Don Luigi Guanella, fondatore della Congregazione dei Servi della Carità e
dell’Istituto Figlie di Santa Maria della Provvidenza, beatificato da Paolo VI
nel 1964, sarà proclamato santo il prossimo 23 ottobre da papa Benedetto XVI.
Insieme a lui, saranno riconosciuti santi Guido Maria Conforti, arcivescovo di
Parma, fondatore della Pia Società di San Francesco Saverio per le missioni
estere (Missionari Saveriani); e sr. Bonifacia Rodríguez de Castro, fondatrice
della Congregazione delle Serve di San Giuseppe.
Con gli occhi aperti e un cuore universale
Luigi Guanella, vissuto tra il 1842 e il 1915, ha donato tutto di sé per
difendere i diritti e la dignità degli esclusi, anziani, bambini e giovani a
rischio. I poveri erano i suoi padroni, i suoi amici, il suo patrimonio, la sua
passione e il suo impegno. Con loro si sentiva in famiglia, viveva, giocava,
pregava e lavorava. Per loro offrì le sue migliori energie. La sua “cattedra” fu
sempre il gesto accogliente e la mano tesa. Don Guanella fu un campione del
“bene fatto bene”, come caratteristica della sua azione pastorale. Uomo dagli
occhi aperti e con un cuore ‹universale›, non si è fermato alla beneficenza, ma
ha scelto la qualità dei servizi per camminare al ritmo dei tempi e per
rispettare la dignità del prossimo.
In sintonia con la Chiesa, fu parroco, educatore, formatore, missionario e
profeta di coloro che non hanno voce. Con instancabile fiducia investì il suo
patrimonio spirituale, la sua intuizione evangelica e il suo gran cuore
fidandosi della Provvidenza. Anche se qualche volta non gli tornavano i conti,
andava sempre avanti con il coraggio che nasce della fede.
La forza e l’attrattiva delle sue idee e del suo stile furono esempio e fascino
per tanti. Fondò le Figlie di Santa Maria della Provvidenza e i Servi della
Carità. Tre anni prima di morire, avviò nuovi progetti anche in nord America.
Nel 1965 la famiglia religiosa guanelliana è arrivata in Spagna e attualmente è
presente a Madrid, Palencia e Santiago de Compostela, per offrire un servizio
qualificato a tutti coloro che hanno bisogno di una casa e di una famiglia.
Oggi, a quasi 100 anni di distanza dalla morte, le consacrate (circa 600) e i
consacrati, (un centinaio), eredi dei suoi ideali, sono missionari della carità
in 21 nazioni nei quattro continenti.
Una famiglia profondamente cristiana
Luigi Guanella nacque a Fraciscio di Campodolcino (Sondrio) il 19 dicembre
1842, nono di 13 figli. Papà Lorenzo era un uomo forte, di grande onestà.
Rispettato da tutti, mantenne per venticinque anni l'incarico di deputato e
sindaco del comune di Campodolcino. In famiglia, di sera, al termine della
lettura di un brano della Bibbia o di qualche pagina di santi, guidava la
preghiera del Rosario. La mamma, Maria Bianchi, trasmetteva ai suoi figli
sentimenti di grande amore verso Dio e verso il prossimo. Lei stessa metteva
nelle mani dei figli il dono da consegnare ai poveri che frequentemente
bussavano alla porta. Dalla serena e cristiana vita familiare, il cuore del
piccolo Luigi prese la forma della bontà. Il gioco preferito con la sorella
Caterina era «fare la minestra per i poveri».
Luigi, battezzato il giorno dopo la sua nascita, a sette anni ricevette il
sacramento della cresima e a nove il sacramento dell'Eucaristia. Il giorno della
prima comunione ebbe l’ispirazione di diventare sacerdote per aiutare i poveri.
