Non � frequente che un papa torni in un luogo per fare memoria di uno
specifico atto del predecessore. Eppure, per Benedetto XVI � gi� la seconda
volta che questo accade. La prima fu quando, ventiquattro anni dopo la storica
visita di Giovanni Paolo II (13 aprile 1986), varc� la soglia della sinagoga di
Roma: era il 17 gennaio 2010, e la data non fu certo casuale, coincidendo con la
tradizionale Giornata del dialogo tra cattolici ed ebrei della CEI.
Ora, lo scorso 27 ottobre 2011, il meccanismo si � ripetuto, e il pontefice,
insieme a vari rappresentanti religiosi, � salito ad Assisi per ricordare la
Giornata mondiale di preghiera per la pace fortemente voluta da Giovanni Paolo
II il 27 ottobre di un quarto di secolo fa. Un momento che rappresent�, per
molti versi, una novit� assoluta nella storia delle relazioni interreligiose:
per la prima volta un gran numero di esponenti delle diverse religioni
planetarie si ritrovavano assieme per pregare e testimoniare la natura profonda
della pace, la sua qualit� trascendente. La convinzione che ispirava il papa
polacco, in un clima segnato dalla guerra fredda, era che �la preghiera e la
testimonianza dei credenti, a qualunque tradizione appartengano, possono molto
per la pace nel mondo�. Si scrisse all�epoca che l�incontro di Assisi fu un caso
esemplare di gesto profetico, di azione che inaugura un orizzonte altro rispetto
alla ripetitivit� del quotidiano, tipico della pedagogia dei gesti cos� cara al
futuro Beato. Come altre volte, al livello alto della gerarchia alcuni gesti
divennero cos� occasione solenne e irreversibile per affermare de facto una
comunione in realt� ancora distante. La scelta fu dunque di incidere non tanto
su un piano teologico-dottrinale quanto su quello simbolico: un piano che non
avrebbe abbandonato pi� in seguito. Ricordando alla rinfusa, avvenne lo stesso
al muro occidentale del tempio di Gerusalemme (2000), alla moschea di Damasco
(2001); ma anche con il mea culpa nell�anno del Grande Giubileo, le visite ad
Auschwitz, Hiroshima, Sarajevo, Beirut, Gor�e, e cos� via.
Memoria di un gesto storico
�Cari fratelli e sorelle, (�) nel prossimo mese di ottobre mi recher� pellegrino
nella citt� di san Francesco, invitando a unirsi a questo cammino i fratelli
cristiani delle diverse confessioni, gli esponenti delle tradizioni religiose
del mondo e, idealmente, tutti gli uomini di buona volont�, allo scopo di fare
memoria di quel gesto storico voluto dal mio predecessore e di rinnovare
solennemente l�impegno dei credenti di ogni religione a vivere la propria fede
religiosa come servizio per la causa della pace�. Queste le parole con cui
Benedetto XVI, dopo il primo Angelus dell�anno 2011 e a poche ore dall�orrenda
strage di cristiani copti che uscivano dall�eucaristia ad Alessandria d�Egitto,
aveva annunciato la propria intenzione di rilanciare con forza lo spirito di
Assisi. Parole che, inevitabilmente, si mescolarono a quelle che, in tutto il
mondo, stavano circolando, dense di pesanti interrogativi, alla luce di
quell�ennesima tragedia legata alla questione della fede: libert� religiosa,
cristianofobia, e anche scontro di civilt�. Un riflesso condizionato,
quest�ultimo, che riemerge puntualmente in seguito all�attentato dell�11
settembre 2001 da parte di numerosi cronisti, che il papa ha scelto di non fare
proprio. Anzi. La sua risposta, pienamente in linea con la strategia conciliare
suggellata dalla dichiarazione Nostra aetate, � andata in direzione esattamente
opposta: non era scontato, e anzi ha lasciato apertamente delusi quanti invece
hanno ormai introiettato l�immaginario dello scontro di civilt�. Gi� nel 2006,
del resto, egli aveva parlato del primo Assisi come di �una puntuale profezia�.
