Le statistiche ci dicono che il cristianesimo dei prossimi anni avrà il suo baricentro nel sud del mondo. In Europa, al contrario, proseguirà il declino numerico è sarà sempre più bassa la percentuale dei fedeli praticanti. Se nel 2050 ci saranno all’incirca 3 mld di cristiani, di questi solo un quinto saranno occidentali, bianchi e del primo mondo. La famosa proiezione di Jenkins (La terza chiesa 2004) ci fa prevedere cambiamenti nella mappa della geografia religiosa mondiale. L’unico paese occidentale in cui si prevede una robusta crescita della comunità cristiana sono gli Stati Uniti, che dagli attuali 225 milioni potrebbero passare nel 2050 a 330. Per il resto le grandi crescite si realizzeranno in Brasile, Messico, Filippine, Nigeria e Repubblica Democratica del Congo. Cinque dei sei paesi al mondo con oltre 100 mln di cristiani si collocheranno nel sud del mondo.
In Italia, nell’ultimo decennio, la percentuale dei frequentanti la messa domenicale è scesa dal 34,4% al 27,5% (Eurisko 2005). Se nel 2000 i cattolici europei erano 286mln, si prevede che nel 2025 scenderanno a 276ml. Alla re-dislocazione del cristianesimo mondiale corrisponderà anche una sua ri-articolazione. Nel mondo ci sono oltre un miliardo di cattolici; 342 mln di protestanti delle chiese storiche, 79 milioni di anglicani e 215 mln di ortodossi. Vanno ricordati però i 386 mln di “cristiani indipendenti” e i 26 miln di “cristiani marginali”; una galassia di chiese evangeliche libere, pentecostali, carismatiche, indigene che in grandi aree del mondo sono le chiese del futuro.

L’Assemblea plenaria CCEE di Tirana

In Europa molte persone non conoscono Cristo e molti cristiani, confusi da una cultura consumista e legata al rendimento e all’affermazione di sé, si sono allontanati dalla pratica e necessitano di un nuovo approccio alla Chiesa e a Dio. Dopo l’euforia di alcuni per “l’io al centro di tutto”, ben presto molti hanno fatto l’esperienza del limite di tale concezione. Laddove la Chiesa non ha saputo mostrare il vero volto di Cristo, queste persone hanno indirizzato il loro bisogno in forme di religiosità, che non sono altro che proiezione mascherata del proprio io in un “dio fatto su misura”.
Questi i tratti essenziali scaturiti dall’analisi dell’Assemblea plenaria della CEE (Tirana, Albania, 29/9-2/10 del 2011) sulla missione. Dopo che l’Europa è finita a causa dei conflitti religiosi sull’orlo della rovina, per poter sopravvivere si dovette bandire la religione dall’ambito pubblico e dichiararla una questione privata. Si è così fondata la pace pubblica, prescindendo dalla fede e sulla ragione a tutti comune. Ciò ha significato una perdita di rilevanza della Chiesa, ma anche di un ritorno di Dio. Un ritorno però ambivalente: spesso conduce a una religiosità vaga, confusa, fluttuante, individualistica del fai da te e sincretistica da passatempo. Si tratta forse soltanto di un auto-innamoramento narcisistico che cerca il divino dentro di noi, ma non Dio sopra di noi? Mentre la prima evangelizzazione ha potuto presupporre la dimensione religiosa, la seconda deve prima

Un questionario europeo

Jean-Luc Moens, coordinatore dell’esperienza delle missioni cittadine delle capitale europee, in occasione dell’Assemblea plenaria dei Presidenti CCEE, ha riletto le risposte al questionario europeo. Un lavoro importante è stato realizzato sotto varie forme, spesso portato avanti per molti anni. Le risposte manifestano una grande diversità: paesi caratterizzati da una forte secolarizzazione; paesi che hanno conosciuto dei regimi totalitari; paesi che sono in fase di recupero da una guerra recente; paesi in cui la fede cattolica è minoritaria rispetto ad altre chiese o ad altre religioni. Le risposte comunque concordano nell’affermare che la NE è l’attualizzazione nei nostri paesi della vocazione missionaria della Chiesa: l'evangelizzazione non deve essere compresa come una delle attività pastorali ma come la manifestazione della stessa natura e missione della Chiesa, segno della presenza dello Spirito Santo che la anima e la guida.
Per molti, la NE consiste in primo luogo nell’andare ai battezzati che hanno perso la loro identità cristiana e di aiutare i cristiani che hanno ricevuto i sacramenti ad avere una relazione personale con Cristo. Ecco perché viene chiesto di non separare in nessun caso la NE dall’evento di Cristo stesso. Alcuni poi osservano una sorta di “disboscamento della memoria cristiana” e la necessità di passare da una Chiesa cosiddetta di cultura cristiana a una di tipo missionario.
Afferma la Conferenza episcopale scozzese: «La nuova evangelizzazione non consiste nel rifare qualcosa che non era stato fatto bene nel passato o nel rappresentare semplicemente il Vangelo come è stato rappresentato nel passato. Consiste piuttosto nel forgiare delle strade nuove per rispondere alle circostanze che affronta la Chiesa oggi. Si tratta innanzitutto di un’attività spirituale capace di ridare la forza dei primi cristiani missionari. È forse la mancanza di fiducia il nostro problema maggiore».