Poneva in tutto serietà e impegno
Dopo le scuole elementari, Luigi ricevette una borsa di studio per frequentare
il Collegio Gallio di Como, retto dai padri Somaschi. Era di una vitalità
contagiosa. Spiegava il catechismo, intratteneva i suoi compagni, li guidava
nelle passeggiate sui monti, li impegnava in qualcosa di utile per loro stessi e
per le loro famiglie. In quel che faceva poneva sempre serietà e impegno. Luigi
era pieno di vita e di una piacevole vivacità giovanile, temperata da serenità
ricca di saggezza e di fascino. Generoso ed entusiasta, era innamorato della
ricchezza che sentiva fiorire nella Parola ed era convinto di doverla
testimoniare ai poveri. Non riteneva mai di sua proprietà quanto possedeva:
l’aveva ricevuto in dono da Dio e pertanto doveva servire al bene di tutti.
Luigi in tante occasioni dimostrò di essere non soltanto entusiasta e pieno di
vita, ma anche pratico, attivo, creativo, determinato.
Amava la semplicità, la concretezza e non sopportava quanto appariva falso,
finto, artificioso. Così era anche nella vita spirituale che non voleva
inquinata dal sentimentalismo o da facili entusiasmi. Tutto doveva essere
fondato su una profonda fede e sull'esercizio quotidiano della carità verso
chiunque si incontrasse durante la giornata. Compassione per lui voleva dire
"vedere" con il cuore e intenerirsi delle sofferenze dell’altro fino a
commuoversi. Di conseguenza era sempre pronto ad assumere "i pesi dell’agonia
del prossimo" e mettersi a servirlo.
Prete per servire
Nel 1862 Luigi iniziò i corsi di teologia e il 26 maggio 1866, fu ordinato
sacerdote da mons. Bernardino Frascolla, vescovo di Foggia, "relegato" a Como
dalle autorità politiche del tempo. Nella solennità del Corpus Domini celebrò la
prima messa a Prosto in Val Chiavenna, dove rimase per un anno come vice
parroco. L'anno successivo venne nominato parroco a Savogno, una piccola
parrocchia aggrappata alla montagna. Qui si dedicò instancabilmente al bene
spirituale e materiale della sua gente, imprimendo nel cuore e nella mentalità
dei savognesi il senso profondo della fraternità e della solidarietà.
Costantemente spinto dal desiderio di fare del bene a favore dei più poveri,
decise di entrare nella Congregazione salesiana dove fece la sua professione
religiosa il 15 settembre 1875. Coltivò un intenso rapporto d’amicizia con don
Bosco, tanto da divenire uno dei suoi collaboratori più stretti. Dal Fondatore
torinese imparò il “sistema preventivo”, facendone un "metodo di carità": lo
attualizzò in una presenza benevola e accogliente, manifestando per ogni persona
affetto paterno e sollecitudine fraterna. Dopo tre anni di vita salesiana, don
Luigi non seppe resistere alla richiesta che gli fece il vescovo perché
ritornasse in diocesi, nonostante sentisse nel suo animo un profondo dolore per
il distacco da don Bosco.
Fondatore in mezzo a tanti contrasti
In realtà, coltivava ancora dentro di sé progetti di fondazione; lo Spirito di
Dio suscitava in lui il desiderio di compiere quelle opere di bene che da sempre
intendeva realizzare: dedicarsi interamente ai poveri, ai più bisognosi Così,
dopo un’esperienza fallimentare di fondazione a Traona in Valtellina (1881), il
vescovo, nel giro di quattro mesi, lo destinò prima a Gravedona e poi ad Olmo,
una delle parrocchie più isolate della diocesi. E don Luigi rimase sempre in
attesa del momento favorevole per una sua fondazione: quel momento che lui
stesso definirà "l’ora della misericordia".
Molte volte, quando già credeva di dar vita alle prime realizzazioni, dovette
accettare di sottoporsi alla potatura feconda di cui parla il Vangelo: “Il Padre
pota il tralcio perché porti più frutti” (Gv 15,2).
