“Una sola famiglia umana: povertà zero” :questo è il tema che ha caratterizzato la 19a assemblea generale di Caritas Internationalis, tenutasi alla Domus Mariae, Roma, dal 22 al 27 maggio u.s. Erano presenti 300 delegati , in rappresentanza delle 165 Caritas Nazionali, che compongono la confederazione.
Com’è noto, la Caritas è istituita in tutte le nazioni, dove esiste una presenza organizzata della Chiesa Cattolica, anche là dove essa è assolutamente minoritaria, come nei paesi a maggioranza islamica o a maggioranza cristiana ortodossa.
L’esercizio della carità è risultato, in non pochi casi, per la Chiesa Cattolica, il passaporto per avviare e legittimare la propria presenza, in contesti a lei ostili o poco favorevoli. Soprattutto in momenti di grandi emergenze, la comunità cristiana sente il dovere di attivarsi, per esprimere la propria solidarietà, qualunque sia l’identità della popolazione della popolazione colpita. L’obiettivo non è quello di fare proselitismo, ma semplicemente di attuare il precetto cristiano della carità, nello spirito del “buon samaritano”. Succede, però, che l’esercizio della solidarietà sincera e l’esercizio di rapporti amicali autentici, attenuano naturalmente il clima di diffidenza e di ostilità, rendendo così possibile anche l’avvio di una presenza di Chiesa.

Un anniversario importante

Caritas Internationalis si riunisce nell’assemblea generale ogni 4 anni, con l’obiettivo, anzitutto di rafforzare la conoscenza e l’amicizia reciproca fra le Caritas nazionali, ma anche per fissare programmi comuni, per il rinnovo delle cariche, ossia delle persone chiamate a guidare la Confederazione nei quattro anni successivi e, infine per valutare e migliorare le proprie linee di azione. L’attuale assemblea coincide con il 60° anniversario della propria fondazione. È stata l’occasione per fare anche per fare memoria della propria storia.
Al momento della istituzione, nel 1951, sotto il pontificato di Pio XII, le Caritas nazionali che componevano la federazione erano in numero ristretto e avevano un differente retroterra storico. Le più antiche erano la Caritas svizzera e la Caritas tedesca, ambedue riconosciute dai rispettivi governi e impegnate nella gestione di un numero notevole di opere sanitarie, assistenziali e scolastiche. La Caritas francese era di istituzione più recente, in quanto era stata fondata dopo la seconda guerra mondiale, conservando un nome autonomo, Secours Catholique . Essa fondò la Caritas anche nei paesi coloniali francesi, che riportarono per alcuni anni lo stesso nome della madrepatria (ad es.Secours Catholique dell’Algeria, del Malì ecc), e assunsero solo dopo il raggiungimento dell’autonomia politica il nome di Caritas. La caritas Italiana costituisce un capitolo a parte. In un primo tempo, per la Chiesa italiana, fece parte della federazione la Pontificia Opera Assistenza (P:O.A.), un grosso ente assistenziale, istituito da Pio XII, nel 1943 per soccorrere la popolazione italiana stremata dalla guerra. Quando, nel 1970 la POA fu sciolta, per decisione di Paolo VI°, la Caritas italiana, successivamente istituita dalla Conferenza episcopale italiana, entrò a far parte della Confederazione.
Le Caritas nazionali mantennero, nella prima parte della loro storia, un carattere principalmente assistenziale: erano lo strumento delle rispettive Chiese nazionali, per gli interventi di solidarietà, soprattutto in occasione delle grandi emergenze, all’interno dei singoli paesi, ma anche a livello internazionale.
La Caritas Internationalis, sviluppò in questo ambito un servizio preziosissimo, che la distinse e la fecero apprezzare a livello internazionale, per la rapidità e l’efficacia con cui consentiva di far affluire gli aiuti nel paese colpito dalla guerra, dalla siccità, dalle epidemie, dalle lotte razziali che costringevano intere popolazioni ad abbandonare le proprie terre.
Con una presenza anche dei propri tecnici nel paese interessato, essa costruiva, assieme ai responsabili della Caritas locale, un quadro complessivo del bisogno immediato e sollecitava le Caritas nazionali a comunicare quale quantità di tende, di medicinali, di viveri, di vestiti, di materiale scolastico ecc. ciascuna era in grado di assicurare. In tal modo gli aiuti giungevano in tempo reale.

