Il Vangelo di Giovanni scrive che Gesù, nell’atto di affidare la missione di
pascere il suo gregge, chiede per tre volte a Pietro “Mi ami tu più di costoro?”
per fargli comprendere che solo l’amore costituiva la condizione necessaria per
assumersi questo compito..
In altre parole, Gesù voleva dire a Pietro che la missione nasce dal cuore e ha
come anima l’amore. E per questa ragione egli dice a tutti i suoi discepoli:
"Come il Padre ha amato me, così anch'io ho amato voi. Rimanete nel mio amore" (Gv
15,9).
È da questo invito che il superiore generale dei comboniani, p. Enrique Sánchez
González trae lo spunto nello scrivere la lettera ai suoi religiosi in occasione
della festa del Sacro Cuore, che quest’anno cade il primo di luglio. Egli
osserva infatti che è nella contemplazione del Cuore aperto di Gesù Buon Pastore
che essi trovano il significato pieno della loro vocazione missionaria nella
Chiesa e nel mondo. La festa del Sacro Cuore dovrà essere pertanto vissuta come
«un momento di rinnovamento e di apertura alla grazia dell'amore di Cristo che
ci viene offerto per vivere in profondità la nostra vocazione missionaria, come
esperienza di un amore che ci fa diventare felici e soddisfatti del nostro
essere per gli altri».
Portatori di un grande amore
Padre González parte dell’affermazione di Paolo: "Sono stato crocifisso con
Cristo, e non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me. E questa vita nella
carne, io la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha dato se
stesso per me" (Gal 2,20) .
Contemplando il Cuore di Gesù, la prima cosa che dovrebbe colpirci è il fatto
che non siamo di fronte a una semplice immagine che tocca la nostra affettività
e i nostri sentimenti, ma ci troviamo a contatto con una proposta simboleggiata
nel Cuore che ci provoca a rompere tutti i nostri schemi e tutte le nostre
sicurezze per entrare nel mondo della gratuità. Nel mondo dell'amore e della
fede, dell'impossibile, secondo i nostri parametri, ma dell'infinito, secondo i
desideri del Signore. Nel mondo del tutto possibile e nuovo, secondo il cuore di
Dio.
Il Cuore aperto di Cristo Buon Pastore ci fa capire che, all'inizio di tutto,
del nostro essere cristiani, consacrati, comboniani, missionari, c'e
l'iniziativa di Dio che ci invita ad entrare nel mistero del suo amore e ci fa
capire che il nostro nome e cognome, a partire da questo momento, non è altro
che quello che si esprime con due parole: sono amato.
Siamo persone amate profondamente dal Signore e chiamate a rimanere in
quest'amore come esigenza e condizione per trovare il senso della nostra
esistenza, del nostro essere nel mondo senza appartenere al mondo.
Siamo persone amate, destinate a diventare presenza e testimonianza dell'amore
che Dio non si stanca di riversare nella nostra umanità; l'amore sempre proposto
agli uomini e donne del nostro tempo e di tutti i tempi come possibilità unica
di vita piena. Siamo l'oggetto dell'amore che rende possibile tutto in questo
mondo.
L'amore creatore e redentore, l'amore che ci rende degni e ci fa diventare
liberi, l'amore che allarga i nostri orizzonti e ci fa diventare sognatori di un
mondo diverso, di un'umanità più fraterna e più giusta. Il Cuore del Signore non
è il semplice luogo dove andiamo a nascondere o a depositare i nostri bisogni
quotidiani di affetto e di sicurezza; non è lo spazio dove il nostro immaginario
può scaricare tutte le nostre pretese di superficialità e di piaceri passeggeri.
No, il Cuore del Signore è il santuario dove siamo sfidati a vivere la rinuncia
totale a noi stessi, lo svuotamento che ci fa diventare dipendenti dall'Altro e
dagli altri; è il luogo preciso dove siamo chiamati a vivere dell'Amore (con la
lettera maiuscola) per diventare capaci di vivere amando.
