La fase attuale della vita consacrata è caratterizzata da un accentuato
disorientamento e da una buona dose di scoraggiamento. Eppure come è stato detto
al Congresso internazionale della vita consacrata, tenuto a Roma nel 2004: «… in
mezzo a tanti cambiamenti, osserviamo, in certo modo, la vitalità e l’attualità
dei grandi valori costitutivi della nostra forma di vita e l’urgenza di viverli
intensamente e in modo significativo per noi e per gli altri. Noi, consacrati e
consacrate, viviamo giorni di grazia e di prova».
Nel contesto attuale, dopo l’epoca in cui ha dominato il termine “rifondazione”
oggi prevale quello di ristrutturazione. Al di sopra di tutto, tuttavia,
continua a essere palpitante l’invito rivolto da concilio Vaticano II a tutti
gli istituti di vita consacrata a tornare alle fonti della vita cristiana e
all’intuizione originale dei fondatori e delle fondatrici, per ritrovare lo
slancio vitale delle loro origini ed essere capaci di un vero inserimento nelle
attuali coordinate della storia. C’è la convinzione che l’equilibrio della vita
consacrata passa oggi necessariamente attraverso l’apertura al mondo. Nella
misura in cui essa si riferirà alla storia, potrà anche penetrare nella sua
identità. Dall’altra parte, il suo principio di unità è creatore e i consacrati
avranno bisogno di tornare continuamente alle fonti per trovare rinnovati
impulsi e scorgere nuovi cammini.
Bisogna ripartire da Cristo
Tornare a questa esperienza rivitalizzante, al primo amore, significa in
definitiva riscoprire Gesù Cristo, lasciarsi affascinare dalla sua persona e
dalla sua proposta di vita. Non c’è niente di più semplice e nello stesso tempo
di così esigente.
«… Ripartire da Cristo – scrive l’Istruzione della Congregazione per gli
istituti di vita consacrata (2002), significa dunque ritrovare il primo amore,
la scintilla ispiratrice da cui è iniziata la sequela. È suo il primato
dell'amore. La sequela è soltanto risposta d'amore all'amore di Dio. Se «noi
amiamo» è «perché egli ci ha amato per primo» (1 Gv 4, 10.19). Ciò significa
riconoscere il suo amore personale con quella intima consapevolezza che faceva
dire all'apostolo Paolo: «Cristo mi ha amato e ha dato la sua vita per me» (Gal
2, 20). …È questo amore che rende forti e coraggiosi, che infonde ardimento e fa
tutto osare». (22)
Il punti di partenza e la fonte del dinamismo della vita consacrata nel cuore
del mondo è dunque la sequela Christi, assunta sine glossa, senza concessioni,
senza sotterfugi,. Non si tratta solo di imitazione di Cristo, ma di una
identificazione profonda con lui, a partire dall’amore viscerale che permea
tutte le dimensioni della vita. E l’autentico incontro con Cristo ci condurrà al
mistero trinitario. Gesù ci rimette al Padre e ci fa conoscere lo Spirito che lo
anima nella sua missione, poiché dove ci sono il Padre e il Figlio non può
essere assente lo Spirito che ci fa memoria del nucleo del messaggio di Gesù e
ci introduce al dinamismo della sua relazione con il Padre.
Gesù, norma suprema della vita consacrata
Si tratta perciò di fare di Gesù la norma suprema della vita, il criterio
decisivo delle nostre iniziative e scelte, il riferimento irrinunciabile della
nostra consacrazione. Come inviato del Padre, egli non vive per se stesso. Il
suo progetto di vita è interamente rivolto al servizio del Regno. “Lo Spirito
del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l'unzione e mi ha
mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la
liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi, a
proclamare l'anno di grazia del Signore” (Lc 4,18). La presenza di Gesù è un
Buona Notizia di vita per tutti (cf Gv 10,10), ma specialmente per coloro che
vivono una vita continuamente minacciata: i piccoli, gli ultimi. Questa opzione
è una costante della manifestazione divina, fin dagli inizi della storia della
salvezza. Gesù rende ancor più luminosa la prossimità misericordiosa di Dio in
relazione al popolo che ha scelto. Nella realizzazione del suo progetto di vita,
decentrato da se stesso e centrato nel Regno, appaiono alcune articolazioni
fondamentali che possono allargare gli orizzonti della vita consacrata.
