In continuità con la riflessione sull’obbedienza (cf. “I giovani e l’obbedienza”, Testimoni 2/2009) e con quella sulla povertà (cf. “Liberi per condividere”, Testimoni 3/2010), la Cism ha chiuso il cerchio puntando i riflettori sul voto di castità. La 27a edizione (Collevalenza novembre 2010) del convegno per animatrici/tori vocazionali, formatrici/tori della prima formazione e addetti ai lavori della formazione permanente, ha infatti avuto per tema Nell’eros dello Spirito, eunuchi per il Regno – riscoprire la verginità evangelica.

Una transizione provocante per la VC

P. Roggia, nella sua introduzione, ha espresso la chiara convinzione di stare «ancora nel bel mezzo del guado verso l’altra sponda della stagione di una nuova vitalità e di rifondazione della VC». Si può parlare in questo senso di situazione di liminalità: «siamo collocati ai margini delle strutture sociali e anche di quelle ecclesiali, senza più una collocazione precisa, come era nel passato, nella realtà del mondo; non un ghetto ma una diversa relazione con la società e con la realtà ecclesiale stessa. Una liminalità ancora magmatica e informe, nonostante quasi cinquant’anni di documenti sul rinnovamento e le prospettive di una nuova identità consacrata».
Proprio questa situazione di liminalità deve sollecitare i consacrati a ripresentare in modo affascinante la loro scelta per rispondere alla chiamata vocazionale della vita con linguaggi più comprensibili alla cultura odierna. In particolare, tenendo conto anche della “tempesta mediatica” scandalistica di questi ultimi anni, occorre rispondere all’interrogativo: un voto di verginità/celibato consacrati ha ancora senso oggi? «Noi abbiamo optato, ha detto sempre p. Roggia, per la categoria eunuchia, come nuova concezione della sessualità secondo il NT., come dono di Dio al mondo, come nuova concezione dei rapporti; come nuovo modo di amare. Essa si collega bene anche con gli altri due consigli evangelici, soprattutto nella prospettiva della relazione, che abbiamo evidenziato nei convegni precedenti».

Un tema insolito: l’eunuchia per il Regno

Il termine eunuchia va inteso nel suo significato simbolico-culturale, che è quello di “custodire la regina” e quindi di “custodire la vita nuova del Regno”. Questa custodia ha la capacità di “toglierti tutti i poteri”: l’eunuco è pienamente obbediente al re; la regina che egli custodisce non è sua, perché appartiene totalmente al re. Cristo Gesù fonda su questa immagine il nuovo eros creato dallo Spirito, non come costrizione o castrazione della persona, ma come pienezza di umanità. Questo richiede una nuova attenzione da dare all’accoglienza del corpo con tutta la gamma dei temi correlati: il piacere, il desiderio, l’integrazione corporeità-spiritualità, l’ossessione patologica. Anche la dimensione ascetica deve essere ripensata in questa prospettiva: i valori e i mezzi di formazione, infatti, sono quelli di sempre ma occorre ricuperarli con linguaggi diversi e con nuovi criteri pedagogici, senza scindere dimensione spirituale e dinamismi della maturità umana. In quest’ottica, il convegno è stato pensato soprattutto come laboratorio di idee e di orientamenti pedagogico-formativi per acquisire una nuova mentalità e modalità di comprensione della verginità nella Chiesa, davanti a Dio e per il mondo. Con l’impegno dei numerosi partecipanti, 146 religiose e 78 religiosi, nel risveglio della coscienza che l’eunuchia per il Regno è dono dello Spirito (Mt 19,12).
Il biblista Nisi Candido ha indicato le tappe del percorso della castità in alcune pagine significative della Bibbia. L’eunuco per il Regno è uno che, come Abramo (cf. Gen 17,11), porta nella sua carne il segno dell’alleanza con Dio, che è anzitutto credito di amore da parte di Dio all’umanità, sin dai tempi di Noè. Dio ha l’arcobaleno e Abramo ha la sua circoncisione, per dire un’amicizia fatta di amore e coinvolgimento personale. L’eunuco per il Regno è poi colui che fa ogni giorno i conti con la propria umanità, riconoscendosi disordinato e peccatore come Davide (cf. 2Sam 11) e sapendo intonare il suo Miserere nel pianto. L’eunuco per il Regno affronta la paura di non lasciare traccia di sé su questa terra, ma è anche uno che impara a fidarsi di chi gli ha promesso che scriverà per sempre il suo nome sul libro della vita (cf. Lc 10,20). E ancora, egli è uno che porta nel suo corpo la morte di Cristo: un vaso di creta che contiene un tesoro prezioso (cf. 2Cor 4). L’eunuco per il Regno è infine uno che, come Gesù, impara a uscire dalla logica umana dell’auto-soddisfazione per entrare in quella eucaristica del dono di sé (Lc 22,19-20), scegliendo di stare a tavola con i fratelli per diventare insieme un’eucaristia vivente e attraversare insieme il torrente Cedron (Gv 18,1).

