Dal 22 al 25 settembre prossimo Benedetto XVI si recherà in Germania e sarà
per la terza volta, dopo i viaggi compiuti nell’agosto 2005 a Colonia per la
Giornata mondiale della gioventù, e in Baviera nel settembre 2006. Saranno
quattro intensi giorni che si svolgeranno sul tema: “Dove c’è Dio, là c’è
futuro”. E saranno quattro anche le tappe di questa visita apostolica che lo
porteranno a Berlino, Erfurt, Etzelbach e Friburgo.
Il papa visita una chiesa in piena crisi di fiducia e agitata da interrogativi
cruciali che si trascinano da anni. Anche la vita consacrata sta attraversando
una crisi profonda, in cui tuttavia non mancano segni di nuova vitalità.
Due interviste possono aiutarci a leggere a grandi linee il quadro entro cui
collocare il significato di questo viaggio: la prima è al card. Lehmann, vescovo
di Magonza, teologo, per numerosi anni presidente della Conferenza episcopale
tedesca e membro della Congregazione per la Dottrina della fede, autore di
numerose pubblicazioni teologiche, e molto impegnato nel campo ecumenico. La
seconda è a sr. Miriam Altenhofen, presidente rappresentante della conferenza
dei superiori maggiori della Germania, accanto al presidente, abate
Hermann-Joseph-Kugler dell’ordine premonstratense.
La Chiesa che il papa troverà
l papa in Germania troverà una Chiesa in piena crisi di fiducia, ha affermato il
card. Lehmann. Si tratta di una crisi latente da tempo, emersa del resto anche a
livello europeo. Uno dei tratti caratteristici di questa crisi e che «la “Chiesa
di popolo”, come è esistita finora, sta cambiando e acquista nuove dimensioni.
La fede si presenta sempre più come una realtà basata sulla decisione del
singolo. Alcune difficoltà sono dovute al fatto che si sono sgretolati gli
ambienti religiosi e culturali entro cui è stato possibile vivere sinora la
propria fede. È un processo che tocca sia noi cattolici sia i protestanti. In
tal senso la crisi di fiducia è una crisi di fede».
Ad aggravarla ha cooperato grandemente lo scandalo degli abusi sessuali in cui
sono stati coinvolti anche ecclesiastici e religiosi. Pur essendo un numero
infinitesimale rispetto alle cifre denunciate dalla Federazione per la tutela
dell’infanzia, che oscillano dagli 80.000 ai 120.000 casi annui solo nelle
famiglie, (ma si parla si cifre elevate anche per le associazioni sportive),
tuttavia, ha sottolineato il cardinale, «siamo costretti a prendere atto di
quanto grave sia il danno che pochi possono fare all’interno di una realtà (come
la Chiesa) sostanzialmente sana». In una situazione del genere, «il dato
elementare da tenere presente è che anche una sola vittima è troppo».
Ma non si tratta solo di questo. L’attuale crisi di fiducia, secondo il
cardinale, ha radici più profonde e derivano dalle «attuali richieste che
muovono dal cuore dell’uomo». Sono richieste che riguardano le tendenze
valoriali della società, che «mettono in evidenza il diffuso bisogno di
affidabilità espresso dalle nuove generazioni, la loro ricerca di capacità
relazionali durature» che «la Chiesa deve recepire e interpretare per fornirvi
una risposta».
Una serie di problemi pastorali
Oltre a questo aspetto, ci sono anche diversi problemi pastorali. «Da tempo, ha
affermato Lehmann, ci trasciniamo dietro interrogativi a cui non abbiamo ancora
dato una risposta capace di convincere: è un vuoto che provoca delusioni non
necessarie». Tra questi, quello dei matrimoni falliti e dei separati risposati;
un altro è quello relativo al diaconato della donna, a cui secondo il cardinale
sarebbe «necessario fornire una risposta chiara, adeguata ed esaustiva, anche se
non condivisa».
Altrettanto si può dire per «la questione dei viri probati» (da ammettere al
sacerdozio, ndr) e «per altri interrogativi del genere», per esempio, circa il
ruolo dei laici nella Chiesa.
La diminuzione del numero dei sacerdoti e delle vocazioni ha portato alla
ristrutturazione delle parrocchie. Per quanto riguarda la celebrazione e
dell’Eucaristia, il cardinale ha affermato, «va posta con realismo la domanda se
è davvero necessario l’attuale numero di celebrazioni eucaristiche. Non è sempre
stato così. È a partire dal diciannovesimo secolo che si registra l’attuale – se
mi è permessa l’espressione – “prestazione di servizio di culto”. In alcune
chiese ortodosse alla domenica si celebra una sola messa. Chi non può
parteciparvi, perché impedito dall’assistenza dei bambini, dei malati, degli
anziani, è rappresentato da coloro che invece vi sono presentì». E ha
sottolineato: «è una prassi su cui possiamo anche noi riflettere».
