Da trent’anni, precisamente dal 24 giugno 1981, a poco più di un mese
dall’attentato a Giovanni Paolo II, Medjugorje è sulla bocca di tutti. In genere
ne parlano bene i pellegrini che sono stati in quel piccolo paese
dell’Erzegovina, perché vi hanno notato un diffuso senso della preghiera e
un’attrattiva verso il sacramento della riconciliazione e verso l’Eucaristia.
Alcune persone raccontano di grazie di conversione e di casi di guarigione o
addirittura di miracoli.
Dinanzi al complesso fenomeno delle numerose apparizioni di Medjugorje e dei
pellegrinaggi a quella meta da ogni parte del mondo, il primo atteggiamento
soprattutto di laici, preti e religiosi, sembra essere quello della rimozione:
ricacciare nell’inconscio tutta la questione per timore di venirne intrappolati,
e quindi distolti dagli impegni abituali. Io stesso, quando l’amico Laurentin mi
domandò perché non m’interessavo di Medjugorje, ho risposto: «Non è necessario,
perché ci sei già tu che hai studiato il fenomeno. E così mantengo la mia
reputazione» . Naturalmente la risposta aveva un tono scherzoso e amichevole. Ma
la remora principale ad affrontare lo studio era la complessità del fenomeno.
Come nella celebre vicenda di Ulisse tramandataci dall’Odissea, il teologo
cattolico si trova come tra Scilla e Cariddi, cioè tra due scogli ugualmente
pericolosi: da una parte non deve anticipare il verdetto definitivo del
magistero della Chiesa, e dall’altra non può trincerarsi dietro un muro di
silenzio e di passività. Il teologo, che intenda svolgere il suo compito di
carismatico ecclesiale, deve dunque parlare, ma dopo seria documentazione, non
sostituendosi ai pastori della Chiesa, ma cercando piuttosto di offrire
considerazioni che aiutino il loro discernimento.
Alla ricerca dei criteri
Non si deplorerà mai abbastanza il vuoto legislativo del Codice di diritto
canonico (1983) circa le apparizioni, cosicché i vescovi spesso non sanno che
atteggiamento assumere e come procedere. È vero però che nel 1978 ogni vescovo
ha ricevuto sub secreto (poi reso noto da qualche autore) un prezioso documento
emanato dalla Congregazione per la dottrina della fede «sul modo di procedere
nel giudicare le presunte apparizioni e rivelazioni».
Esso pone sulla buona strada quando enumera tre circostanze da esaminare: «1. Le
qualità personali del soggetto o soggetti (soprattutto l’equilibrio psichico,
l’onestà e la rettitudine della vita morale, la sincerità e docilità abituale
verso l’autorità ecclesiastica, capacità di ritornare al regime normale della
vita di fede, ecc.); 2. Quanto alla rivelazione, dottrina teologica e spirituale
vera e immune da errore; 3. Sana devozione e frutti spirituali abbondanti e
costanti (per es. spirito di preghiera, conversioni, testimonianze di carità,
ecc.)» .
Il primo esame riguarda dunque i veggenti, il secondo il messaggio e il terzo il
raggio d’influsso positivo del fenomeno.
Salute e moralità dei veggenti
Innanzitutto è importante qualificare lo stato di salute soprattutto psichica
dei veggenti. Marc Oraison (+1979), presbitero e medico francese, affermava che
per la scienza gli allucinati e i veggenti sono della medesima categoria, perché
dicono di vedere ciò che tutti gli altri non vedono. Oggi questa teoria viene
respinta, in quanto mette sullo stesso piano allucinati che sono malati e
veggenti che tali non sono. Sappiamo infatti che il comportamento degli
allucinati differisce totalmente da quello di una veggente come Lucia, di
Fatima, la quale in 98 anni di vita non ha mai dato segni di squilibrio, ma al
contrario ha offerto esempio di virtuosa moralità.
Ora proprio la medicina ha potuto accertare più volte che i ragazzi di
Medjugorje sono normali ed esenti da malattie. Già nel 1981 il dott. Ante
Vujević aveva dichiarato alla polizia che essi sono perfettamente sani di mente
(27 giugno), giudizio confermato dal dott. Dzuda (29 giugno). Gli esami del
medico Henri Joyeux, docente all’Università di Montpellier, e della sua équipe
interdisciplinare (1984-1985) ha studiato i veggenti durante l’estasi e ha
escluso da essi uno stato patologico: «Non si tratta di epilessia, di sonno o di
sogno. Non è allucinazione nel senso patologico del termine: lo dimostrano gli
encefalogrammi. Non si tratta di isteria, di nevrosi o di estasi patologica,
perché i veggenti non hanno alcun sintomo di queste affezioni in tutte le loro
forme cliniche» .