Chi siamo? La risposta più semplice è quella che ci permette di affermare che
siamo soltanto quello che lasciamo fare all'amore in noi. Siamo quello che
concediamo di diventare all'amore del Signore in noi.
La nostra missione
"lo sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me,
come il Padre conosce me e io conosco il Padre, e offro lo vita per le pecore. E
ho altre pecore che non sono di quest'ovile: anche queste io devo condurre" (Gv
10,14-16).
Cercando di dare una risposta alla domanda sulla nostra missione, dalla
prospettiva del Cuore del Signore, mi sembra necessario dire con tutta
semplicità che da quando Dio è Dio, la missione è stata sempre un fatto di
grande attualità ed è così perché è l'espressione di quello che in Dio è
essenziale, cioè l'amore.
Siccome Dio è amore, è necessariamente missionario, dato che la dinamica
dell'amore è andare sempre incontro all'altro, e quello che sappiamo di Dio è
proprio questo, che si è messo in cammino dall'eternità per andare incontro ai
suoi amati e rispondere in questo modo alla sua dimensione essenziale, l'amore.
Dio si è fatto missionario per amore: questa è la più bella notizia che ancora
oggi siamo chiamati a portare fino all'estremità del nostro mondo e nel profondo
della nostra umanità. L'unico vero impegno che abbiamo è quello di diventare
testimoni di questo amore, perché siamo diventati portatori di questo mistero e
Dio ha voluto servirsi della nostra povertà per manifestare il suo amore. Non
c'è altro da dire.
Fino a quando non impareremo che la missione è l'espressione più forte
dell'amore del Signore per noi, il nostro fare missionario non andrà al di là
del progetto umano che necessariamente fa di noi dei protagonisti arroganti di
qualcosa che è al di sopra di tutte le nostre possibilità di riuscita. Il
mistero della missione, infatti, si manifesta, si rivela, si fa comprensibile e
ragionevole proprio nell'approfondire la conoscenza e l'esperienza dell'amore.
Oggi si percorrono tante strade per vivere la missione, si fanno tante ricerche
per renderla comprensibile, si danno non poche interpretazioni per spiegarla e
far vedere la sua importanza e necessità nella ricerca di senso nella nostra
vita; ma la missione, alla fine, non si può capire se non dentro fa logica
dell'amore.
Contemplando e pregando il mistero di Dio, diventa chiaro che la missione è una
realtà che si comprende non con la testa, né con i nostri argomenti razionali, e
nemmeno con la. nostra capacità di programmare, calcolare, progettare. Non è
nemmeno con le nostre analisi statistiche o con i dati sociologici, economici e
politici o con le nostre elucubrazioni filosofiche e teologiche, che la missione
diventa più chiara.
Basta vedere quante teorie, linguaggi, studi continuino ad apparire e a
provocare la nostra riflessione. Si parla di missione ad intra, ad extra, ad
gentes ... Si discute su quali siano le terre di missione. Si parla di nuovi
areopaghi e di nuove situazioni missionarie ... Ma, in fondo, la domanda su come
possiamo capire che cosa sia la missione oggi, per noi, in questo preciso
momento della nostra storia e della sensibilità della nostra umanità, rimane.
Credo che una risposta convincente possa arrivare solo se riusciremo a
sviluppare la nostra capacità di vedere, sentire e capire con il cuore.
Custodire il dono che ci è stato concesso
"Per questo motivo ti ricordo di ravvivare il dono di Dio che è in te per
/'imposizione delle mie mani" (2Tim 1,6).
Come missionari siamo stati chiamati a diventare sentinelle dell'amore e siamo i
custodi del mistero di quest'amore che portiamo in noi, come dice san Paolo:
"Però noi abbiamo questo tesoro in vasi di creta, perché appaia che questa
potenza straordinaria viene da Dio" (2Cor 4,7).
