Dal 22 al 25 settembre Benedetto XVI ha compiuto una visita in Germania, la sua patria. In programma erano fissati numerosi incontri con politici, capi della Chiesa, con sacerdoti e laici, musulmani ed ebrei, con le vittime degli abusi sessuali, con giudici costituzionalisti, con giovani e seminaristi. Lo sguardo di diversi gruppi ecclesiali è stato rivolto all’incontro con i protestanti nella Sala del Capitolo dell'ex-Convento degli Agostiniani. Invece non era previsto nessun incontro con i religiosi. Era stato forse dimenticato nel programma? Non lo si era voluto oppure semplicemente non era stato ritenuto necessario? A mio avviso, la mancanza di un incontro del genere è rivelatrice di qualcosa che riguarda la Chiesa in Germania; ma dice qualcosa anche riguardo ai religiosi stessi. Si può deplorare il fatto oppure no. Alcuni temi e avvenimenti di questo viaggio del papa dovrebbero far riflettere proprio i religiosi e non solo quelli della Germania, ma anche coloro che vivono al di fuori delle sue frontiere. Qui mi propongo di prendere in considerazione soltanto un tema, quello dell’invito a prendere le distanze dal mondo (Entweltlichung).

La domenica pomeriggio Benedetto XVI, poco dopo le 16.00, ha tenuto nella Konzerthaus di Friburgo il suo ultimo discorso davanti a un pubblico scelto. L’arcivescovo Robert Zollitsch, presidente della Conferenza episcopale tedesca, aveva invitato con una lettera personale un buon migliaio di ospiti. Il discorso del papa è stato breve, è durato soltanto una quindicina di minuti. Poco prima di iniziare il discorso ha quasi rischiato di cadere. Quando si è aperto il sipario del palco ed è apparso l’uomo vestito di bianco con le mani alzate, in segno di saluto agli spettatori applaudenti, con lo sguardo rivolto al pubblico non si era accorto di un gradino ed era inciampato. In quell’istante non c’era nessuno accanto a lui, nessuno gli aveva indicato il gradino sottostante – uno sbaglio di regia.

Una specie  di testamento alla Chiesa

Il discorso invece è stato tutt’altro che uno sbaglio di regia. Forse questo può essere persino considerato come il suo ultimo discorso in terra tedesca, forse è stato il testamento che Benedetto XVI ha lasciato alla chiesa tedesca e ai religiosi. La Chiesa, ha detto il papa, deve conservare la sua caratteristica peculiare attraverso una presa di distanza dal mondo e la rinuncia ai beni terreni. E ha esplicitamente lodato l’espropriazione dei beni della Chiesa da parte dei principi all’inizio del secolo 19°. In questo modo la Chiesa ha acquistato credibilità.
Questo discorso ha suscitato apprensione. Molti rappresentanti della Chiesa dopo averlo ascoltato sono rimasti senza parole, altri hanno temuto che con questo intervento le forze anticlericali potessero riprendere vigore, e alcuni vescovi hanno subito smentito che il papa con quelle parole volesse l’abolizione dell’imposta a favore della Chiesa (Kirchensteuer). Siccome quest’ultimo discorso ha suscitato una certa irritazione tra i rappresentanti della Chiesa, voglio qui citare più dettagliatamente alcuni passaggi centrali. Il papa ha detto letteralmente: «La Chiesa deve sempre di nuovo verificare la sua fedeltà a questa missione. I tre Vangeli sinottici mettono in luce diversi aspetti del mandato di tale missione: la missione si basa anzitutto sull’esperienza personale: “Voi siete testimoni” (Lc 24,48); si esprime in relazioni: “Fate discepoli tutti i popoli” (Mt 28,19); trasmette un messaggio universale: “Proclamate il Vangelo a ogni creatura” (Mc 16,15). A causa delle pretese e dei condizionamenti del mondo, però, questa testimonianza viene ripetutamente offuscata, vengono alienate le relazioni e viene relativizzato il messaggio. Se poi la Chiesa, come dice papa Paolo VI, “cerca di modellare se stessa secondo il tipo che Cristo le propone, avviene che la Chiesa si distingue profondamente dall'ambiente umano, in cui essa pur vive, o a cui essa si avvicina” (Lettera enciclica Ecclesiam suam, 60). Per compiere la sua missione, essa dovrà anche continuamente prendere le distanze dal suo ambiente, dovrà, per così dire, essere distaccata dal mondo (...).
... Le secolarizzazioni infatti – fossero esse l’espropriazione di beni della Chiesa o la cancellazione di privilegi o cose simili – significarono ogni volta una profonda liberazione della Chiesa da forme di mondanità: essa si spoglia, per così dire, della sua ricchezza terrena e torna ad abbracciare pienamente la sua povertà terrena. Con ciò condivide il destino della tribù di Levi che, secondo l’affermazione dell’Antico Testamento, era la sola in Israele che non possedeva un patrimonio terreno, ma, come parte di eredità, aveva preso in sorte esclusivamente Dio stesso, la sua parola e i suoi segni. Con tale tribù, la Chiesa condivideva in quei momenti storici l’esigenza di una povertà che si apriva verso il mondo, per distaccarsi dai suoi legami materiali, e così anche il suo agire missionario tornava ad essere credibile».

