INCONTRARE I GIOVANI DA CONSACRATI

I GIOVANI COSA SI ASPETTANO?

 

Molti sono i religiosi quotidianamente impegnati nella pastorale giovanile. Con l’avvicinarsi dell’estate si moltiplicano le proposte e i progetti formativi. Ma dentro quale contesto sociale incontriamo i giovani, come stare loro vicino, che cosa si aspettano dalle persone consacrate?

 

«Ciao. Prima di tutto, non voglio assolutamente offendere in alcun modo nessuno e non ce l’ho con il mondo intero né con Dio, che però secondo il mio parere non esiste. Sono un comunista convinto e perciò il mio unico credo è il marxismo. Sono battezzato, ho fatto la comunione e la cresima, ma solamente perché ormai è diventata una moda e così l’ho fatto anch’io».

«Sono un ragazzo di 16 anni, abito a Vicenza. Scrivo per esprimere un disagio che costantemente provo nell’ambiente in cui vivo. Non nella famiglia, come si potrebbe pensare, ma nell’ambiente dei miei coetanei, dei miei compagni di scuola. Infatti io sono tra i pochi della mia età ad avere l’ardire di definirsi cristiano, e per questo sono spesso offeso, preso in giro, fatto bersaglio di varie cattiverie».

Queste due testimonianze apparse in un recente volume,1 rappresentano due modi di vivere il rapporto con la religione. È possibile captare il reale interesse dei giovani per la religione? L’Istituto IARD ha condotto una ricerca sulla religiosità giovanile in Italia,2 avendo come destinatari i giovani dai 15 ai 34 anni. Quasi il 70% degli intervistati ha dichiarato di aderire alla religione cristiana cattolica, e per il 30% essa rappresenta un aspetto importante della propria vita. Se passiamo all’analisi della pratica religiosa, «i più restii sono i giovani tra i 18 e i 24 anni, soprattutto se maschi residenti nelle regioni del Centro-Nord.

A livello complessivo negli ultimi dodici anni, la frequenza della santa messa tra i giovani italiani si è ridotta. Tra i 15 e i 24, infatti, i frequentatori settimanali sono passati dal 25% al 17% nel 2004». Il Rapporto descrive undici interessanti tipologie di religiosità giovanile: “gli agnostici”, cioè coloro che hanno «scarsa fiducia sia nelle forme istituzionali che nei sacerdoti», “i non credenti”, cioè coloro che ritengono irrilevante la religione nella propria esistenza, “quelli che credono in un dio generico”, cioè persone con un capitale sociale e culturale elevato, «lontane dalle forme tradizionali e istituzionalizzate della professione religiosa, molto attenti a difendere la propria libertà ed individualità». Una minima percentuale è rappresentata da giovani che aderiscono a religioni diverse da quella cristiana cattolica. Se i “cristiani generici” affermano di credere in Gesù ma non nella Chiesa e sono in fase di allontanamento, i “cristiani lontani” sono giovani che «hanno abbandonato quasi completamente qualsiasi forma di pratica religiosa, anche se non percepiscono in declino la loro fede personale».

La percentuale più alta è rappresentata dai cosiddetti “cattolici occasionali” cioè quei giovani per i quali «la religione non è una parte essenziale della loro vita, la partecipazione alla vita comunitaria è molto scarsa e si risolve in una frequenza sporadica delle funzioni religiose ed in saltuario colloquio personale con Dio». Numerosi sono i “cattolici ritualisti”, cioè giovani per i quali la fede è «una consuetudine che non si vuole spezzare. Si tratta di una fede più di precetti che di sentimenti, che non scalda particolarmente il cuore». A scalare, troviamo i “cattolici moderati”, giovani che «hanno una chiara scelta di appartenenza alla religione cristiana. Si tratta di giovani con una religiosità più strutturata, sostenuta da una situazione familiare in cui la fede è rilevante per buona parte dei componenti del nucleo familiare». Ci sono infine i cosiddetti “cattolici intimisti” e i “cattolici ferventi”: sono giovani più convinti della propria appartenenza religiosa per i quali la Chiesa cattolica è un indubbio punto di riferimento. Per i primi è molto importante la dimensione individuale, per i secondi come valore aggiunto troviamo la disponibilità a lasciarsi coinvolgere nelle attività della comunità locale.

Dall’inchiesta emerge che la famiglia di origine riveste un ruolo fondamentale nella trasmissione della fede, ma si trova indebolita a causa di «una progressiva perdita di importanza della dimensione religiosa da una generazione a quella successiva». A motivo della pluralità di proposte e della realtà sociale sempre più globale, i giovani si ritrovano sempre più disarmati e incapaci culturalmente di affrontare un discorso religioso. Acquista sempre più interesse la preferenza per la vita di gruppo a discapito delle istituzioni ecclesiali, poiché è nel piccolo gruppo che ci si sente protetti, riconosciuti ed accettati.

In margine a questa inchiesta, va annotato un recentissimo sondaggio realizzato dall’Eurisko per conto della Società San Paolo sul tema “Giovani e vocazione”, dal quale sono emerse alcune sorprese:3 «Una delle cose interessanti – afferma il sociologo Franco Garelli – è il fatto che di fronte all’idea di vocazione non c’è presa di distanza. Quando i giovani pensano a questa cosa la valorizzano». In generale, i giovani danno valore alla vita religiosa «quando la intendono come vita spesa per gli ultimi» (emarginati, missioni). Un dato su cui seriamente riflettere è la mancanza di appoggi educativi esterni la famiglia: il 42,2% dichiara di poter fare affidamento su propri genitori, il 36,6% dichiara di non avere avuto nessuno vicino come sostegno, e solo l’1,1% ha incontrato sacerdoti e suore capaci di fare da guida…

 

I GIOVANI

UN DONO SPECIALE

 

Giovanni Paolo II, al termine del grande Giubileo aveva riconosciuto nei giovani una formidabile eredità da consegnare alla Chiesa del terzo millennio. Così infatti scriveva: «Ancora una volta, i giovani si sono rivelati per Roma e per la Chiesa un dono speciale dello Spirito di Dio» (Novo Millennio Ineunte 9). E negli anni successivi si sono intraprese e potenziate azioni di pastorale giovanile volte a ridefinirsi a misura dei giovani.

