Popolo di Dio in cammino verso la terra promessa, la Chiesa è comunione di
viandanti uniti dal compagno di viaggio Gesù Cristo. Indicatori silenziosi del
percorso spesso irto di ostacoli, i santi precedono. La Chiesa dei santi ha
caratteristiche poco appariscenti, comprende fratelli e sorelle che spesso non
entrano nel novero dei santi ufficiali, in gran parte restano invisibili ai
nostri sguardi fuggevoli. Ma diffondono durante la vita e lasciano dopo la morte
una fragranza delicata e intensa, il buon profumo di Cristo.
Un profumo che richiede, per essere avvertito e gioirne, attenzione a gesti
usuali, a parole semplici, a stili di vita feriali, intrisi di tutta la fatica
del vivere. Trasformata però da un'accettazione dolce, dalla convinzione
profonda di appartenere a Gesù Cristo, di essere colmati dal suo amore. Anche
quando trafigge con la croce.
Fra le tante presenze che popolano questa invisibile ma vivissima e operosa
Chiesa dei santi è bello richiamare una donna che è passata nella chiesa
bolognese testimoniando, in modo nascosto ma incisivo, la bontà e bellezza della
vita in Cristo.
È Maria Olga Cuomo (1938-2011), che vari ambienti ecclesiali, dalla Fuci al
Carmelo “Cuore Immacolato di Maria", alla Fraternità monastica di Emmaus, alla
parrocchia S. Carlo hanno conosciuto e amato, e di cui tanti poveri anonimi
hanno sperimentato la generosità. Dal barbone a cui Maria Olga regalava in pieno
inverno i suoi guanti, all' amico in difficoltà che soccorreva, al fratello solo
che le confidava la sua tristezza, alla ragazza bisognosa di guida, alla persona
psichicamente fragile che ascoltava con premura paziente, sorridendo al
consiglio di chi le suggeriva di non prodigare le sue scarse energie in impegni
gravosi e spesso inutili.
Giovinezza ardente
Nata a Napoli, ma vissuta a Bologna, dove il padre ingegnere si recò per lavoro,
a 17 anni Maria Olga è conquistata da Gesù Cristo in un modo radicale, che in
breve l'orienta verso il Carmelo. Nel 1956 si iscrive a Economia e commercio ed
entra nella FUCI. Ne è assistente don Luigi Bettazzi. Maria Olga avrà in lui un
fratello maggiore, compagno di viaggio, consigliere lungo tutta la vita, fino
alla sua ultima sera.
Divenuta presidente della Fuci, ne è animatrice entusiasta, instancabile. La sua
attività fervida e festosa, l’amore verso tutti, la capacità di mettere gli
altri al primo posto, lo slancio composto ma intenso con cui vive la vita
cristiana esercitano un fascino profondo su giovani nell’età della ricerca e
delle grandi scelte.
Nelle settimane di teologia a Camaldoli, alle quali la Fuci Di Bologna partecipa
assiduamente, Maria Olga coinvolge gli amici nella sua gioia di cristiana,
nell'amore alla Chiesa, alla parola di Dio, ai sacerdoti. Avrà tra essi molti
amici, da Umberto Neri a Giovanni Cattani, Arrigo Chieregatti, Enzo Lodi, padre
Luigi Guccini, Mario Lodi, Paolo Serra Zanetti e diversi altri.
Quando sa che un amico è provato gli si sta vicina con dedizione discreta, senza
domande, con la sapienza accogliente e silenziosa di un adulto rodato dalla
vita. Ha soltanto 20 anni.
Solo quando Maria Olga entra al Carmelo, nel 1959, a 21 anni, diviene chiara la
matrice della sua donazione a tutti e della sua gioia inalterabile.
Sette anni In Carmelo
Ho detto al Signore: «Il mio Signore sei tu,
solo in te è il mio bene» (Sal 15,2).
