«Nella relazione con Dio, occorre persistere a chiedere l’aiuto della sua
grazia. Riguardo a se stessi occorre mettersi al lavoro: cercare tutti i mezzi
possibili per vincere lo smarrimento dell’attenzione, per ricordare tutto ciò
che guida all’umiltà» (p. 37). Sono queste alcune note introduttive di Arsenij
Troepol’skij, monaco russo, le cui Lettere sono state tradotte in italiano da
Vladimir A. Kotel’nikov, per i tipi delle edizioni Qiqajon.
L’esperienza interiore di un monaco
Arsenij Troepol’skij nasce nel 1804 e, terminati gli studi universitari in
filologia entra nel monastero di Simonov di Mosca all’età di 21 anni. Vivrà in
diversi monasteri fino al 1870, data della sua morte. Anche alcuni recenti
ritrovamenti testuali nella Biblioteca statale russa fanno pensare che sia lui
l’autore del famose libro Racconti di un pellegrino russo. Le Lettere respirano
il cammino interiore di quest’uomo che si definisce pigro ed è per questa
ragione che avverte il bisogno di mettere per iscritto quanto lo Spirito di Dio
gli fa intuire. Lo scritto non rappresenta semplicemente la trascrizione di
pensieri e riflessioni di un monaco a mo’ di diario. Molto di più, le Lettere
testimoniano quell’effetto che i linguisti definiscono l’azione performativa del
testo. Lo scritto, cioè, è memoria vivente, un continuo richiamo a vivere quanto
egli sta appuntando. Leggiamo nell’introduzione: «per ridestare la memoria ed
esortare il cuore con la trascrizione delle esperienze di vita, anch’io, a causa
della mia abituale pigrizia, più di una volta nella vita ho deciso di
trascrivere i miei pensieri e propositi affinché, distogliendomi dall’attrazione
delle passioni, potessi più spesso ricordarmi della vocazione di restare sempre
in presenza di Dio e pregare incessantemente» (p. 38).
Camminare verso Dio
Lo stile delle lettere si muove nell’orizzonte della letteratura didascalica di
genere edificante, attingendo dalle fonti dei padri della Chiesa e
dall’esperienza mistica dell’oriente cristiano. Lo sfondo psicologico
dell’autore rispecchia la sensazione di una vita perennemente fragile che trova
riparo e sicurezza solo nell’abbandono confidente e fiducioso in Dio.
L’esperienza interiore di chi si mette sulle tracce di Dio deve fare i conti con
almeno queste dimensioni: la forza preghiera, l’aridità spirituale, il pensiero
della morte, l’appartenenza alla Chiesa. Arsenij Troepol’skij tratta tutti
questi temi in maniera sistematica e offre consigli molto pratici ed utili per
essere, per esempio, assidui nella preghiera e progredire in essa, o per non
scoraggiarsi dinanzi alle aridità interiori.
Amato dal tuo amato
Leggendo le pagine di questo pressoché sconosciuto monaco russo si ha
l’impressione di incontrare un fratello autenticamente uguale a ciascuno di noi,
che non ha paura di nascondere le proprie fragilità, ma che le ha integrate in
un cammino spirituale che porta all’immersione confidente nella Trinità. Un
cammino di umiltà che così descrive: «umiliarsi davanti alla maestà di Dio
significa trovare in sé la capacità di amare. Per farla crescere, scaldare e
divampare, per ardere soavemente d’amore per Dio, bisogna darsi a una profonda
meditazione dell’amore di Dio per l’uomo. Per amare interiormente, per respirare
il vero amore sono necessari la perfezione e la grazia dell’oggetto d’amore e la
convinzione di trovarsi nel suo amore, la convinzione che tu sei amato dal tuo
amato, che sei amato da Dio come tuo figlio, come capolavoro della sua sapienza»
(p. 143). Una delle pagine più toccanti e profonde a nostro giudizio è il
commento al padre nostro (pp. 156-159)dove si mescola poesia, preghiera,
esperienza interiore, desiderio di una vita perennemente consegnata: «fa di me
quello che piace alla sapienza del tuo volere. Dammi la forza di compiere i tuoi
comandi. Senza di te infatti non posso fare nulla» (p. 157).
Uno libro che è «uno straordinario viaggio interiore, per ritrovare l’essenziale
della vita cristiana: l’ininterrotto dialogo con Dio».