Una seconda ricognizione è compiuta nel 1985 da un’équipe di medici italiani,
tra cui Luigi Frigerio e Giacomo Mattalia, che sottoposero i veggenti a vari
test con adeguata strumentazione, confermando i risultati del dott. Joyeux. Nel
1998 è un esperto di psicologia clinica, Andreas Resch della Pontificia
accademia alfonsiana, a escludere nei veggenti sia l’ipnosi che «l’inganno
cosciente e la frode». Infine è il neurologo Philippe Loron, primario
dell’ospedale La Salpêtrière di Parigi, ad attestare l’autenticità vissuta dai
veggenti durante l’estasi, senza possibilità di manipolazione dei presenti da
parte loro.
Ma supponiamo che abbiano la meglio i sofismi avanzati con sicumera da Marco
Covaglia, per il quale tutto è falso a Medjugorje, la prova della normalità dei
veggenti è dimostrata a posteriori dal fatto che esse si sono sposate
regolarmente e continuano a testimoniare una vita cristiana coerente e perfino
esemplare.
Abbiamo dunque a che fare con persone sane ed equilibrate. Ed anche sincere,
come appare dalle 59 risposte sostanzialmente identiche date da ognuno di loro a
p. Ljudevit Rupcić, il quale le presenta in sinossi destando la convinzione che
«tra i veggenti regna piena concordanza per quanto riguarda il contenuto delle
apparizioni e dei messaggi» .
Dottrina immune da errore
In secondo luogo i messaggi, numerosissimi (secondo Saverio Gaeta quelli
«ufficiali» sarebbero 447 in tutto ) e spesso ripetitivi, non presentano
problemi dal punto di vista dell’ortodossia. Non solo sono immuni da errori
teologici o etici, ma sono in armonia con la dottrina cattolica e con il
vangelo, in quanto insistono sulla preghiera, sulla conversione, sul digiuno
caduto in disuso, sull’esigenza di riconciliazione e sulla cooperazione per la
pace tra i popoli e le religioni: «Pace, pace, pace, riconciliatevi fra voi! Tra
Dio e gli uomini dovrà dominare di nuovo la pace!» (A Marija, 26 giugno 1981). A
base di tutto appare la missione materna di Maria nella Chiesa e nel mondo: «Io
sono Madre, ed è per questo che vengo. Non dovete aver timore, perché ci sono
io» (A Mirjana, 25 ottobre 1985).
È vero, sono affidati ai veggenti 10 segreti, dei quali è trapelato solo che
annunciano castighi e un futuro drammatico. Essi rientrano nel genere profetico
e apocalittico, di cui fa uso la Bibbia per richiamare l’urgenza della
conversione e del cambiamento di vita. I segreti – interpreta Laurentin –
«annunciano a grandi linee l’autopunizione apocalittica del mondo, senza che si
possa dire se i veggenti la considerano come la fine dei tempi o la fine di
un’era» . La tragicità dei segreti è attutita dal fatto che essi sono
condizionati dalla preghiera, che potrebbe modificarli, e sono uniti alla
previsione di un futuro di speranza. Puntualizza Ivan: «Oggi si parla spesso
delle cose terribili che ci aspettano, dei cosiddetti tre giorni di tenebre, dei
tre giorni di notte. Bisogna che capiate che Maria non è venuta a portare il
terrore delle tenebre, ma è venuta come la Madre della luce. Vuole portare la
luce della speranza» .
Fa eccezione al carattere tragico dei segreti, il secondo di essi, che consiste
in un segno sulla collina delle apparizioni: «La Gospa lascerà un segno
permanente e visibile!» (Ivanka), «Il segno è visibile, permanente e
indistruttibile» (Vicka). Sembrerebbe un segno strabiliante, di quel tipo
volutamente escluso da Gesù nell’impostazione del suo messianismo. Ma la stessa
Vicka rassicura sulle intenzioni di Maria, e prima ancora di Gesù: «Mio Figlio
intende conquistare con la persuasione tutte le anime verso di sé» .