Per vent’anni infatti venne contrastato dalle autorità politiche. Fu pure
incompreso nell’ambiente ecclesiastico. Anche le stesse circostanze spesso gli
si rivelarono avverse. Ma nel novembre 1881 quando arrivò, come parroco, in un
paesino sul lago di Como, Pianello Lario, riuscì ad aprire, con un gruppetto di
giovani suore, un “ospizio”, per accogliere e assistere bambine orfane e persone
anziane.
Da questo piccolo gruppo, insieme alle giovani che vi si unirono
successivamente, nacque la Congregazione religiosa femminile posta sotto la
protezione di santa Maria della Provvidenza.
Don Luigi chiamò quelle giovani consacrate "Figlie di santa Maria della
Provvidenza". Le loro costituzioni furono approvate dalla Congregazione dei
vescovi e dei regolari, il 27 settembre 1908. Già il 24 marzo 1908 – quando don
Luigi, con una ventina di compagni, emise i voti semplici perpetui – era nata la
congregazione dei "Servi della Carità". Nell'agosto 1912 ottennero dalla Santa
Sede l'approvazione delle costituzioni. Era giunta "l’ora della misericordia"!
Presto la carità di don Luigi giunse a Como, dove stabilì la sua casa madre. Nel
1894 a Milano aprì la Pia Casa dei poveri. Poi allargò le fondazioni nel Veneto
e nel 1903 giunse a Roma ben accolto da papa Pio X, che gli affidò una vasta
zona di periferia, chiedendogli di edificarvi una chiesa, l'attuale Basilica di
san Giuseppe al Trionfale, eretta a parrocchia nel 1912.
Successivamente don Luigi oltrepassò i confini dell’Italia, arrivando in
Svizzera e negli Stati Uniti d’America.
La fede prima virtù
Gli inizi delle fondazioni di don Guanella furono difficili e spesso segnati
dall'incomprensione, poiché intraprendeva molte attività senza preoccuparsi dei
mezzi necessari per portarle avanti. I suoi superiori lo consigliavano a stare
più tranquillo, a non esporsi in attività rischiose, a non prendere impegni
troppo onerosi. Don Luigi faceva orecchi da mercante: vedeva le necessità di
tanti poveri e faceva di tutto per alleviare un po’ i loro pesi. Confidando
nella Provvidenza diceva: «La miseria non può aspettare. E noi non possiamo
fermarci sino a quando ci sono poveri da soccorrere!»
Il vescovo di Como, quando lo sentiva esporre i suoi progetti audaci, non si
stancava di ripetergli: «Don Guanella, mi raccomando: prudenza, prudenza,
prudenza!».
Una volta don Luigi si trovò alla presenza del vescovo e di un prete che era
stato insegnante di teologia, il quale, condividendo le insistenti
raccomandazioni del suo Pastore, volle rafforzarle con un suo intervento:
«Ricorda, don Luigi, che la prima virtù è proprio la prudenza»…
…. «E invece io ricordo benissimo, professore, che quando c'insegnava teologia,
ci diceva con sicurezza che la prima virtù è la fede!»
La santità energia divina
Il 27 settembre del 1915, don Guanella fu colpito da una paralisi. Dopo quel
giorno cominciò a spegnersi lentamente. A chi lo avvicinava continuava a
rivolgere parole di tenerezza. Prima di morire disse: «Dio penserà a voi,
nessuno quaggiù è necessario, c‘è la Provvidenza che vi aiuterà!».
È quella Provvidenza che rende più che mai attuali le parole del postulatore
generale don Mario Carrera: «La santità è una mano allungata in cerca di altre
mani, è un passo spinto a curare le fragilità dai mille volti: dalla povertà del
pane alla mancanza di speranza». Per questo « il santo, non è una statua da
collocare in una nicchia – come ha detto p. Crippa, superiore generale dei
Guanelliani, alla notizia ufficiale della canonizzazione – ma è energia divina
che si diffonde nelle strade degli uomini».