La sua testimonianza contagia i coetanei che assistono commossi ai primi passi
della sua vicenda monastica, intuendo l'alta ardua bellezza del Carmelo. Gli
scritti dei grandi mistici carmelitani, da Teresa d'Avila a Giovanni della croce
a Teresa di Lisieux divengono testi di meditazione tra i fucini bolognesi, già
abituati, nella fervida atmosfera della Chiesa del card. Lercaro, alla lectio
biblica e alla frequentazione dei Padri.
Nel giorno luminoso della sua vestizione (12-11-1959), quando Maria Olga riceve
dal card. Lercaro l'abito del Carmelo e il nome di Maria di Cristo, ella appare
a tutti i presenti l'espressione viva e radiosa della vera sposa di Cristo,
un'esperienza autentica della realtà e prossimità della vita eterna.
Ma dopo sette anni di vita carmelitana una grave insidiosa malattia, non
diagnosticata al suo inizio, conduce Maria Olga alle soglie del coma.
Gli esiti del male, che la legheranno fino alla morte a una condizione di
fragilità perenne, la costringono – passo per lei dolorosissimo – a lasciare il
Carmelo. Ma non la sua totale consacrazione a Cristo, la volontà irrevocabile di
essere religiosa. Maria Olga definirà i sette anni del suo cammino monastico
difficili ma benedetti e terrà fede con coerenza assoluta al proposito di
custodirne e viverne il magistero.
La sua vita è stata in realtà religiosa nel senso più profondo del termine,
risposta coerente alle esigenze battesimali. Pur potendo usufruire di un certo
benessere economico, ha scelto e vissuto una reale povertà. La donazione di
tutto il suo essere a Dio è divenuta carità – di parola e di opere – per ogni
persona incontrata. La sua obbedienza alla realtà è stata incondizionata fino
all'ora della morte e l'ha condotta a una donazione di sé progressiva e
completa: nel fisico sempre più provato e nella generosissima cura prima del
padre, divenuto non vedente, poi della madre, seguita con amore delicato fino
alla morte, a 102 anni.
Io pongo sempre davanti a me il Signore,
sta alla mia destra, non potrò vacillare.
Per questo gioisce il mio cuore
ed esulta la mia anima;
anche il mio corpo riposa al sicuro (ivi,8-9).
La Fraternità monastica di Emmaus
Maria Olga ha avuto, nel corso di una vita sempre fisicamente tormentata, ma
vissuta con la serenità e la pace di uno straordinario abbandono a Dio, una
missione iniziata nella sua prima giovinezza: irradiare la gioia quieta dello
Spirito di mansuetudine di Cristo, crocifisso e risorto. Diceva con semplicità
che il suo servizio all'umanità era la preghiera. Mons. Bettazzi riconobbe più
volte: «Maria Olga è fatta per pregare».
Nel 1978 entra nella Fraternità monastica di Emmaus. Fraternità laica, fondata
da Elisa Bianchi nello spirito del concilio ecumenico Vaticano II e accompagnata
fin dall’inizio dal benedettino Pelagio Visentin: “Un’associazione di donne che,
nel campo comune del popolo di Dio,... si propone di vivere nel mondo l’essenza
della vita monastica".
Nella pienezza di una giornata normale, faticosa per la sua salute precaria e la
grande sensibilità, Maria Olga è aiutata anche dallo spirito della Fraternità a
mantenere una stabilità armoniosa e lieta, con spazi di silenzio, di esercizi
spirituali, di lectio biblica, che l'hanno preservata dal ritmo frenetico di
oggi, anche se non le hanno evitato la tensione, a volte logorante, di
provvedere alla mamma e a se stessa, sempre più anziana l'una, più fragile
l'altra.
Ha vissuto, con dedizione nascosta e sempre più profonda ma irradiante speranza
su chi l'accostava, la vita in Cristo, cuore del Vangelo. Ha alimentato, lungo
un cammino ricco di amicizia ma solitario per la profondità della sua fede e per
la croce a cui era inchiodata, la grazia dell'incontro con Gesù sbocciata in lei
giovanissima. Il suo legame con lui, espresso da uno dei salmi che prediligeva,
non è venuto meno lungo un percorso umano accidentato, che si è fatto sempre più
difficile, ma insieme fiducioso e grato.
Il Signore è mia parte di eredità e mio calice:
nelle tue mani è la mia vita.