La Chiesa e il denaro è finita un’epoca?

Il fatto che alcuni vescovi siano rimasti turbati è comprensibile. Non soltanto i rappresentanti della Chiesa hanno potuto dedurre da questo discorso un invito alla Conferenza episcopale tedesca che vuole conservare il sistema obbligatorio dell’imposta pena la scomunica, del tutto in contrasto con la politica del Vaticano. In Germania, sempre più frequentemente si moltiplicano i casi di cattolici che dichiarano davanti allo stato di uscire dall’Istituzione della chiesa cattolica, dalla “corporazione di diritto pubblico” – come si dice in termini giuridici. Sono persone che vogliono voltare le spalle a questa “corporazione”, pur rimanendo sempre cattolici battezzati e credenti. Il discorso del papa nella sala dei concerti di Friburgo poteva costituire un accenno al fatto che le trattative dei vescovi tedeschi col Vaticano potevano volgersi contro loro stessi. In questo caso dense nubi si addenserebbero sulle finanze della chiesa tedesca. Chi avrebbe mai pensato che Benedetto XVI avesse fornito degli argomenti ai fautori di una più netta separazione tra Chiesa e Stato?
Soprattutto, tuttavia, il discorso pronunciato davanti a un’orchestra da camera dovrebbe scuotere i religiosi. Se si vuole vivere la missione di Gesù, rimanere fedeli al mandato missionario e dare una testimonianza credibile, bisognerà che nella Chiesa di Cristo ci sia una presa la distanza dal mondo e dalla Chiesa in quanto istituzione ufficiale. Questo è il ruolo genuino dei religiosi. Ma essi dove sono rimasti? Dove sono ascoltati? Dove sta la loro protesta in nome degli uomini? Dove risplende la loro testimonianza profetica? La forza di irradiazione dei religiosi in Germania sembra essersi offuscata, la loro luce assomiglia a quella di un tramonto. Ciò non sorprende. Se si vuole vivere la testimonianza della buona novella di Gesù, è necessaria una distanza, una distanza dal mondo e dalla istituzione ecclesiastica. Ed è proprio questo che i religiosi tedeschi hanno perduto.

L’argomento riguarda anche i religiosi

I religiosi in Germania sono diventati sempre più dipendenti dai cosiddetti “Gestellungsgeldern”, dal denaro versato loro dai vescovi per determinate attività all’interno delle diocesi. A volte questi versamenti sono concessi anche quando il vescovo del luogo ha interesse ad accogliere una comunità religiosa nella sua diocesi e con un contributo in denaro sostiene i costi di vita di una comunità. Questi contributi derivano dall’imposta a favore della Chiesa. Il patrimonio delle imposte per la Chiesa viene amministrato e distribuito dai vescovi, ma la tassa non viene riscossa dall’ufficio amministrativo della Chiesa, bensì da quello delle imposte dello stato. In tal modo i religiosi in Germania si sono resi sempre più dipendenti dalle autorità ecclesiastiche e dalle autorità finanziarie dello stato. La loro indipendenza ne ha risentito e hanno perso la libertà di parlare liberamente, nel nome del Signore, in modo opportuno e importuno.
Già il fatto che il papa da Roma abbia protestato contro lo status quo ecclesiastico in Germania costituisce un singolare cambiamento nella storia della Chiesa. In fin dei conti, proprio in Germania non sono stati dimenticati i tempi in cui i cristiani inveivano contro la ricchezza e i privilegi di Roma, in cui protestavano contro l’oscuramento della testimonianza di Cristo e mettevano in gioco la loro vita per la credibilità del Vangelo.
Ciò deve far pensare i cattolici della Germania. Ma soprattutto l’ultimo discorso di Benedetto XVI deve far riflettere i religiosi. Si tratta di un invito alla testimonianza rivolto loro. Questa eredità che il papa lascia loro può farli forse inciampare sul palcoscenico del mondo, ma non devono cadere, bensì volgere lo sguardo in avanti, verso gli uomini.