UN ARGOMENTO DA
APPROFONDIRE
LETTURA
LITURGICA DELLE SCRITTURE
La “novità” portata dal concilio nella liturgia
romana in seguito alla riforma liturgica ha bisogno di essere ulteriormente
approfondita. Forse è anche questa una di quelle ricchezze della riforma
liturgica non ancora totalmente esplorate.
Uno dei frutti
più evidenti e più significativi per la vita e la spiritualità cristiana del
concilio Vaticano II è stato senza dubbio il rinnovato rapporto dei credenti
con le Scritture. Molteplici sono stati i “luoghi” nei quali questo nuovo
rapporto si è realizzato: gruppi biblici, momenti di formazione, cammini di
lectio divina personali e comunitari… Tuttavia un “luogo” privilegiato nel
quale si è sviluppato e alimentato il rapporto dei credenti con la Bibbia è
stato certamente la liturgia in seguito alla riforma liturgica promossa dal
Vaticano II. Almeno questo frutto della riforma liturgica non può essere messo
in dubbio, dal momento che i risultati positivi a quarant’anni da Sacrosanctum
concilium (SC) sono sotto gli occhi di tutti.
Basti pensare a
cosa era la proclamazione della Scrittura nel Messale Romano detto di Pio V,
per accorgersi della profonda novità inaugurata dal Vaticano II, che nella
costituzione sulla santa liturgia auspicava: «Nelle sacre celebrazioni si
restaurerà una lettura della sacra Scrittura più abbondante, più varia e meglio
scelta» (SC 35.1). Se il concilio parla di “restaurazione”, significa che si
considera come un elemento “da recuperare”, e quindi andato in parte smarrito
lungo i secoli, l’importanza della proclamazione delle Scritture sante nella
liturgia. Una delle preoccupazioni del concilio è appunto di fare in modo che
«la mensa della parola di Dio sia preparata ai fedeli con maggiore abbondanza»
(SC 51).
Tuttavia questa
“novità”, portata dal concilio nella liturgia romana in seguito alla riforma
liturgica e in particolar modo con la pubblicazione dei nuovi lezionari per la
celebrazione dell’Eucaristia e dei sacramenti, probabilmente ha bisogno di
essere ulteriormente approfondita. Forse è anche questa una di quelle ricchezze
della riforma liturgica «non ancora totalmente esplorate» (Prop. 2) di cui
parlano le Propositiones del sinodo dei vescovi sull’Eucaristia dell’ottobre
2005. Innanzitutto pare non molto assimilato dai credenti, e spesso anche dai
pastori…, che la liturgia costituisce un luogo di “ermeneutica” delle Scritture
e suggerisce anche un metodo di lettura della Bibbia. Questo aspetto così
rilevante, non solo per la partecipazione alle celebrazione liturgiche, ma
anche per la spiritualità in genere, merita di essere approfondito facendo
riferimento ad alcuni passi significativi dell’Ordinamento delle letture della
messa (OLM).
Il testo più
significativo e completo per avere una panoramica sul senso della proclamazione
della Scrittura nella liturgia è indubbiamente l’OLM. In questo documento,
purtroppo poco conosciuto, troviamo non solamente enunciati gli orientamenti di
fondo che regolano la liturgia della Parola, ma anche i criteri con i quali le
letture bibliche per la celebrazione eucaristica sono state scelte.
Nel primo testo
sul quale ci soffermiamo l’OLM parla in modo veramente mirabile del senso della
lettura delle Scritture nella liturgia cristiana nel paragrafo intitolato Il
significato liturgico della parola di Dio (3). In questo testo l’OLM afferma:
«I molteplici
tesori dell’unica parola di Dio si manifestano mirabilmente nelle varie
celebrazioni, come anche nelle diverse assemblee di fedeli che a esse
partecipano, sia quando si rievoca nel suo ciclo annuale il mistero di Cristo,
sia quando si celebrano i sacramenti e i sacramentali della Chiesa, sia quando
i singoli fedeli rispondono all’intima azione dello Spirito Santo. Allora
infatti la stessa celebrazione liturgica, che poggia fondamentalmente sulla
parola di Dio e da essa prende forza, diventa un nuovo evento e arricchisce la
parola stessa di una nuova efficace interpretazione. Così la Chiesa segue
fedelmente nella liturgia quel modo di leggere e di interpretare le sacre
Scritture, a cui ricorse Cristo stesso, che a partire dall’”oggi” del suo
evento esorta a scrutare tutte le Scritture».
Il testo è molto
denso e in poche righe riporta alcuni tratti fondamentali circa “il significato
liturgico della parola di Dio”. Tra questi tratti è importante ricordarne i
principali.
Innanzitutto
l’OLM afferma che «i molteplici tesori dell’unica parola di Dio» si manifestano
nelle celebrazioni liturgiche e nelle assemblee riunite per la liturgia. Il
testo specifica che tale “manifestazione” della Parola nelle celebrazioni e
nelle assemblee radunate avviene sia nella celebrazione annuale del mistero di
Cristo (cioè nell’anno liturgico nella celebrazione dell’eucaristia e della
liturgia delle ore), sia in tutte le celebrazioni dei sacramenti e dei
sacramentali.