Dai loro frutti li riconoscerete
Infine Medjugorje è divenuta un fenomeno «ecclesiale», dove accorrono i fedeli
da ogni parte del mondo e avvengono tantissime conversioni. Tanti che sono
partiti per quella meta forse per curiosità o forse senza sapere perché, sono
tornati rifatti interiormente e decisi a riprendere la prassi cristiana da tempo
abbandonata. È chiaro che da Medjugorje non tutti tornano migliori o convinti
delle apparizioni, ma sembra che si tratti di eccezioni.
Gesù ci offre un criterio infallibile per discernere il buon grano dalla pula e
meglio per comprendere se agisce lo Spirito oppure il suo antagonista Satana:
«Dai loro frutti li riconoscerete. [...] Ogni albero buono produce frutti buoni
e ogni albero cattivo produce frutti cattivi» (Mt 7,16-18). Se a Medjugorje i
frutti sono positivi, significa che l’albero è sano. Numerose persone lì hanno
sperimentato qualcosa che ha toccato e cambiato la loro vita. Orbene davanti
alle esperienze positive di conversione, di revisione di vita e di crescita
nella fede tutti i ragionamenti vanno sospesi, perché «contra factum non valet
argumentum»: non si può negare l’esperienza. Di tutto questo non si può che
ringraziare il Signore.
È comunque da apprezzare la saggezza della Chiesa, che va avanti con piedi di
piombo per evitare giudizi affrettati, ma non stronca il movimento del popolo e
lo studio dei teologi con un no secco. Bisogna continuare invocando lo Spirito
per un discernimento sereno e coinvolgente il popolo di Dio con la sua preziosa
esperienza.
Posizione ufficiale della Chiesa
La Conferenza episcopale jugoslava ha espresso la sua valutazione circa le
apparizioni di Medjugorje con la Dichiarazione di Zara (10 aprile 1991): «Sulla
base delle indagini effettuate fino ad ora, non si può affermare che quelle che
avvengono sul luogo siano delle apparizioni o delle rivelazioni soprannaturali».
Non è un giudizio definitivo, perché si dice che i vescovi continueranno «a
seguire e a esaminare i frutti di Medjugorje nel loro insieme» . In sede
giuridica questa dichiarazione è classificata come «attendista» , in quanto non
si pronuncia né per il sì, né per il no. Certo il documento chiede ai vescovi di
non organizzare pellegrinaggi per non dare l’impressione che la Chiesa fosse già
giunta a una decisione. Molti vescovi, però, vi si recano in forma privata:
anche la loro esperienza contribuirà al discernimento che porterà alla
valutazione ufficiale.
Data l’internazionalità e complessità del fenomeno di Medjugorje, Benedetto XVI
ha avocato a sé la decisione finale e ha istituito a questo scopo (17 marzo
2010) una Commissione internazionale, presieduta dal card. Camillo Ruini e
composta da una ventina di membri tra cardinali, vescovi, periti ed esperti. Tra
questi figurano gli italiani card. Angelo Amato, prof. Pierangelo Sequeri e p.
Salvatore Perrella. Come segretario è stato designato il prof. dr. Achim Schütz,
docente di Antropologia teologica presso la Pontificia Università Lateranense.
Il fenomeno dei pellegrinaggi a Medjugorie intanto continua, anche se le
apparizioni si sono progressivamente rarefatte, passando dal ritmo quotidiano
(1981-1984), a quello settimanale ogni giovedì (1984-1987) a quello mensile
(1987 in poi) e infine a quello annuale per l’uno o l’altra dei veggenti. Così
anche l’obiezione circa il numero troppo grande di apparizioni a Medjugorje
tende a scomparire.
Che ne è intanto dei veggenti? Mentre all’inizio essi pensavano di ritirarsi in
seminario o in convento, poi compresero che il matrimonio era la loro strada.
Tutti si sono regolarmente sposati, anche Vicka che ha aspettato fino all’età di
trentasei anni per pronunciare il suo sì nuziale. Hanno dato origine a buone e
numerose famiglie cristiane e continuano a testimoniare la fede cattolica ed ad
esprimere la loro convinzione di aver potuto fissare lo sguardo sulla bellezza
di Maria e conversare molte volte con lei.