Gesù vive un’intensa e intima comunione con il Padre. Comprende e sperimenta se
stesso come Figlio amato, inviato per manifestare l’amore di Dio: “Chi ha visto
me, ha visto il Padre” (Gv 14,9). La sua vita è una donazione gratuita agli
uomini, perché questa è la volontà del Padre che “chiunque crede in lui non vada
perduto, ma abbia la vita eterna” (cf. Gv 3,16). In questa donazione
incondizionata, Gesù si realizza come essere umano, è veramente felice e lascia
trasparire questa realizzazione in tutta la sua azione, comunicandola a coloro
che lo seguono.
Gesù di Nazaret è profeta del Regno, vive la sua missione e realizzazione umana
in comunità fraterna, in una vita condivisa. Costituisce attorno a sé una
comunità di uguali che vive con lui e prende parte ai suoi ideali. Si tratta di
una comunità in costruzione, sempre in via di realizzazione, di una scuola di
apprendisti, il cui unico maestro è lo stesso Gesù. Essere discepolo è
appartenere alla sua comunità. È sentirsi convocati a seguirlo da vicino con
altri; è essere Chiesa. Questa dimensione ecclesiale è costitutiva del
cristianesimo e della vita consacrata. Ma la missione di Gesù ha una portata
cosmica: tutta la creazione infatti è invitata a partecipare alla vita nuova in
Dio. Niente di quello che lui ha creato per amore va perduto, ma è assunto nella
pienezza di vita. La dimensione holistica ed ecologica del cristianesimo indica
la sfida di un’ ecospiritualità, generatrice di una nuova comprensione
dell’essere umano in relazione alla creazione e della sua responsabilità nel
compito di aver cura della vita in tutte le sue espressioni per garantire
l’equilibrio e l’integrazione di tutto ciò che esiste.
La vita consacrata, nella sua essenza, è una vita cristiana resa più intensa,
più coscientizzata e assunta in maniera radicale secondo uno stile specifico. …
“Ecco, ho aperto davanti a te una porta… (Ap 3,8). È un dono di Dio, una libera
scelta del Signore, al quale colui che è chiamato risponde liberamente. È una
modalità della sequela all’interno del popolo di Dio per il servizio dello
stesso popolo. Dio non ha bisogno dei religiosi per sé, ma se li sceglie è per
poi “attirarli a sé” avendo in vista la missione evangelica che appartiene a
tutto il popolo di Dio. Perciò la consacrazione deve essere vissuta come laicale
(appartenente al laos) nel suo sviluppo iniziale. In nessun modo si confonde con
un determinato ministero nella Chiesa. Questa modalità specifica della sequela
si ispira alla persona di Gesù ed è qui che troviamo il significato genuino dei
voti che, in realtà, sono una espressione di un unico voto centrale: quello
della consacrazione.
Gesù opta liberamente per il celibato. Il Padre lo assorbe e lo involve a tal
punto da voler rimanere completamente libero per amarlo senza riserve e così
dedicarsi senza distrazioni al suo Regno. Egli si mostra un uomo interiormente
libero e la sua povertà è una manifestazione di grande importanza di questa
libertà. Gesù non si lascia schiavizzare da nessuno e non permette che nulla lo
distolga dall’essenza della sua opzione di vita. Allo stesso modo egli ha una
grande aspirazione esistenziale, un ideale che lo occupa interamente: che la
volontà del Padre si compia perché fiorisca la vita vera. Si trova qui il
significato della sua obbedienza: un atteggiamento fondamentale di ascolto, di
sintonia, di volere sempre ciò che il Padre vuole.
La vita consacrata è, pertanto, un’iniziativa amorosa di Dio, che suppone una
partecipazione cosciente e responsabile della libertà umana, una porta aperta a
coloro che sono stati chiamati a rendere concreto il modo di vita di Gesù
affinché il mondo e, in esso, la nuova cultura abbiano un volto umano, e la
Chiesa sia “sacramento di umanizzazione”. erché questo possa diventare realtà,
la vita consacrata ha bisogno di una rivitalizzazione radicale in grado di
conferirle una nuova fisionomia, in cui abbia a splendere la passione per Cristo
e per l’umanità.
