Il tempo di Avvento non inizia un nuovo anno liturgico in maniera improvvisa. Negli ultimi giorni del tempo ordinario, la liturgia eucaristica quotidiana riporta, nei vangeli, diversi annunci della venuta del “Figlio dell’Uomo”, e il messale introduce ogni proclamazione con il medesimo richiamo: “In quei giorni, Gesù parlava ai suoi discepoli della sua venuta”. La solennità di Cristo Re dell’universo (istituita nel 1925), ultima domenica del tempo ordinario, conduce con naturalezza al tempo dell’Avvento, durante il quale «noi attendiamo la sua venuta».
Il primo prefazione di Avvento, adottato dalla prima domenica fino al 16 dicembre, rivolgendo la lode al Padre, fa memoria della venuta di Cristo nella condizione carnale e introduce alla speranza della sua venuta nella gloria: “Al suo primo avvento nell’umiltà della nostra natura umana egli portò a compimento la promessa antica e ci aprì la via dell’eterna salvezza. Verrà di nuovo nello splendore della gloria e ci chiamerà a possedere il regno promesso che osiamo sperare vigilanti nell’attesa”.
“È già venuto” e “verrà di nuovo”. Sono così proclamate una prima e una seconda venuta dell’unico e medesimo Cristo nostro Signore. Il passato che riguarda la prima e l’avvenire che si riferisce alla seconda sono riuniti nella presente confessione e, attraverso di essa, nel percorso che va dalla memoria alla speranza.
Per effetto di una sola promessa del Padre, le due venute comunicano tra loro e si richiamano a vicenda. La venuta di Cristo nella carne fino alla sua morte e la risurrezione anticipa e annuncia la sua venuta nella gloria che ci riunirà presso il Padre. A sua volta, la venuta gloriosa che ci sottrae in maniera definitiva al potere del peccato e della morte conferma e spiega la sua umile venuta in una carne simile alla nostra.
Comunicando con tutto il nostro essere alle prima venuta di Cristo, convertendoci ad essa noi affrettiamo e rendiamo possibile la seconda. Sperando la seconda venuta di Cristo e aprendoci ad essa, noi raccogliamo la verità e assimiliamo la generosità della prima. Il nostro intervento, essenziale, nella duplice venuta del Signore, nella tradizione cristiana, è stato visto come “terza venuta” di Cristo che unisce la prima e la seconda.
Un tale riconoscimento della triplice venuta di Cristo nostro Signore si esprime nello svolgimento del tempo di Avvento.

Dal compimento della sua promessa


A dire il vero, invertendo l’ordine seguito dal Prefazio (e il commento che ne abbiamo fatto) è la speranza della seconda venuta del Signore, che lui stesso ha promesso, che inaugura il tempo liturgico dell’Avvento e non cesserà di esercitare su di esso il suo influsso.
Un tale promessa e la speranza che ad essa corrisponde orientano la Chiesa pellegrina. Per comprendere le espressioni presenti nella liturgia dell’Avvento e anche il ruolo che hanno i profeti d’Israele sarà utile qui una riflessione sulla relazione tra le Scritture e il Cristo e sul rapporto tra l’Antico e il Nuovo Testamento.
Gli evangelisti e gli apostoli, nei loro scritti, insistono a più riprese sul rapporto tra le Scritture e il Cristo: colui che è morto ed è risorto “secondo le Scritture” (1 Cor 15,3-4), ne è “il compimento”, esse si “compiono” in lui (cf. Gv 19,28-30), egli apre loro “la mente” (Lc 24,45). Questi scritti riguardanti l’operato di Cristo, all’interno della Chiesa furono presto integrati alle Scritture di Israele. Si compie così un raddoppio in seno alla Scrittura sempre unica. Il “Nuovo Testamento” conferma la verità inalienabile dall’ “Antico Testamento”, stabilendo in tal modo l’autorità delle Scritture, nuove e antiche, a favore di tutti gli uomini, per la loro comunione con Dio.
Nella sua designazione più semplice e generale, il rapporto tra l’Antico e il Nuovo Testamento è quello della “promessa” di Dio e il suo “compimento”. L’Alleanza di Dio con il suo popolo, promessa di benedizioni su Israele e in esso sulle nazioni, si compie nell’Alleanza di Cristo, il Figlio del Padre che trasmette lo Spirito Santo.
Il compimento rende ragione della promessa. E ancora, la nuova ed eterna Alleanza di Cristo, legata al sacrificio eucaristico della Chiesa, comprende in sé la speranza della venuta gloriosa dell’unico e medesimo Cristo Signore all’umanità intera. La venuta di Cristo nella storia suscita e sostiene, nel tempo presente, la nostra conversione e la nostra cooperazione all’opera dello Spirito che conduce la storia al suo Signore.
Compimento della promessa inscritta nell’Antico Testamento, il Nuovo contiene dunque in se stesso la promessa della venuta di Cristo “alla fine dei tempi”. In questo modo si può parlare, in forza del Nuovo Testamento, di un rimbalzo o di un raddoppio della promessa espressa nell’Antico.
Ora i testimoni vigilanti, i maestri pedagoghi delle promesse di Dio furono e, nello Spirito di Cristo, sono i profeti d’Israele. Nel tempo dell’Avvento, il compito loro affidato è di suscitare la nostra attesa e di formarci alla speranza di Cristo nostro Signore.