Il vento del Concilio e l’influsso sulla Caritas

A questo lavoro importante che continuò e migliorò negli anni, l’evento del Vaticano II° diede un impulso nuovo, soprattutto grazie a due grandi intuizioni, la prima che riguardava l’identità della Chiesa, la seconda che concerneva la cultura della carità cristiana .
Anzitutto il concilio ha presentato la Chiesa come soggetto di Pastorale, come Popolo di Dio, corresponsabile nel suo insieme e nei singoli membri, pur nella distinzione dei ruoli, del cammino dell’evangelizzazione, quindi dell’annuncio della Parola, della celebrazione dei Misteri e della testimonianza di carità. Per quanto riguarda quest’ultimo aspetto, le Caritas sono state sollecitate ad assumere il ruolo dell’animazione comunitaria alla carità. Ha fatto scuola in tal senso l’istituzione della Caritas Italiana. Paolo VI°, nel primo convegno delle Caritas Diocesane, (1972) precisò così la funzione della Caritas: «Al di sopra dell’aspetto puramente materiale della vostra attività, emerge la sua prevalente funzione pedagogica, il suo aspetto spirituale che non si misura con cifre e bilanci, ma con la capacità che essa ha di sensibilizzare le Chiese locali e i singoli fedeli al senso e al dovere della carità in forme consone ai bisogni e ai tempi».. La Caritas quindi viene presentata come organismo pastorale di educazione alla carità, di una educazione realizzata nei fatti. Secondo il pensiero di Paolo VI°, non era tanto un’agenzia capace di compiere molti servizi di carità, bensì uno strumento che la comunità cristiana si da, per essere aiutata a divenire soggetto di carità e a farsi carico comunitariamente dei poveri e degli ultimi.
La seconda novità del concilio riguardava l’identità della carità, che, per essere pienamente cristiana, deve rivelare tutta la carica rinnovatrice e liberante della carità di Cristo. Rivolgendosi agli operatori di carità, il decreto sull’apostolato dei laici suggerisce pertanto «Affinchè l’esercizio della carità possa essere al di sopra di ogni critica….siano anzitutto adempiuti gli obblighi di giustizia, perché non avvenga che si offra come dono di carità ciò che è già dovuto a titolo di giustizia; si eliminino non soltanto gli effetti, ma anche le cause dei mali; l’aiuto sia regolato in modo tale che coloro i quali lo ricevono vengano, a poco a poco, liberati dalla dipendenza altrui e diventino sufficienti a se stessi »(A.A.N. 8)
Queste due intuizioni hanno spinto Caritas Internationalis a rivedere profondamente il proprio cammino e la propria azione, per garantire meglio e più efficacemente il doppio ruolo di servizio ecclesiale di animazione comunitaria e di stimolo nei confronti delle istituzioni pubbliche agli effetti di superare il fenomeno e le cause della povertà. In particolare, l’inserimento più vivace e incisivo all’interno della Confederazione delle Caritas latino-americane, tra gli anni 1960-70, portò ad accentuare la coscienza che le Caritas e la Chiesa intera, dovevano non soltanto soccorrere i poveri, ma anche farsi carico di un ruolo di Advocacy, ossia di difesa dei loro diritti.

