Il lungo processo di ristrutturazione della congregazione dei Passionisti si
sta avvicinando a grandi passi al traguardo. Con il capitolo generale del 2012,
infatti, verranno varate in maniera definitiva le sei nuove configurazioni
(raggruppamenti di più province anche al di fuori della nazione e del
continente), con le quali è stata ridisegnata tutta la geografia della
congregazione attualmente presente in una sessantina di paesi.
Questo impegnativo cammino è partito da lontano, ed esattamente dal capitolo
generale del 2000 . Le principali tappe successive sono state, oltre al capitolo
generale del 2006, quelle dei tre sinodi del 2004, del 2008 e del 2010. Proprio
nella lettera di convocazione di quest’ultimo appuntamento svoltosi a Roma dal
21 al 31 ottobre scorso, il superiore generale, p. Ottaviano D’Egidio, ricordava
che il suo scopo principale era quello della verifica del cammino compiuto a
partire soprattutto dal capitolo generale del 2006. Pienamente consapevole delle
numerose difficoltà, il ruolo principale che il superiore generale, in questi
anni, si è assunto in prima persona è stato quello di spronare e infondere
coraggio in quei confratelli che hanno anzitempo ammainato la bandiera, convinti
che “tanto, nulla cambierà”. «Non dobbiamo temere il vento contrario dei momenti
di difficoltà, né le acque agitate del dubbio e della paura»», aveva detto p.
D’Egidio aprendo i lavori dell’ultimo sinodo. È in gioco «il futuro della nostra
vita». Ne va della “vitalità” dei valori passionisti. Solo grazie al recupero di
questi valori, sarà possibile «rendere autentica la testimonianza della vita
fraterna nelle nostre comunità e dare nuova energia alla nostra missione che
nasce dalla sorgente di dolore del Crocifisso».
È un percorso chiaramente in controtendenza rispetto alla mentalità del mondo.
Ma non c’è alternativa se si vuole realmente «servire ed essere dono per
condividere, come Gesù ha fatto con noi, la vita e la missione». Solo se animati
da questi sentimenti sarà possibile, a livello di congregazione, vivere la
solidarietà nei tre ambiti privilegiati della formazione, del persona e
dell’economia. Senza questa capacità di cambiamento personale e istituzionale,
non ci sono prospettive di futuro. Solo grazie alla capacità di rimettersi in
gioco, di cambiare, sarà possibile «scorgere l’oggi di Dio e le sue attese su di
noi».
Una chiamata alla fedeltà creativa
Tra le diverse tappe sopra ricordate, forse la più significativa rimane quella
del sinodo del 2004. Mai come in quella circostanza si è percepita con chiarezza
«la chiamata di Dio alla conversione e ad una nuova fedeltà creativa alla vita
comunitaria, alla missione e alla solidarietà all’interno della congregazione e
come opzione tra i poveri». Proprio in quella occasione, non solo la
congregazione, ma anche tutti i consigli provinciali e le singole comunità hanno
intrapreso un serio discernimento in fatto di carisma, presenza e missione. Si è
andata innescando una spinta “creativa e profetica” finalizzata «a coinvolgere
positivamente ogni religioso nel processo di rinnovamento spirituale e
istituzionale, a creare un processo pianificato che possa aiutare la
congregazione a camminare unita, a riformulare oggi la nostra visione
passionista per il mondo di domani».
Grazie al questionario elaborato in vista del sinodo del 2008 è stato più
facile, in un certo senso, “pianificare” la ristrutturazione in corso. Dalla
lettura e dalle analisi delle risposte pervenute, «si è potuto comprendere di
che cosa avesse bisogno e dove volesse andare la congregazione per uscire dalle
sue carenze e limitazioni e per incrementare e condividere le positività
presenti». Sono stati, nello stesso tempo, ribaditi i criteri sui quali si fonda
il processo della ristrutturazione della congregazione: l’internazionalità,
l’interscambio della vita tra le parti più antiche e quelle più giovani,
l’attenzione ai religiosi anziani e l’opzione per poveri.
C’è una parola chiave sulla quale, in un certo senso, si fonda tutto lo sforzo
che stanno compiendo i figli di san Paolo della Croce: quella della solidarietà.
Viverla concretamente nei tre ambiti della formazione, del personale,
dell’economia, non è una semplice “opzione volontaria di generosità” in un
momento drammatico o di fronte ad una catastrofe naturale. La generosità della
congregazione, in situazioni del genere, risaputamente è sempre andata al di là
di ogni aspettativa. Non si tratta neanche di “scelte occasionali” di un
capitolo o di un consiglio provinciale, ma di “scelte strutturali” che d’ora in
avanti dovrebbero connotare il cammino dei Passionisti.
È un percorso impensabile senza la piena assunzione di responsabilità da parte
di tutta la congregazione. Lo si è compreso molto bene dal momento in cui, nel
sinodo del 2008, dopo una vasta consultazione a tutti i livelli, si era giunti
alla individuazione delle sei nuove configurazioni territoriali. «È stata una
sfida, ha detto il superiore generale, e lo è ancora oggi per noi, per
realizzare quanto richiesto, perché comporta procedere nel cambio di mentalità,
di riferimenti e di prospettiva nell’affrontare i problemi».