Le quattro domeniche di Avvento


“O Dio, nostro Padre, suscita in noi la volontà di andare incontro con le buone opere al tuo Cristo che viene, perché egli ci chiami accanto a sé nella gloria per possedere il regno dei cieli". Proprio nella prima domenica, questa orazione introduce al susseguirsi delle quattro domeniche di Avvento e delle settimane che ne derivano.
La nostra speranza del giudizio definitivamente vittorioso del bene sul male e della vita sulla morte, sostenuta dai profeti, caratterizza la prima domenica e la settimana corrispondente.
In ciascuno degli anni A, B, e C il vangelo annuncia la venuta improvvisa del “padrone di casa” (Mc), del “Figlio dell’Uomo” (Mt e Lc) e invita alla vigilanza che un tale avvenimento richiede: “Vegliate”.
Pertanto, in nome stesso dall’attesa del giudizio di giustizia e di vita, noi siamo invitati alla “conversione”, al discernimento della salvezza che Dio promette e intraprende. Veggenti del “Giorno del Signore”, i profeti sono anche gli araldi del combattimento spirituale che dispone alla venuta tanto implorata. Giovanni Battista “voce che grida nel deserto” (Mt 3,3; Mc 1,3; Lc 3,4) riprende l’invito di Isaia alla conversione, a preparare la “via del Signore”. È la seconda domenica.
Ancora, il Signore stesso si avvicina al suo popolo, gli fa comprendere con parole e gesti la sua venuta imminente e salvifica, lo inizia alla sua presenza già influente ma tuttora sconosciuta. Giovanni Battista, amministrando un battesimo di conversione, sa di essere e si dichiara il Precursore – ossia colui che corre in avanti e indica senza esitazione il suo Maestro. Siamo alla terza domenica di Avvento, con l’antifona di ingresso: “Rallegratevi... il Signore è vicino” (cf. Fil 4,4-5).
Siamo stati attratti dalla venuta ultima del Signore. Ecco che alla quarta domenica di Avvento, siamo ricondotti e riportati alla prima. Diciamo meglio: vi siamo condotti e riportati. Lungi dal diminuire, in effetti, la speranza aumenta all’annuncio del concepimento. L’angelo del Signore è apparso a Giuseppe (Mt 1,18-24): anno A; l’angelo Gabriele è inviato da Dio a Maria (Lc 1, 26-38): anno B. Salutata da Maria, Elisabetta esclama rivolta a lei: “Beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto” (Lc 1,39-45): anno C.
Una settimana che va precisamente dal 17 al 24 dicembre accompagna la quarta domenica, con delle orazioni e letture proprie in ciascun giorno. Si apre con la “genealogia di Gesù Cristo, figlio di Davide, figlio di Abramo” (Mt 1,1-17) e si conclude con la benedizione di Zaccaria alla nascita di Giovanni Battista (Lc 1,67-79).
Il secondo prefazio di Avvento, proclamato durante questo periodo, ripercorre il cammino seguito di domenica in domenica dai profeti, Giovanni Battista, Maria, e approda al dies natalis di Cristo nostro Signore.
“Egli fu annunziato dai profeti, la Vergine Madre l’attese e lo portò in grembo con ineffabile amore, Giovanni proclamò la sua venuta e lo indicò presente nel mondo. Lo stesso Signore, che ci invita a preparare il suo Natale, ci trovi vigilanti nella preghiera, esultanti nella lode”.