Un altro problema riguarda il celibato e la questione dei preti sposati. Tra le
attuali difficoltà figura la debole capacità dei candidati al sacerdozio a
vincolarsi in modo stabile per tutta la vita a un’istituzione. Essi non riescono
a individuare con chiarezza il tipo di realtà con cui si identificano nel
servizio sacerdotale. «Ritengo, ha affermato Lehmann, che sia necessario
analizzare con realismo i processi di trasformazione in atto a livello
generazionale e culturale. Appunto perché le risorse disponibili sono poche, è
necessario accentuare il profilo della proposta fatta alla nuova generazione».
Rimane poi aperto tutto il discorso ecumenico. Nonostante i grandi progressi
compiuti in questi ultimi decenni – si pensi per esempio alla firma della
Dichiarazione congiunta sulla dottrina della giustificazione, avvenuta ad
Augusta il 31 ottobre 1999 – restano dei problemi aperti che gravitano attorno
al nucleo delle nozioni riguardanti la Chiesa, il ministero ordinato e
l’Eucaristia, su cui «è necessario lavorare con maggiore intensità».
Sono tutti aspetti che riflettono il clima presente oggi nella Chiesa in
Germania. Non sappiamo se Benedetto XVI potrà affrontarli. Certamente però si
recherà lassù in primo luogo per ravvivare la fede nel popolo di Dio,
incoraggiare i vescovi e il clero in vista di un recupero di fiducia davanti
all’attuale crisi che nel paese è particolarmente avvertita.
Il ruolo dei religiosi
In un momento di crisi come questo, che tocca anche la vita consacrata, un ruolo
importante possono svolgere i religiosi e le religiose, come ha bene messo in
evidenza sr. Miriam Altenhofen nell’intervista concessa recentemente al mensile
Herder Korrespondenz (n. 7/2011). Secondo i dati forniti dalla conferenza dei
superiori maggiori, che in Germania è unica per i due rami, maschile e
femminile, complessivamente il numero dei consacrati è poco più di 25.500, ossia
21.000 religiose, 4.660 religiosi sacerdoti e 230 fratelli. Alla conferenza
fanno capo circa 400 superiori/e maggiori, in rappresentanza di circa 25.900
religiosi/e.
Circa 2.800 sono inoltre i missionari tedeschi al servizio dell’evangelizzazione
in tutto il mondo.
Due volte all’anno si svolgono incontri tra la Conferenza dei superiori/e
maggiori e i vescovi, e altri incontri di esperti delle due istituzioni. Secondo
sr. Miriam, la collaborazione che si è instaurata ha cooperato a migliorare nei
vescovi il modo di considerare i religiosi: «Constato, ha detto, un’apertura, e
mi auguro che questo sviluppo continui».
Tra crisi e rinnovamento
Bisogna dire, tuttavia, che la crisi di fiducia che sta interessando la Chiesa
non risparmia nemmeno la vita consacrata. Anche nelle sue istituzioni purtroppo
si è avuto il doloroso fenomeno degli abusi sui minori. È una realtà che bisogna
ammettere e ha creato un clima di insicurezza, la cui conseguenza è stata
appunto la perdita di fiducia. Ma, ha sottolineato sr. Miriam, questa può
costituire anche una chance che induce a riflettere. E ciò è stato fatto sia a
livello della Conferenza dei superiori maggiori sia all’interno degli istituti e
delle comunità. Ci si è resi conto che dietro ad ogni abuso si nasconde sempre
un problema di potere, di una fiducia tradita. Inoltre per noi ordini religiosi,
come anche per la Chiesa, c’è sempre l’interrogativo di come ci comportiamo col
potere e nei rapporti gerarchici. Cosa significa “rispetto” in questo contesto?
Un altro tema fondamentale è la sessualità. Secondo sr. Miriam, è importante che
nelle comunità si trovino luoghi e vie per parlare apertamente su questo
argomento. La sessualità non deve essere un tabù.
Oltre a queste realtà, anche in Germania esiste, come dovunque in occidente, il
problema dell’invecchiamento con tutte le conseguenze che ne derivano: comunità
che chiudono e opere da cui ci si ritira. Ma, sempre secondo sr. Miriam, questo
cambiamento può diventare anche una opportunità. «Io vedo, ha detto, non solo il
declino; siamo di fronte a un grande cambiamento in cui gli ordini religiosi
potranno trovare di nuovo il loro posto e il loro compito specifico».
