Ci troviamo oggi in una fase in cui si va progressivamente affermando il
decentramento delle responsabilità su funzioni e risorse (federalismo fiscale),
con la conseguente ricerca di un crescente ruolo delle forme autonomamente
organizzate della società (sussidiarietà). Il Progetto Culturale della CEI ha
lanciato in proposito una ricerca, i cui primi risultati sono contenuti nel
libro “Non Profit. Dalla buona volontà alla responsabilità economica” (EDB
2011), curato da Marco Elefanti, docente di economia aziendale presso
l’Università Cattolica del Sacro Cuore. Sono state coinvolte alcune università
italiane e diversi studiosi per fornire risposte agli interrogativi concernenti
la ricerca di coerenza tra schemi giuridici e governante, trasparenza nella
gestione ed efficienza nell’impiego delle risorse.
La frammentarietà del terzo settore
Secondo i dati dell’ultimo censimento Istat vi sono in Italia oltre 221mila
organizzazioni non profit (ONP), il maggior numero delle quali si trova nel
nord. Per quanto riguarda il settore di attività, la maggior parte di esse si
concentra nell’area di cultura, sport e ricreazione (63,4%), seguita da lontano
da altre aree come assistenza sociale (8,7%), relazioni sindacali e
rappresentanza di interessi (7,1%), istruzione e ricerca (5,3%), sanità (4,4%),
cooperazione e solidarietà internazionale (0,7%). L’universo non profit del
nostro paese è composto da realtà medio-grandi, con strutture organizzative,
sistemi contabili e strumenti di gestione dei rapporti coi donatori avanzati (in
linea con quelli delle corrispondenti aziende non profit del mondo
anglosassone). A queste si aggiungono molte realtà di piccole dimensioni (che
vanno dal volontariato all’associazionismo sportivo alla promozione sociale), le
quali sono, per la prevalenza della componente ideale e volontaristica, in fase
ancora embrionale per quanto riguarda lo sviluppo di strutture e strumenti
gestionali. Proprio queste piccole realtà, che sono l’asse portante del nostro
non profit, sono chiamate a sviluppare, secondo quanto emerge dalla ricerca,
nuovi e più efficaci strumenti di rendicontazione dei risultati
economico-sociali e di rappresentazione della propria struttura organizzativa.
L’importanza delle organizzazioni della società civile, il cosiddetto “terzo
settore”, è cresciuta dagli anni 1980 in poi, in concomitanza anche con la
corrente di pensiero tendente a ridimensionare lo stato nazionale: le ONP devono
essere gli attori che operano laddove lo stato e il mercato non possono o non
vogliono farlo. Questo ha spinto le stesse ONP a passare dalla logica di agenti
per la beneficenza-assistenza a quella di agenti per la trasformazione sociale,
indirizzando il settore verso una maggiore professionalizzazione e
specializzazione. Ma, a fronte di scandali dovuti a corruzione o gestione
negligente (che hanno messo in discussione l’idea che tali organizzazioni
venissero legittimate di fatto o che fossero “buone in sé”) è emerso il bisogno
di introdurre un maggior numero di elementi per la trasparenza, il controllo e
la rendicontazione delle loro attività.
L’esigenza di trasparenza e responsabilità
In questo senso hanno cominciato a guadagnare sempre maggiore rilevanza
proprio i temi legati alla cosiddetta accountability, un termine inglese col
quale si indicano la trasparenza e la responsabilità nell’azione. Queste dunque
sono oggi le parole chiave per promuovere una costante legittimazione delle ONP,
che sono così all’attenzione, da un lato, delle istituzioni centrali e regionali
(chiamate a garantire la corretta gestione e destinazione dei fondi anche a
fronte di significativi vantaggi fiscali), dall’altro dei numerosi attori (stakeholders)
che rendono quotidianamente possibile la loro attività: dai volontari ai
donatori, dalle imprese che sponsorizzano loro progetti ai fornitori che operano
spesso a costi parzialmente remunerativi.
Si tratta insomma di garantire la progressiva affermazione di meccanismi
operativi e di controllo in grado di guidare le scelte e le decisioni aziendali,
di diffondere schemi di gestione e soluzioni organizzative che valorizzino
trasparenza e responsabilità dell’azione. La ricerca puntualmente rinvia ad
alcune esperienze consolidate e sollecita l’utilizzo di strumenti già presenti
nel patrimonio di conoscenze di molte ONP (progetti dettagliati, bilanci sociali
e di missione, rendiconti ecc.). In questa direzione sono invitate a muoversi
anche le organizzazioni di carattere religioso che, proprio perché la componente
valoriale è sempre stata considerata più significativa della sanità gestionale,
sono tra quelle che devono fare più strada.