Una delle frontiere su cui gran parte degli istituti religiosi sono impegnati a riflettere riguarda il modo di rendere il proprio carisma segno profetico in una società molto diversa dai tempi in cui l’istituto è sorto. La convinzione che si costata un po’ ovunque è che la risposta agli interrogativi che si pongono può venire solo da un’attenta lettura dei “segni dei tempi” e da un accurato processo di discernimento che coinvolga l’intero istituto.
Uno degli istituti che recentemente si è posto su questa strada è quello dei camilliani (Chierici regolari ministri degli infermi) sollecitati anche dal loro superiore generale, p. Renato Salvatore, in una riflessione dedicata alla situazione attuale del mondo della salute in un’Europa oggi profondamente cambiata. Infatti, scrive il padre, «dai tempi di S. Camillo ad oggi sono stati fatti impensabili progressi nell'area sanitaria. Gli stati europei hanno sviluppato una crescente consapevolezza dei loro doveri verso i propri cittadini; l'accresciuto benessere e migliori condizioni socio-economiche consentono una maggiore cura della propria salute. Oggi, nei camilliani d'Europa, si percepisce un insinuante senso di marginalità, se non anche di inutilità, come se si fosse esaurita la forza propulsiva del carisma. Alcuni hanno la sensazione che, nel mondo della salute, di fronte alle conquiste di nuovo spazio da parte dello stato e di molte altre entità, a noi religiosi sia rimasto ben poco rispetto all'eroica epoca iniziale. Allora, l'unico vero problema era l'impossibilità di rispondere alle tante richieste di assistenza completa dei malati. La società esprimeva con chiarezza e con frequenza il bisogno che aveva del nostro Ordine; oggi si rischia di sentirsi considerati un corpo estraneo o comunque molto marginale e ininfluente».

Chiuso un ciclo se ne apre un altro

In passato, i camilliani, come tutti gli istituti religiosi dediti all’apostolato, hanno scritto una “storia gloriosa”, ma, come rileva l’esortazione postsinodale Vita consecrata, "Voi non avete solo una gloriosa storia da ricordare e da raccontare, ma una grande storia da costruire! Guardate al futuro, nel quale lo Spirito vi proietta per fare con voi ancora cose grandi" (VC 110).
E «la storia dimostra, osserva p. Salvatore, che mentre si chiude un ciclo se ne sta già aprendo un altro; quando non è più richiesta la nostra presenza per un dato motivo o in un determinato luogo, già iniziano a pervenire (anche se non sempre chiaramente espresse) richieste per altre cause o da nuovi luoghi».
Di fronte alle nuovi situazioni , ciò che deve preoccupare non sono tanto il calo numerico o la mancanza di vocazioni, ma, osserva il padre, «la carenza di progettualità, di. profetismo, di creatività pastorale e avventura ministeriale». Padre Salvatore si chiede: «quali sono i segni dei tempi nel mondo della salute che oggi interpellano noi Camilliani? Come realizzare il nostro mandato missionario in Europa? In che modo esercitare il profetismo in queste società?». Sono interrogativi che richiedono un esame anche su piano personale in vista di un cambiamento interiore che si traduca poi in una convincente e significativa testimonianza. È decisivo perciò continuare a lasciarsi infiammare il cuore dalle “beatitudini” di san Camillo, perché solo con questo presupposto si possono dare risposte ai nuovi interrogativi che interpellano oggi il carisma.
Ecco allora la domanda centrale che riassume tutte le altre: «Quale camilliano e quale ministero camilliano nell’Europa di oggi?”.
Il padre è convinto, prendendo lo spunto dalla parabola evangelica del buon samaritano che offre la sua assistenza al malcapitato che trova lungo la strada, che l’atteggiamento oggi più consono sia quello, non tanto dell’albergatore che offre un ricovero dietro pagamento, ma dello stesso samaritano che scende dalla sua cavalcatura e ne fascia le ferite. «In Europa – scrive – è il momento di privilegiare la prima forma: ritornare a percorrere le strade della quotidianità, andare in mezzo ai malcapitati, avvalendosi di "agili cavalcature" e in sinergia con altre persone/associazioni/istituzioni».

Sei strade per un impegno prioritario

Ma quali sono attualmente queste strade? Padre Salvatore ne indica sei in particolare, che, a suo parere, «possono rappresentare alcune aree per un prioritario impegno ministeriale».

a) Prevenzione delle malattie e promozione della salute. Si tratta di “dilatare” l’azione che dalla “cura” (prendersi cura) del malato si estende a tutto ciò che precede e accompagna la malattia, che facilita o causa la malattia: «Il buon samaritano – scrive – di fronte al ferito, deve subito prestare il soccorso. Ma se la causa di tantissime aggressioni è l’insicurezza di quella strada, è meglio aumentare la vigilanza piuttosto che soltanto il numero dei soccorritori. Non c'è alcun bisogno di sviluppare questo punto essendo molto chiaro che prevenire è meglio che curare o che eliminare le cause è più promettente che operare sugli effetti. Qui – osserva – si apre davanti a noi un campo d'azione senza confini».

