Pasqua 2011: in un'ora della storia, del mondo, del Paese, di tutti, in
particolare di intere porzioni di umanità, di grande complessità e gravità.
Siamo in contesti, viviamo in congiunture di spazio e di tempo che mettono a
rischio la pace, la speranza, la fede – ogni fede – di ogni uomo.
In quest'ora non luminosa per chi ha occhi aperti e vuol essere realista, il
cristiano accoglie e rilancia l'immensa, assoluta novità della Pasqua. Alzate
gli occhi e guardate, già i campi biondeggiano per la mietitura.
In un deserto di attese, vedere i campi biondi di grano è dono di Colui che
senza apparenza e bellezza, un volto sfigurato dal dolore, è affondato per gli
uomini nel buio della morte. Vòlto al Padre, chiamato nell'angoscia ma
incontrato nell'abbandono di una resa che fa del Trafitto il vincitore. Colui
che ha sopportato l'insulto e il terrore diviene il liberatore di tutti noi,
prigionieri di tante prigioni, schiavi della paura dai molteplici volti.
Tutti, morenti di tante morti nostre e altrui, moriamo, consapevoli o meno, con
Cristo. Anche se non prestiamo orecchio alla sua voce, se ci sottraiamo al suo
richiamo, esso urge dentro, grida nel grido di innumerevoli poveri di ogni
povertà della terra, parla nel mutismo sfinito di chi non ha più fiato per
articolare parola.
Impossibile tirarsi indietro nella prova che viviamo tutti, che ci coinvolge
nostro malgrado, che ci induce a resistere. Se restiamo fermi, se nel buio
cerchiamo e fissiamo lo sguardo sull'Autore della fede, egli può cambiare il
pane amaro dell'afflizione nel miele della sua stessa persona. Il Risorto appare
il Povero che desidera condividere la nostra vicenda umana soprattutto nei suoi
passaggi più dolorosi, che libera noi, mendicanti in cammino o vaganti alla
ricerca di lui. E ci appare nel volto e nella pena di ogni povero, nel quale
vuole essere riconosciuto e aspetta di risorgere mediante noi.
Solo dal venerdì santo, che segna ogni vicenda umana, e dal riposo silenzioso
pieno di attesa del sabato, sorge il primo giorno della settimana, quello del
Risorto. Dalle ceneri di ogni situazione precaria e dolorosa può balenare la
luce della risurrezione.
Niente è annullato nella drammaticità della storia, nella esasperante e lugubre
monotonia della cronaca, nel piccolo apparentemente monotono passo dei nostri
giorni feriali. Tutto può essere visto in modo nuovo, con un Salvatore amico
dell'uomo, che ci purifica e ci dà la capacità di leggere nella storia segni di
speranza e di risurrezione, a volte piccoli semi nascosti, ma capaci di spaccare
la terra dura di ogni tragedia.
L'Amante della vita, che ha vinto la morte, ci spinge verso la vita, ci rende
creatori di vita nuova per noi stessi, gli altri, tutta la creazione. Non lascia
inerti le nostre mani, sostiene e rende agili i nostri passi, li muove verso
chiunque aspetta di risorgere, e ovunque ci volgiamo, siamo tutti in questa
attesa, anima della condizione umana.
La nostra tensione si calma, nella condivisione di quella altrui. La pena è
sopita, e nell'accoglienza del dolore dei fratelli, giunge a mutarsi in gioia.
Così è vinta la morte, presente in ogni situazione di precarietà e di
sofferenza, e si apre, già qui e ora, lo spazio senza confini della vita eterna:
la vita spalancata dalla risurrezione, che ci rende tutti fratelli: poveri, ma
non soli; accoglienti, anche se isolati; innamorati di tutto ciò che è umano.
Capaci, nel Risorto e con lui, di dare qualche briciola di amore, di spezzare
recinzioni, di infrangere muri, di dire ai più angosciati: venite a vedere, e di
additare gli orizzonti infiniti di ogni coscienza che si ascolti e si lasci
interrogare da Colui che ci ama per primo e ci rende complici nel suo slancio,
in lui e con lui, verso ogni vivente.
"Egli ha aperto agli uomini uno spazio alla nascita, ha rivelato in loro uno
spazio di vita che sovrasta alle correnti che passano, che sovrasta alla morte.
Intorno a questo spazio preme turgido il mondo, ma esso resiste alla morte e
accoglie la risurrezione...., come un lievito che contrasta il turgore del
mondo" (K. Wojtyla).
Così si possono vedere i campi biondi di messi: si asciugano lacrime amare, si
accolgono naufraghi di tanti naufragi della vita, superstiti di silenziosi ma
devastanti terremoti del cuore, si stringono al petto emarginati da ogni strada
della vicenda umana. Il Risorto diviene vita e risurrezione di tutta la
creazione, di tutta la storia. E fa di noi degli umili risorti, vivi della sua
vita, capaci di irradiarla, nostro malgrado, dalla nostra povertà, assurta a
inno di lode e di festa.
Miraggio? E' il paradosso cristiano.. La Pasqua deve essere questo. Il Risorto
ci chiama a risorgere in lui e a essere, con lui, risurrezione per tutti.
"Pure per noi sia veramente Pasqua, Signore,
vieni ed entra nei nostri chiusi cenacoli
perché abbiamo tutti e di tutto paura:paura di credere, paura di non credere,
paura di essere liberi;
e poiché la tentazione di cintarci in antichi steccati
è sempre grande, vieni ed abbatti
le porte dei cuori,
le diffidenze e i molti sospetti, soprattutto fra quanti dicono di crederti.
Amen". (Davide Maria Turoldo)