Nella narrazione (Gv 9,1-41) si possono riconoscere quattro gruppi
emblematici, rappresentanti di altrettanti atteggiamenti umani davanti al
mistero di Dio, che si manifesta nel Signore Gesù. Il centro di interesse del
racconto non è il miracolo in sé, ma la persona di Gesù, con il suo mistero, la
sua identità, la sua provenienza. In una parola, non è tanto la straordinaria
guarigione che interessa — che infatti è sbrigata con poche battute iniziali —
ma il suo significato per l'uomo che cerca Dio. Analizzati in questa luce, i
quattro gruppi descritti nel racconto sono molto significativi.
Il primo è rappresentato da coloro che il testo presenta come i vicini del cieco
e quanti lo avevano conosciuto prima, quando era mendicante, i quali fanno
domande ma non si interrogano. Essi rappresentano coloro che, davanti al mistero
di Dio e alle sue manifestazioni, non si lasciano interpellare veramente,
attratti come sono dalle curiosità di superficie: cosa è successo, come è
accaduto...? Sono i rappresentanti del «bla-bla», perché non si pongono mai
domande serie, non vanno alla radice dei problemi, ma rimangono in superficie:
guardano senza vedere, sentono senza ascoltare, parlano senza sapere.
Il secondo gruppo è costituito dai farisei, che si interrogano, ma non credono.
I farisei rappresentano i sapienti, che giudicano e disprezzano gli altri,
perché pensano di possedere la verità e di non avere nulla da imparare da un
mendicante cieco: «Sei nato tutto nei peccati e insegni a noi?». Sono i veri
ciechi e i veri sordi, perché — a differenza di un povero analfabeta, cieco
dalla nascita — non vogliono vedere le novità che sgorgano in una vita e non
sanno ascoltare la voce degli eventi. Hanno l'abitudine di interrogare gli
altri, ma non se stessi. Hanno la sicurezza dei presuntuosi, che pensano di
saper discernere e interpretare la legge divina, senza rendersi conto che
proprio la parola di Dio li contesta, svelandone l'ipocrisia.
Il terzo gruppo è costituito dai genitori del cieco, che credono, ma non
testimoniano. Il racconto dice che non si esposero «perché avevano paura dei
giudei; infatti i giudei avevano già stabilito che, se uno lo avesse
riconosciuto come il Cristo, venisse espulso dalla sinagoga». Sono i
rappresentanti dei cripto-cristiani, irretiti dalla paura. Persone anche
sensibili e di buoni sentimenti, ma senza coraggio. Esse danno più importanza
agli uomini che a Dio, ingabbiate come sono dal timore di ciò che gli altri
potrebbero dire o fare, e dalla sudditanza nei confronti di uomini e
istituzioni. Mancano fondamentalmente della libertà dei figli di Dio: non hanno
compreso fino in fondo che il Regno è libertà, vita, testimonianza.
Il quarto gruppo è rappresentato dall'uomo cieco dalla nascita, che si
interroga, crede e testimonia.
Il cammino di fede di questo accattone è di una strabiliante potenza: un modello
per tutti.
Non a caso, nelle prime comunità cristiane, il racconto veniva letto ai
catecumeni che si preparavano al battesimo. Il suo cammino di fede parte dalla
totale cecità per arrivare alla visione di Gesù come Signore: «Credo, Signore!»
è l'ultima parola del racconto e «si prostrò dinanzi a lui» il suo ultimo gesto.
È la sapienza degli analfabeti e dei piccoli, che mette in scacco la presunzione
dei farisei. Questi hanno il sapere, ma non l'amore; il cieco ha la sapienza che
gli viene dall'amore, ragione ultima per cui pubblicani e prostitute entreranno
nel regno dei cieli al posto dei pii arroganti. Quella del cieco è la sapienza
di chi ha il senso della fragilità e accetta di mettere in discussione se stesso
e le sue certezze, per aprirsi al cammino di Dio.
Massimo Grilli
da Alla ricerca del Volto
EDB, Bologna 2010