Solo recentemente si è incominciato a portare attenzione scientificamente e sistematicamente all’età di mezzo, all’età, cioè, che si svolge, all’incirca, tra i 40 e i 60 anni. Prima, le scienze umane e anche quelle religiose e pastorali, erano centrate soprattutto sull’infanzia e sull’adolescenza. Più tardi, il progressivo allungamento della vita ha messo in rilievo l’esigenza di studiare anche la condizione degli anziani.
Quali fattori hanno portato allo studio dell’età di mezzo? Tra i più importanti è da annoverare, anzitutto, la presa di coscienza del fatto che anche questo periodo, pur non presentando la fragilità degli altri, è soggetto a crisi e sfide particolari. Inoltre, non va dimenticata la responsabilità che grava su queste persone, collocate come punto di riferimento tra la generazione più giovane e quella più anziana.

La percezione della propria fine

Fin verso gli anni 80, i programmi formativi atti ad aiutare le persone di quest’età, erano quasi inesistenti. Come, invece, sta dimostrando la crescente letteratura, sia profana che di orientamento spirituale, non ha più senso ritenere le persone di mezza età come degli esseri arrivati, non più bisognosi di aiuto. Anche le dinamiche che caratterizzano questi anni, sono complesse. Solo una loro corretta gestione e un accompagnamento specifico possono consentire all’individuo di compiere un percorso di crescita.
Nel suo nucleo centrale l’età di mezzo è costituita dalla percezione esistenziale della propria fine, manifestata da una serie di fattori che possono variare da individuo a individuo: modificazioni fisiche e psicologiche, scomparsa di persone care, invecchiamento di figure significative (genitori, superiori...), cambiamenti di luoghi e di attività, malattie importanti, delusioni, forti esperienze spirituali... Questi e numerosi altri fattori inducono l’individuo a pensare al passato e al futuro per valutarne sia le realizzazioni che le prospettive.
Da tale revisione critica nascono riflessioni contrastanti che possono dar luogo a una serie svariata di sentimenti. Chi, per esempio, ha puntato troppo sull’apparenza fisica o sui successi esteriori, è facilmente abitato da emozioni depressive, quando gli applausi diminuiscono o quando comincia a leggere sul proprio volto linee sottili, solchi lievi e tra i capelli comincia a scorgere sempre più numerosi i fili grigi. È il messaggio di un appassimento incipiente, cui spesso è legata una paura segreta, non ancora espressa, forse non ancora consapevole: paura dell’ età, paura dell’ autunno, paura del dover morire...
Tale messaggio assume accenti ancor più forti quando vediamo trasformarsi i volti, i modi di essere e di agire di persone care. La morte prende un volto più drammatico e ci interpella personalmente ogni volta che colpisce individui che hanno condiviso la nostra vita, entrando in qualche modo a far parte di noi. Il trascorrere degli anni ci costringe a prendere coscienza dell’ impossibilità di realizzare numerosi progetti accarezzati nel passato. Non è più possibile tornare indietro. Del resto, già il passare da una casa e da un’attività all’altra, ci confronta con la provvisorietà, portandoci a relativizzare ogni progetto.

Logorìo interiore e scoraggiamento

I grandi cambiamenti avvenuti nella società, nella Chiesa e negli istituti religiosi, suscitano spesso risentimenti e rabbia in quanti si rendono conto di essere stati nel passato deprivati di opportunità riguardanti la loro vita intellettuale, emotiva e affettiva (specializzazione, studi, amicizie, tempo libero...). Per coloro che hanno sperato in un futuro ricco di realizzazioni creative, la lentezza delle riforme, i limiti delle persone e delle istituzioni civili ed ecclesiali sono spesso causa di logorio spirituale e di scoraggiamento. In quanti hanno scommesso troppo sull’attività trascurando la spiritualità, è facile che s’ingeneri un senso di vuoto, d’insignificanza.

L’età di mezzo è spesso il momento drammatico in cui appaiono gli infelici risultati delle inconsistenze a livello intrapersonale, interpersonale e spirituale. Se prima si potevano controllare abbastanza agevolmente gli elementi non integrati della personalità, puntando sull’entusiasmo dei primi tempi, sul lavoro, sui progetti, sull’appoggio dell’ambiente, con il passare degli anni non è più possibile ignorare gli aggiustamenti inadeguati nei settori della vita affettivo-sessuale, delle relazioni interpersonali, del rapporto con il Signore. Tutte queste manifestazioni sintomatiche possono apparire più acutamente quando l’individuo è sotto stress o sul bordo del burn-out o logorio psicologico.
Evidentemente, un quadro del genere offre un insieme di sintomi che, nella realtà, non si presentano insieme, bensì spesso isolatamente, tendendo a raggrupparsi in forme svariatissime in rapporto allo stile di personalità, alle esperienze vissute dall’individuo e alle misure che egli ha adottato per favorire la propria crescita.
Una crisi può essere distruttiva, come pure un’occasione propizia di crescita. Affinché essa possa risolversi positivamente è necessario che vengano presi appropriati provvedimenti. Quando ciò non avviene, gli esiti saranno sempre dannosi per l’individuo. A volte, le manifestazioni del male possono essere drammatiche. Più spesso esse assumono forme meno appariscenti ma non per questo meno pericolose,
come, ad esempio, la rinuncia a crescere, una certa stagnazione psicologica e spirituale, una vena scettica e pessimistica di fronte a quanto viene proposto per instaurare nuovi progetti, la chiusura nel proprio piccolo mondo, l'accresciuta attenzione a interessi superficiali. Tutte queste situazioni possono essere accompagnate da malinconia, senso di solitudine, nostalgia, scontentezza, intolleranza, risentimento, rigidità...