I profeti tra i quali Isaia

I profeti forniscono la prima lettura a ciascuna delle domeniche di Avvento, per i tre anni, e continuiamo ad ascoltarli durante le settimane. È per questo che, tenendo conto del salmo e (alla domenica) della seconda lettura, merita di essere sottolineato il coordinamento di questa lettura profetica con quella del Vangelo.
Durante il tempo ordinario, il testo evangelico sembrava determinare la scelta della prima lettura. Nei giorni infrasettimanali, la lettura continua di uno dei tre Vangeli sinottici è accompagnata, secondo l’alternarsi degli anni dispari e pari, da quella di uno scritto dell’Antico Testamento o del Nuovo. La domenica, la lettura del Vangelo è preceduta da un brano dell’Antico Testamento che si rapporta ad essa come alla sua piena realizzazione.
L’uso continuo del libro di Isaia e di altri profeti mette in risalto, da parte sua, l’unità del tempo di Avvento, il suo slancio (la prima settimana) e il suo movimento verso la venuta del Signore.
La testimonianza di Isaia è preponderante. Noi la riceviamo nelle quattro domeniche dell’Anno A e nelle prime tre dell’anno B, come anche, a parte tre eccezioni, ogni giorno delle tre settimane di Avvento fino al 16 dicembre.
Non si tratta di una lettura continua, poiché i tagli sono a volte ampi, e alcuni testi, come quelli relativi al “Servo”, sono riservati al tempo di quaresima e della Passione. L’ordine dei capitoli, non per le domeniche, ma per i giorni settimanali, è tuttavia rispettato.

Giovanni, il Battista e il Precursore

Nella progressione dell’Avvento, il ruolo di Giovanni Battista è centrale. La sua figura occupa la seconda e terza domenica e le relative settimane. La seconda domenica integra la prima, nel senso che Giovanni vi è identificato da una citazione di Isaia. La terza domenica porta alla quarta: dichiarando di non essere il Messia, Giovanni gli rende testimonianza.
Dal giovedì della seconda settimana al venerdì della terza, la lettura del Vangelo parla di Giovanni Battista. La continuità della lettura quotidiana non sta tanto nella successione degli episodi, ma nelle parole che Gesù dice, nel corso della sua missione, riguardo a Giovanni Battista. Comprendiamo noi la testimonianza di Giovanni nei riguardi di Gesù? Egli ci stimola, durante il tempo di Avvento, a passare attraverso questa testimonianza.
La liturgia del tempo di Natale si soffermerà di nuovo, con l’ascolto del vangelo di Giovanni, sull’opera e la personalità del Battista.
La messa del giorno della solennità del Natale, e quella del 31 dicembre, nell’ottava, hanno come Vangelo il prologo di Giovanni (Gv 1,1-18). Ebbene questo testo riporta in due riprese (cf. Gv 1,6-8 e 15) la testimonianza del Battista. Questi, nel luogo dove battezzava, confermerà presto la parola che il versetto 15 del prologo gli attribuisce: «Egli è colui del quale ho detto: “Dopo di me viene un uomo che è avanti a me, perché era prima di me”» (Gv 1,30).
Al seguito del prologo, il testo di Gv 1,19-42 viene letto in tre parti, il 2, il 3 e il 4 gennaio prima dell’Epifania. Il sabato dopo l’Epifania, si tratta di Gv 3,22-30. Quando Gesù si recò in Giudea con i suoi discepoli, Giovanni Battista confessa davanti a coloro che lo interrogano: “Lo sposo è colui al quale appartiene la sposa; ma l’amico dello sposo, che è presente e l’ascolta, esula di gioia alla voce dello sposo. Ora questa mia gioia è piena. Lui deve crescere, io invece diminuire” (Gv 3,29-30).
All’indomani, nella domenica dopo l’Epifania, la liturgia celebra il Battesimo del Signore.