Giornata di riflessione dialogo e preghiera
L�evento del 27 ottobre scorso ha avuto per titolo ufficiale Giornata di
riflessione, dialogo e preghiera per la pace e la giustizia nel mondo, e come
sottotitolo Pellegrini della verit�, pellegrini della pace. Perch�, hanno
spiegato gli organizzatori, ogni essere umano � pellegrino in ricerca della
verit� (parola chiave dell�odierno magistero) e del bene. Il sottinteso � che
l�uomo religioso � sempre in cammino verso Dio: da qui nasce la possibilit�,
anzi la necessit� di parlare e dialogare con tutti, pur senza rinunciare alla
propria identit�; nella misura in cui il pellegrinaggio della verit� � vissuto
autenticamente, esso apre al dialogo con l�altro, non esclude nessuno e impegna
tutti a essere costruttori di fraternit� e di pace.
Lo stesso papa ha vissuto nell�occasione la dimensione del pellegrinaggio,
partito in treno alle otto di mattina dal Vaticano per raggiungere la cittadina
umbra. Un�altra novit� rispetto al 1986 ha riguardato l�invito rivolto a figure
eminenti del mondo della cultura, anche non credenti: dalla psicanalista e
linguista bulgaro-francese Julia Kristeva all�italiano professore di filosofia
alla UCLA di Los Angeles Remo Bodei, dall�economista austriaco Walter Baier, che
coordina la Rete Transform, al messicano Guillermo Hurtado, filosofo
dell�Istituto de Investigaciones Filosoficas dell�Universit� di Mexico Unam. Se
Giovanni Paolo II intuiva che le religioni, sconfinando nel fondamentalismo,
avrebbero fomentato guerre e logica del conflitto, ad Assisi aveva misurato la
loro forza che allora la cultura occidentale sottovalutava, avendo fatto proprio
piuttosto il paradigma pi� modernit�, meno religione; nell'incontro attuale papa
Ratzinger ha potuto registrare positivamente il capovolgimento di questo
paradigma nell�arco di venticinque anni. Ora anche gli agnostici e gli atei
hanno accettato la sua proposta di coinvolgimento. Ma non � stato questo l�unico
cambiamento da lui voluto. Basti pensare all�assenza di spazi pubblici di
preghiera delle religioni, con l�obiettivo evidente di eliminare ogni ipotesi di
orazioni comuni, eliminando cos� una delle principali obiezioni mosse al primo
Assisi (il rischio di relativismo, di considerare cio� tutte le religioni, in
fondo, uguali).
Nel discorso fatto alla mattina nella Basilica di Santa Maria degli Angeli,
davanti alla Porziuncola dove trov� rifugio San Francesco, dinanzi a ortodossi
ed ebrei, musulmani e buddhisti, hinduisti e jainisti, sikh e (per la prima
volta) bahai, confuciani, taoisti e shintoisti, Benedetto XVI ha recitare un
coraggioso mea culpa: �Come cristiano, vorrei dire a questo punto: s�, nella
storia anche in nome della fede cristiana si � fatto ricorso alla violenza. Lo
riconosciamo, pieni di vergogna�. Oggi, invece, le fedi sono chiamate a fare la
loro parte contro il terrorismo e contro qualsiasi strumentalizzazione della
guerra, e tornare a essere forza di pace. Per questo, risulta determinante, in
vista di tale obiettivo, il coinvolgimento dei non credenti: a fianco del
patriarca di Costantinopoli Bartolomeo I, al rabbino Rosen e al primate
anglicano Rowan Williams, per non citare che qualcuno degli oltre trecento
leader religiosi presenti nell�occasione, il pontefice ha prospettato a tutti un
cammino comune. �Le parole di Giovanni Paolo II Non abbiate paura! � ha detto la
Kristeva � non sono indirizzate unicamente ai credenti. L'appello del papa ci
spinge nel costruire delle complicit� tra l'umanesimo cristiano e quello che,
scaturito dal Rinascimento e dall'Illuminismo, ha l'ambizione di aprire le
strade rischiose della libert�. Ratzinger ha risposto mostrando grande rispetto
per �le persone alle quali non � stato dato il dono del poter credere e che
tuttavia cercano la verit�. E che per questo di fatto si pongono come decisivi
collaboratori del dialogo e della pace, perch� �spingono i credenti a purificare
la propria fede, affinch� Dio � il vero Dio � diventi accessibile�.