Una carità a servizio della liberazione dei poveri

Il momento più significativo di questo impegno di Caritas Internationalis, è stata l’azione svolta in occasione Millennium. Com’è noto, nel 2000, l’ONU, nel corso di una grande assemblea, a cui parteciparono 189 capi di stato, si era proposta di raggiungere entro 15 anni otto obiettivi, tra i quali quello di dimezzare la povertà assoluta e la fame del mondo. In prospettiva di questo obiettivo, le nazioni ricche si erano impegnate ad aumentare il loro contributo allo sviluppo dei popoli poveri fino a fornire lo 0,7% del proprio PIL. Nei primi anni del secondo millennio non si verificò nessun miglioramento della situazione. A metà percorso, ossia nel 2007, in occasione del 40° dell’enciclica Populorum Progressio, Caritas Internationalis, assieme ad altri organismi internazionali, organizzò una grande manifestazione e presentò ai capi di stato del G8, riuniti per il periodico Summit, un documento per denunciare le inadempienze dei governi più ricchi e le crescenti disuguaglianze che continuavano a persistere nel mondo. Questa azione di denuncia sollevò qualche perplessità in alcuni governi, che non tardarono a manifestare il loro disappunto alle autorità ecclesiali.
Indubbiamente è possibile che Caritas Internationalis, nell’equilibrio tra le due dimensioni, quella di animazione ecclesiale e quella di impegno civile, abbia fatto prevalere più l’aspetto socio assistenziale che quello ecclesiale. Non va dimenticato che essa, solo nel biennio 2008-2010, si trovò ad affrontare circa un centinaio di gravi emergenze, di cui 10 di tipo alimentare; 33 conflitti; 10 terremoti; 28 inondazioni; 17 uragani e tifoni; 2 eruzioni vulcaniche.
Un richiamo a ricuperare maggiormente la propria dimensione ecclesiale, si riscontra anzitutto nel discorso tenuto dal card. Tarcisio Bertone in apertura dell’Assemblea Generale. «Un’assistenza umanitaria – egli disse – che prescindesse dall’identità cristiana,e adottasse uno stile “neutro” rischierebbe, anche nel caso ottenesse i suoi scopi immediati, di non rendere all’uomo un buon servizio, all’altezza della sua piena dignità». E più avanti: «L’opera della Caritas Internationalis è una manifestazione pubblica della Chiesa come Corpo di Cristo e come popolo di Dio». «Caritas Internationalis svolge un’azione di Advocacy, che è una ricchezza della Chiesa. Tuttavia esiste un altro livello di servizio, che precede e supera, per importanza quello presso le autorità pubbliche. È quello di raggiungere, la mente e il cuore dei credenti, affinché riconoscano nei poveri i loro fratelli”.

L’incoraggiamento del S.Padre

Benedetto XVI ricevendo in particolare udienza i partecipanti all’assemblea, dopo aver ringraziato il Signore per le molteplici iniziative di carità compiute nella lunga storia di Caritas Internazionale, ha voluto soffermarsi a richiamare la natura di questa benemerita istituzione. Essa è stata voluta dal Ven. Pio XII°, disse,«per promuovere una maggiore comunione, coordinamento e collaborazione tra le numerose organizzazioni caritative della Chiesa». Ha ricordato inoltre che il Beato Giovanni Paolo II ha voluto rafforzare ulteriormente gli originali legami esistenti con la Santa Sede, conferendo a Caritas Internationalis la personalità giuridica canonica pubblica. «Perciò la Santa Sede ha il compito di seguire la sua attività e di vigilare perché la sua azione umanitaria e di carità e il contenuto dei documenti diffusi siano in piena sintonia con la Sede Apostolica e il magistero ecclesiale».
Le parole del papa possono lasciar trasparire qualche preoccupazione, relativamente a qualche spinta autonomistica, presente nella confederazione. Probabilmente però si tratta di un richiamo affettuoso per far capire, come lui stesso afferma, che le Caritas, a differenza di altre organizzazioni cristiane, sono l’espressione ufficiale della Chiesa, nella sua azione di carità; «Ciò comporta una speciale responsabilità ecclesiale, quella di lasciarsi guidare dai Pastori della Chiesa».
Questa identità non riduce, ma rafforza e qualifica l’impegno nella difesa della causa dei poveri, presso i governi e le agenzie internazionali. È significativo in proposito quanto ha affermato il presidente, confermato, di Caritas Internationalis card. Oscar Rodriguez Maradiaga, arcicescovo di Tegucigalpa( Honduras)