Jean-Marie Ploux sacerdote e teologo da anni opera nella formazione
all’ecumenismo e al dialogo interreligioso. Spinto indubbiamente dal contesto
pluralista nel quale opera, l’autore offre il suo pensiero sull’importanza del
dialogo religioso ed interreligioso. Il volume, edito dalle edizioni Qiqajon, si
presenta come un salutare strumento di preparazione all’incontro interreligioso
di preghiera che si terrà ad Assisi il prossimo ottobre. La necessità del
dialogo non è motivato solo dall’evoluzione della società odierna, ma anche da
una certa chiusura all’interno della nostra stessa chiesa. Per esempio,
Monsignor Bernard Fellay, superiore della Fraternità Sacerdotale di San Pio X (Lefebvriani)
senza mezzi termini ha dichiarato che i cattolici «dovrebbero pregare il buon
Dio affinché quest’incontro non si faccia e, in ogni caso, cominciare a fare
atti di riparazione».
Un dialogo necessario
Il volume è suddiviso in tre grandi sezioni. La prima parte è dedicata allo
Spirito del dialogo, la seconda alla comprensione delle altre religioni
(ebraismo, islam, buddhismo, i non credenti, la ricerca della verità), la terza
affronta l’irriducibile necessità per la fede cristiana dell’apertura teologica
e culturale, riportando i documenti del Vaticano II e del magistero episcopale
fino allo spirito di Assisi. Il lettore vi trova una serie informazioni
equilibrate e appoggiate dalla saggia testimonianza di vita dell’autore.
L’obiezione che si potrebbe porre riguarda molti di noi che direttamente non
sono impegnati in una tale forma di dialogo, poiché il contesto di fede e di
vita è differente rispetto alla realtà che quotidianamente incontra l’autore. Ma
non è così. L’altro abita nel mio cuore, indipendentemente dalla sua
appartenenza religiosa, ed è su questa strada che si innesta la crescita del
dialogo.
L’altro nel mio cuore
Dialogare con l’altro non è semplicemente un cammino di rispetto e comprensione
di una fede diversa dalla mia. È una forma, uno stile di vita. La Chiesa –
afferma l’autore – si fa colloquio, e in quanto tale ognuno di noi dovrebbe
allenarsi al dialogo. Senza andare troppo in là, già nelle nostre comunità
religiose o famiglie si innescano quelle tensioni che vediamo ripercuotersi su
scala più ampia nell’ecumenismo e nel dialogo interreligioso. Ecco pertanto che
il dialogo è quel cammino in cui l’altro diventa ospite della mia anima e
facendo così accolgo il mistero nascosto in esso: Dio oltre Dio
Lo spirito del dialogo
Come dialogare? L’autore offre una serie di condizioni del dialogo in qualsiasi
contesto di vita. Prima di tutto bisogna parlare la stessa lingua. Il che
significa ascoltare l’altro, i suoi (e miei) spaesamenti e silenzi: «vi sono
dialoghi senza parole, incontri senza parole, comunioni nel silenzio condiviso.
Tacere insieme, occhi aperti sul visibile e Invisibile, dimorare nel silenzio è
permettere alla Parola di aprirsi una strada in noi» (p. 26). La seconda
condizione è la libertà esteriore e interiore, senza pregiudizi e comprensioni.
Si tratta di “conoscere il paese dell’altro” la sua storia e il suo vissuto. La
terza condizione è accettare la differenza, rinunciando a fare paragoni:
«significa accettare l’altro così come si presenta, come si dice, come è.
Significa accogliere lo sguardo che egli ha su di noi» (p. 37). La quarta
condizione è rischiare se stessi, svelarsi, condividere, avere fiducia: «ora la
fiducia non si compra, non si strappa, si dà e si riceve» (p. 46). Infine,
considerare l’altro l’ospite interiore: «il meglio dell’altro è ciò che egli ci
consegna nella fiducia. Ma perché ciò accada, dobbiamo attendere qualcosa da
lui. Non c’è, in effetti, dialogo vero né possibile se non si attende niente
dall’altro». Un’ affermazione questa banale e ovvia, ma chiave di volta di un
autentico cammino di dialogo interreligioso, che parte dal nostro modo di vivere
i rapporti interpersonali ed ecclesiali.
Jean_Marie Ploux
Il dialogo cambia la fede?
Edizioni Qiqajon, 2011 pp.296, € 25,00