Un richiamo, quello di un sentiero da condividere, che � tornato a pi� riprese
nel corso del pomeriggio, quando dopo un pranzo frugale, in piazza San
Francesco, si � tenuto il Rinnovo solenne dell�impegno per la pace, con la
consegna ai capi delle delegazioni di una lampada, copia di quelle presenti
sulla tomba del Poverello di Assisi. Con un significativo abbraccio fra i
presenti, a testimoniare una fraternit� almeno auspicabile, e forse possibile.
Lo spirito di Assisi da custodire intatto
Ci si pu� attendere che i commenti alla Giornata saranno di segno diverso: anche
perch� il dialogo interreligioso � oggi segno di contraddizione e realmente caso
serio; oltre che terreno minato per eccellenza da ogni punto di vista, il cui
andamento � giudicato in fase critica se paragonata alle notevoli speranze
suscitate al riguardo dalla stagione conciliare. Per questo, di l� dalle
valutazioni a caldo, inevitabilmente frammentarie, occorrer� riprendere il
discorso in seguito. Per ora, � doveroso evidenziare in primo luogo l�indubbio
impatto mediatico ottenuto da quanto � accaduto ad Assisi, pur se un po�
offuscato da altri eventi concomitanti. In altri termini, il messaggio pervenuto
al popolo di Dio e al classico uomo della strada � che dalla scelta forte
dell�apertura alle altre religioni, da parte cattolica, non si torna indietro.
Un messaggio paradossalmente ancor pi� rafforzato dalla notizia � data in
conferenza stampa dallo stesso cardinale Peter Tuckson, presidente del
Pontificio consiglio Giustizia e Pace, organizzatore dell�evento � secondo cui
nei mesi precedenti in Vaticano sono arrivate non poche proteste, di parte
reazionaria e anticonciliare, nel timore che si trattasse di una sostanziale
svendita della verit� cristiana.
In secondo luogo, si pu� affermare che le sottolineature di Benedetto XVI non
solo non hanno snaturato la felice intuizione wojtyliana, mescolando
sapientemente fedelt� e novit�, ma anzi l�hanno aperta ulteriormente verso un
confronto sempre pi� urgente con il mondo della cultura e della scienza, nella
direzione del lavoro che il Cortile dei gentili guidato dal cardinal Ravasi sta
conducendo da tempo. Assisi ha infatti rappresentato un incontrarsi delle
religioni non contro chi religioso non �, ma un confronto per riaffermarne la
comune volont� di porsi a servizio dell�umanit� e delle culture.
Inoltre, sembra innegabile che le altre personalizzazioni, dall�enfasi sul
silenzio alla valorizzazione della dimensione del pellegrinaggio, intercettino
una sensibilit� ormai diffusa, facendo immaginare innovativi scambi sul versante
della spiritualit�. Non a caso, del resto, l�ambito pi� avanzato a tale
proposito � rappresentato dal dialogo interreligioso monastico (DIM).
Infine, grazie all�incontro del 27 ottobre, abbiamo colto per intero la
necessit� di custodire intatto lo spirito di Assisi, in una stagione che
registra un vistoso disorientamento generale a causa del pluralismo religioso e
culturale, del processo di meticciamento, delle enormi migrazioni dal sud al
nord del pianeta. Se il dialogo, esercizio certo non facile, � il rischio del
non ancora e dell�altrove, non nega le differenze e non le annulla; anzi,
richiede le differenze e le mantiene, ma abbatte gli steccati e costruisce ponti
sulle voragini che abbiamo scavato per separare noi dagli altri e gli altri da
noi. Ecco perch� � stato giusto, e ci auguriamo porti molti frutti, il ritorno
ad Assisi di un papa troppo frettolosamente ritenuto da tanti commentatori
tiepido nei confronti degli itinerari del dialogo: �continueremo a incontrarci,
continueremo a camminare insieme�. Un auspicio che � pi� di una speranza, � un
impegno preciso.