La madre di Gesù, Maria, sposa di Giuseppe


Cantato dai profeti, il Cristo è “colui che la Vergine attendeva con amore” (Il secondo prefazio ricorda, cronologicamente, Giovanni Battista all’ultimo posto). Nella quarta domenica di Avvento e nelle ferie dal 17 al 24 dicembre, i Vangeli di Matteo e di Luca si coniugano ambedue nella memoria secolare dell’attesa e nell’annuncio – a Giuseppe (per Mt 1,18-25), a Maria (per Lc 1,26-38) – della concezione per mezzo di Maria, del bambino della stirpe di Davide figlio dell’Altissimo, il cui nome sarà Gesù.
È Matteo che, in primo luogo, ascoltiamo. Il racconto delle genealogie di Gesù Cristo (Mt 1,1-17) è il Vangelo del 17 dicembre; l’annuncio dell’angelo a Giuseppe (Mt 1,18-24) , quello della quarta domenica dell’anno A e del 18 dicembre. L’insieme del capitolo (Mt 1,1-25) sarà il Vangelo della veglia di Natale, la messa della vigilia.
Con l’apparizione dell’angelo a Zaccaria (Lc 1,5-25), il 19 dicembre, ha inizio il racconto di Luca. L’annuncio dell’angelo Gabriele a Maria (Lc 1,26-38) è accolto il 20 dicembre e nella quarta domenica dell’anno B. Si susseguono allora la visita di Maria a Elisabetta (Lc 1,39-45) il 21 dicembre e la domenica C, il suo cantico di azione di grazie (Magnificat) (Lc 1,46-56) il 22, la nascita del Battista (Lc 1,57-66) il 23 e il cantico profetico di Zaccaria suo padre (Lc 1,67-79) il 24 mattina.