b) Preferenza per i malati più poveri ed emaginati. È un’area che non è affatto scomparsa con il progresso della società. Infatti, «anche nelle società più avanzate e ricche ci sono non solo persone povere che si ammalano ma anche persone del ceto medio che per certi tipi di malattia vedono cadere se stesse o i propri cari in uno stato di grave indigenza economica. Sono patologie per le quali lo stato non interviene che in modo insufficiente o che non considera ancora "malattie". Sono persone al margine degli interessi dello stato e della società e, in quanto tali, dovrebbero essere naturalmente al centro delle premure dei consacrati».
Anziché presentare un elenco di queste “patologie”, il padre propone un esempio riguardante lo stesso san Camillo e la sua “compassione” per “i dipendenti del gioco d’azzardo” – ed egli, prima della sua conversione, era uno di loro. Un religioso suo contemporaneo ha lasciato scritto: «Aveva grandissima compassione per i giocatori. Lui soleva dire: chi avrebbe detto a me quando ero soldato e uomo di mondo che io mi sarei un giorno liberato dal gioco? Ogni altra cosa avrei creduto ma non quella! Eppure la divina bontà senza miei meriti me ne fece la grazia. Perciò lui prega il Signore per loro affinché li liberasse da tanta grave infermità e frenesia» (S. Cicatelli).
Commenta il p. Salvatore: «Sempre più aumenta il numero di persone che vivono nei confronti del gioco d'azzardo, una patologia tanto pericolosa quanto invincibile con le sole proprie forze. Molti gettano sul lastrico se stessi e le proprie famiglie con la perdita di grandi somme a motivo dell'irrefrenabile compulsione al gioco d'azzardo. Un nostro impegno in questo settore sarebbe gradito da S. Camillo, ottimo patrono da essere invocato per e da costoro (non per vincere al gioco, ma per liberarsi da questo giogo».

c) Malattie dello spirito. Nel mondo d’oggi ci sono tante persone malate nello spirito. Padre Salvatore si domanda: «da chi, oggi, possono trovare un aiuto? Noi affermiamo che esistono malattie che colpiscono il corpo, altre la psiche e altre lo spirito; e che ci prendiamo cura “del malato nella globalità del suo essere" (C 43). Quindi anche delle malattie spirituali. Inoltre, è comunemente accettato che vi sia una interrelazione fra le tre dimensioni: corporea, psichica e spirituale. Il che induce ancor di più a non sottovalutare la portata delle malattie che affliggono lo spirito». Di qui la domanda: «In che modo noi camilliani ci occupiamo delle malattie spirituali e, soprattutto: non potremmo farlo di più e meglio?».

d) Oggi nel mondo della sanità c’è stato un inarrestabile progresso tecnologico. Ma, sottolinea il padre, ciò ha portato anche a un “arretramento” della “relazione/contatto umano”. In altre parole, «la persona malata, con il passare del tempo, si rapporta sempre più con una sofisticata struttura tecnologica finalizzata alla sua guarigione e sempre meno con altri esseri umani disposti a "prendersi cura" di loro. All'attività degli strumenti è delegata la diagnosi come la terapia; mentre l'ascolto e il dialogo si fanno sempre più difficili e rari».
Ora, è ovvio che non è sufficiente la professionalità. Come scrive il papa nell’enciclica Deus caritas est, «la competenza professionale è una prima fondamentale necessità, ma da sola non basta. Si tratta, infatti, di esseri umani, e gli esseri umani necessitano sempre di qualcosa in più di una cura solo tecnicamente corretta. Hanno bisogno di umanità. Hanno bisogno dell'attenzione del cuore». (Deus caritas est, 31).
Qui p. Salvatore scorge un nuovo ambito di impegno del carisma camilliano dal momento che ormai, almeno oggi in Europa, la presenza dei religiosi nelle strutture statali è stata rimpiazzata dai laici. «Qual è allora il nostro compito nel mondo della salute: sostituirci ai laici o piuttosto trasformarli dal di dentro; e fare questo soprattutto incidendo sulla loro formazione (di base e permanente) umana, religiosa e professionale?». Per questo, sottolinea, non è denaro usato male quello di investirlo nei vari centri formativi, come il Camillianum o il Centro Humanizar (Madrid) i diversi Centri di pastorale iniziando da quello di Verona. La stessa considerazione vale per le Università in Brasile.

e) Un altro campo di impegno è il coinvolgimento del laicato nel carisma e spiritualità camilliana. Poiché questo è un argomento già molto trattato, il padre si limita a formulare un desiderio: «vedere religiosi e laici uniti nell'attenzione ai malati più poveri non solo nell'esercizio del carisma, ma anche nella fase della progettazione e nella conduzione di un'Opera», tenendo presente che «la comunione è la cifra, non solo teologica, per costruire la civiltà dell'amore e la cultura della solidarietà».

f) Infine, l’esigenza di una solida spiritualità ed eccellente professionalità dei religiosi. In effetti, «quanto detto sopra – e tutto ciò che si voglia programmare per un ministero rispondente ai bisogni dell'attuale mondo della salute e in particolare dei più poveri in esso presenti – resterà sulla carta se non ci saranno prima di tutto religiosi camilliani la cui formazione di base e permanente li renderà migliori nella loro spiritualità e professionalità». Il p. Salvatore ricorda, a questo proposito, la similitudine evangelica del lievito e del sale, soprattutto in un’Europa più che mai bisognosa di evangelizzazione; inoltre che «una attualizzazione del carisma realmente creativa e fedele non può avvenire senza una trasformazione interiore di ogni singolo religioso (o di gran parte di loro) ».
È giunto il tempo, conclude p. Salvatore, di abbandonare modalità ministeriali che offrono molte “sicurezze” umane, anche se ciò non è indolore. Per far questo occorre “grandi motivazioni”, altrimenti non si avrà la forza per avventurarsi in terreni ignoti e faticosi. Anche perché «restare aggrappati al presente, fino alla fine, è una reale e potente tentazione!».