Per me la sorte è caduta su luoghi deliziosi:
la mia eredità è stupenda (ivi, 5-6).
La serenità di Maria Olga, il sorriso, folgorante nella giovinezza, dolce e
pacato nella tarda età, ma non spento, fin sul letto di morte, la dolcezza verso
tutti, la confidenza con gli amici, cui non esitava a confessare le sue paure,
la pazienza nella convivenza con una malattia pesante che l'obbligò a cure,
ricoveri, interventi chirurgici frequenti, e a un'attenzione costante alla
salute, finalizzata in lei solo alla cura della mamma – pregava di morire due
giorni dopo di lei, è morta pochi mesi dopo –, sono il segno poco appariscente,
ma grande, che Maria Olga Cuomo ha tracciato per quanti l'hanno incontrata, e
per la Chiesa che ha amato e servito da discepola di Gesù innamorata e fedele.
Nelle tue mani in spirito di abbandono
La sua ultima breve e dolorosa malattia è stata una vera chenosi. Per un insieme
di fattori si è trovata interiormente sola, in preda al male divenuto ormai
distruttivo. Nonostante la sua volontà di reazione per vincerlo, non le è stato
possibile opporsi alla sua inesorabilità. Ha vissuto i suoi ultimi giorni in
un'umile accettazione della malattia, ha testimoniato fino all'ultima ora quel
distacco da tutto e da tutti a cui i suoi anni di vita monastica l'avevano
educata. Il suo grande amico "don Luigi" (mons. Bettazzi) le è stato accanto
ogni giorno dell'ultima settimana, ha pregato con lei, fratello vicino fino alla
benedizione conclusiva. Ha percepito e accolto l'abbandono doloroso ma amoroso
con cui Maria Olga entrava definitivamente nell'abbraccio dell' unico Amore
della sua vita.
È significativo, ed espressivo della dedizione di Maria Olga alla Chiesa, che
sia stata accompagnata alla grande soglia dal sacerdote che ne aveva seguito la
vocazione monastica e l'aveva accompagnata al Carmelo; poi, nella grande prova
fisica, l'aveva aiutata a uscire dal suo monastero e a vivere la sua
consacrazione lungo il percorso diverso determinato dalla malattia. Maria Olga
ha visto sempre in "don Luigi" la guida, l'amico, il fratello, ma prima di tutto
il sacerdote e la Chiesa: non a caso ha riconsegnato a Dio la sua vita nelle
mani di lui.
Luigi Bettazzi ha presieduto la concelebrazione delle sue esequie, e infine, a
concludere una parabola di grazia nata più di 40 anni prima, in una eucaristia
al Carmelo ha reso una toccante testimonianza di Maria Olga, nel monastero in
cui lei era entrata felice nella prima giovinezza e da cui non era mai uscita
con il cuore e con la vita. Non tanto per il legame dolce e forte con le sue
sorelle, spesso visitate, ma per la sua vita solitaria, donata agli altri ma
radicata soltanto in Dio, per l'adesione ferma a Lui solo, nell' accettazione di
una povertà cristiana sempre più radicale – di beni, di prospettive, di affetti
, nell'obbedienza alla sua volontà anche amara, nell'amore a tutti, riconosciuti
fratelli in Gesù.
Durante la sua vicenda umana Maria Olga ha vissuto sempre nel profondo del cuore
(1Pt 3,4) la comunione con Cristo: consumata nell'unità con coloro che si
riconoscono in lui, e orientata alla speranza per coloro che, nella sofferenza
della ricerca, tendono, pur senza percepirlo, al Vivente che ama la vita.
A quanti hanno avuto la grazia di conoscerla Maria Olga continua a indicare
il sentiero della vita in Cristo,
gioia piena alla sua presenza,
dolcezza senza fine alla sua destra (ivi,11).
È la vita cristiana nel suo svolgersi e nel suo approdo, che la Chiesa dei santi
anonimi ci addita senza clamore, a voce sommessa. Una voce che nel chiasso
corrosivo del nostro mondo si fa azione di grazie e canto di lode.