L’ottava di Natale

La festa dell’Epifania, celebrata in Oriente e poi passata in Occidente nel corso del IV secolo, raggruppa originariamente le prime manifestazioni del Verbo di Dio fatto carne: l’adorazione dei magi, il battesimo e le nozze di Cana. Il termine epifania conserva la sua origine greca epiphaneia che vuol dire “manifestazione”.
La festa della Natività commemora la nascita a Betlemme del Verbo eterno. È fissata il 25 dicembre, giorno del solstizio d’inverno, annunciatore della luce. La festa della Natività, in seguito alla recezione del concilio di Nicea (325) che professa l’identità divina di Cristo, fu stabilita a Roma nel 330 sotto il papa Silvestro e si diffuse presto dall’Occidente all’Oriente. Nel V secolo, sotto l’influsso del papa Leone Magno, gli insegnamenti del concilio di Calcedonia (451) riguardanti la comunione dell’umanità e della divinità di Cristo traspariranno a loro volta nella sua liturgia.
Espressione medioevale, Natale è un grido di gioia che Nael Dieu vuol dire “natività di Dio”.
I tre Prefazi che il messale attuale propone per il tempo di Natale, pur potendo essere usati in qualsiasi momento del tempo natalizio, seguono tuttavia una certa progressione. Il primo magnifica la luce del Verbo incarnato mediante la quale il Dio invisibile si è reso visibile ai nostri occhi. Il secondo, mantenendo lo stesso orientamento, aggiunge la restaurazione dell’universo e la salvezza dell’uomo effettuata dall’Incarnazione. Il terzo canta “il misterioso scambio” compiuto nel Figlio di Dio secondo cui “l’uomo mortale è innalzato a dignità perenne e noi uniti a lui in comunione mirabile condividiamo la sua la sua vita immortale”.
Gli accenti dei tre prefazi si colgono ugualmente, e nello stesso ordine, nelle tre orazioni della solennità di Natale – rispettivamente alle messe della notte, dell’aurora e del giorno. Nella messa della notte: “O Dio che hai illuminato questa santissima notte con lo splendore di Cristo, vera luce del mondo...”. Nella messa dell’aurora: “Signore, Dio onnipotente che ci avvolgi della nuova luce del tuo Verbo fatto uomo, fa’ che risplenda nelle nostre opere il mistero della fede che rifulge nel nostro spirito”. Nella messa del giorno: “O Dio... fa’ che possiamo condividere la vita divina del tuo Figlio, che oggi ha voluto assumere la nostra natura umana”.
La messa della notte ci fa ascoltare l’annuncio ai pastori della nascita di “un Salvatore nella città di Davide” (Lc 2,1-14), e la messa dell’aurora racconta della venuta dei pastori i quali “trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia” (Lc 2,15-20). Il prologo del Vangelo di Giovanni (Gv 1,1-18) è proclamato alla messa del giorno. La sua meditazione sull’economia del Verbo fatto carne guida e sostiene senza pausa le settimane del tempo di Natale: la prima lettera di san Giovanni, in effetti, è letta a partire dal 27 dicembre (con 1 Gv 1,1-4) fino al sabato dopo l’Epifania (con 1 Gv 5, 14-21).
Questa economia del Verbo nella carne è subito introdotta attraverso la testimonianza del sangue versato. Il primo martire di Cristo, santo Stefano, è celebrato il 26 dicembre. san Giovanni, il discepolo testimone, segue il giorno dopo. Il 28 dicembre, riportando il lamento di Rachele che piange i suoi figli (Mt 2,16; cf. Ger 31,15), il vangelo dei “santi innocenti” ricorda la fede dei giusti d’Israele nel corso delle età.
La “Santa Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe” è festeggiata la domenica tra l’ottava della Natività (oppure se c’è posto, il 30 dicembre). Il 1° gennaio, ottava di Natale, la solennità di “Maria SS. Madre di Dio”, mentre rende omaggio a Maria, commemora la circoncisione del bambino e l’imposizione del nome: è la conclusione del vangelo della messa (Lc 2,16-21): “Quando furono compiuti gli otto giorni prescritti per la circoncisione, gli fu messo il nome Gesù, come era stato chiamato dall’angelo prima che fosse concepito nel grembo”.

I giorni dell’Epifania


Nella solennità dell’Epifania, il Vangelo proclamato si apre con la domanda dei “Magi venuti dall’Oriente”, “dove è colui che è nato, il re dei giudei?”, perché hanno visto “spuntare la sua stella” (Mt 2,1-12).
La luce di Cristo, riconosciuta a Natale dai pastori d’Israele, illumina ora tutti coloro che la cercano. Il Prefazio mette in risalto questa manifestazione: “Oggi in Cristo, luce del mondo, tu hai rivelato ai popoli il mistero della salvezza...”. Allo stesso modo l’orazione: “In questo giorno, con la guida della tua stella, hai rivelato alle genti il tuo unico Figlio...”.
Prima dell’Epifania, dal 2 al 7 gennaio, la lettura della prima lettera di san Giovanni è accompagnata degli inizi del suo Vangelo: Gv 1,19-51 dal 2 al 5 e, (dopo Lc 2,23-38 per il 6), Gv 2, 1-11, il 7 gennaio.
Dopo l’Epifania, dal lunedì al sabato, sono presentate diverse manifestazioni di Gesù nostro Signore attraverso i testi evangelici: la sua proclamazione del Regno dei cieli (Mt 4,12-25), la moltiplicazione dei pani (Mc 6,34-44), il cammino sulle acque (Mc 6,45-52, la lettura del brano di Isaia nella sinagoga di Nazaret (Lc 4,14-22), la purificazione del lebbroso (Lc 5, 12-16), la testimonianza del Battista circa lo Sposo (Gv 3,22-30).
Il Battesimo del Signore, nella festa della domenica dopo l’Epifania, è la sua ultima manifestazione in questo tempo liturgico. I cieli si aprono, lo Spirito discende su Gesù come una colomba, si fa sentire la voce rivolta a lui: “Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento” (Mc 1, 11; cf. Lc 3,22). Ed essa è anche rivolta a noi “Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento” (Mt 3,17).