quando ha sentito l’amore per Gesù, o meglio l’amore che Gesù gli ha dato, ha detto: Ti amo!».
Una croce
con semi di carruba
Ovviamente le difficoltà sono tante e la conversione di N., come intuiamo, gli ha attirato delle ostilità che, tuttavia, lui sa gestire con serena carità cristiana. Come ogni uomo anche lui ha certamente dei difetti, ma noi siamo testimoni che lavora tanto per avvicinare sempre più la sua fragilità umana all’onnipotenza divina che tutto risana e rinnova. E vogliamo congedarci da chi leggerà questa bella testimonianza con un’immagine consegnataci dallo stesso N.: «Ho realizzato una piccola croce fatta con semi di carruba attaccati ad un pezzo di cartone a forma di brillante. Ho identificato Gesù come una carruba: cibo povero per gli animali, ma con i suoi semi (carati) si pesano i brillanti che simboleggiano la luce. Ecco, può essere che Gesù era ed è poca cosa per una parte di gente e mezzo di luce per un’altra parte? Sì! come la carruba: insignificante per chi la dà agli animali, ma importante per chi usa il suo seme per pesare i brillanti. Possiamo anche dire: Chi guarda in tutte le sue parti una cosa umile, può scoprire in una di esse un tesoro eterno.
Pensate un po’… da un cibo per animali (che io ho mangiato sentendomi più fortunato del figliol prodigo) si ricava un peso per i brillanti! Ciò è simile a ciò che è Gesù: messo come le carrube in una mangiatoia appena nato e Unico “peso” per gli uomini attraverso i semi.
Credo che la Chiesa dovrebbe meditare su queste “carrube”. Sicuramente ne trarrebbe un senso spirituale più profondo del mio e più comprensibile per chi crede che Cristo sia la luce di ogni cuore che illumina la via verso il Tutto».
suor Maria Cecilia La Mela OSBap