I percorsi esistenziali della castità

La castità allora diventa un cammino che include la comprensione e l’assunzione piena del mistero della sessualità umana di formazione alla corporeità, alla sessualità, alla relazionalità. Venendo a Gesù, si nota che egli ha scelto di non sposarsi e ha definito questa scelta eunuchia per il Regno. Prima ancora di parlare ai suoi contemporanei a nome di Dio, si mette in ascolto di Dio, “si concentra” su Dio: nella sua carne coglie l’essenziale di Dio. Secondo lo psicologo Nello Dell’Agli, quest’essenziale è il mistero della custodia sentito come più importante del procreare.
«Seguendo Gesù è possibile esprimere tutto l’amore per questa terra, tutta l’angoscia per questa storia di ingiustizia e di peccato e tutta la speranza nel mondo che viene; è possibile unirsi a Dio “al di là” del matrimonio e occuparsi delle cose del Padre (cf. Lc 2), custodire il mistero del regno, la promessa di una fraternità universale e la regalità dei poveri e dei sofferenti». Così il corpo di chi ha scelto la verginità consacrata diviene esso stesso un corpo profetico segnato da una visione apocalittica della realtà. Nel consacrato si rinnova e si sintetizza ciò che hanno vissuto i profeti: egli è chiamato come Isaia ad andare pellegrino e forestiero, come Geremia a non sposare e a non generare figli, come Ezechiele a fare lutto per un “amore delizioso” perduto; e come tutti loro esprime un immenso amore per questa storia, al punto da custodirla nell’eunuchia.
Abituati per secoli a considerare il corpo, gli affetti e l’eros come nemici dell’anima, negli ultimi decenni è emerso un diverso modo di vedere le cose, ma non è ancora chiaro a molti come integrare celibato consacrato e corporeità-affettività-sessualità. Troppo spesso abbiamo distorsioni affettive e freddezza nell’amicizia o all’opposto uno stile di vita lassista. Eppure la vocazione non nasce da una sottrazione di vita, ma da un’addizione: è ora di parlare del piacere della chiamata! In questa logica ci attende una sfida: apprendere ad ascoltare i vissuti, l’affettività e l’eros per integrarli in un cammino di ricerca appassionata del Signore, sperimentando che amare i padri e le madri, gli amici e le amiche, i figli e le figlie spirituali con tenerezza e fedeltà è possibile e necessario.
«In modo particolare, si tratta di apprendere e testimoniare che oggi il consacrato, anche nel rapportarsi alle persone dell’altro sesso, può essere un esperto del relazionarsi con intelligenza, dell’appartenenza e dell’intimità in un modo consono al suo stato di vita… Se così si potesse dire, forse il Signore stesso ha scompaginato il vecchio (non l’antico, non la bontà della tradizione, ma una visione angusta dell’umano e una visione di Dio contro l’uomo) e sta lottando con satana perché la Chiesa non solo non sia distrutta, ma addirittura rinnovata, capace di accogliere positivamente gli appelli del mondo contemporaneo a un rispetto della soggettività e della creatività relazionale».