Autoconsapevolezza e comprensione

Per affrontare creativamente questo momento della vita, in modo da garantire all’età adulta vitalità, speranza, gioia e senso di realizzazione, possono giovare alcuni suggerimenti:

Essere consapevoli e comprendere. Abituarsi a prendere coscienza di quanto avviene nel proprio essere a tutti i livelli, cercando di comprenderne il senso. È il primo passo da compiere. Il nostro organismo ci invia messaggi. Se ben interpretati, ci aiutano a capire cosa sta avvenendo in noi sul piano fisico, emotivo e spirituale. Spesso, siamo attenti solo agli appelli che ci vengono dall’io superficiale, trascurando quelli dell’io più profondo. Senza la capacità e il coraggio di guardarci dentro con serena onestà, è impossibile pretendere di cambiare. Non è forse la verità che ci fa liberi, rendendoci capaci di assumere la responsabilità dei nostri comportamenti? Si tratta di un processo di autoconsapevolezza e di comprensione non solo psicologico, ma anche spirituale. Non per nulla, in tutta la letteratura spirituale si trova il richiamo alla conoscenza di sé, quale condizione per un autentico rapporto con il Signore e con il prossimo.

Saper accogliere e riconciliarsi. Il cammino della consapevolezza e della comprensione porta inevitabilmente a prendere contatto con parti di noi stessi che non sono piacevoli, con aspetti della nostra condizione umana difficili da accettare. Scoprirci fragili, vedere sfiorire la giovinezza, sperimentarci vulnerabili, presentire la possibilità del venir meno del nostro essere, essere confrontati con le nostre debolezze, assistere a cambiamenti di prospettive, avvertire la coscienza dell’irripetibilità di molte occasioni e opportunità... sono tutte esperienze che nell’età di mezzo si fanno sentire con maggior acutezza. Accoglierle e accettarle, riconciliandoci con esse, costituisce il secondo passo, che ci permette di apprendere da esse qualcosa di nuovo sulla nostra condizione umana.

Aprirsi ad aspetti e valori nuovi. Nel momento stesso in cui espone alla presa di coscienza dei limiti, l’età di mezzo apre anche alla possibilità di entrare in contatto con aspetti nuovi di se stessi e di acquisire valori prima ignorati o trascurati. Se, ad esempio, il venir meno della fedeltà del corpo può ingenerare sentimenti depressivi, esso è anche occasione per apprendere modi nuovi di situarsi di fronte alla propria corporeità, modi che esprimano il profondo rispetto per questa dimensione essenziale della persona, riconoscendone allo stesso tempo la relatività.
Dopo la preferenza data al fare, tipica della prima parte della vita, il richiamo del valore dell’essere si fa sempre più forte; se colto e integrato adeguatamente, esso può imprimere un volto nuovo alla vita. Infatti, non è principalmente attraverso la performance che noi diamo testimonianza di un’esistenza vissuta in pienezza, bensì attraverso la qualità di una vita vissuta fedelmente e profondamente.

Una preziosa solitudine

Alla tendenza ad essere attivi, controllando e dominando le cose, subentra la presa di coscienza dell’importanza della ricettività: la crescita è dono da ricevere prima che frutto delle nostre iniziative. L’integrazione dei lati negativi della propria persona come pure di alcuni tratti tipici della psicologia dell’altro sesso (per gli uomini: prendersi cura, sostentare, permettere che qualcosa cresca piuttosto che farlo crescere; per le donne: più forza, più assertività, più capacità di sintesi, di unione forza-compassione), possono imprimere alle relazioni interpersonali e all’esercizio dell’autorità un’umanità più ricca. Anche la preghiera ne guadagnerà in qualità, diventando espressione di tutta la persona.
L’incontro con la solitudine, frequente in quest’età, se da una parte è fonte di sofferenza, dall’altra fa può essere una scoperta del valore dello stare soli, in buona compagnia con se stessi e, per chi crede, con il Signore. Dai preziosi momenti trascorsi in operosa solitudine, l’individuo esce più disposto a incontrare l’altro con libertà di cuore e di spirito. Anche la domanda affettiva, che può esprimere richieste molto forti, offre l’occasione di una crescita nella capacità di raggiungere un’autentica generatività, anche spirituale, di stabilire amicizie autentiche, calde di affetto e centrate sui valori essenziali della persona.
Crescendo in età, per esempio, ci rendiamo conto di diventare vecchi, avendo completato una fase della nostra vita. Nello stesso tempo, però, ci percepiamo contemporaneamente giovani, dal momento che il nuovo periodo può favorire la crescita, il rinnovamento, la maturità di giudizio e una visione più ampia della realtà. Anche solo il dare più tempo all’ascolto del proprio mondo interiore attraverso un adeguato tempo libero impegnato nella risposta a bisogni vitali, siano essi fisici, culturali o spirituali, può significare una maggio attenzione al mondo esteriore, luogo della missione.
Uno dei passi più importanti da compiere nell’età di mezzo è quello della purificazione e della motivazione del proprio agire. Il processo di maturazione, la molteplicità delle esperienze, l’attenzione alle reazioni degli altri, mettono l’individuo in grado di identificare con maggior precisione la qualità delle motivazioni che sono state all’origine delle proprie scelte in tutti i settori. Sarà comunque difficile superare la crisi dell’età di mezzo senza un particolare aiuto da parte delle persone che ci circondano e, in casi particolari, anche da esperti della relazione di aiuto.