Senza senso un ritorno al passato
… Tutti noi, quasi per una intuizione naturale ci accorgiamo che non è possibile
semplicemente continuare con lo stile di ciò che è sempre stato. E meno ancora
tornare e reintrodurre forme e pratiche del passato, in una restaurazione dei
modelli di un tempo. Ciò non è mai avvenuto nella storia. È tempo perso, e in
definitiva è un’infedeltà allo Spirito che ci parla sempre attraverso i segni
dei tempi. Più che mai dobbiamo esercitarci nell’arte spirituale del
discernimento: che cosa vuol dirci il Signore in questi avvenimenti, in queste
contraddizioni e insoddisfazioni, ma anche in queste nuove manifestazioni
culturali e religiose del nostro tempo?...
Volendo “garantire con fermezza” il dono che ci è stato affidato e che “portiamo
in vasi di creta” (cf. 2Cor 4,7) presentiamo alcuni punti di attenzione per
l’oggi della vita consacrata:
• Una semplice restaurazione non può soddisfare; un ritorno a modelli tenuti per
sicuri e convalidati dal tempo non sempre risolve i problemi. È urgente
ritrovare oggi i veri fondamenti della vita consacrata in una triplice
dimensione: un’esperienza forte e duratura di Dio nel quotidiano – anche nelle
contraddizioni della vita; uno sforzo per imparare a convivere in comunità di
fratelli e sorelle, in cui si condividono la vita, le inquietudini, le gioie, i
sogni e i beni; e lo spirito di servizio, nella gratuità del dono di sé e in una
chiara prospettiva ecclesiale.
• La nostra consacrazione si fonda sulla sequela di Cristo, con la
sottolineatura dei seguenti elementi: il Gesù missionario del Padre, interamente
dedito al progetto salvifico di vita per tutti; la sua presenza solidale e
compassionevole che privilegia gli ultimi; la sua vita di itineranza e di
radicale disponibilità, con poca sicurezza sociale.
• Vivere una vita che va in senso contrario ai valori e ai modelli che la
società ci offre. Optare coscientemente per modelli alternativi, sempre partendo
dai criteri evangelici, in un processo di autentico discernimento.
• Rivedere e reinventare i modelli attuali e, a volte, controproducenti di
formazione. Ciò implica una conoscenza più adeguata e approfondita dei giovani
d’oggi e del loro mondo, in uno sforzo continuo di manifestare il fascino e le
esigenze della consacrazione attraverso una testimonianza gioiosa e coerente.
Bisogna avere il coraggio di provocare, di mettere alla prova concretamente i
giovani rendendoli protagonisti e consapevoli del processo formativo, con i
piedi ben fermi sul terreno della vita e della realtà che provoca e sfida.
Inoltre, proporre e favorire una buona ed esigente base intellettuale e
teologica-ecclesiale per dare consistenza a tutto ciò che fanno.
• Storicamente, la vita consacrata è sempre decaduta quando è cresciuta in
potere economico, in numero eccessivo e nel privilegio sociale. Molte volte ci
lasciamo sedurre dalle statistiche e riteniamo che qui stia il termometro della
vitalità. È un inganno se si guarda alla figura storica di Gesù e ai fatti
storici. Una vita consacrata robusta e promettente, capace di profetismo e di
creatività evangelica,si ha soltanto se si svolge nella contraddizione e nella
stoltezza che la società le attribuisce. È stata questa la sorte del suo Maestro
e Signore!
• Ogni volta che si è smesso di camminare con il popolo di Dio, nel concreto
della storia, la vita consacrata si è fuorviata ed è diventata una casta, e non
è stata più in grado di agire come fermento nella massa.
In definitiva, la vita consacrata è un modo di essere cristiani che cerca di
radicalizzare l’esperienza di Dio, mediante la sequela Christi, a servizio
sempre di una missione evangelizzatrice che non si limita alla dimensione
intraecclesiale, ma che si estende all’insieme della vita dell’umanità e alla
globalità del cosmo.