In che cosa consiste questo nuovo compito? Nel tenere aperta anzitutto la
dimensione della “trascendenza”. Oggi, ha sottolineato, vediamo come sia
difficile per molta gente credere. Molti si domandano perché credere? I
religiosi/e che hanno scommesso tutta la loro vita su “Dio” e il suo Regno e
vivono una vita secondo il Vangelo, e ciò in comunità, possono offrire un grande
aiuto per coloro che sono alla ricerca di come vivere la fede o come pregare. I
nostri conventi, ha affermato sr. Miriam, sono assiduamente cercati proprio da
persone deluse della Chiesa e delle sue istituzioni e che sono alla ricerca di
un cammino qualificato di accompagnamento nella loro crisi di vita. Sono persone
di cui non i si può dire se appartengono o no alla Chiesa, che cercano comunque
un nuovo spazio libero, dove poter vivere semplicemente insieme: celebrare
insieme la liturgia, trovare un orientamento spirituale, un aiuto per la
riflessione e il silenzio per concentrarsi sull’essenziale della loro esistenza.
Queste, ha affermato sr. Miriam sono le domande decisive che vengono rivolte a
noi religiosi/e ed è qui che abbiamo il nostro posto.
Il problema principale perciò non è chiederci quanti siamo. La diminuzione del
numero, comunque, avrà certamente delle conseguenze importanti perché in futuro
si andrà sempre più verso la scelta di piccole comunità. Importante è che questi
piccoli gruppi giungano a vivere una vita autentica secondo il Vangelo. Non
tanto individualmente – e questo è un punto importante – ma in quanto comunità
così da offrire un luogo dove le gente abbia uno spazio per tornare a
interrogarsi e arrivare a un punto profondo dove è possibile l’incontro con Dio.
Affinché la vita religiosa – sia quella attiva sia quella contemplativa – abbia
futuro, ha sottolineato sr. Miriam, è necessario che rimanga saldamente radicata
in Dio. Nello stesso tempo dovrà rimanere sempre sensibile verso coloro che
vivono ai margini della società: poveri, malati, persone che cercano asilo,
migranti ecc.. «Noi ordini religiosi dobbiamo essere presenti in questi margini
della società, perché è lì dove il Vangelo di Gesù ci manda. Gesù stesso infatti
aveva una particolare attenzione per queste persone emarginate. I due aspetti
perciò, ossia l’approfondimento spirituale e l’impegno per gli altri, la
passione per Dio e la passione per gli uomini devono rimanere strettamente
collegati tra loro. L’amore a Dio e al prossimo infatti costituiscono un
tutt’uno. «Se queste due dimensioni saranno tenute presenti, ha sottolineato sr.
Miriam, allora i nostri istituti religiosi, indipendentemente dalla loro
grandezza, avranno un futuro».
Invito alla profezia
La vita religiosa in Germania si sente oggi vivamente interpellata dall’invito a
costruire una Chiesa profetica (Aufruf für eine prophetishe Kirche)¸ lanciato
alla fine del 2009 dal Consiglio missionario della Conferenza episcopale. In che
modo intende rispondere a questo invito? In quanto cristiani, ha risposto sr.
Miriam, dobbiamo imprimere un impulso, creare una coscienza e incoraggiare anche
la nostra Chiesa e i gruppi di Chiesa a fare qualcosa. L’invito può essere uno
stimolo a riflettere nuovamente sul nostro stile di vita e sulla nostra
responsabilità anche di fronte alle nuove generazioni. Soprattutto non bisognerà
fermarsi solo alla formazione di una nuova coscienza; sarà necessario che questa
si traduca anche in un cambiamento di vita.
Naturalmente, ha aggiunto, nell’invito a essere profetici entra anche il tema
della credibilità. Prima di tutto dobbiamo cominciare dai noi stessi in quanto
singoli, ciascuno nella comunità in cui vive. Ma, per essere credibili, bisogna
anche che collaboriamo alla edificazione di un mondo più giusto in Africa, Asia
e in America Latina. La mia speranza è questa: se molti, singoli e gruppi, nella
Chiesa daranno la loro collaborazione e si impegneranno di persona a cambiare il
loro stile di vita, allora si creerà una reazione a catena. Questa è la speranza
che sta dietro all’invito per una Chiesa profetica.
Ci si attende ora che il viaggio pastorale del papa del prossimo settembre
cooperi a superare la crisi di fiducia così diffusa in tante compagini del
popolo di Dio, compresi i religiosi. Certamente sarà questa una delle principali
intenzioni che guideranno il papa nei quattro giorni della sua visita.