Anche la vita consacrata si è messa in attento ascolto dei giovani, nel tentativo di proporre adeguati cammini di evangelizzazione. Risale a qualche mese fa un riuscito convegno promosso dalla CISM, con la presenza di oltre 250 partecipanti (15 istituti maschili e 36 femminili), avuto luogo a Roma dal 23 al 26 gennaio sul tema “Ripartiamo dai giovani. Come evangelizzare i giovani con i giovani”.4 Una proposta, fra le tante, che ci sembra meriti una ripresa da rilanciare nei circuiti della pastorale giovanile dei vari istituti religiosi è l’esperienza della Tendopoli, promossa dai padri barnabiti e presentata al convegno da p. Francesco Cordeschi cp (www.tendopoli.it). L’esperienza della tendopoli ha più di venticinque anni di storia e si basa su alcune semplici e illuminanti convinzioni. La prima: non basta incontrare occasionalmente i giovani, bisogna offrire loro momenti forti di preghiera, spiritualità, confronto, perché si rafforzino interiormente e siano convinti della scelta cristiana. La seconda convinzione risiede nella grandissima fiducia nei giovani. L’esperienza della tendopoli viene preparata con i giovani: i giovani evangelizzati diventano poi evangelizzatori di altri giovani, nel vivo desiderio di proporre “un annuncio giovane che evangelizza tutti”. Terzo presupposto: il coinvolgimento delle comunità religiose passioniste. In altri termini, facendo l’esperienza della tendopoli ai giovani viene “raccontato” il carisma e la comunità religiosa si affianca in questo cammino accompagnando, sostenendo, pellegrinando con loro ed insieme a loro.

Per quanto concerne i contenuti, la tendopoli è il tentativo di rivivere l’esperienza biblica del Tabor. È soprattutto un forte momento per meditare la passione del Signore. E ciò viene messo in atto attraverso l’esperienza del cammino. «Cammiando – osserva p. Francesco – si educa, camminando si creano i percorsi educativi, camminando si attaccano le corde ai chiodi della scalata. La tendopoli nasce dallo stupore del Tabor: è bello per noi stare qui. Solo quando si sperimenta una compagnia di persone ci si dedica a mettersi in cammino. L’incontro gioioso con persone che vivono una forte esperienza di fede mette in cammino il giovane. Questo incontro può accadere nelle missioni, nelle nostre comunità, nei campi scuola, nella GMG. Il problema è sostenerli». L’esperienza della tendopoli è, in definitiva, una piccola parabola della vita.

 

DA RELIGIOSI

ACCANTO AI GIOVANI

 

Come si è certamente intuito, i giovani si aspettano di vedere uomini e donne convinti nella propria vocazione, felici di spendersi per Gesù e per gli altri, disponibili a mettersi in gioco alla pari, mediante relazioni personali, possibilmente in un gruppo “a misura d’uomo”.

– Per le persone consacrate, il primo modo di incontrare i giovani è senza ombra di dubbio il continuo aggiornamento sul linguaggio e dinamiche giovanili. Ciò significa dedicare parte considerevole del proprio tempo allo studio e all’acquisizione di competenze educative, senza le quali è impensabile addentrarsi nel pianeta giovanile.

– Alla persona consacrata non dovrebbe mai venire meno la passione biblica: l’amore per la parola di Dio è la fonte di una vita spesa per gli altri e la mappa di orientamento pastorale. Quasi sempre rappresenta il filo di Arianna che sostiene l’arte difficile dell’educazione.

– Ai giovani d’oggi vanno offerti strumenti e conoscenze “culturali” che li allenino ad orientarsi e ad “armarsi” nel complesso mondo globalizzato. Per questo, le persone consacrate possono e debbono stare accanto ai giovani come guide sicure, attente e disponibili all’ascolto.

 

Riprendendo l’esperienza della tendopoli, possiamo concludere dicendo che, in fondo, ogni comunità religiosa è chiamata a essere per i giovani una “tenda speciale”: «non posta in un luogo ameno, ma nella piazza per ascoltare e parlare, per vivere, testimoniare e comunicare la gioia dei credenti, per essere accanto agli uomini, specialmente ai giovani, senza la paura di sporcarsi le mani, perché Cristo è con noi» (p. Cordeschi).

 

Sergio Rotasperti

 

1 Cfr. De vanna U., Non siamo isole. I nuovi problemi giovanili, Elledici editrice, Leumann (TO) 2006.

2 Ci riferiamo alla Sintesi dei principali risultati dell’indagine, pubblicata il 6 febbraio 2006: www.istitutoiard.it. La nostra rivista se ne è già occupata nel n. 4, pp. 19-21.

3 Cfr. www.stpauls.it

4 Per una completa panoramica del Convegno: Bissoli C, “Religiosi e giovani: quale rapporto?”, Settimana 7 (2006) 8-9; Chiaro M., “Partiamo dai giovani”, Testimoni 3 (2006) 6-8.