Evangelizzare nella crisi di sfiducia

Dall’insieme delle risposte al questionario, appare un vero bisogno di chiarimento sull'aggettivo “nuovo” dell’espressione “nuova evangelizzazione”. La Conferenza episcopale portoghese osserva con senso di umorismo: «È una contraddizione fare una vecchia evangelizzazione!». Altri dicono anche che esiste il pericolo di chiamare precipitosamente NE attività realizzate nell’emergenza.
Oggi, 32 anni dopo l’appello di Giovanni Paolo II a Nowa Huta, si potrebbe parlare di evangelizzazione continua piuttosto che di NE. Le sfide e le difficoltà qui non mancano. Potremmo classificarle in due categorie: quelle legate alla società in generale e quelle che ruotano intorno alla vita. La sfida generale chiede di vivere l’unità tra verità e amore, per far sgorgare un linguaggio nuovo, adattato alle attese dell'uomo del tempo. Le sfide invece intorno alla vita sono accomunate da una “crisi della fiducia nella vita". In questo contesto, parecchi sottolineano l'importanza di rinnovare il linguaggio della Chiesa sull’amore coniugale e la sessualità.
Un terzo gruppo riguarda tutti i problemi legati all’emigrazione o all’immigrazione. Questi mettono in pericolo le coppie e le famiglie, tagliano i giovani dalle loro radici e dalla fede, svuotano le parrocchie dalla presenza dei giovani. Altri paesi si trovano ad affrontare un forte afflusso di immigrati. In certi casi, come in Grecia, si tratta di profughi cattolici, che ha fatto passare il loro numero da 50mila a 350mila, con tutti i problemi immaginabili. Da notare anche che parecchi paesi segnalano l’esodo rurale e l'urbanizzazione galoppante come vere e proprie sfide missionarie.
La quarta sfida concerne il relegamento della religione alla sfera privata, avente per conseguenza la limitazione, in certi paesi, della libertà religiosa. L'ultima sfida legata alla società in generale è segnalata da quasi tutte le delegazioni: spesso i media danno una falsa immagine della Chiesa, mentre la rivoluzione culturale di Internet e reti sociali costituisce un’opportunità per la NE.

Le sfide interne alla Chiesa

La prima questione interna è la creazione di una vera e propria “pastorale missionaria” per aiutare i fedeli a sfruttare i tempi difficili come opportunità di sentirsi responsabili dell’annuncio del Vangelo. Il compito sembra difficile quando si osserva, nel questionario, che, tra i cattolici, la fede diminuisce: credono meno in Dio, nell'esistenza dell’anima, nella vita dopo la morte, in Gesù Cristo come salvatore. La loro vita di preghiera è molto debole.
La seconda questione riguarda i mezzi da utilizzare. Per esempio, i luoghi abituali di proposta della fede sono sempre meno frequentati. Occorre cercare anche altri luoghi di visibilità per dire sul serio: 'Venite e vedete'. La terza questione consiste nel rinnovare catechesi e pastorale dei sacramenti per farne dei veri luoghi di evangelizzazione. La debolezza della “pastorale dell'intelligenza” spiega perchè tanti giovani lascino la Chiesa alla fine del percorso catechetico. La quarta questione riguarda l'immagine che la Chiesa dà di se stessa e che ha subito un forte contraccolpo dagli scandali della pedofilia. Infine, una quinta questione è rappresentata dall’ecumenismo nell’evangelizzazione, in particolare nelle conferenze episcopali dei paesi a maggioranza ortodossa. Tre i protagonisti: le famiglie dovrebbero essere il primo luogo missionari («la crisi della fede nel nostro continente non è in primo luogo da attribuire al secolarismo, ma al fatto che la trasmissione della fede si è interrotta nelle nostre famiglie»); le scuole cattoliche: la coniugazione della NE con l'istanza educativa è fonte di speranza; i movimenti e le comunità: non si richiudano su se stessi e non spingano al cambiamento né le parrocchie né la società.
Diversi cattolici continuano a pensare che evangelizzare sia affare di preti, suore e alcuni laici più impegnati. Per molti la nuova evangelizzazione comincia in primo luogo dai credenti stessi, che devono “diventare adulti nella fede”, e da coloro che si sono allontanati dalla Chiesa. Molto numerosi sono quelli invece che allargano il “pubblico target” ben al di là del campo dei battezzati. Tre categorie sembrano loro prioritarie: a) le famiglie; b) i giovani c) i media, percepiti spesso come anti-ecclesiali e che contribuiscono a creare un’immagine che non favorisce l'evangelizzazione.