La formazione nel tempo delle passioni tristi

Una sensazione condivisa è che la mancanza di gioia tipica del mondo contemporaneo sia spesso diffusa anche tra i cristiani e i consacrati. In particolare, molti consacrati hanno sviluppato un pensiero di questo tipo: “chissà che la mia infelicità non sia dovuta alla mia scelta; forse potrei essere felice nel matrimonio; o forse solo il sesso dà felicità su questa terra”. Siamo tutti vittime delle sirene che vogliono dissuaderci dal credere che la gioia sia frutto della croce di Cristo e che vogliono convincerci che è meglio cercare lo stordimento dall’infelicità nell’abbondanza dei beni, droghe sociali e spettacolarismo appariscente.
A questo livello, secondo Dell’Agli, vanno affrontate quattro diverse questioni. «Partiamo dalla questione di fondo: oggi formare è estremamente impegnativo e richiede una formazione dei formatori adeguata. Nella sensibilità contemporanea si afferma sempre di più l’idea della necessità di formare i giovani al governo di sé e alla competenza relazionale; in tale contesto, governo di sé e incremento delle competenze interpersonali non vengono visti solo come frutto della buona volontà ma di un cammino che necessita, attraverso corsi teorico-pratici, di un progresso dell’intelligenza interiore e di quella relazionale…. Sintetizzando, possiamo affermare che un buon formatore, oggi, oltre a un’adeguata sensibilità ed esperienza spirituale, necessita di competenze notevoli nel settore del counseling e dell’animazione».
Passando poi al discorso riguardante la chiarezza del contesto, va notato che «gli studiosi di terapia sistemica concordano nel riconoscere come il buon funzionamento di una famiglia sia anzitutto collegato al rispetto della linea generazionale che divide genitori e figli e quindi rapporti paritari (tra marito e moglie, o tra fratelli) e rapporti non paritari (tra genitori e figli)… Nei nostri contesti di VC, i rapporti non paritari sono di tre tipi: di cura (padre spirituale-figli spirituali), di formazione (formatore-formandi) e di governo (superiore-sudditi). In tali rapporti non vi deve essere reciprocità: così una figlia spirituale si confida con il padre spirituale ma quest’ultimo non con lei; il formatore offre sostegno a un formando ma non ne cerca in lui; il superiore non fa alleanza con un suddito contro un altro suddito ecc. L’abuso sessuale dei preti pedofili è chiaramente una realtà che ha una sua terribile peculiarità, ma in qualche modo è la punta emergente di un iceberg di grandi dimensioni rappresentato dal non rispetto della chiarezza del contesto relazionale (ovvero della linea “generazionale”)».
Venendo infine al collegamento specifico con la vita affettiva, i formatori devono essere attrezzati ad aiutare i giovani a raggiungere alcune mete: ascoltare i vissuti psico-corporei, offrendo intelligenti chiavi di lettura; elaborare tali vissuti in modo da favorire il passaggio dal bisogno al desiderio; portare i vissuti nella preghiera, preparandosi nella meditazione tra lectio divina e lectio humana, stando in attesa dell’azione del Signore; capire che molte cadute o tentazioni o difficoltà nell’ambito sessuale sono dovute a problematiche extrasessuali (molte fantasie sessuali sono connesse allo stress relazionale e alla solitudine).
La concretizzazione di tutte queste riflessioni richiede nei formatori un assiduo e continuo impegno, perché nel difficile accompagnamento dei formandi, abbiano una sensibilità purificata e pacificata: devono prendersi cura di sé per pacificarsi e ritornare nella relazione coi giovani sereni e affettuosi come è dovuto. Con la sua stessa scelta, che lo porta a non generare figli e figlie ma ad accogliere i figli spirituali donati dal Signore, il consacrato è infatti alleato di ogni giovane per liberare ciò che rischia di rimanere intrappolato: l’anelito alla ricerca per una vita piena e conforme alla natura.
Per rendere molto concreto tutto questo si sono attivati quattro Laboratori di Gruppo, con il compito di mettere a fuoco un particolare ambito della tematica: a) rapporto tra corporeità, sessualità e alterità, accogliendo il corpo come prima alterità e primo fratello da ascoltare; b) sguardo alle fragilità dell’esistenza, patologiche e morali, distinguendo ciò che appartiene al dolore e ciò che appartiene al peccato; ricerca di una chiave di lettura sul tema dello scegliere il meglio per ognuno; attenzione a formazione e prevenzione, passando in rassegna situazioni problematiche nei rapporti paritari e non paritari.