Giorni fa è venuta da me un professionista colto e affermato, con qualche
problema angustiante, dovuto, a suo dire, anche “all’educazione cattolica”
ricevuta. Educazione che avrebbe lasciata in lui sensi di colpa che altri non
avevano. Educazione che avrebbe esaltato il sacrificio di sé invece che dare
spazio alla propria realizzazione.
Siccome tra gli educatori c’ero anch’io, dopo aver ricordato che non è poi così
negativo sentire la responsabilità, anche se dolorose, delle proprie azioni, ho
dovuto convenire con lui circa l’insufficienza della sua educazione, non perché
troppo cattolica, ma perché insufficientemente cattolica.
Venendo al nocciolo ci si trovava d’accordo che era stata presentata la croce
più del crocefisso, il dovere e il sacrificio più di quel misterioso flusso
vitale che si chiama “amore”, che rende un’esistenza capace di affrontare le
proprie responsabilità, ma anche, le proprie debolezze.
La visione di un cuore che ama
Riandando poi allo sguardo con cui abbiamo affrontato la vita e abbiamo tentato
di trasmetterlo alle nuove generazioni, si possono distinguere almeno tre
momenti.
In gioventù la croce dice che bisogna lottare contro il male che prima di tutto
è dentro di noi, che la lotta è difficile, ma che la vittoria è assicurata.
Quanto al male che è fuori di noi, la croce ha superato le persecuzioni, ha dato
dignità alla persona umana, ha amalgamato popoli diversi, assicura la vittoria
finale.
Un tempo il canto del Vexilla Regis (Avanzano i vessilli del Re) evocava già con
la sua inarrivabile melodia, e ancora evoca, la scena del giudizio finale,
quando nel cielo apparirà il segno, il vessillo, del Figlio dell’uomo, la croce
gloriosa, davanti alla quale tutti gli stendardi della potenza mondana si
abbasseranno per lasciare posto all’unico vessillo del Re glorioso. La speranza
viva di partecipare al corteo vittorioso che segue il vessillo del Re, non
poteva e non può non provocare impegno per la fedeltà, nonché riconoscenza e
gioia per le energie spirituali fatte emergere.
Nell’età delle responsabilità, la forza scaturisce dalla contemplazione di Gesù
che sulla croce giganteggia per la coerenza, il coraggio, la forza d’animo nel
portare a termine la sua missione. Nell’epoca dei facili slogan, la croce mostra
che le idee valgono per quello che costano. Nel tempo delle lotte per la
giustizia, la croce dice il prezzo che bisogna pagare personalmente. Nel trionfo
dell’individualismo, la croce è possente e insuperabile esempio di altruismo,
che coinvolge, incoraggia e sostiene a spendersi per gli altri. A chi è
impegnato nell’azione viene conforto e gioia guardando alla croce, per portare
avanti il proprio compito, anche o proprio quando, non è apprezzato, incompreso
o osteggiato.
Nella maturità, quando emerge il bisogno dell’essenziale, si sente la necessità
di sperimentare la gioia che viene dal sentirsi amati.
E allora la croce si anima. Sopra di esso si vede non solo un esempio da
imitare, ma un cuore squarciato che ama e che vuole convincere che ci ama .
Nessuno mi ha amato tanto
Di fronte al cuore squarciato sulla croce, il mio cuore viene conquistato:
“Nessuno mi ha amato tanto”. Il cuore trafitto mi dice eloquentemente: “Così Dio
ha amato il mondo” e nello stesso tempo: “Così un uomo può riamare Dio” .
Il cuore squarciato di Gesù è la scuola più alta dell’amore, rivela di che cosa
sia capace l’amore di Dio per noi e di cosa voglia dire amarlo con tutto il
cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze.
Il cuore di Gesù in croce manifesta l’importanza che abbiamo agli occhi di Dio:
da qui la gioia del sentirsi accolti, perdonati, rifatti, ricostruiti, resi
capaci di avvicinarsi al suo modo di amare.
È questa dimensione che rende autenticamente cattolica, cioè piena e completa la
mia esistenza: con essa posso affrontare i miei impegni e le mie delusioni.
Soprattutto lasciarmi perdonare, lasciandomi lavare dal sangue e dall’acqua che
sgorgano dal cuore aperto.
Le sconfitte e le debolezze non mi bloccano, non mi soffocano con i sensi di
colpa, perché so che quel cuore è stato aperto per dirmi che sono accolto così
come sono, che vengo ricostruito per riprendere il cammino, per non deprimermi
nell’insuccesso.
Arrivare a questa convinzione non è facile, specie in gioventù, tempo delle
semplificazioni, quando si tratta di convincere che bisogna trafficare i propri
talenti… forse per questo l’educazione “cattolica” è tanto difficile? Ma non
sono difficili tutte le realtà quando vengono afferrate nella loro totalità,
interezza cattolicità?
È certo tuttavia che a un cuore sedotto e avvinto dal Cuore trafitto di Gesù,
riesce più agevolmente a percorrere e comprendere le vie del cuore e a seminare
non quell’inquietudine insopportabile che viene dal confronto con una legge
infranta e con un legislatore inflessibile, ma quell’inquietudine costruttiva
che ricerca le vie smarrite o solo intravviste dell’amore che accoglie senza
condizione e che sospinge a riprendere il cammino della vita come risposta
d’amore.
In certi momenti a qualcuno è data persino la grazia della “perfetta letizia”,
di sentirsi cioè lieti di poter condividere la sorte del Signore che, dopo aver
dato tutto, si è visto non compreso e rifiutato dai suoi.
È quello che hanno mostrato anche recentemente alcuni martiri, quali il ministro
pakistano Shahbaz Bhatti.
È quello che mostrano quei genitori cristiani, emarginati dalle nuove
generazioni che voltano loro le spalle, talvolta accusandoli per l’educazione
ricevuta.
È quello che mostrano persone consacrate che si vedono con un futuro incerto e
che sono liete d’essere state amate e di essere amate, che desiderano
testimoniare questa gioia, perché, sanno che, non c’è sevizio più urgente da
prestare al mondo di quello di presentare il volto più profondo, più completo,
più cattolico della realtà. Il volto di un Dio che rivela quello che è, proprio
attraverso il suo cuore trafitto, dal quale sgorga lo Spirito fonte di nuove
creazioni.
Ti adoriamo o Cristo e ti benediciamo perché con la tua croce hai portato gioia
al mondo.
Gioia di seguire un re vittorioso, gioia di ricevere coraggio negli impegni
della vita, gioia di sentirsi amati in ogni situazione.
Guarderò sovente il tuo cuore trafitto sulla croce, mio o Signore, perché la mia
gioia non venga mai meno e, grazie ad essa, Tu possa allietare altri cuori.