Guardando alla nostra vita e alla nostra missione attraverso l'esperienza del
Cuore di Gesù, come esperienza di un grande amore che ci abita, abbiamo un
grande dovere che può sembrare semplice, ma che in questo momento della nostra
storia come Istituto è diventato una grande sfida. Parlo dell'amore alla nostra
vocazione missionaria vissuta attraverso la consacrazione religiosa e il
ministero sacerdotale. Perché siamo stati amati profondamente, siamo stati
chiamati a condividere con il Signore la sua missione e per questo non abbiamo
il diritto di trascurare il dono ricevuto. L'esperienza dell'amore che ci viene
rivelata nel Cuore di Gesù è e deve essere per noi. un richiamo a vivere in
profondità questo amore, portando al centro della nostra vita e dei nostri
interessi la persona del Signore. Oggi, non possiamo vivere un autentico impegno
missionario se non siamo consapevoli dell'amore che il Signore ha per noi e se
non siamo disposti a organizzare tutta la nostra vita intorno a questo amore.
Di certo, possiamo fare tantissime cose nelle nostre missioni, ma il vero
impegno a favore dei nostri fratelli e sorelle, il vero aiuto che possiamo
offrire, l'autentica solidarietà che possiamo esprimere attraverso il nostro
fare causa comune, il ruolo profetico che dobbiamo avere nel mondo dove siamo
chiamati a svolgere il nostro servizio, in una parola, la vera missione, non può
nascere se non dall'esperienza dell'amore che portiamo in noi come dono del
Signore.
Per questo penso sia necessario imparare a custodire il nostro cuore per non
perdere la passione caratteristica dell'amore.
Oggi è una grande sofferenza vedere come qualcuno di noi vive dentro una
superficialità che può svuotare l'esistenza e creare un malessere e
un'insoddisfazione che si traducono in frustrazione. Per noi è una grande
tristezza anche dover accompagnare dei confratelli che hanno smarrito il fascino
della vocazione perché sono stati ingenui e non hanno saputo custodire il loro
cuore, lasciando che vi s'infiltrassero altri amori che non hanno niente a che
vedere con quell'Amore che un giorno ci ha chiesto di consacrargli tutto il
nostro essere, tutta la nostra persona. Dove non c'è amore, la missione diventa
impossibile.
Oggi, più che mai, per vivere un'autentica esperienza dell'amore che nasce dal
Cuore di Gesù, è indispensabile imparare a custodire il nostro io più profondo
in modo che l'Amore occupi l'intero spazio del nostro cuore e c'insegni a
pensare e ad agire secondo questo Amore. Una tale disponibilità si tradurrà in
amore-passione per le persone che ci sono affidate nella missione.
Così ci accorgeremo che il Cuore di Gesù Buon Pastore, nella nostra
spiritualità, non è soltanto un'immagine che tocca i nostri sentimenti, come già
detto, ma diventa l'icona che ci sfida a crescere nell'amore che soltanto il
Signore può darci, garanzia del nostro essere autentici missionari.
Guardando con passione al nostro mondo, non possiamo rimanere indifferenti di
fronte a tanta sofferenza, che non è altro che la negazione e il rifiuto
dell'amore che il Signore vuole seminare nel cuore di tutti noi.
Come missionari e comboniani siamo chiamati a vivere in modo che i nostri
fratelli e sorelle possano scoprire l'Amore che nasce nel Cuore del Signore.
Questo sarà possibile nella misura in cui diventeremo capaci di testimoniare,
con la nostra vita e il nostro impegno a favore dei più poveri, che siamo
missionari perché portiamo in noi un amore che ci spinge ad andare incontro a
quelli che sono i destinatari dell'Amore, della passione di Dio per i suoi
figli. Il Cuore di Gesù ci conceda la grazia di vivere sempre aperti al suo
amore.