Pertanto si
afferma che ogni celebrazione liturgica ha come contenuto la Parola che nel
rito, «attraverso la proclamazione delle Scritture», ritorna un evento nuovo e
attuale. Il mistero pasquale di Cristo proclamato nella sacra Scrittura è il
medesimo evento che la liturgia celebra, pertanto non ci può essere
celebrazione liturgica senza proclamazione della Parola. Nella stessa linea il
medesimo testo insiste affermando che la celebrazione liturgica «poggia
fondamentalmente sulla parola di Dio» e «da essa prende forza».
COME VIVERE IL
MOMENTO
DELLA
PROCLAMAZIONE?
Questo stretto
legame tra celebrazione liturgica e proclamazione delle Scritture, ci dovrebbe
spingere a interrogarci sul nostro modo di vivere il momento della
proclamazione della Parola (liturgia della Parola dell’Eucaristia, dei
sacramenti, dei sacramentali e della liturgia delle ore) che ancora troppo sovente
è considerato alla stregua di un qualsiasi momento di catechesi, nel quale una
certa impostazione moralistica prende spesso il sopravvento. L’OLM infatti
parla di «manifestazione dei molteplici tesori dell’unica parola di Dio»,
quindi di una “epifania” degli eventi della storia salvifica nella vita dei
credenti e delle comunità. Un esempio significativo potrebbe essere la
celebrazione della Penitenza. In quanti casi essa avviene senza la
proclamazione della Scrittura come invece richiederebbero i Praenotanda del
Rito della Penitenza. Ma se ciò che “accade” nel sacramento è l’evento di
misericordia e di conversione che sempre la Parola annuncia, è possibile una
celebrazione sacramentale priva di un elemento così centrale?
In secondo luogo
il testo di OLM 3 afferma che la celebrazione liturgica «diventa un nuovo
evento e arricchisce la parola stessa di una nuova efficace interpretazione».
Anche qui troviamo una affermazione fondamentale. Si afferma che la
celebrazione è luogo nel quale la Parola riceve una “interpretazione” nuova
proprio perché diviene evento attuale nella vita della Chiesa.
Anche il
documento L’interpretazione della Bibbia nella Chiesa della Pontificia
commissione biblica, tra i vari metodi di lettura delle Scritture, non
tralascia di ricordare che esiste anche un uso liturgico delle Scritture che ha
una valore unico nella vita della Chiesa. Infatti nella liturgia si «realizza
la perfetta attuazione dei testi biblici, perché ne situa la proclamazione in
seno alla comunità dei credenti riuniti intorno a Cristo»1.
Ma qual è “il
metodo” di questa interpretazione che si realizza nella liturgia? È il testo
stesso di OLM 3 a darci la risposta. Infatti esso afferma che «la Chiesa segue
fedelmente nella liturgia quel modo di leggere e di interpretare le sacre
Scritture, a cui ricorse Cristo stesso, che a partire dall’”oggi” del suo
evento esorta a scrutare tutte le Scritture». Facendo riferimento al brano
programmatico del vangelo di Luca (4,21), testo normativo per ogni lettura
cristiana delle Scritture, l’OLM afferma che il modo di leggere le Scritture
della liturgia è il medesimo usato da Gesù stesso, che legge le Scritture
affermando: «Oggi si è adempiuta questa scrittura». Ugualmente la lettura
liturgica delle Scritture parte da Gesù stesso come “chiave ermeneutica”
dell’Antico e del Nuovo Testamento.
Significativo
per cogliere il “metodo” di lettura delle Scritture al quale la liturgia ci
conduce è il brano evangelico dei discepoli di Emmaus (Lc 24,13-35). In questo
testo il misterioso pellegrino accostò i due discepoli nel loro triste
camminare verso casa, svelò loro il senso delle Scritture e «cominciando da
Mosè e da tutti i profeti, spiegò quanto lo riguardava in tutte le Scritture»
(Lc 24,28). Se ci pensiamo bene, è proprio ciò che accade nelle nostre liturgie
eucaristiche, nelle quali siamo condotti «attraverso Mosè e il profeti» a
riconoscere il Signore Risorto nello spezzare il pane.2 Tale percorso
costituisce un “metodo ermeneutico”, cioè un metodo di lettura delle Scritture,
che può guidare anche la lettura personale dei credenti e condurli a
riconoscere che ogni pagina delle Scritture rende testimonianza al Cristo.
L’“oggi” di Cristo, che si attua nella celebrazione liturgica, è per i credenti
principio di interpretazione della «parola scritta, che diventa così nuovamente
parola viva» (PCB, L’interpretazione, 111).
LA PROCLAMAZIONE
DEL VANGELO
Se questa è la
lettura della Scritture alla quale la liturgia ci conduce, occorre anche
sottolineare che nella liturgia della Parola, e in modo particolare della
celebrazione eucaristica, esiste un rapporto tra le letture. Questo è un
aspetto che non è possibile ignorare, non solo in vista dell’omelia, ma anche
per una corretta lettura personale del lezionario nella lectio divina e nella
preparazione della liturgia.