40 anni di CCEE: tornare al primo amore

Peter Erdo, presidente CCEE, in occasione del recente incontro sul tema “L’Europa e la Nuova Evangelizzazione” (Roma 22-11-2011), ha completato questa analisi collegando la NE alla grave crisi economica del continente, Essa si coniuga con la più insidiosa crisi etica e antropologica che si annida specialmente nella vita delle famiglie, nelle strutture educative, nei mezzi di comunicazione sociale. Di fronte a questo scenario, la chiesa in Europa s’impegna nel rinnovamento della società in cui vive attraverso l’annuncio della Buona Notizia, in forme rinnovate e attualizzate, preparazione del prossimo sinodo dei vescovi sulla NE. «Oserei dire, ha concluso il card. Erdo che più che un tema, la NE è un kairos, nel quale tutti siamo chiamati a risvegliare la fede e ad aprire le comunità cristiane per diventare più accoglienti, ben radicate nel Signore e forti nell’entusiasmo missionario».
Gli ha fatto eco il card. Bertone, segretario di stato, con un indirizzo di saluto, nel quale ha precisato che la NE «avviene in un mondo che cambia. Nei nostri giorni dobbiamo parlare di Dio in un contesto spesso indifferente e talvolta ostile. Lo ha ricordato il santo padre nel suo discorso del 15 ottobre scorso in Aula Paolo VI. Ma egli non ha posto l’accento su questo aspetto negativo, bensì sulla fiducia nella parola di Dio che «nonostante questa condizione dell’uomo contemporaneo … continua a crescere e a diffondersi». E ha portato tre motivazioni: la forza della Parola non dipende anzitutto dalla nostra azione, ma da Dio; la seconda è che anche oggi non manca il “terreno buono” che permette al seme della Parola di portare frutto; e la terza è che «l’annuncio del Vangelo è veramente giunto fino ai confini del mondo e, anche in mezzo a indifferenza, incomprensione e persecuzione, molti continuano anche oggi ad aprire cuore per accogliere l’invito di Cristo».
Oggi, in particolare, la crisi economica pone in evidenza l’insostenibilità di un mercato totalmente autoreferenziale e, mentre solleva nuove questioni circa la responsabilità e l’etica dei processi finanziari, ripresenta una domanda fondamentale circa la dignità e la vocazione spirituale della persona. Pertanto, la NE non è solo un “correre ai ripari”, ma una “nuova primavera” per valorizzare i germogli che spuntano in un bosco antico. «Nel Libro dell’Apocalisse, la lettera indirizzata all’angelo della chiesa di Efeso dice: “Sei perseverante e hai molto sopportato per il mio nome. Ho però da rimproverarti di avere abbandonato il tuo primo amore” (Ap 2,3-4). Il cuore dell’evangelizzazione, in ogni epoca, è questo “primo amore”, riflesso dell’amore che Dio Padre ha dimostrato per noi donandoci il suo Figlio. Tale “primo amore” si esprime anche dandosi strumenti come il nuovo Codice di condotta ecumenico sul rapporto tra evangelizzazione e proselitismi, redatto da Consiglio ecumenico delle chiese, Alleanza evangelica mondiale e pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso, Tra i suoi primi principi ricordiamo: atti di servizio e giustizia, discernimento nel ministero di guarigione, rifiuto dela violenza, rispetto e solidarietà reciproci, rinunciare alla falsa testimonianza, costruire relazioni interreligiose.