La nascita delle configurazioni ha necessariamente dei risvolti anche in campo
giuridico. È vero che già le costituzioni vigenti permettono agli organismi
decisionali della congregazione la facoltà di poter decidere in merito alla
costituzione, soppressione, unione e modifica delle entità esistenti (province,
vice province ecc.). Se comunque si dovesse operare una scelta non prevista
dalle costituzioni o dai regolamenti generali, era stato detto, rimane sempre la
possibilità di «richiedere alla Santa Sede la deroga a qualche prescrizione o il
consenso per una nuova norma».
Un deciso cambio di mentalità
Ma più che dei possibili risvolti in campo giuridico, p. D’Egidio sembra
preoccupato di quelli mentali e psicologici dei suoi confratelli. «Sarà
importante, va ripetendo, dialogare anche sui dubbi e sulle paure presenti nelle
configurazioni o nelle singole province e nei religiosi in modo che si possano
fugare dubbi e si possa arrivare scelte strutturali condivise il più possibile».
A questo specifico scopo si sono rivelati particolarmente preziosi i quattro
incontri, dal 2008 al 2010, del consiglio generale con i coordinatori delle sei
configurazioni. «La cosa più rilevante, osserva ancora p. D’Egidio, è constatare
il cambio di mentalità che lentamente sta avanzando perché ci si convince sempre
di più che è necessario intervenire nelle nostre situazioni attuali».
Da sempre una delle attenzioni principali è quella di diminuire e semplificare
le strutture. Non basta verificare la “viabilità” delle configurazioni. Più
ancora, si tratterà di verificare la «capacità decisionale ed esecutiva dei
consigli delle configurazioni». Questo infatti rimane un discorso aperto. Se non
si vuole vanificare il processo in corso, è necessario che le configurazioni,
oltre a tutto il discernimento necessario, devono avere anche la possibilità «di
prendere decisioni e realizzarle».
A questo riguardo, proprio nel sinodo del 2010 sono state sottoposte alla
valutazione e all’approvazione dei partecipanti una serie di decisioni
vincolanti sia per il superiore maggiore della configurazione che per i
superiori e le varie entità che la compongono. Motivando queste decisioni, il
superiore generale osserva che il progetto della ristrutturazione «deve
procedere e scendere al concreto». Diversamente ci si ritrova con i problemi
irrisolti di sempre nell’ambito della vita comunitaria e della missione, sia
nelle entità vocazionalmente in calo, come in quelle in crescita. Non si può
parlare di “solidarietà istituzionalizzata” senza «la capacità e il potere di
decidere». Nel pieno rispetto di quanto è già contenuto nelle costituzioni,
tutte le configurazioni devono avere un potere giuridico analogo a quello che
attualmente ha un provinciale nel momento in cui porta a compimento una
decisione capitolare o assembleare.
Il coraggio di decisioni serie
Non mancano giuste preoccupazioni per il numero eccessivo di religiosi e per
l’eterogeneità linguistica e culturale soprattutto di alcune delle sei nuove
configurazioni. Trattandosi di una reale difficoltà, si dovrà fare di tutto per
«superare le barriere linguistiche e culturali, incentivando soprattutto i
giovani. Saranno loro, infatti, a realizzazione e a trarre vantaggio dai
cambiamenti in corso. Del resto, già in passato alcune province, soprattutto
quelle più direttamente impegnate nel campo dell’evangelizzazione, «si
estendevano anche in altri continenti includendo realtà geografiche, sociali,
culturali, linguistiche diverse. Era un tempo di forte coraggio e di spirito
missionario».
Oggi, anche solo rispetto a una quarantina di anni fa, quando, cioè, la
congregazione aveva raggiunto il suo maggior sviluppo numerico (con 4.300
religiosi circa), la situazione sia della Chiesa che della congregazione è
notevolmente cambiata. Da una fase di crescita generale, «siamo arrivati al
ridimensionamento nel mondo occidentale e ad una fase di crescita e di
consolidamento inedito e di inculturazione in altre aree geografiche». Ma
proprio per questo la nuova entità della configurazione potrebbe essere di
grande aiuto nel coordinamento non solo della formazione che, ma anche di tutte
le altre risorse spirituali e materiali anche dell’intera congregazione.
In vista del prossimo capitolo generale non dovrà essere trascurato il riesame
continuo delle attuali presenze e del numero delle comunità per ogni singola
configurazione.
Per raggiungere l’obiettivo di realizzare “comunità forti” sia nella
testimonianza di vita che nell’azione evangelizzatrice, «siamo sfidati a
diminuire il numero delle comunità stesse e delle nostre presenze sul
territorio». Senza il coraggio di prendere serie decisioni di fronte alla
frammentazione delle comunità e all’eccessivo numero dei servizi e dei
ministeri, la solidarietà nel campo della formazione, del personale e delle
finanze, è compromessa in partenza. Purtroppo, osserva p. D’Egidio, «le entità
attuali per motivi storici, sentimentali, di numero e per altre cause, si sono
come bloccati e non riescono o riescono a fatica, a compiere il loro compito di
discernimento per la chiusura delle case o per la scelta di religiosi per i vari
servizi specialmente campo della formazione e dell’autorità».
Anche per quanti non si ritengono ancora pronti ad affrontare un passo così
importante e chiedono un tempo ulteriore di riflessione e di approfondimento, il
superiore generale ha una persuasiva risposta. «Certamente la preparazione,
dice, è sempre insufficiente, ma se guardiamo al Vangelo e alle scelte di Gesù
in riferimento alla sua Passione, ci convinciamo che arriva (per tutti) il
momento nel quale si devono superare tutti i dubbi e le preparazioni per passare
alle decisioni e per realizzare i piani di Dio».