Se già i
Principi e norme per l’uso del Messale Romano (PNMR, II ed.) al n. 35 affermano
con forza la centralità del vangelo nella liturgia della Parola, ancor più
esplicito a questo riguardo è l’OLM. Al n. 13 di questo documento si legge:
«La lettura del
Vangelo costituisce il culmine della stessa liturgia della Parola; all’ascolto
del Vangelo l’assemblea vien preparata dalle altre letture, proclamate nel loro
ordine tradizionale, prima cioè quelle dell’Antico Testamento e poi quelle del
Nuovo».
In questo testo
non solo si dice la centralità del Vangelo e il suo ruolo nella liturgia della
Parola, ma si specifica anche il rapporto che intercorre tra le varie letture.
Il Vangelo, si afferma, viene preparato dalla proclamazione delle altre letture
che devono condurre alla sua “interpretazione”. Quindi, se al n. 3 dell’OLM si
afferma che nella liturgia le Scritture sono interpretate a partire dall’“oggi”
di Cristo, il n. 13 specifica come si possa giungere a una tale lettura.
Afferma cioè che è passando attraverso le altre letture «nel loro ordine
tradizionale» che si può giungere a comprendere il mistero pasquale di Cristo
che il brano evangelico “proclama”.
A partire da
questi testi non si può quindi leggere il lezionario liturgico dell’Eucaristia
e degli altri sacramenti senza tener conto del rapporto che intercorre tra le
varie letture. Non è possibile leggere le singole letture dell’Antico e del
Nuovo Testamento come se fossero tra loro indipendenti e isolate. La liturgia
della Parola è una unità che vuole “narrare” il mistero che in quella
celebrazione liturgica si celebra e a quel “mistero” – evento di salvezza –
tutte le letture, nel rapporto che lega l’una all’altra, vogliono condurre.
Estrapolare le letture dal loro contesto liturgico (altre letture, momento
dell’anno liturgico…), significa tradirne il messaggio.
Per evitare il
rischio di una lettura “parziale e scorretta” dei brani biblici della liturgia
della Parola, occorre conoscere quindi innanzitutto i criteri di scelta delle
letture stesse. Infatti è tramite questi “criteri di scelta” che si può poi
risalire ai rapporti esistenti tra le varie letture. Tali criteri li troviamo
descritti sempre nell’OLM ai nn. 65-77; 92-110. Non è possibile qui soffermarsi
sui singoli criteri, che vengono riportati per ogni tempo dell’anno liturgico,
ma è sufficiente ricordare che nell’OLM si è voluto sottolineare con forza
l’importanza di conoscere questi criteri per una efficacia pastorale della
celebrazione e in particolar modo della predicazione liturgica.
Ricordare questi
criteri e il valore delle scelte fatte ci può anche aiutare a evitare il
rischio di facili fughe verso altre direzioni che la riforma liturgica e il
concilio hanno voluto espressamente scartare, come ad esempio la scelta tematica
delle letture. L’inopportunità di scelte di questo tipo non dipende solo dal
rispetto di “norme liturgiche”, ma dal senso della proclamazione delle
Scritture nella liturgia e, in ultima, analisi della celebrazione liturgica
stessa.
Abbiamo voluto
sottolineare, attraverso il riferimento a due brani dell’OLM, alcuni aspetti,
forse a volte dimenticati, di una delle più grandi ricchezze delle riforma
liturgica, cioè la proclamazione della Parola nella celebrazione liturgica.
Come già abbiamo detto, anche la sola riscoperta dell’importanza della
proclamazione della Parola e il rinnovato Lezionario sono già di per sé una
grande novità della riforma liturgica. Tuttavia ci sono «ricchezze non ancora
totalmente esplorate» che attendono una attuazione nella vita della Chiesa,
affinché la liturgia possa tornare a essere sempre più per tutti i credenti
vero incontro con il Signore Risorto, e per questo luogo di spiritualità
autentica e di vita cristiana. Nella liturgia non solo si può ascoltare la
Scrittura in modo più abbondante di prima, ma si può anche “imparare” a leggere
le Scritture in «quel modo… a cui ricorse Cristo stesso, che a partire
dall’“oggi” del suo evento esorta a scrutare tutte le Scritture».
Matteo Ferrari, osb cam
1 pontificia
commmissione biblica L’interpretazione della Bibbia nella chiesa, Libreria
Editrice Vaticana, Città del Vaticano, 1993, 110-111.
2 Questo
percorso attraverso l’Antico Testamento per giungere al Vangelo è presente in
ogni liturgia eucaristica domenicale e festiva, solo nel tempo pasquale il
lezionario ha fatto la scelta, certamente un po’ discutibile, di riportare
unicamente testi del Nuovo Testamento, ponendo una pericope degli Atti degli
Apostoli come prima lettura.